Questioni Pompeiane/L'Anfiteatro, quando costruito

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../L’Ambulatio e i Programmi popolari in Pompei

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L'Ambulatio e i Programmi popolari in Pompei Significato probabile del nome Pompei
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Epoca in che fu costruito l’Anfiteatro pompeiano.


Le fabbriche degli Anfiteatri vennero in moda assai tardi, essendo vecchissimo costume e generale in Italia di erigere palchi di legno nelle piazze. Tal notizia ci viene dal più competente giudice, che potea desiderarsi, io dico da Vitruvio, il quale neppure ci ha lasciato nei suoi dottissimi libri istruzione veruna intorno alla costruzione di essi. La qual cosa unita al precetto di far le piazze in Italia rettangole, e non quadrate per l’uso degli spettacoli, ci dimostra evidentemente qual ragione egli avesse di non occuparsi di una fabbrica, l’uso della quale non era divulgato. Dice adunque Vitruvio: In Italiae urbibus non eadem est ratione faciendum, ideo quod a maioribus consuetudo tradita est, gladiatoria munera in foro dari. Igitur circum spectacula spatiosiora intercolumnia distribuantur. Latitudo autem ita finiatur, ut longitudo in tres partes cum divisa fuerit, ex his duae partes ei dentur: ita enim erit oblonga eius formatio, et ad spectaculorum rationem utilis dispositio (V. 1 ).

Un tal uso ricorreva segnatamente in Etruria, ciò che gli Etruscómani non hanno avvertito, e ce ne è nobilissimo documento la pittura di un sepolcro di Tarquinia (Canina, Etr. Maritt. Tav. LXXXV), paragonato con un fatto ancor meno osservato, ma che ne dà non meno solenne conferma. Qual fosse il modo di assistere agli spettacoli in Roma, prima della metà del secondo secolo, lo descrive Livio, e Dionigi. Dice [p. 45 modifica]il primo: Spectavere furcis duodenos ab terra spectacula alta sustinentibus pedes (1, 35): dice il secondo: Ἑστῶτες ἐθεώρουν ἐπ’ἰκρίων, δοράτων ξυλίναις σκηναῖς ἐπικειμένων (III, p. 200, Sylb.). Della quale verità storica ne vien garante la pittura citata di sopra; nella quale il popolo è appunto collocato su i palchi sostenuti da cavalletti presso a poco dodici piedi elevati dal suolo. Che se la Etruria, donde veniva a Roma Tarquinio, avesse avuto Anfiteatri, egli è fuor di dubbio, che il vantato autore della massima cloaca, e del massimo circo avrebbe fatto edificare anche questa mole nella nuova sua dimora. Intanto i Romani seguitarono a costruir Anfiteatri di legno fino a’ tempi di Augusto.

D’altra parte niun Anfiteatro è in Etruria che possa dirsi di costruzione etrusca: e quei luoghi ove se ne riconosce qualcuno lo debbono sicuramente aver ricevuto sotto il dominio dei Romani. Così Aretium, Luna, Luca, Florentia, e Volaterrae che hanno Anfiteatro, furono colonie romane, e lo fu Sutrium altresì, dell’Anfiteatro del quale il Comm. Canina di recente ha dato il competente giudizio (Etr. Maritt. p. 73), giustamente attribuendolo cogli altri ai Romani. Laonde non vale il dire col Sig. Ab. Rucca (Rend. della Soc. R. Borb. Accad. Ercol. p. 50), che queste città eran distrutte ai tempi romani, male interpretando i luoghi dei Classici, i quali debbono aver accennato all’antica condizione etrusca di queste città: perocchè ai tempi in che essi scrivevano erano in piedi, ed in condizione di colonie romane.

[p. 46 modifica]Una tanta costruzione in legno, eseguita inoltre sì di frequente, offriva di già un modello esatto a chi volesse alzarne qualcuno in pietra: laonde quando i tempi di pace permisero ad Augusto di rivolgersi ad abbellir Roma, ei non mancò di suggerire a Statilio Tauro il pensiere di fabbricare un Anfiteatro. Niuno potrebbe asserire sinora se prima del secolo ottavo alcun Anfiteatro di pietra si fosse altrove costruito in Italia; chè i monumenti superstiti nulla contengono, affatto nulla, che ci obblighi a sorpassar questo limite. Io non entro quì a trattar dell’architettura, nè della maniera di costruzione, nè de’ luoghi degli scrittori, onde qualcuno si è lasciato bellamente trarre in inganno: di tutto ciò ho disputato in due memorie lette all’Accademia Ercolanese, ed in una dissertazione intorno ai frammenti della Iscrizione, che fu una volta sulla porta d’ingresso dell’Anfiteatro puteolano. Basti quindi asserire, che da tutto ciò nulla si può dedurre, che ci faccia salire al di là del secolo ottavo, ove manchi una testimonianza scritta e contemporanea, che ne determini l’età. Già dimostrai che tutte le iscrizioni che parlano della costruzione degli Anfiteatri conosciute finora, sia in Italia, sia fuori, tutte sono dei tempi dell’Impero.

Ora dopo di avere avvertito i lettori dello stato in che è la questione intorno all’epoca degli Anfiteatri in pietra, mi argomenterò per quanto è possibile di determinare il tempo, in che fu costruito quello di Pompei; e ciò dalla doppia iscrizione trovata su due ingressi di esso rivolti a ponente e dalle otto, che si [p. 47 modifica]leggono sul parapetto del podio ad oriente. Ecco il tenore di quella, che è intera; che all’altra manca una piccola parte a sinistra:

C • QVINCTIVS C • F • VALGVS
M • PORCIVS • M • F • DVO • VIR
QVINQ • COLONIAI • HONORIS
CAVSSA • SPECTACVLA • DE • SVA
PEQ • FAC • COER • ET • COLONEIS
LOGVM • IN • PERPETVOM • DEDER


Le scolpite sul parapetto del podio a sinistra di chi entra dalla porta settentrionale leggono
davanti al primo cuneo:

MAG • PAG • AVG • F • S • PRO • LVD • EX • D • D1


davanti al secondo:

TATVLLIVS • C • F • CELER • II • V • PRO • LVD • LV • CVN • F • C • EX • D • D


davanti al terzo:

L • SAGINIVS • II • VIR • I • D • PR • LV • LV • EX • D • D • CVN


e si ripete sulla parte interna:

L • SAGINIVS • II • V • I • D • P • L • L • EX • D • D • C


davanti ai tre cunei seguenti, l’una dopo l’altra:

N • ISTACIDIVS • N • F • CILIX • II VIR • PRO • LVD •

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LVM • A • AVDIVS • A • F • RVFVS • II • VIR PRO •
LVD • P • CAESETIVS • SEX • F • CAPITO • II • VIR
PRO • LVD • M • CANTRIVS • M • F • MARCELLVS
II VIR • PRO • LVD • LVM • CVNEOS • III • F • C • EX • D • D


Non può esser dubbio, che C. Quinzio e M. Porcio siano i primi autori dell’Anfiteatro pompeiano, avvisando la iscrizione, che i posti da sedere in generale essi gli hanno fatti costruire: Spectacula faciunda coeraverunt2. È poi ben naturale, che qui la voce SPECTACVLA si abbia da intendere per l’intero edifizio, il quale consiste appunto di posti da vedere. Nè presso i Greci Θέατρον, od' Ἀμφιθέατρον valse altra cosa che luogo da guardare; onde S. Isidoro visorium grammaticalmente lo interpretò. Questi luoghi, o posti da guardare, son divisi da maggiori e minori intramezzi di gradini, i maggiori seguendo la forma ellittica dell’edifizio non vanno in linee parallele, ma convergono dall’alto al basso; e però i partimenti dei posti fra le due linee presero dalla material figura nome di cunei. Qui M. Porcio e C. Quinzio non ci dicono già come gli altri duumviri, o come i Maestri del Pago Augusto di aver fabbricato uno, o più cunei, ma gli spettacoli. Dal qual paragone risulta parmi anche più evidente il significato che si deve attribuire alla voce SPECTACVLA. Lo che posto, [p. 49 modifica] nè i Duumviri, nè i Maestri del Pago Augusto potranno contendere loro la priorità; e però riman provato, che C. Quinzio, e M. Porcio siano i veri e primi autori di questo edificio.

Ben parmi sicuro, che se gli altri non hanno il merito di aver cominciata la fabbrica, lo abbiano di averla aiutata, e condotta con loro a fine. Perocchè la costruzione dei sei cunei non ha sembianza affatto di rifacimento, trovandosi l’un dopo l’altro dal solo lato sinistro, ed opposto a quello, sulle due porte del quale furono poste le due iscrizioni che dichiarano Porcio e Quinzio autori della mole. Intendo quindi la cosa così, che cominciata la fabbrica dai Duumviri lodati, e condotta avanti a proprie spese, correndo tuttavia il quinquennio della loro magistratura, i Duumviri loro surrogati nei tre anni seguenti per decreto dei decurioni avessero occupato il denaro solito erogarsi nello entrare in carica in giuochi, e luminarie, alla costruzione di un cuneo dell’Anfiteatro. La qual cosa i maestri del pago abbiano imitata facendo anch’essi il cuneo loro, secondo che era paruto ai Decurioni.

Or i Maestri del pago Augusto non debbono essere anteriori al 747 di Roma: perocchè appunto in quest’anno Augusto rimise ai vecchi municipii, ed alle colonie quel sussidio di veterani che avevano terminato gli anni della milizia sotto i suoi auspicii (Mon. Ancyr. III. 28).

Il qual fatto spiega assai bene la formazione di un Pago che tolse il nome di Augusto Felice, non potendosi [p. 50 modifica] ammettere, che il cognome Felix fosse originario della colonia sillana: perocchè per le ragioni da me esposte altrove, è ora manifesto che nè Silla diede mai tal appellativo alle sue colonie (onde ne manca Pompei), nè se ciò fosse, lo dovremmo trovare in quel secondo luogo, che occupa.

Altra circostanza concorre egualmente ad assicurare meglio tal deduzione: ella è il sapersi per una iscrizione pompeiana che appunto in quest’anno 747 furono creati nel Pago Augusto Felice i Ministri, MINISTRI • PAGI • AVG • FEL • SVBVRBANI • PRIMI (I. N. 2293); e però anche i Maestri del Pago medesimo, essendo relative queste cariche, ed appartenenti alla instituzione di un collegio medesimo. Laonde si pare che nel collocarsi i veterani accanto al loro paese nativo ricchi dei donativi imperiali decidessero insieme di dar nome di Augusto al novello pago, ed il culto vi stabilissero al Genio di Cesare, monumento di religione inseparabile dalla riconoscenza pagana, e però impossibile a supporsi di epoca diversa da quella, in che appellavano Augusto il lor pago.

Che se l’opera del cuneo costruito dai Maestri del pago Augusto non può ragionevolmente separarsi dal processo della fabbricazione primitiva dell’Anfiteatro, e questi non furono creati prima del 747; adunque il cominciamento della fabbrica dell’Anfiteatro Pompeiano non potrebbe precedere che di qualche anno il 747 di Roma. Ma osservando, che il commodo del Teatro coperto dato costruirsi per appalto dai Duumviri M. Porcio, e C. Quinzio, e la mole dell’Anfiteatro [p. 51 modifica] cominciata nell’anno medesimo della loro Quinquennalità ci obbligano a vedere un gran movimento operato in questa colonia, lo che potea solo prodursi dalla nuova giunta di ricchi veterani, desiderosi di agi, e pieni delle grandiose scene della magnificenza romana, noi facilmente ci persuaderemo, che la erezione di questo edifizio non può preceder l’istesso anno quadragesimosettimo dell’ottavo secolo di Roma.

Non fo qui verun caso, come di cosa superflua, che i Duumviri C. Quinzio, e M. Porcio diconsi Quinquennali, carica, che secondo le buone osservazioni del Zumpt (Comm. Epigr. pag. 93), non essendo anteriore al 725, ci fa intendere viemeglio, che l’Anfiteatro di Statilio Tauro messo in piedi sin dal 724 offriva già un tipo ai nuovi dedotti, e ne accendeva loro anche più vivo il desiderio. Inoltre, se il nuovo ordinamento di Augusto del 725 aveva stabilito il nome e gli attributi del Magistrato Quiquennale, già l’Anfiteatro non avrebbe preceduto quell’anno, e però sarebbe sempre posteriore al romano di Statilio.

Ad appressarci inoltre all’anno preciso della Quinquennalità de’ Duumviri Quinzio e Porcio non ho altro mezzo, che la paleografia ed ortografia della iscrizione, la quale sapendo dell’arcaico sta meglio certo ai tempi di Augusto, che dopo. In questi conoscendosi, che regolarmente il censo ricorreva ogni cinque anni, i soli anni di che si può trar vantaggio, sarebbero tra il 730, e il 770.

Or avendo sopra dimostrato la ragionevolezza di stimar posteriore al 747 la fabbrica dell’Anfiteatro, [p. 52 modifica] resterà più ristretto lo spazio tra quest’anno, ed il 770. Nel quale spazio io conosco due sole quinquennalità certe, la prima del 768, in persona di M. Olconio Celere, e l’altra del 752 nel duumvirato di Aulo Clodio Fiacco, per la pompeiana trà le Inscr. Neap. n. 2378. Procede la prima dall’osservare, che M. Olconio Celere nella prima lapida ove dicesi Duumviro Quinquennale designato aggiugnesi il sacerdozio di Augusto3, e nella seconda ove è detto Duumviro Quinquennale è invece denominato Sacerdote del Divo Augusto4; lo che certo dimostra che egli era in carica dopo il 19 Agosto del 767, nel qual giorno furono decretati ad Augusto gli onori divini. Men sicuro è il terzo Quinquennale, non essendo conosciuto quale intervallo legale dovesse passare tra l’una dignità e l’altra nei municipii e nelle colonie, e con quali leggi vi fosse osservato. Solo può giustamente opinarsi, che A. Clodio Flacco Duumviro per la terza volta nel 752 (I. N. 2378), non guari prima dovesse aver sostenuto il suo duumvirato secondo, che fu quinquennale, e forse nel 747, al 748, che regolarmente può credersi anno del censo. Esclusi adunque questi tre anni, al duumvirato quinquennale di M. Porcio e C. Quinzio probabilmente restano le quinquennalità delle seconde metà del 752, 757, 762, al 753, 758, 763; nella qual epoca forza è, che sia stato costruito l’Anfiteatro pompeiano.

Note

  1. Leggo: Magistri Pagi Augusti Felicis Suburbani pro ludis ex decreto Decurionum. Tatullius (e non T. Atullius siccome ha copiato erroneamente il Mommsen, I. N. 2252) Cai fil. Celer Duumvir iuri dicundo pro ludorum luminatione (il Momm. interpreta, pro ludorum luminibus) cuneum faciundum curavit ex decr. Decur. e così in seguito.
  2. È uno sbaglio del Zumpt, che la voce spectacula prende qui per rappresentanza, quasi avesse trovato spectaculum dare, ovvero edere, e, non spectacula faciunda curare (v. Com. Epigr. p. 107, 143).
  3. M • HOLCONIO • CELERI
    D • V • I • D • QVINQ • DESIGNATO
      AVGVSTI • SACERDOTI

  4. M. Holconio CELERi
    SACERDOTI • DIVi • Augusti
    IIVIR • I • D • QVINQuennali