Pio IX - Lettera di Giuseppe Mazzini al clero italiano/8

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Figli tutti di Dio e d’un solo riscatto, noi non possiamo tradire i nostri doveri verso i fratelli, perchè ad altri, e a chi men dovrebbe tacersi, la codardia persuade il silenzio. Non si riscattano i fratelli dall’ozio, se non riponendo in onore il lavoro e insegnandone la santità; nè s’insegna la santità del lavoro se non riformando una società fondata sul privilegio. Non si riscattano i fratelli dalla menzogna se non distruggendone il pubblico culto; nè si fa questo senza mutar natura al governo ch’oggi posa sulla menzogna ponendo a guidatori dei popoli, non i migliori per senno ed opere buone, ma gli esciti d’una razza monarchica ereditaria. Non si riscattano i fratelli dall’omicidio se non insegnando l’inviolabilità della vita, il miglioramento e non la distruzione del colpevole; nè questo s’insegna dove il carnefice è un ufficiale del governo, dove l’uccisione legale è dichiarata sostegno dell’edificio sociale. Non si fonda la fratellanza di Cristo dove l’ignoranza, la miseria, la servitù, la corruttela degli uni, e la scienza, la ricchezza, la dominazione degli altri contendono agli uomini la stima mutua e l’amore; nè si scemano queste cagioni d’ineguaglianza senza educazione nazionale ministrata dalla società a tutti i suoi membri. Non s’infonde negli animi la virtù del sacrificio, dove l’egoismo a scanso di rischi è forzatamente insegnato dalle famiglie, dove il danaro è solo fondamento alla securità e all’indipendenza degli individui. Non si predica [p. 23 modifica]efficacemente la fiducia in una terra solcata di spionaggio governativo e seminata ad ogni passo d’un ufficio di censura e d’una prigione. Non si compie la missione che Dio affida nell’Umanità alle Nazioni dove nazione non è, dove il nome di Patria comune è proscritto, dove molti governi ostili l’uno all’altro e tutti al libero progresso de’ popoli, innalzano studiosamente barriere intellettuali, morali e fisiche tra fratelli e fratelli. Non si rovesciano quelle artificiali barriere senza riconquistare al popolo le milizie cittadine che assoldate e corrotte dai principi sono or devote a difenderle, senza combattere e cacciare oltre l’Alpi le milizie straniere che il dispotismo europeo v’ha poste a guardia.

La rivoluzione è dunque per noi un’opera educatrice, una missione altamente religiosa. Se noi non trovassimo nell’anime nostre sorgente all’affaticarci che un impulso d’ira o di riazione, noi saremmo da lungo travolti nel dubbio e nella stanchezza delle delusioni. Se non avessimo ispiratrice che una tendenza al potere, noi, cedendo a chi impera parte delle convinzioni che predichiamo, avremmo da un pezzo soddisfatto alla bassa brama.

Noi siamo, poiché Chiesa in oggi non è se non traviata, ostile allo Spirito di Verità e degenere dal primo istituto, Chiesa militante di Precursori al Tempio riedificato, invocanti il regno di Dio sulla terra, siccom’è nel cielo: Chiesa di Precursori fino al giorno in cui gl’intelletti virtuosi che sentono necessità d’una fede viva e vera collegatrice di tutti gli umani sforzi, e ispiratrice di tutte la umane facoltà, non avranno, raccolti a concilio, interrogato i progressi, esplorato i mali, decretato i rimedi, e posta la prima pietra della Chiesa universale dell’Umanità.

E allora solamente, vinto il mondo dal suo insegnamento, Gesù potrà con sorriso ineffabile ripetere al Padre: Io ho manifestato il nome tuo agli uomini che tu m’hai dati del mondo: erano tuoi e tu li commettesti a me; ed essi hanno osservato la tua parola1.

Note

  1. Giovanni; XVII, 6.