Raimondo Montecuccoli (Mariani)

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Carlo Mariani

1869 Saggi Raimondo Montecuccoli Intestazione 12 giugno 2009 25% Saggi


Su la sua tomba la Germania armata ricorda il suo liberatore, e il maestro degli eserciti suoi: la Germania erudita ricorda la promossa per lui filosofica società de’ Curiosi della natura, e con essa il moltiplicato patrimonio delle scienze. Su la sua tomba l’Italia si conforta delle ingiurie del tempo e del ferro, dell’imperio perduto, e de’ suoi lunghi e crudeli infortunj, quando periti tutti gli argomenti della romana grandezza, tanto ancor le avanza della romana virtù”.

Agostino Paradisi, Elogio del Principe Raimondo Montecuccoli


I

Nel castello di Montecuccolo, che giace su quel di Modena, dal conte Galeotto e da Anna Bigi, illustre dama ferrarese, nel 1608 nasceva Raimondo Montecuccoli, di famiglia cospicua e potente per le gesta degli avi, e ch’ei doveva con le sue virtù e guerresche imprese crescerla a tal grado d’onore e di lustro, che a pochissime è dato di raggiungere. Fanciullo ancora lasciò Raimondo il paterno ostello per recarsi alle scuole di Modena, di Perugia e di Roma, di que’ tempi celebratissime, ove presto rifulse il suo ingegno facendo rapidi progressi negli studi delle belle lettere. Ma la grande guerra allora scoppiata in Lamagna e che per trent’anni doveva desolare quella contrada, grandemente lo invogliò della carriera dell’armi, attratto eziandio dalla gloria che Ernesto, suo zio, coglieva guerreggiando sui campi germanici.

I protestanti di Boemia avevano un giorno ottenuto da Rodolfo II d’Austria il libero esercizio del loro culto; ma allora che Ferdinando II tentò di toglier loro i privilegi di cui godevano, collegaronsi con alcuni principi tedeschi, e creato imperadore Federico V, Elettore palatino, nel 1618 sorsero in arme contro il legittimo sovrano. D’ambe le parti allora cercaronsi amicizie e alleanze; l’Austria con la Spagna e alcuni Stati d’Italia formarono la Lega Cattolica; e per l’Unione de’ Protestanti parteggiarono l’Inghilterra, l’Olanda e la Venezia. In breve però gli insorti furono ridotti agli estremi e sul finir del 1620 la Boemia pacificata, ritornava sotto la dominazione austriaca. Ma il conte Mansfeld, valente condottiero, raccolte numerose genti di venturieri e afforzatosi nel campi di Pilsen, tenne alta la bandiera dell’Unione , e recandosi nel basso Palatinato mise a ferro e a sacco le contrade per le quali passava, e con mirabile arte destreggiossi per modo da sfuggire alle persecuzioni di Tilly, che inseguivalo dappresso. Spinto segretamente dal Cristianissimo di Francia a soccorrere i Protestanti, Cristiano di Danimarca scendeva in Germania con poderoso esercito; e l’imperio sarebbe caduto, se a salvarlo non fosse corso il Wallenstein, ricco gentiluomo di Boemia, il quale, levate col suo danaro numerose schiere d’armati, davasi a inseguire il Mansfeld, il quale dirigevasi verso l’Ungheria, mentre il Tilly sbaragliava compiutamente i Danesi a Königslutter: correva allora il 1626.

Il Wallenstein, che non ha potuto raggiungere i venturieri di Mansfeld, volge le armi contro Stralsund e la stringe d’assedio; ma soccorsa dagli Svedesi, valentemente ributtando gli assalti degli imperiali, obbliga quel capitano ad abbandonare l’impresa; e il re Cristiano, che era stato cacciato dalle forti posture del Weser e dell’Elba, scendeva allora agli accordi con Ferdinando d’Austria, e fermata la pace ritiravasi con sue genti nei propri stati. In questa il giovane Raimondo Montecuccoli, lasciati i begli studi, recavasi in Lamagna a combattere nelle file dell’esercito cesareo; e siccome ei voleva di tutto andar debitore alle sue virtù, di nulla alla fortuna, così entrò in quello semplice soldato, in cui poscia doveva per gradi salire a’ sommi onori della milizia. Da prima pugnò nelle fanterie e poscia ne’ corazzieri, ottenendo ben presto nel reggimento dello zio Ernesto il comando d’una squadra.

II - Sue prime armi - Fatto prigioniero dagli Svedesi

Di que’ tempi guerreggiavasi pure nelle Fiandre; le provincie Unite, che un giorno, dopo lunga guerra, eransi tolte alla tirannia di Spagna per governarsi a repubblica, avevano posto l’assedio a Bois-le-Duc e invaso il Brabante. L’imperadore Ferdinando a soccorrere le milizie spagnuole fortemente maltrattate dai coraggiosi repubblicani, mandava nelle Fiandre forte schiera di sue genti capitanata da Ernesto Montecuccoli, e ne guidava l’avanguardo il giovine Raimondo, che aveva già dato splendide prove di valore e di senno. Ma venne di là prestamente richiamato, avvegnaché la fortuna delle armi imperiali volgesse a male per opra d’un Re, sceso con agguerrito esercito dal settentrione d’Europa sui campi di Germania in aiuto dell’Unione; il quale di vittoria in vittoria scorrendo quella contrada, minacciava d’estrema rovina l’Austria e la Lega Cattolica. Era Gustavo Adolfo di Svezia, principe che possedeva tutte le virtù d’un gran capitano, il valore d’un eroe, l’amore più sincero per la religione e per la patria; il sapiente e giusto reggitore del suo popolo, tale che come re-soldato-cittadino nessun Monarca fino ad ora mai uguagliò, e che sarà impossibile di superare. Tilly che, oltre il governo delle genti bavaresi teneva allora in sua mano quello degli imperiali, tolto al Wallenstein , muoveva all’impresa di Neu-Brandeburg, presidiata dalle milizie del gran Re. Stavasi con lui il giovane Montecuccoli; e quando giunse l’ora dell’assalto, ei fu primo a salire arditamente le scale, primo a giugnere sull’alto delle mura e scagliarsi contro i nimici, che assalì con tanto furore da rovesciarli in breve ora e ributtarli nella città; e continuando a incalzarli pervenne a una porta, forzolla e riuscì a far entrare il Tilly con le sue genti. Il valoroso Raimondo fu portato a cielo da tutto l’esercito, che ammirò allora il coraggio d’un eroe e che doveva poco dopo ammirare in lui la sapienza d’un illustre generale. La vittoria del Tilly fu macchiata dall’assassinio del presidio svedese, e tale inaudita barbarie, che bruttò la fama di quel valoroso generale, partorì tristissima conseguenza; ché gli Svedesi, innaspriti dall’eccidio de’ loro compagni, vendicaronsi alla presa di Francfort sull’Oder, ove agli imperiali, che domandavano salva la vita, rispondevano spegnendoli con l’orribile sarcasmo: Quartiere di Brandeburg!

Rinnovava il Montecuccoli in assalti d’altre terre fortificate i prodigi di valore fatti a Neu-Brandeburg; e fu a Kaiserlautern, ove veggendo riescire infruttuosi gli sforzi delle fanterie più spedite, ei scendeva da cavallo co’ suoi corazzieri, assaltava quella forte terra e se ne impadroniva.

Era il 7 settembre 1631. Tilly occupata Lipsia e ordinato le sue battaglie sotto le mura di questa città, azzuffavasi con Gustavo Adolfo. La lotta fu accanita e sanguinosa; la vittoria vivamente contrastata; ma alla fine l’esercito della Lega venne sconfitto e disperso; e il Montecuccoli, che combattendo con molto ardore erasi spinto troppo avanti tra gli Svedesi, cadeva prigione in mano ad essi. Durò sei mesi la sua cattività; uscitone, riprendeva le armi e continuava la guerra.

III - Liberato di prigionia, a Hofkirch cade nuovamente in potere de’ nimici

Dopo il trionfo di Lipsia l’armi di Svezia discorrono vittoriose le contrade di Lamagna; Tilly, che tenta contrastare il passo del Lech al Re guerriero, è respinto e ferito; i Bavari fuggono e il loro paese vien occupato dalle milizie dell’Unione. Morto il Tilly, il Wallenstein, che solo può salvare l’imperio fortemente scosso dal disastro di Lipsia, è reintegrato nel comando dell’esercito della Lega Cattolica . In breve egli caccia i Sassoni dalla Boemia, ma non osa affrontare Gustavo Adolfo, sebbene abbia questi un esercito assai meno forte del suo: ei corre a Nuremberg, ove sta il Re, vi pianta il suo campo e l’afforza; suo disegno, prenderlo per fame non con la forza delle armi. Allora Gustavo Adolfo è costretto a togliersi di là per correre in aiuto della Sassonia: lo insegue il Wallenstein, e il 6 novembre 1632 sui campo di Lutzen si combatte una memorabile e sanguinosa giornata; il Wallenstein è compiutamente vinto e disperso; ma l’eroe svedese paga con la vita la gloriosa vittoria. La guerra continua ferocemente: sapienti generali, allevati alla scuola del grande capitano, guidano gli eserciti dell’Unione; e colui che solo avrebbe potuto raffrenarli, l’ambizioso Wallenstein che segretamente congiurava contro l’Imperadore e che vuole innalzare bandiera di rivolta, poco dopo era spento nel castello di Egra. Galles prende allora il governo dell’esercito imperiale e a Nordlingen, il 6 settembre 1634, sbaraglia le milizie de’ Protestanti; per questa sconfitta molti principi, tra cui l’Elettore di Sassonia, abbandonano la loro causa per unirsi all’Imperadore; ma il Cristianissimo di Francia si collega all’Unione e il contrappeso nelle forze belligeranti è per tal modo rimesso.

Nel settembre 1636 il valoroso Banner vince in una gran giornata a Wittstock gli imperiali e i Sassoni. E’ in essa che il Montecuccoli metteva in luce la sua militare sapienza e la sua bravura; Hatzfeld, il quale comandava l’esercito della Lega fuggiva disordinatamente nella notte dal campo di battaglia, temendo d’essere al dimani nuovamente assalito dall’impetuoso Banner; e il Montecuccoli copriva in retroguardo quella vergognosa fuga e con la sua valentia raffrenava il vivissimo incalzare del vincitore; e così salvava gli imperiali da completa rovina.

Stavansi gli Svedesi all’assedio di Nemezlau, nella Slesia, e questa terra, già ridotta all’estremo di sue difese, era in procinto d’arrendersi, allorquando il Montecuccoli, con una mano di bravi, cade improvvisamente su gli assedianti, li sbaraglia, li fuga e lor toglie i cannoni e le bagaglie. Se non che poco dopo a Hofkirch, sopraffatto dalle forze di Banner, è vinto, fatto prigioniero e condotto da prima a Wismar; quindi a Stettin; correva allora il 1639.

IV - Uscito di prigione recasi in Italia a combattere sotto le insegne di Francesco di Modena

Passò in cattività due anni; ma questo tempo non andò perduto per lui, avvegnaché ei consacrossi agli studi con tutto il calore dell’animo suo, in modo che non solamente si perfezionava in tutti i rami del militare sapere, ma eziandio erudissi nella giurisprudenza, nella filosofia e persino nella medicina. Uscito di prigionia, cambiato con lo Schlang, ufficiale svedese, allorché seppe la sua patria minacciata da gravi pericoli, ottenuta licenza, abbandonava le bandiere di Ferdinando II e recavasi celermente in Italia a offrire la sua spada e i suo servigi a Francesco I, Duca di Modena.

Era di que’ tempi signore di Parma, Odoardo Farnese, che possedeva con molte altre terre anche il ducato di Castro, stato un giorno concesso dalla Chiesa alla sua famiglia in forma di investitura feudale. Per le guerre sostenute da Parma contro gli Spagnuoli, il Farnese aveva preso denaro a presto, assegnando ai creditori un censo sui redditi di Castro. Ma questi dando frutti insufficienti, i creditori, che per la massima parte erano dei Monti di Roma, altamente gridavano contro il duca Odoardo; e i Barberini, a lui nimicissimi soffiavano nel fuoco nell’intento di costringerlo a patteggiare la cessione di Castro.

Allo scopo di comporre con buon accordo le faccende nell’interesse della Chiesa, papa Urbano VIII, di casa Barberini, chiamava in Roma il Farnese accogliendolo con grandi onori: ma avendo questi scoverte le mire del Pontefice e de’ nepoti suoi altamente sdegnossi e senza por tempo in mezzo partissi dall’eterna città. A vendicarsi di lui il governo pontificio impediva le tratte dei grani dal ducato di Castro, togliendo in tal modo ad Odoardo grosso benefizio; e questi tosto ad armarsi e a fortificare quella terra.

Urbano VIII allora a punire il ribelle vassallo, fatta grande accolta di genti, fa occupare il ducato: onde Venezia, Toscana e Modena s’impensieriscono temendo che l’ambizioso Pontefice non mediti altre imprese a lor danno. Intenti a scongiurare la tempesta, quegli Stati si stringono in lega per soccorrere al Farnese, se assalito, il quale tosto che seppe le milizie pontificie avanzarsi per invadere il Parmigiano, con le sue genti entrò su le terre della Chiesa e mosse verso Bologna . Al suo appressarsi i nimici spaventati si dispersero, ed ei precedette innanzi minaccioso; ma siccome l’empito sconsiderato d’Odoardo spiacque alla Lega, per tema che Francia e Spagna non si intromettessero nella contesa con danno dell’Italia, consigliarono al Duca, si riconducesse nel proprio Stato. Quantunque a malincuore, pur gli fu forza cedere all’imperioso consiglio, e ritornare con le sue soldatesche nel ducato.

Roma, la quale aveva già raccolto altro esercito, muoveva a punire l’insulto fatto dal Duca alla Chiesa; e allora la Lega apparecchiossi alle difese. Primo ad uscire alla campagna fu il Farnese che, entrato su quel di Ferrara, occupava Bondeno e il forte della Stellata; avanzò quindi il Duca di Modena con le sue milizie verso Cento ad affrontare i Pontifici; se non che soverchiato dal numero, dovette indietreggiare incalzato da’ nimici, i quali devastavano le sue terre e ponevano l’assedio a Nonantola. In questa, il Montecuccoli arriva dalla Germania; sul Po e presso quel forte ordina alla pugna le sue soldatesche modenesi, e sebbene assai numerosi sieno gli avversari, pure li sbaraglia e li costringe a levarsi da quell’assedio. E già ei s’avvia verso Bologna con animo di togliere alla Chiesa questa grande città, allorquando Venezia, per difendere le sue provincie minacciate da’ Pontifici, richiama a sé le sue genti, che avevano a Nonantola combattuto coi Modenesi contro il comune nimico; onde il Montecuccoli è costretto ad abbandonare la meditata impresa, e far ritorno sulle terre del Duca. Per qualche tempo ancora si combatté con varia fortuna; ma siccome il Re di Francia non voleva vedere depresso il Farnese, fecesi mediatore di pace, che venne fermata in Venezia sul finire del marzo 1644: il Duca di Parma riebbesi Castro, e alla Chiesa furono rendute le terre occupate dai confederati nella guerra. Allora il Montecuccoli fece ritorno in Germania, ove il generale Torstenshon, il quale aveva assunto il governo degli Svedesi dopo la morte di Banner, spentosi nel 1641, continuava il corso delle vittorie splendidamente iniziato dal grande Gustavo Adolfo e dal valoroso Banner.

V - Torna al soldo dell’imperadore - E’ creato maresciallo

Correva il 1646, allora che il Turenna con le genti di Francia e Wrangel con quelle di Svezia invadevano la Boemia: gli imperiali capitanati da Giovanni de Werth e dal Montecuccoli muovevano ad affrontarli, e con savie mosse li obbligavano quasi senza combattere, a sgombrare da quella provincia. E quando nel maggio del 1648 gli imperiali, condotti dal conte Holtzapel sui campi di Zusmarhausen, poco lungi d’Augusta, furono assaliti dal Turenna e compiutamente sbaragliati, il Montecuccoli, arrestando le schiere che fuggivano e riordinandole, continuava con esse intrepidamente a combattere fino alle mura d’Augusta; e col suo eroismo, raffrenando l’impeto de’ vincitori che vivamente l’incalzavano, salvava le reliquie dell’esercito imperiale; per la qual cosa meritossi di grandissimi elogi . Poco appresso, la pace di Westfalia poneva fine a quella dolorosa guerra, la quale aveva immerso nel lutto tutta Lamagna. Quietate le cose e posate le armi, il Montecuccoli prendeva a viaggiare. Corse la Fiandra, l’Olanda e visitò infine la nazione, che in quella guerra aveva dato tanti e sì celebri eroi, la patria di Gustavo Adolfo: dovunque venne accolto con sommi onori, ché la fama del suo senno e del suo valore era già divenuta universale. Nel 1653 recavasi in Modena ad abbracciarvi i parenti e gli antichi amici: colà incontrossi con Ferdinando e Francesco Sigismondo, Arciduchi d’Austria, i quali erano in allora venuti in Italia per visitare la sorella Isabella, Duchessa di Mantova.

Il magnifico Duca Francesco I d’Este festeggiò gli illustri personaggi con sontuosi conviti, con caccie, con danze e con un torneamento. Avvenne in questo che il Montecuccoli nel dare chiarissime prove di sua non comune perizia nel maneggio delle armi, spegnesse un suo amico, ferendolo nella gola con lancia, in quella che con la propria gli correva incontro; era desso Giovanni Molza. Onde il Montecuccoli prestamente lasciata la patria, che non doveva mai più rivedere, faceva ritorno in Lamagna, quindi a Vienna, col cuore contristato per l’involontaria morte data all’amico infelice.

Nel 1657 il Montecuccoli veniva creato maresciallo di campo e in tal anno sposavasi a Margherita, figlia del principe Diechtristein, donna, la quale alle eminenti qualità d’un’anima virtuosa e gentile univa i pregi d’una rara bellezza. La guerra, che di que’ tempi erasi accesa in Polonia lo toglieva ben presto alle domestiche gioie, per recarsi con le schiere mandate dall’Imperadore in soccorso di Giovanni Casimiro, il quale, appena salito al trono per la morte di Ladislao IV, vedeva il suo regno invaso da’ Cosacchi, che avevano alzato bandiera di rivolta. Fu questa una guerra, non lunga ma sanguinosa; quelli, da prima vincitori, vennero poscia dal Re vinti e domati; e a Zborow fermarono la pace, la quale se accontentò i Cosacchi, perché patteggiata con giustizia, fece però malcontenta la nobiltà polacca; onde opponendosi essa allo eseguimento de’ patti convenuti, le armi, appena posate, si ripresero; ma nell’anno 1651 i Cosacchi, compiutamente sbaragliati furono costretti ad assoggettarsi alle dure leggi loro imposte dal vincitore. Nemmeno questa pace fu di lunga durata; ché i malcontenti Cosacchi, spinti da’ Moscoviti e dagli Svedesi, i quali soffiavano nel fuoco eccitandoli a nuova rivolta, fatta alleanza con lo Czar, nel vegnente anno uscirono ancora alla campagna.

E qui ha principio la lunga serie di que’ mali che tanto afflissero e trascinarono alla estrema rovina quella terra, così feconda d’eroi, di martiri e di anime generose.

Carlo Gustavo, che siedeva in allora sul trono di Svezia, credendo opportuno il momento a compiere i vasti disegni di Gustavo Adolfo, sceso nel 1655 in Polonia con numerosa schiera di sue genti, impadronivasi di Varsavia e, dopo lungo e sanguinoso contrasto, anche di Cracovia, mentre i Moscoviti, trionfando dei Polacchi a Wilna e a Grodno, facevano eleggere lo Czar Re di Polonia con l’atto di Wilna: tale l’origine dei diritti dell’imperadore di Russia su quello sventurato paese.

Ragotzi di Transilvania, invogliatosi esso pure di insignorirsi d’alcune terre di quel regno, non tardava a invaderlo con forte esercito. E certo i Polacchi avrebbero corso l’estrema rovina, se a salvarli non sorgeva un eroe, Stefano Czarnieski, il quale tenendo alta con onore la bandiera nazionale, con mirabile sapienza e coraggio raffrenava l’impeto de’ vittoriosi invasori.

VI - Sue imprese in Polonia, in Danimarca e in Ungheria

L’Austria allora mandava ad aiutarlo nella impresa grossa schiera di sue milizie, scegliendo a governale il generale Hatzfeld e affidando al Montecuccoli il comando della cavalleria; e quando Hatzfeld fu spento, Raimondo assunse la somma del governo degli imperiali, che in breve tempo tolse agli Svedesi Cracovia e altre terre, che essi avevano in mano. In quel mezzo la Danimarca, che aveva rivolto le armi contro la Svezia, trovavasi sopraffatta dalle genti nimiche, le quali assediavano Copenaghen; il suo Re mandava allora per aiuti in Austria, in Prussia e in Polonia, e i soccorsi non mancarono. Gli imperiali, condotti dal Montecuccoli, avanzano verso la Danimarca, con essi le schiere del signore di Brandeburg e i Polacchi con Czarnieski; in su le prime la vittoria sorride a’ confederati, ma i loro sforzi cadono a vuoto contro l’isola di Fionia, dove le milizie svedesi eransi fortemente trincerate; i tentativi di sbarco in quell’isola, resi impossibili dall’energica difesa di queste.

Ma il savio consiglio del Montecuccoli induce i confederati a conquistare la Fionia assaltando i nimici nella Pomerania, come già un dì Roma liberavasi dalle armi africane inviando sue legioni a conquistare Cartagine. Gli Svedesi, costretti a dividersi per salvare quella provincia, perdono la Fionia, ove, sebbene combattano col coraggio della disperazione, sono compiutamente sbaragliati e distrutti. La sapienza del generale italiano salvava Copenaghen, la quale già ridotta agli estremi stava per cadere in potestà degli assedianti, e raffermava sul suo trono il Re danese, prossimo all’ultima rovina.

In questa passava di vita Carlo Gustavo: onde fermatasi la pace tra la Svezia, la Polonia e la Danimarca, che veniva sottoscritta nel maggio 1660 a Oliva, presso Danzig: allora il Montecuccoli faceva ritorno in seno alla propria famiglia. Non fu però lungo questo suo riposo, ché poco dopo recava la formidabile sua spada in Ungheria a salvar l’imperio contro i Turchi, che s’avanzavano minacciando di schiavitù tutta Cristianità.

Poderoso esercito ottomano, capitanato dal gran Visir Koeprili, invadeva nel 1658 la Transilvania, allora governata da Giorgio Ragoski, il quale, dopo avere valorosamente combattuto per la nazionale indipendenza, sopraffatto dal numero de’ nimici dovette ripararsi in Ungheria: onde la Sublime Porta dava la sovranità della Transilvania a Barcsay, gravandolo però di un annuo tributo. Ma il popolo, non potendo sopportare l’onta del servaggio, mandava oratori a Cesare, affinché gli chiedessero protezione e aiuti; e l’Imperadore, sollecitato parimenti dagli Ungheri, cui era continua minaccia di mali e guai la presenza de’ Turchi nella vicina Transilvania, inviava le sue schiere, capitanate dal Montecuccoli, a combattere le genti del Sultano: correva il 1661.

Fu quella lotta lunga e disastrosa, ché i Turchi, nulla rispettando, mettevano città e castella al fuoco, al ferro, a ruba: era una guerra d’esterminio. Il Montecuccoli, che aveva poche genti, mentre numerosissimi erano i nimici, seppe però con tanta sapienza destreggiarsi da non lasciarsi cogliere all’improvviso né essere costretto a far giornata, se non securo di vincere o almeno di resistere con vantaggio all’impeto degli assalitori. Andavansi intanto stremando le forze dell’imperio; e siccome per la sua caduta la Cristianità sarebbe stata ridotta a schiavitù, così a salvarlo corsero d’ogni contrada d’Europa in Ungheria i valorosi, che si schierarono sotto le bandiere di Cesare.

Sorgeva il primo agosto del 1664, allorquando il Montecuccoli ordinava l’esercito cristiano alla pugna presso San Gottardo, sul fiume Raab. Sebbene quello de’ Turchi noverasse molte combattenti, soverchianti d’assai i confederati, tuttavia il valoroso generale italiano deliberava di venire alle mani con l’avversario, ché il suo genio e la bravura delle sue soldatesche erangli pegno di certa vittoria. Avanzandosi con l’esercito disposto in forma di mezzaluna, Raimondo Montecuccoli investe con tanto impeto i nimici, che in breve ora ne rovescia le prime ordinanze; altre battaglie turchesche procedono innanzi a rinfrescare la pugna e a rimettere la fortuna delle armi: ma esse pure sono rotte e respinte. Massimo è allora il disordine nel campo dei Musulmani, che fuggono precipitosamente alla Raab; e per isfuggire al ferro de’ cristiani slanciansi nelle onde del fiume e si salvano sull’opposta sponda. La giornata di San Gottardo fu compiuta vittoria per li confederati e in essa il Montecuccoli ebbe l’onore di salvare l’imperio e la cristianità. La pace, domandata poco dopo dal Turco, veniva fermata in Eisenburg.

VII - Guerreggia il Turenna - Muore in Lintz

Di que’ tempi l’ambizioso Luigi XIV di Francia deliberava il conquisto dell’Olanda; qual diritto aveva egli mai su questa repubblica? nessuno. Qual ragione lo spingeva a guerreggiarla? quella del più forte. Essa era ricchissima ed ei voleva il suo oro. Con agguerrito esercito nel 1672 ne invade le terre. Turenna, Condé e Vauban stanno col Re, o ne guidano le genti. Le deboli e mal disciplinate schiere del principe d’Oranges non possono resistere all’impeto degli invasori e indietreggiano; Amsterdam sta per cadere in mano del Re, ma le dighe, che frenano le onde del mare, sono atterrate; le acque coprono le terre circostanti, e quella città è salva. La straordinaria potenza di Luigi XIV ingelosisce la Spagna e l’imperio, che mandano le loro soldatesche in soccorso della pericolante repubblica a mettere così un limite alle mire ambiziose e rapaci di quel Monarca. Il Montecuccoli guida le schiere imperiali, intento a congiungersi con quelle del principe d’Oranges: gli muove incontro il Turenna disioso d’impedirgli cotal riunione; ed ecco che ora i due più valenti generali de’ belligeranti si stanno di fronte!

Ma qui l’invidia feriva col velenoso suo dente l’eroe del San Gottardo; calunniato presso l’Imperadore dal principe Lobkowitz, il Montecuccoli era chiamato a Vienna. La trista calunnia non tardava ad essere scoverta; ma intanto mentre egli stavasi assente dall’esercito, questo era sconfitto dal Turenna a Sintzheim e a Colmar, e cacciato dall’Alsazia, che rimaneva così in mano de’ Francesi. Allora il Montecuccoli, che solo poteva rimettere in onore le armi imperiali, venne rimandato al comando dell’esercito, e la guerra che con tanta sapienza condusse contro il degno suo competitore, il Turenna, forma la più bella gloria del valentissimo duce italiano. Non grandi giornate, non combattimenti o fazioni di guerra, sibbene movimenti di schiere bene armonizzati tra loro; a vicenda si tendono insidie, le quali però cadono a vuoto per le diligenti guardie, che d’ambe le parti que’ due eccellentissimi capitani fanno ne’ loro campi; nella celerità delle mosse, nelle difficoltà superate, negli ostacoli abbattuti, il Montecuccoli e il Turenna furono veramente superiori a ogni elogio. E quando quegli seppe l’emulo suo spento a Saltzbach, esclamò: “Io non posso bastevolmente deplorare la perdita del maggiore degli uomini e di colui che pareva nato per onore del genere umano”. Morto il Turenna, le milizie francesi, che stavano sotto il suo comando, rivalicarono il Reno; allora il Montecuccoli entrò in Alsazia e strinse d’assedio Huguenau; ma accorsovi dalle Fiandre il Condé, lo costringeva a levarlo; e Raimondo, ritiratosi dall’Alsazia, recavasi all’impresa di Philipsbourg.

Per la sua avanzata età, per le ferite avute nelle passate guerre, incapace di più sopportare le fatiche e i disagi del campo, il Montecuccoli rinunziava al suo ufficio per vivere gli ultimi giorni di sua vita in seno alla famiglia e agli amici. Colmato d’onori dall’imperante in Austria, che l’ebbe nominato nel 1678 principe dell’imperio, vivevasi tranquillo coltivando le belle lettere, con ogni sua possa favorendone i cultori; e allorché Ferdinando II, nello intento di promuovere in Lamagna lo studio della lingua italica, fondava in Vienna una Accademia di letteratura italiana, il Montecuccoli, il quale aveva grandemente contribuito alla fondazione di quella, ne veniva nominato capo: onore invero degno di tanto uomo! Era bello scorgere i dotti italiani raccogliersi nelle camere stesse del palazzo imperiale, e davanti i personaggi più illustri della Corte recitare poesie e componimenti dettati nella armoniosa nostra lingua.

Non potendo più servire l’imperio con la spada, giudice e legislatore sedette nel Consiglio di guerra. Per non iscostarsi mai da Leopoldo, più che signore, suo amico, lo seguiva in Lintz, dove poco dopo spegnevasi: tal tristissimo avvenimento accadeva il 16 ottobre del 1681! Tutti lo piansero e soprammodo l’esercito, da lui sempre guidato sul sentiero della gloria, e che con lui aveva tante volte e splendidamente trionfato.

Fu Raimondo Montecuccoli valentissimo nel condurre eserciti; assai valoroso nella pugna. Scrisse con molto sapere e con militare eloquenza la lunga guerra da lui combattuta con le armi cesaree contro le genti mussulmane. Dettò pure e con molta erudizione le sue Memorie intorno all’arte bellica e in brevissime pagine trattò e ridusse a forma di scienza la nuova arte, sorta allora con Gustavo Adolfo di Svezia, il quale meritamente può dirsene il creatore. L’invidia de’ tristi tentò sovente d’opprimerlo; ma la sua virtù vinse sempre i calunniatori codardi, e sorse più fulgida e ricca di gloria. Osservantissimo della cristiana religione e del suo culto, senza vana ostentazione, senza ombra di folli pregiudizi.

La moglie e i figli ebbero in lui uno sposo e un padre assai affettuoso; gli amici un amico liberalissimo; le belle lettere un cultore e un protettore splendidissimo. Tra i tanti figli che con le armi illustrarono la madre Italia, l’eroe del San Gottardo, il salvatore dell’imperio e della cristianità, il Montecuccoli va debitamente onorato tra i primi.