Piccolo mondo moderno/Capitolo settimo. In lumine vitae/VIII

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Capitolo settimo
In lumine vitae
VIII

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Capitolo settimo
In lumine vitae
VIII
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VIII.


Don Giuseppe si meravigliò molto, ritornando nella sua camera, di trovarvi il Direttore del manicomio che lo aspettava. Aveva un discorso riservatissimo, delicatissimo, a fargli. Don Giuseppe non sapeva immaginare di che potesse trattarsi.

“Lo faccio a Lei„, disse il Direttore, “per il concetto che mi son fatto di Lei in questi due [p. 436 modifica]giorni e perchè proprio non mi son sentito il coraggio di farlo agli Scremin in questo momento, nè forse sarebbe mai stato opportuno. Mi dica, don Giuseppe; cosa pensa Lei di Maironi!„

“Io?„

Don Giuseppe, sbalordito, si domandò il perchè di una domanda simile.

“Non so„ diss’egli. “Penso che ha sentito molto questo colpo, molto più, forse, di quanto si sarebbe potuto credere.„

“E niente altro?„

Possibile, pensò il prete, che sappia delle visioni? No, non è possibile.

“Niente altro„ diss’egli.

Il Direttore sospirò e don Giuseppe gli domandò cosa fosse nel suo pensiero.

“Nel mio pensiero„ rispose quegli “vi è che bisogna portar via quell’uomo il più presto possibile, e poi non abbandonarlo a sè.„

“Perchè?„

Don Giuseppe non riusciva ancora a capire.

“Perchè, a mio vedere, le sue disposizioni di spirito sono tali da non escludere la possibilità, lo dico chiaro, che un giorno o l’altro egli prenda qui il posto lasciato da sua moglie.„

Don Giuseppe mise un’esclamazione di stupore e di protesta, ma il Direttore non ne fu scosso. [p. 437 modifica]“Senta„ diss’egli “Piero Maironi m’interessa da un pezzo, per il mio mestiere, e, quando veniva qui spesso, l’ho studiato molto. Non dico che sia un nevrastenico, ma insomma, lasciamo i termini scientifici da parte, è un nervoso per eccellenza. Quando veniva più spesso, io, studiandolo in certi suoi fervori religiosi, perchè ne ho avuto prove anche qui nella nostra chiesetta interna, in certe intolleranze di ogni minima parola un po’ libera, in certi atti strani come il costante suo rifiuto di visitare il riparto delle pazze, mi sono formato un concetto di lui come di un uomo pio, austero, ma non fatto per il celibato, che soffrisse della sua forzata separazione dalla moglie e ne soffrisse tanto da poterne avere il sistema nervoso profondamente offeso. Poi, avendo udito parlare di una relazione, pensai - mi perdoni, parlo da medico - che forse tutto il male non veniva per nuocere. Ma oggi qui è successo qualche cosa che mi ha fatto paura.

Stamattina fra le dieci e le dieci e mezzo, forse Loro non se ne sono accorti, Maironi è andato nella nostra chiesina dove credeva che non ci fosse nessuno, mentre invece in sagrestia v’era un inserviente. Ora l’inserviente gli ha veduto fare delle stranezze gravissime, gemere, guardar il Crocifisso con una faccia di allucinato. Lei mi dirà che anche i santi facevano cose simili. Io rispetto i santi, non voglio [p. 438 modifica]discutere nemmeno Santa Teresa; ma crede Lei che ve ne sieno ancora, santi? Ne dubito! Adesso vi è l’isterismo e vi è la manìa religiosa. Per me, quelli di stamattina erano atti di manìa religiosa; può darsi benissimo che restino sempre dentro certi limiti di tempo e di misura, ma può anche darsi che progrediscano.

E adesso Lei capisce la ragione del mio discorso. Credo proprio di aver compiuto un dovere„.

“Eh!„ fece don Giuseppe, tristemente, a capo chino, come persona che in materia grave non ha nè può avere la certezza desiderata, ma inclinerebbe a un’opinione diversa da quella che lo fa pensoso: “Grazie„.

L’altro prese congedo.