Relazione Disegno di Legge Tutela patrimonio culturale

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Governo italiano

2014 diritto diritto Relazione Disegno di Legge Tutela patrimonio culturale Intestazione 23 giugno 2014 25% Da definire

Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo Presentato il 31 maggio 2014
2014

RELAZIONE

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(RENZI)

e dal ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (FRANCESCHINI)

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze (PADOAN)

Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo Presentato il 31 maggio 2014


torna su Onorevoli Deputati! Con il presente disegno di legge si chiede la conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, il cui contenuto è illustrato nella seguente relazione.

TITOLO I – MISURE URGENTI PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE DELLA NAZIONE E PER LO SVILUPPO DELLA CULTURA

Art. 1. – (ART-BONUS – Credito d'imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura). – La disposizione legislativa introduce meccanismi più semplici ed efficaci di agevolazione fiscale per le erogazioni liberali riguardanti i beni culturali. La norma mira, analogamente a quanto già previsto in materia di efficienza energetica con i cosiddetti eco-bonus (da ultimo, nel decreto-legge n. 76 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 90 del 2013), a costituire un'unica disciplina per le persone fisiche e le persone giuridiche, superando l'attuale dicotomia, che vede la detrazione del 19 per cento per le prime e la deduzione dalla base imponibile per le seconde.

Secondo la norma, per le erogazioni liberali in denaro, effettuate per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica e a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche – che senza scopo di lucro svolgono esclusivamente attività nello spettacolo – per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento di quelle esistenti, è concesso, nei tre periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2013, un credito d'imposta, ripartito in tre quote annuali di pari importo, nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile, nella misura del 65 per cento (per il 2014 e il 2015) e del 50 per cento (per il 2016).


Il credito d'imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile, ai soggetti titolari di reddito d'impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.

L'intervento normativo, sul piano sistematico, non abroga le vigenti disposizioni di vantaggio fiscale già previste nella materia in oggetto dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ma introduce una deroga temporanea, di durata triennale, alle disposizioni di cui agli articoli 15, comma 1, lettere h) e i), e 100, comma 2, lettere f) e g), del citato testo unico.

Il carattere di necessità e urgenza dell'intervento è rappresentato dall'esigenza di dare una risposta immediata (o, comunque, la più celere possibile) alle sempre più diffuse e condivise convinzioni e istanze – emerse in tutte le sedi e in tutti i dibattiti sulla gestione dei beni culturali – della necessità di favorire e potenziare il sostegno del mecenatismo e delle liberalità dei privati, sia persone fisiche, sia persone giuridiche, operanti con o senza fine di lucro, al fondamentale compito della Repubblica di tutela e valorizzazione del nostro immenso patrimonio culturale. Tale essenziale linea di azione del Governo, oltre che porsi in diretta attuazione del canone della sussidiarietà orizzontale, di cui all'articolo 118 della Costituzione, risponde alla sempre più urgente necessità di incrementare le risorse disponibili per fare fronte ai sempre più gravosi impegni economici legati alla conservazione e protezione del patrimonio culturale, in primis di quello pubblico, ossia dei beni comuni, demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato e degli enti pubblici. Tali funzioni essenziali di conservazione e di protezione sono messe a rischio dalla progressiva diminuzione delle risorse pubbliche disponibili, che non sempre consentono di adempiervi in modo tempestivo e puntuale. La concentrazione del rafforzamento del regime di vantaggio fiscale, introdotto dalla presente proposta normativa urgente, sui beni culturali pubblici si traduce, conseguentemente, in una misura efficace di concorso al risparmio delle risorse pubbliche, poiché mira a sussidiare in modo significativo, fermo restando l'indefettibile impegno economico prioritario pubblico, lo sforzo del pubblico erario di garantire in modo adeguato le risorse a tali fini necessarie.

In particolare, relativamente ai limiti, riproducendo il modello francese (che si è dimostrato assai efficace nello stimolare il mecenatismo sia individuale sia d'impresa), si distingue tra persone fisiche ed enti senza scopo di lucro, da un lato, e imprese, dall'altro. Nel primo caso, si applica un limite massimo del 15 per cento dell'imponibile (in Francia è il 20 per cento); nel secondo, si prevede il 5 per mille dei ricavi annui (esattamente come in Francia): applicare alle imprese il limite del reddito imponibile potrebbe infatti avere la conseguenza paradossale di impedire a soggetti in parità di bilancio di usufruire del credito d'imposta, non avendo di fatto un imponibile da cui detrarre.

Si prevede (comma 3) che, ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, per i soggetti titolari di reddito d'impresa, il credito d'imposta è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive.

Il comma 5 prevede che i soggetti beneficiari comunichino mensilmente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo l'ammontare delle erogazioni liberali ricevute e ne diano comunicazione al pubblico, anche con una apposita sezione nei propri siti web istituzionali, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Il comma 6 dispone l'abrogazione dell'articolo 12 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, recante disposizioni per agevolare donazioni di modico valore in favore della cultura, rivelatosi di complessa attuazione, soprattutto per la difficoltà di definire, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, l'ivi previsto decreto attuativo volto a stabilire le modalità di acquisizione delle donazioni di modico valore (fino all'importo di 10.000 euro) destinate ai beni e alle attività culturali. Ancorché la legge prevedesse, quali criteri prescrittivi di predisposizione del decreto attuativo, quelli di massima semplificazione ed esclusione di qualsiasi onere amministrativo a carico del privato e di previsione della possibilità di effettuare le liberalità mediante versamento bancario o postale ovvero secondo altre modalità interamente tracciabili idonee a consentire lo svolgimento di controlli da parte dell'amministrazione finanziaria, lo schema del decreto attuativo redatto dalle amministrazioni, per insormontabili difficoltà legate all'impossibilità di incasso diretto da parte delle soprintendenze, avrebbe rischiato paradossalmente di introdurre per le donazioni di modico valore meccanismi ancor più complessi e di difficile applicazione di quelli, generali, validi per tutte le donazioni, ora previsti dall'articolo 42, comma 9, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in base ai quali le somme elargite da soggetti pubblici e privati per uno scopo determinato, rientrante nei fini istituzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, versate all'erario sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di previsione della spesa dell'esercizio in corso del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con imputazione ai capitoli corrispondenti alla destinazione delle somme stesse o, in mancanza, ad appositi capitoli di nuova istituzione, con la precisazione che le predette somme non possono essere utilizzate per scopo diverso da quello per il quale sono state elargite). Si è pertanto ritenuto, da un lato, che la riferita previsione del 2013 non fosse più necessaria, in quanto assorbita dall'introduzione della più favorevole disciplina di cui all'articolo 1 del decreto in esame, relativa alle detrazioni fiscali per la tutela del patrimonio culturale e per lo sviluppo della cultura; e, dall'altro lato, che fosse più semplice ed efficace prevedere l'individuazione di opportune strutture dedicate alla raccolta di fondi nell'ambito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, attraverso il regolamento di riorganizzazione del Ministero.

Art. 2. – (Misure urgenti per la semplificazione delle procedure di gara e altri interventi urgenti per la realizzazione del Grande Progetto Pompei). – L'articolo reca urgenti e necessarie disposizioni acceleratorie finalizzate ad assicurare la pronta attuazione del Grande Progetto Pompei, approvato dalla Commissione europea con la decisione C(2012) 2154 del 29 marzo 2012. La straordinaria urgenza risiede nel fatto che la realizzazione del Grande Progetto Pompei, oltre che essere determinante per la corretta tutela del più importante sito archeologico italiano noto in tutto il mondo, costituisce uno scrutinio ineludibile – sotto osservazione internazionale – della capacità dello Stato di attuare l'articolo 9 della Costituzione. Accelerare la sua realizzazione è inoltre indispensabile per non perdere i finanziamenti europei, pari a 105 milioni di euro.

Nel dettaglio, il comma 1 introduce misure acceleratorie, in deroga alle previsioni del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, nel rispetto del diritto dell'Unione europea. La lettera a) attribuisce al Direttore generale di progetto di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 91 del 2013 la facoltà di avvalersi dei poteri previsti dall'articolo 20, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, fatti salvi gli effetti del protocollo di legalità stipulato con la competente prefettura – ufficio territoriale del Governo (ossia dei poteri attribuiti ai commissari straordinari delegati per i progetti facenti parte del quadro strategico nazionale). Si rammenta che la citata disposizione attribuisce al commissario il potere di provvedere in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto comunque della normativa dell'Unione europea sull'affidamento di contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonché dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico, e fermo restando il rispetto di quanto disposto dall'articolo 8, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con l'obbligo di indicare, nei provvedimenti adottati, le principali norme cui si intende derogare. La norma prevede – deve sottolinearsi – la sola facoltà, non l'obbligo, di avvalersi di tali poteri derogatori. La disposizione in esame – che presenta la massima duttilità e ampiezza di ambito applicativo – fornisce al Direttore generale di progetto uno strumento aperto e molto efficace per poter fare fronte a ogni evenienza e difficoltà operativa che dovesse insorgere nel corso dell'attuazione del Grande Progetto Pompei. L'intervento normativo è stato pensato a due livelli di possibile rafforzamento e facilitazione dell'azione del Direttore generale di progetto: da un lato, con la suddetta disposizione, si pone l'organo straordinario nelle condizioni di poter scegliere di volta in volta come graduare l'intensità della specialità e della deroga necessarie al conseguimento degli obiettivi a mano a mano divenuti in concreto più urgenti, a seconda della natura e dell'entità degli ostacoli operativi che si dovessero frapporre al suo intervento; dall'altro, le ulteriori disposizioni definiscono, già a priori e in linea generale, indipendentemente dal ricorso – solo facoltativo – alle deroghe, alcuni minimi interventi e misure di semplificazione.

La lettera b) stabilisce che, anche ove il Direttore generale di progetto non si avvalga dei poteri di cui alla lettera a), la soglia per il ricorso alla procedura negoziata di cui all'articolo 204 del codice dei contratti pubblici sia elevata a 3,5 milioni di euro (sempre, dunque, al di sotto della soglia comunitaria, che si attesta all'incirca sui 5.186.000 euro).

La lettera c) stabilisce che, in deroga alla disposizione dell'articolo 48, comma 2, del codice dei contratti pubblici, il Direttore generale di progetto procede all'aggiudicazione dell'appalto anche ove l'aggiudicatario non abbia provveduto a fornire, nei termini di legge, la prova del possesso dei requisiti dichiarati, o a confermare le sue dichiarazioni; nel caso in cui l'aggiudicatario non provveda neppure nell'ulteriore termine a tal fine assegnatogli dal Direttore generale di progetto, il contratto di appalto è risolto di diritto e l'amministrazione applica le sanzioni di cui all'articolo 48, comma 1, del codice dei contratti pubblici e procede ad aggiudicare l'appalto all'impresa seconda classificata.

Secondo la lettera d), anche in deroga ai termini di sospensione (stand still) precontrattuale e contenziosa di cui ai commi 10 e 10-ter dell'articolo 11 del codice dei contratti pubblici, è sempre consentita l'esecuzione d'urgenza, atteso che ricorre ex lege nel caso del Grande Progetto Pompei il pericolo che la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determini un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti dell'Unione europea; in deroga alle disposizioni dell'articolo 153 del regolamento di esecuzione del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, la consegna dei lavori avviene immediatamente dopo la stipula del contratto con l'aggiudicatario, sotto le riserve di legge.

La lettera e) dispone che il Direttore generale di progetto possa revocare in qualunque momento il responsabile unico del procedimento, al fine di garantire l'accelerazione degli interventi e di superare difficoltà operative che siano insorte nel corso degli interventi medesimi. Nei primi due anni di attuazione, infatti, è emerso che una delle cause di rallentamento è dipesa anche dall'eccessiva lentezza nell'operatività di alcuni responsabili unici del procedimento, che hanno sollevato dubbi e questioni interpretative non sempre necessari e pertinenti e hanno rallentato la realizzazione dei progetti e l'avanzamento dei cantieri. È indispensabile stabilire un controllo più diretto ed efficace del Direttore generale di progetto sulla conduzione dei singoli progetti e cantieri, al fine di garantire il rispetto del cronoprogramma dato. Inoltre, per questa stessa finalità, il Direttore generale di progetto può nominare responsabile unico del procedimento anche i componenti della Segreteria tecnica di progettazione istituita dal comma 5 del medesimo articolo 2.

La lettera f) eleva, infine, lo ius variandi della stazione appaltante, in corso di esecuzione degli interventi, al 30 per cento (rispetto alla soglia normale del 20 e del 10 per cento), nei casi già previsti dall'articolo 205, commi 2, 3 e 4, del codice dei contratti pubblici (comma 2: gli interventi disposti dal direttore dei lavori per risolvere aspetti di dettaglio, finalizzati a prevenire e ridurre i pericoli di danneggiamento o deterioramento dei beni tutelati, che non modificano qualitativamente l'opera nel suo insieme, non considerati varianti in corso d'opera, che non comportino una variazione in aumento o in diminuzione superiore al 20 per cento del valore di ogni singola categoria di lavorazione, senza modificare l'importo complessivo contrattuale; comma 3: varianti in aumento rispetto all'importo originario del contratto entro il limite del 10 per cento, qualora vi sia disponibilità finanziaria nel quadro economico tra le somme a disposizione della stazione appaltante; comma 4: varianti in corso d'opera resesi necessarie, posta la natura e la specificità dei beni sui quali si interviene, per fatti verificatisi in corso d'opera, per rinvenimenti imprevisti o imprevedibili nella fase progettuale, nonché per adeguare l'impostazione progettuale qualora ciò sia reso necessario per la salvaguardia del bene e per il perseguimento degli obiettivi dell'intervento).

La lettera g) stabilisce che il responsabile del procedimento può svolgere, nei limiti delle proprie competenze e per più interventi, anche le funzioni di progettista o di direttore dei lavori; il responsabile unico del procedimento può sostituire la verifica dei progetti con sua attestazione di rispondenza degli elaborati a quanto richiesto dalla normativa vigente [lettera h)].

Il comma 2 risolve un altro problema grave e urgente che si è verificato nella costituzione della struttura di supporto per il Direttore generale di progetto prevista dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 91 del 2013, che rischia di menomare l'efficacia di tale strumento, indispensabile per la buona riuscita del Grande Progetto Pompei: numerose amministrazioni di provenienza dei soggetti per i quali è stato richiesto, con il loro consenso, il comando previsto dalla legge, hanno rifiutato il previsto nulla osta, impedendo alla struttura di agire efficacemente. La norma, dunque, esclude la necessità di tale nulla osta per il comando del personale presso la struttura di supporto al Direttore generale di progetto nell'ambito del contingente di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 91 del 2013.

Il comma 3 dell'articolo 2 prevede alcune modifiche all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 91 del 2013, relativo al Comitato di gestione per pervenire al Piano strategico per lo sviluppo delle aree del sito UNESCO, già istituito con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 febbraio 2014. Le modifiche si basano sulla necessità e l'urgenza di semplificare in primo luogo la procedura di predisposizione e approvazione del Piano strategico, chiarendo che quest'ultimo è predisposto dal Direttore generale di progetto e che il compito del predetto Comitato è unicamente quello di approvarlo (di qui la sostituzione del primo periodo del comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge 91 del 2013). L'approvazione del Comitato sostituisce ogni altro adempimento e ogni altro parere, nulla osta, autorizzazione o atto di assenso comunque denominato necessario per la realizzazione degli interventi approvati.

Il comma 4 chiarisce, a scanso di indesiderati dubbi interpretativi, che restano ferme le misure acceleratorie speciali già previste per il Grande Progetto Pompei dall'originaria norma del 2011 (articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75: riduzione della metà dei termini minimi stabiliti dagli articoli 70, 71, 72 e 79 del codice dei contratti pubblici; previsione della sufficienza della progettazione preliminare per l'affidamento dei lavori compresi nel programma, in deroga all'articolo 203, comma 3-bis, del medesimo codice; dichiarazione ex lege di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza e possibilità di realizzazione in deroga alle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriali vigenti, sentiti la regione e il comune territorialmente competenti, degli interventi previsti dal programma di cui al comma 1 ricadenti all'esterno del perimetro delle aree archeologiche; semplificazioni per le sponsorizzazioni).

Il comma 5 prevede, per accelerare la progettazione degli interventi previsti nell'ambito del Grande Progetto Pompei e al fine di rispettare la scadenza del programma, la costituzione di una segreteria tecnica di progettazione presso la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, composta da un massimo di 20 unità di personale con incarichi di collaborazione, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per una durata massima di dodici mesi ed entro il limite di spesa di 900.000 euro. I componenti della segreteria tecnica opereranno a supporto del Grande Progetto Pompei, partecipando alle attività di progettazione ed eventualmente anche assumendo la qualifica di responsabile unico del procedimento. La selezione dei componenti avverrà in base alle esigenze e secondo i criteri stabiliti dal Direttore generale di progetto, d'intesa con il Soprintendente speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia.

Art. 3. – (Misure urgenti per la tutela e la valorizzazione del complesso della Reggia di Caserta). – La disposizione, con carattere di necessità ed urgenza anche alla luce dei recenti eventi che hanno interessato l'edificio della Reggia di Caserta, identifica uno strumento straordinario per soddisfare un duplice scopo: restituire il complesso borbonico alla sua destinazione culturale e coordinare tutti i soggetti pubblici e privati che attualmente ne usano a vario titolo gli spazi.

Ferme restando le attribuzioni della soprintendenza competente e delle altre amministrazioni in ordine alla gestione ordinaria del sito, si prevede la nomina di un commissario straordinario, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il commissario dura in carica fino al 31 dicembre 2014 ed è consegnatario dell'intero complesso, comprendente la Reggia, il Parco reale, il Giardino «all'inglese», l'Oasi di San Silvestro e l'Acquedotto Carolino; oltre a coordinare tutti i soggetti pubblici e privati che attualmente utilizzano gli spazi della Reggia, verificare la compatibilità delle attività svolte e gestire gli spazi comuni, il responsabile unico del progetto, avvalendosi anche di alcuni tirocinanti del progetto «Mille giovani per la cultura», elabora un progetto di riassegnazione degli spazi del complesso e delle relative destinazioni, da predisporre entro il 31 dicembre 2014, focalizzato sulla destinazione culturale, educativa e museale del sito.

Art. 4. – (Disposizioni urgenti per la tutela del decoro dei siti culturali). – La norma interviene sul tema, urgentissimo come testimoniato anche dalle cronache e dal quotidiano dibattito sui media, del decoro urbano e della salvaguardia di livelli qualitativi minimi di fruizione e valorizzazione dei più importanti e affollati siti culturali. La disposizione, dunque, al fine di rafforzare le misure di tutela del decoro dei siti culturali e anche in relazione al comma 5 dell'articolo 70 del decreto legislativo 26 marzo 2013, n. 59, di recepimento della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, prevede il potenziamento del potere di revoca da parte delle amministrazioni locali e delle soprintendenze di concessioni e autorizzazioni non più compatibili con le esigenze di tutela e fruizione dei siti culturali. A tal fine si prevede il potere degli uffici di derogare ai criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e alle disposizioni transitorie stabilite nell'intesa 5 luglio 2012, n. 83/CU, sancita in sede di Conferenza unificata, ai sensi del citato articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2010, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013. L'obiettivo è quello di ripristinare il criterio selettivo stabilito dall'articolo 16, commi 1 e 2, del citato decreto legislativo n. 59 del 2010, che limita il numero dei titoli autorizzatori nel caso (tra gli altri) di esigenze di salvaguardia del patrimonio culturale. La deroga va a colpire, in particolare, l'articolo 8, lettera b), della predetta intesa, recante le disposizioni transitorie, in base al quale le concessioni di posteggio scadute dopo la data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, e già prorogate per effetto dell'articolo 70, comma 5, del medesimo decreto fino alla data dell'intesa, sono ulteriormente prorogate fino al compimento di sette anni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (quindi, fino al 26 marzo 2017).

La norma stabilisce, inoltre, che se non risulta possibile rilocalizzare l'esercizio in un'area alternativa equivalente in termini di potenziale remuneratività, al titolare è corrisposto un indennizzo nel limite massimo di un dodicesimo del canone annuo dovuto.

La norma ha carattere di necessità ed urgenza a fronte di situazioni, come ad esempio quelle del Colosseo e degli Uffizi, che risultano del tutto incompatibili con le esigenze di decoro, tutela e valorizzazione dei luoghi e hanno anche ricadute negative in termini di immagine e di offerta turistica.

Art. 5. – (Disposizioni urgenti in materia di organizzazione e funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche). – La disposizione prevede, anzitutto (comma 1), la necessaria e urgente modifica di alcune disposizioni sul risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche contenute nell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013.

La lettera a) modifica l'articolo 11, comma 1, lettera g), del decreto-legge n. 91 del 2013, superando una rigidità, derivante dalla previgente disposizione della legge n. 100 del 2010 (articoli 2 e 3, commi 3 e 3-bis), non abrogata dal decreto-legge n. 91 del 2013, che subordina la possibilità di stipula dei nuovi contratti integrativi, a livello di singola fondazione lirico-sinfonica, al perfezionamento dell’iter approvativo del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro di settore. Sennonché, le lungaggini relative alla stipula del predetto contratto nazionale, sottoposto peraltro a una complessa fase integrativa dell'efficacia, stanno bloccando la definizione dei nuovi contratti integrativi delle fondazioni lirico-sinfoniche che hanno intrapreso il percorso virtuoso (e imposto) dell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013, percorso di risanamento che ha dettato, come condicio sine qua non, la sospensione dell'efficacia dei contratti integrativi aziendali in essere. La perdurante vigenza della norma del 2010 impedisce la stipula dei nuovi contratti aziendali, frutto dei piani di risanamento, che per ovvi motivi costituiscono una parte essenziale e integrante degli accordi sindacali che sono alla base del risanamento medesimo. Da qui la straordinaria necessità e urgenza di rimuovere questo ostacolo che sta bloccando e vanificando il complesso e faticoso lavoro di risanamento già proficuamente avviato da molte fondazioni, sotto la regìa dell'apposito commissario straordinario del Governo. Si è pertanto ritenuto necessario consentire a tali fondazioni, mediante il presente urgente intervento normativo, il ricorso immediato, dopo la recente stipula del contratto collettivo nazionale di lavoro intervenuta in data 25 marzo 2014, a nuova immediata negoziazione degli istituti aziendali, purché questi siano in linea con le finalità e le modalità dei piani di risanamento aziendale e finanziario presentati al commissario straordinario del Governo. La misura non comporta maggiori oneri per la finanza pubblica, anche in considerazione del fatto che i contratti integrativi restano in ogni caso sottoposti al controllo della sezione regionale di controllo della Corte dei conti, secondo quanto previsto dal comma 19 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 (il quale stabilisce espressamente che la sezione regionale di controllo della Corte dei conti competente certifichi l'attendibilità dei costi quantificati negli accordi e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e bilancio, deliberando entro trenta giorni dalla ricezione, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente).

La lettera b) sostituisce l'articolo 11, comma 13, del decreto-legge n. 91 del 2013, relativo all'urgente aspetto del destino delle eccedenze di personale delle fondazioni lirico-sinfoniche a valle degli interventi di razionalizzazione previsti dall'articolo 11 medesimo. In primo luogo, per i criteri di applicazione del pre-pensionamento, si esplicita il riferimento alla normativa anteriore alla «legge Fornero», in assenza del quale varrebbero i criteri della riforma stessa; le altre modifiche riferite all'assunzione del personale ulteriormente eccedentario, razionalizzando l’iter procedurale previsto in merito dal vigente comma 13, si pongono in ogni caso in linea con la qualificazione di Ales Spa quale società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (la quale esercita le facoltà assunzionali in coerenza con le risorse finanziarie a disposizione e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica). La straordinaria necessità e urgenza della misura consiste nel fatto che, in mancanza di tale riforma, resta bloccato il passaggio degli esuberi verso la società Ales Spa, passaggio già previsto dalla norma del 2013 attraverso l'intermediazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo, che si è verificato alla prova dei fatti di difficilissima adozione, stante l'incompletezza della norma del 2013, che perciò deve urgentemente essere perfezionata.

La lettera c) modifica l'articolo 11, comma 15, alinea, del decreto-legge n. 91 del 2013, provvedendo urgentemente a consentire alle fondazioni lirico-sinfoniche un termine più ampio – rispetto al 30 giugno 2014, ora previsto – per l'adeguamento dei propri statuti ai nuovi princìpi stabiliti dalla riforma del 2013. Questo differimento si rende altresì necessario in considerazione delle subentrate nuove previsioni, intese a consentire ai teatri d'opera l'accesso a un novero di fondazioni dotate di autonomia speciale, previa individuazione dei requisiti da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, quale amministrazione vigilante.

La lettera d) modifica l'articolo 11, comma 15, lettera a), numero 5), del decreto-legge n. 91 del 2013, introducendo un chiarimento urgente circa la procedura di rinnovo del collegio dei revisori dei conti. La disposizione (che riconfigura il collegio dei revisori dei conti) viene qui sottoposta a urgente e necessaria modifica in quanto, allo stato attuale, lascia nel dubbio l'interprete sulla procedura da adottare per conseguire la ricostituzione dell'organo di controllo, ben delineata, invece, dal testo dell'articolo 14 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, che demanda tale adempimento al Ministero dell'economia e delle finanze, al quale si fa ora riferimento nel testo, come novellato dall'intervento legislativo in esame.

La lettera e) sostituisce l'articolo 11, comma 16, del decreto-legge n. 91 del 2013, introducendo indispensabili chiarimenti sulla decorrenza dell'applicazione dei nuovi statuti e dei collegi dei revisori dei conti di nuova nomina, anche in conseguenza delle modifiche sopra apportate. Per necessaria e urgente chiarezza, viene riproposto l'intero comma, evitandosi, quanto al termine a quo dell'applicazione degli statuti, un'indicazione perentoria a ridosso del 31 dicembre 2014 (termine per l'adeguamento degli statuti medesimi) e specificando, per evitare equivoci, quanto al collegio dei revisori dei conti, che anche tale organo deve corrispondere, con la nuova configurazione di cui al decreto-legge n. 91 del 2013, alla governance riformulata dei teatri.

La lettera f) modifica l'articolo 11, comma 19, del decreto-legge n. 91 del 2013, introducendo indispensabili specificazioni in relazione al trattamento economico in caso di assenze per malattia. Il citato comma 19 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 equipara i dipendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche al pubblico impiego in materia di certificazione, verifiche e relative riduzioni del trattamento economico delle assenze per malattia. L'ampia divaricazione esistente tra gli istituti del trattamento economico del pubblico impiego e quello, articolatissimo, vigente per le fondazioni lirico-sinfoniche, suggerisce un necessario e urgente chiarimento normativo, tale da consentire agli amministratori dei teatri lirici, attualmente in difficoltà applicativa per tale ambito, di operare le necessarie riduzioni del trattamento economico, in ragione di istituti certamente equiparabili a quelli del trattamento economico fondamentale del pubblico impiego e riassumibili nel minimo retributivo, negli aumenti periodici di anzianità, negli aumenti di merito e nell'indennità di contingenza.

La lettera g) inserisce nell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 un nuovo comma 21-bis, mirante al riconoscimento di autonomia particolare per alcune fondazioni liriche. La non organica introduzione dei commi 326 e 327 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) nel quadro della riforma di cui al decreto-legge n. 91 del 2013, con la conseguente aggiunta del comma 19-bis dell'articolo 11, aveva riproposto, ma in modo non risolutivo, l'esigenza di identificare le fondazioni lirico-sinfoniche in condizione di poter ambire a forme di gestione più autonome, in forza delle proprie caratteristiche produttive e storiche; è necessario e urgente enucleare i requisiti specifici per tale riconoscimento in un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, fermo restando l'impianto già voluto con il decreto-legge n. 64 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 100 del 2010, che, nel testo della disposizione proposta, viene sostanzialmente confermato, anche se opportunamente rivisitato. Il contenuto essenziale dell'autonomia è peraltro positivamente indicato nella possibilità di tali enti di dotarsi di un proprio contratto di lavoro e di godere di una quota prestabilita del contributo a carico del Fondo unico per lo spettacolo.

Il comma 2 introduce un particolare riconoscimento del Teatro dell'Opera di Roma come «Teatro dell'Opera di Roma Capitale». È invero necessario – in questo mutato contesto di riforma – ribadire la funzione del Teatro dell'Opera di Roma, già sancita con la legge 14 agosto 1967, n. 800, al fine del rilancio dell'ente, avviato con la nuova direzione artistica e testimoniato dalla sua affermazione nel contesto internazionale.

Il comma 3 reca norme urgenti per le fondazioni lirico-sinfoniche in amministrazione straordinaria. Il delicato adempimento della redazione e della proposta dei nuovi statuti all'amministrazione vigilante è già stato realizzato da due fondazioni sottoposte ad amministrazione straordinaria, mentre una terza fondazione amministrata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 367 del 1996 ha intrapreso sia tale compito, sia l’iter di approntamento del piano di risanamento di cui all'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013, che postula, come è noto, una profonda rivisitazione delle relazioni con il personale dipendente; è necessario e urgente, come avviene con la proposta normativa in esame, evitare che l'organicità di tale complessivo lavoro venga pregiudicata da un cambio di gestione.

Il comma 4 introduce alcune disposizioni concernenti il trattamento economico dei componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo delle fondazioni lirico-sinfoniche, ove previsto dai rispettivi ordinamenti, nonché dei dipendenti, consulenti e collaboratori, per la loro necessaria e urgente omogeneizzazione ai limiti stabiliti dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, come ridefiniti dal recente decreto-legge n. 66 del 2014 (cosiddetto «decreto IRPEF»).

Il comma 5 reca le conseguenti disposizioni abrogative, a fini di riassetto del quadro normativo del settore. Il susseguirsi di disposizioni (decreto-legge n. 64 del 2010; decreto-legge n. 91 del 2013; articolo 1, commi 326 e 327, della legge n. 147 del 2013) ha comportato un disallineamento delle norme riferibili alle fondazioni lirico-sinfoniche, così da rendere necessario, in attesa di un'auspicabile riconduzione a complessivo corpus organico delle medesime, un improcrastinabile lavoro di vaglio; l'abrogazione di disposizioni preesistenti si impone, pertanto, come misura necessaria di operatività.

Il comma 6 prevede un aumento della dotazione del fondo rotativo previsto dall'articolo 11, comma 6, del decreto-legge n. 91 del 2013. Con la disposizione in esame si propone una misura urgente, destinata ad avere un impatto positivo sull'opera di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche con le misure adottate ai sensi del predetto articolo 11, opera giunta a un momento cruciale e che, tuttavia, potrebbe ora rischiare di essere compromessa, se non vanificata, se le risorse messe a suo tempo a disposizione con il decreto, e che di fatto non appaiono sufficienti, non venissero con urgenza «rinforzate» attraverso un ulteriore sforzo finanziario. Al riguardo, deve essere evidenziato come il Commissario straordinario del Governo, sin dal novembre 2013, ha monitorato la situazione di crisi del settore, che il legislatore aveva già riconosciuto, prevedendo, con il comma 6 dell'articolo 11, l'istituzione di un Fondo di rotazione, pari a 75 milioni di euro per l'anno 2014, da ripartire tra i teatri lirici aderenti alla speciale procedura del piano di risanamento. Atteso il tempo trascorso e verificati tutti i possibili dati econometrici di tali enti, è emersa la necessità di non vanificare la volontà di legge di consentire a tali teatri, in evidente stato di crisi e che hanno aderito alla previsione normativa in numero di otto, di perseguire efficacemente il risanamento strutturale, la somma di 75 milioni di euro essendosi rivelata non sufficiente al reale fabbisogno così come emerso dalla verifica dei piani. Si propone allora, in via di urgenza, l'aumento, solo per l'anno 2014, delle risorse del Fondo di rotazione per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, in una misura pari a 50 milioni di euro.

Art. 6. – (Disposizioni urgenti per attrarre investimenti esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica ed audiovisiva). – L'ordinamento italiano prevede una misura di attrazione degli investimenti esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica. Tale misura, introdotta con l'articolo 1, comma 335, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è stata stabilizzata ed estesa, con l'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 91 del 2013, al settore più ampio della produzione audiovisiva. Il relativo decreto di attuazione, previsto nel comma 4 del medesimo articolo 8, è in fase di adozione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. La misura del comma 335, attualmente vigente a favore del solo settore cinematografico, ha consentito di attrarre complessivamente in Italia, nel periodo 2009-2013, 49 produzioni cinematografiche estere, per un investimento pari complessivamente a 102 milioni di euro. È bene precisare che si intendono per produzioni cinematografiche estere quelle che non hanno i requisiti per ottenere la nazionalità italiana. Vanno, quindi, escluse dal novero della presente proposta i film in co-produzione, che, ove detengano i requisiti di legge (articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2004 «legge cinema»), possono avere la nazionalità italiana e, pertanto, in quanto equiparati ai film di produzione italiana, hanno accesso al tax credit nazionale «interno» (articolo 1, comma 327, della legge n. 244 del 2007). In pratica, la misura del comma 335 ha riguardato in massima parte pellicole di produzione americana, spesso notorie e di richiamo, in parte girate, per ragioni di sceneggiatura, sul territorio italiano (qualche esempio: «The Tourist», con Brad Pitt e Angelina Jolie, «To Rome with love» di Woody Allen, «Nine», con Daniel Day-Lewis, eccetera). La capacità di attrazione che la misura di agevolazione ha generato sugli investimenti cinematografici esteri in Italia è ancora più evidente se si confronta il dato sopra riportato con gli investimenti esteri in Italia, sensibilmente minori, relativi a produzioni audiovisive non cinematografiche, che non potevano, fino a tutto il 2013, beneficiare dell'agevolazione fiscale. Secondo l'associazione di categoria Associazione produttori esecutivi (APE), negli ultimi quattro anni gli investimenti esteri in Italia nel settore della produzione audiovisiva non cinematografica non superano complessivamente i 20 milioni di euro, ed è ormai noto che, viceversa, il volume di fatturato a livello mondiale della produzione audiovisiva è di gran lunga superiore a quello della produzione cinematografica.

La capacità dell'Italia di attrarre investimenti esteri sia cinematografici sia audiovisivi, nonostante gli indubbi risultati positivi sopra riportati, sarebbe potuta essere ben maggiore (e potrà esserlo in futuro) se non fossero esistiti tre fattori, due dei quali superati nei mesi scorsi e il terzo superabile molto rapidamente con il disposto normativo che si propone. Il primo fattore era legato alla temporaneità di tutte le misure di agevolazione fiscale nel settore cinematografico ed è stato superato con il decreto-legge n. 91 del 2013, che ha reso permanenti tali misure. Il secondo fattore era legato all'esclusione della produzione audiovisiva dai benefìci fiscali, e anche questo fattore è stato rimosso con il decreto-legge n. 91 del 2013. Il terzo fattore, invece, sussiste tuttora, ed è legato al limite di spesa previsto dalla normativa del 2007, che determina in 5 milioni di euro l'importo massimo del credito d'imposta riconoscibile alla singola opera filmica; questo limite ha compromesso parzialmente l'efficacia della misura stessa, in quanto, tenuto conto del sistema di soglie previsto nel citato comma 335, rende di fatto poco attrattiva e competitiva l'Italia per le produzioni internazionali che abbiano un budget superiore a 33,3 milioni di euro; questo perché, tenuto conto che la specifica aliquota teorica di tax credit è del 25 per cento, ma il massimale di budget di produzione su cui essa può essere presa in considerazione è del 60 per cento (si veda l'articolo 4, comma 2, del decreto ministeriale 7 maggio 2009, recante le disposizioni applicative dei crediti d'imposta concessi alle imprese di produzione cinematografica), in concreto il tax credit concedibile è pari al 15 per cento del costo globale del film (e 5 milioni di euro, che è la soglia massima in termini assoluti, è il 15 per cento dei predetti 33,3 milioni di euro). Ora, moltissime produzioni estere, soprattutto statunitensi, hanno un budget superiore a tale cifra, e il limite dei 5 milioni di euro esistente per l'Italia finisce per indirizzare queste produzioni internazionali in altri Paesi che non prevedono limiti (ad esempio, il Regno Unito), oppure li hanno molto più elevati. Solo a titolo esemplificativo:

in Francia il limite massimo del credito d'imposta (detto «cap») è fissato in 10 milioni di euro; ciò significa che fino a 50 milioni di euro di budget il film è candidabile al beneficio ed è probabile che dal 2015 il cap francese venga addirittura innalzato a 20 milioni di euro (100 milioni di euro di budget);
nel Regno Unito non è previsto cap; per budget superiori a 22,5 milioni di euro, il beneficio fiscale è del 20 per cento, mentre per budget inferiori il beneficio fiscale è del 25 per cento;
in Irlanda, ciascun film può beneficiare di credito d'imposta fino a 14 milioni di euro (28,5 per cento di agevolazione su un massimo di 50 milioni di euro).

Per dare un'idea dell'impatto delle produzioni internazionali sul territorio, in Francia il Centro nazionale di cinematografia ha stimato per il 2012 in 95 milioni di euro il volume di investimenti esteri attratti grazie al tax credit internazionale, calcolando un moltiplicatore del reddito nazionale di 1 a 6. Nel Regno Unito, l'estensione del tax credit alla fiction di alta gamma (high end drama) decisa dal Governo nell'aprile 2013, produrrà un impatto di 350 milioni di sterline di investimenti aggiuntivi sul territorio, con significative ricadute economiche ed occupazionali (nella località di Pinewood – la Cinecittà inglese – sono stati investiti 200 milioni di sterline per creare dodici nuovi studi, in previsione di un incremento degli investimenti internazionali e di un aumento significativo della domanda). In Irlanda, nel 2012, le autorità competenti (Irish Film Board) hanno stimato un investimento di 143 milioni di euro ( 30 per cento sul 2011) come effetto diretto della leva fiscale a favore delle produzioni internazionali. In Italia sono stati attivati a livello regionale fondi ad hoc per l'ospitalità e l'attrazione di produzioni estere.

Secondo un recente studio della Direzione generale del cinema del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, svolto insieme con l'Istituto Luce Cinecittà srl, nel 2013 l'effetto moltiplicatore degli investimenti, calcolato su alcuni territori regionali, degli investimenti pubblici effettuati a sostegno del settore cinematografico è stato di 1 fino a 7, ovvero per ogni euro (pubblico) investito, le produzioni cinematografiche ed audiovisive hanno speso fino a 7 euro in quel territorio. Ecco perché il raddoppio del cap normativamente previsto dal comma 335 (con rideterminazione da 5 a 10 milioni di euro) e l'apposizione di tale limite in relazione non più all'opera filmica, bensì all'impresa di produzione esecutiva può in tempi rapidissimi risolvere il problema di attrattività e competitività del nostro Paese con riguardo alle produzioni cinematografiche internazionali, rendendo conveniente per un maggior numero di operatori stranieri (in particolare quelli operanti negli Stati Uniti d'America) venire a girare sul territorio nazionale film o parti di film che, per sceneggiatura, prevedano l'ambientazione in Italia. Tra l'altro, con questa impostazione si rimedia ad un effetto irragionevole determinato dal testo vigente, che nel limitare il cap con riferimento all'opera cinematografica, scoraggiava i film con spese più elevate e non determinava invece alcun limite per una singola impresa (di produzione esecutiva), limiti invece esistenti per tutte le altre tipologie di crediti d'imposta destinati al settore cinematografico.

Con la novella normativa proposta, invece, si pone un limite ai crediti d'imposta di cui la singola impresa (di produzione esecutiva) può beneficiare, si toglie il limite rispetto al budget dell'opera e l'attrazione di investimenti internazionali è notevolmente incrementata attraverso la sinergia tra più produttori esecutivi.

La modifica normativa che si propone avviene, peraltro, aumentando contestualmente le risorse complessive già destinate dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 91 del 2013 a tutte le misure di credito d'imposta cinematografico e audiovisivo, attualmente pari a 110 milioni di euro, a 115 milioni di euro. La presente proposta normativa, al riguardo, si preoccupa anche di stabilire che il decreto ministeriale – in corso di elaborazione – previsto dal comma 4 di detto articolo 8 stabilisca anche il limite massimo di spesa destinabile allo specifico beneficio del comma 335. Tale limite – che verrà calcolato a partire dai dati di spesa annuali specifici per il tax credit internazionale nel quadriennio 2010-2014, da incrementare in via presuntiva in relazione all'attrazione di film prima non interessati, e al conseguente maggior volume di investimento estero/tax credit ex comma 335 concesso, derivante dall'aumento del cap – costituirà una sorta di sub-plafond massimo «interno», ed è necessario in quanto, se esso non venisse apposto, il fenomeno attrattivo delle produzioni estere potrebbe portare a una forma di «cannibalizzazione» del tax credit da parte di questo specifico beneficio rispetto agli altri tipi di agevolazioni per le attività cinematografiche – ossia quelli stabiliti nell'articolo 1, comma 325 (investitori esterni), comma 327 (produttori e distributori nazionali), comma 331 (digitalizzazione delle sale), della legge n. 244 del 2007 – e audiovisive (articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 91 del 2013).

Più nel dettaglio: con il comma 1, si innalza da 5 a 10 milioni di euro il limite massimo di credito d'imposta riconosciuto alle imprese italiane di produzione esecutiva in relazione alle opere audiovisive non italiane le cui riprese siano eseguite nel territorio nazionale, utilizzando mano d'opera italiana, su commissione di produttori esteri.

Con il comma 2, si modifica l'articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2013, da un lato accrescendo le risorse complessive annuali destinate a tutte le misure di credito d'imposta, risorse fissate nel comma 3 del predetto articolo 8 (esse passano da 110 a 115 milioni di euro, con un aumento pari a circa il 5 per cento del budget attuale); dall'altro, mediante la sostituzione del comma 4 del citato articolo 8, integrando l'attuale meccanismo di controllo della spesa con la possibilità di stabilire, all'interno delle risorse complessive annuali destinate a tutte le misure di credito d'imposta, un limite per il credito d'imposta relativo all'attrazione di investimenti internazionali cinematografici ed audiovisivi in Italia. Inoltre, il termine di adozione del decreto attuativo del «tax credit cinema e audiovisivo» viene rideterminato al 30 giugno 2014, e ciò in ragione della necessità che detto provvedimento – che pure, come sopra accennato, è in stato di prossima ultimazione – possa essere allineato alle modifiche apportate con la presente proposta.

Nel comma 3, si stabilisce che l'incremento delle risorse globali per il tax credit cinema e audiovisivo decorre dal 1#176; gennaio 2015.

Art. 7. – (Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali e altre misure urgenti per i beni e le attività culturali). - La norma reca misure urgenti per il finanziamento e il sostegno dei beni e delle attività culturali e per la pianificazione strategica degli interventi, così da consentire una più efficace azione da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Con il comma 1 si introduce uno strumento di pianificazione denominato Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali: il Piano è adottato ogni anno con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentito il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, e individua beni o siti di eccezionale interesse culturale e di rilevanza nazionale per i quali sia necessario e urgente realizzare interventi organici di tutela, conservazione, valorizzazione e promozione, anche a fini turistici. All'attuazione del Piano sono destinati 5 milioni di euro per il 2014, 30 milioni di euro per il 2015 e 50 milioni di euro per il 2016 mediante corrispondente utilizzo dell'accantonamento del fondo speciale di conto capitale di cui alla tabella B della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per la parte relativa al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. A decorrere dal 2017, sulla base di tale Piano viene finalizzata una quota pari al 50 per cento delle somme per le infrastrutture destinate alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali.

L'articolo interviene altresì per incrementare la quota degli stanziamenti previsti per le infrastrutture destinata alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali, nonché per dare certezza e univoco riferimento alla definizione di tale quota, prevedendo che il 3 per cento delle risorse aggiuntive annualmente previste per le infrastrutture sia destinato alla spesa per investimenti in favore dei beni culturali (comma 2). La necessità e urgenza di questa modifica normativa risiede nella necessità di evitare che, anche per il 2014, la programmazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) finisca per non destinare risorse adeguate all'accresciuto fabbisogno delle improrogabili e sempre più urgenti esigenze della tutela del patrimonio culturale. Solo una norma urgente, di immediata entrata in vigore, può infatti consentire al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di procedere immediatamente alla necessaria attività di programmazione degli interventi e all'acquisizione dei previsti concerti con le altre amministrazioni (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e delle finanze) propedeutici alla definizione del complesso delle risorse e degli obiettivi degli interventi da finanziare.

Si prevede inoltre che una quota pari a 3 milioni di euro delle suddette risorse sarà destinata, per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, a progetti, presentati dagli enti locali, relativi ad attività culturali nelle periferie urbane nell'ambito di un disegno di riqualificazione delle stesse, utilizzando a tal fine la stesse modalità di finanziamento degli interventi di recupero e valorizzazione dei luoghi della memoria previste ai sensi dell'articolo 60, comma 4-bis, della legge n. 289 del 2002, come novellato dalla legge di stabilità per l'anno 2014.

Il comma 3 dispone il rifinanziamento, nell'ambito delle iniziative del Piano nazionale garanzia giovani, con uno stanziamento pari a un milione di euro per il 2015, del Fondo «Mille giovani per la cultura» previsto dall'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, recante «Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della questione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti», attraverso il quale il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo può finanziare tirocini formativi e di orientamento, rivolti a giovani particolarmente qualificati. L'urgenza di intervenire in tal senso è data dal fatto che si è rivelato impossibile attuare la suddetta previsione di legge, nonostante i reiterati sforzi congiunti delle amministrazioni competenti, stante l'inadeguatezza palese dello stanziamento disposto dal legislatore, che avrebbe reso inevitabile, alternativamente, o ridurre drasticamente il numero dei giovani coinvolti o ridurre in modo socialmente inaccettabile la minima remunerazione per essi prevista. La disposizione opera inoltre un raccordo, anch'esso chiaramente necessario e urgente, tra la speciale misura de qua e il più ampio contesto delle più recenti e sopravvenute iniziative del Governo con il Piano nazionale garanzia giovani.

Art. 8. – (Misure urgenti per favorire l'occupazione giovanile presso gli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica). – La norma risponde all'urgente esigenza di migliorare il servizio pubblico di valorizzazione dei beni culturali, anche con riferimento a quelli al momento non fruibili dai visitatori: a tal fine gli istituti e i luoghi della cultura dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali, potranno avvalersi di giovani laureati nelle discipline afferenti ai beni e alle attività culturali, attraverso forme di lavoro flessibile, per le loro esigenze temporanee, connesse in particolare al rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico.

La disposizione è concepita inoltre per venire incontro alla contestuale esigenza di identificare nuove e virtuose modalità per favorire l'inserimento lavorativo dei giovani laureati nel settore dei beni culturali.

Gli istituti e i luoghi della cultura di appartenenza pubblica, anche su impulso degli enti pubblici territoriali, potranno attuare la disposizione anche attraverso l'utilizzo dello strumento costituito dal Servizio civile nazionale, presentando appositi progetti nell'ambito del settore artistico e culturale.

La norma non interferisce sul regime vigente delle concessioni dei servizi per il pubblico di cui agli articoli 115 e 117 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.


Le modalità attuative della norma saranno definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze.

TITOLO II – MISURE URGENTI A SUPPORTO DELL'ACCESSIBILITÀ DEL SETTORE CULTURALE E TURISTICO

Art. 9. – (Disposizioni urgenti recanti introduzione di un credito d'imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi). – Per sostenere la competitività del sistema turistico nazionale, favorendo la digitalizzazione del settore, per i periodi d'imposta 2015, 2016 e 2017, a favore degli esercizi ricettivi singoli o aggregati con servizi extra-ricettivi o ancillari, è riconosciuto un credito d'imposta nella misura del 30 per cento dei costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo. Esclusi i costi per intermediazione, il credito d'imposta è riconosciuto per spese relative a: impianti wi-fi; siti web ottimizzati per il sistema mobile; programmi per la vendita diretta di servizi e pernottamenti e la distribuzione sui canali digitali; spazi e pubblicità per la promozione e commercializzazione di servizi e pernottamenti turistici sui siti e piattaforme informatiche specializzate, anche gestite da tour operator e agenzie di viaggio; servizi di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale utili a generare visibilità e opportunità commerciali su web, social media e comunità virtuali; spese per la promozione digitale di proposte e offerte innovative in tema di inclusione e di ospitalità per persone con disabilità; servizi relativi alla formazione del titolare o del personale dipendente per tutto quanto previsto dal comma 2 del presente articolo.

La norma, necessaria e urgente per ridurre, nel minor tempo possibile, il gap digitale tra le strutture italiane e quelle dei principali concorrenti esteri, è congegnata ispirandosi al regime nazionale del tax credit per il cinema, che in questi anni ha dato positiva prova di sé, e opera nel rispetto delle soglie di aiuto di minore importanza («de minimis») stabilite dalla Commissione europea, sotto le quali non è necessaria autorizzazione dell'Unione europea. Il credito d'imposta è riconosciuto fino all'importo massimo complessivo di 12.500 euro nei periodi d'imposta sopra indicati ed è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

La norma, unitamente alle altre previsioni di benefìci economici di pronto e immediato impiego messi in campo dal decreto-legge, rappresenta una misura di stimolo indispensabile per rivitalizzare il settore della ricettività e per concentrare, sotto il profilo dell'investimento pubblico, una massa critica di aiuti minima sufficiente per essere percepita dal settore e per poter innescare quel processo virtuoso di ripresa e di recupero che è indifferibile per il rilancio di questo settore dell'economia nazionale, il quale riveste, come è noto, un ruolo strategico ed essenziale per l'intera economia del Paese.

Stante le dotazioni economiche previste, la norma consentirà a circa 10.000 beneficiari, in gran parte piccole e medie imprese turistiche, di migliorare i risultati dell'attività promozionale e commerciale on line generando immediatamente, inoltre, investimenti privati complessivi nel settore digitale, ad alta intensità di occupazione giovanile, per circa 300 milioni di euro e di conseguenza incrementando di circa 60 milioni di euro il gettito dell'imposta sul valore aggiunto.

Art. 10. – (Disposizioni urgenti per l'introduzione di un credito d'imposta per favorire la riqualificazione e l'accessibilità delle strutture ricettive). – La norma risponde alla necessità e all'urgenza di pervenire all'ammodernamento dell'offerta ricettiva italiana, condizione fondamentale per vincere le sfide della concorrenza internazionale che è sempre più agguerrita.

Si introduce un credito d'imposta del 30 per cento – a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge e per i due anni d'imposta successivi – per sostenere gli interventi di riqualificazione delle strutture ricettive italiane, al fine di favorire un generale miglioramento dei livelli medi di qualità, in più casi piuttosto bassi e di fatto inferiori alla media dei competitori europei. Il credito d'imposta, riservato alle strutture ricettive esistenti alla data del 1#176; gennaio 2012 e nelle tipologie identificate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che sarà adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è riconosciuto solo per gli interventi di maggiore rilevanza, quali le ristrutturazioni edilizie di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del testo unico in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e per gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.

Il credito d'imposta è applicato nel rispetto della normativa europea relativa agli aiuti «de minimis» e riconosciuto fino a un massimo di 200.000 euro; è ripartito in tre quote annuali ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione; la prima quota del credito d'imposta sarà utilizzabile a partire dal 1#176; gennaio 2015.

Il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che sarà adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, individuerà, tra l'altro, oltre alle tipologie di strutture ricettive ammesse al credito d'imposta, le tipologie di interventi ammessi al beneficio e le soglie massime di spesa eleggibile.

Oltre a rispondere alle urgenti e indifferibili esigenze di migliorare la qualità dell'offerta ricettiva nel nostro Paese e di adeguarla all'incremento dei flussi turistici in entrata, la disposizione vuole favorire la creazione di nuova occupazione nel settore edile, peraltro fortemente colpito dagli effetti della recente crisi economica e finanziaria, nonché favorire l'emersione e regolarizzazione del lavoro sommerso.

Art. 11. – (Norme urgenti in materia di mobilità, accoglienza e guide turistiche). – Il comma 1 prevede la predisposizione di un piano straordinario della mobilità turistica, che favorisca e promuova la raggiungibilità e la fruibilità dell'immenso patrimonio culturale e turistico del Paese, con particolare riguardo ai centri minori e alle località del Mezzogiorno d'Italia: obiettivi questi che – considerato il bassissimo livello attuale di tali parametri – rendono chiare la necessità e l'urgenza di una norma propulsiva in merito. Il Piano è definito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, e rappresenta uno strumento di potenziamento della strategia turistica del Paese.

Il comma 2 ha come obiettivo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la semplificazione dei procedimenti per realizzare progetti nazionali di interesse strategico per la fruizione turistica, e recepisce inoltre le proposte già avanzate in sede parlamentare in materia (atto Camera n. 1249, sulla valorizzazione del patrimonio culturale e sulla creazione della rete integrata di itinerari culturali e turistici). Il carattere di necessità ed urgenza è rappresentato dall'imminente Esposizione universale, che aprirà a maggio 2015 e per la quale azioni di semplificazione burocratica renderanno più efficace la progettualità turistica collegata all'evento. Appare evidente che superare un'eccessiva frammentazione della promozione e della strutturazione dell'offerta attraverso la promozione di progetti nazionali di eccellenza può contribuire a rafforzare l'attrattività dell'Italia come destinazione turistica.


Si tenga presente che la competenza statale nella gestione dei circuiti nazionali di eccellenza a sostegno dell'offerta turistica e del sistema Italia introdotti dal codice del turismo, di cui al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, non è stata messa in questione dalla Corte costituzionale, che si è invece pronunciata sull'illegittimità di altre disposizioni del codice. La Corte inoltre, nonostante il turismo ricada nelle materie di competenza esclusiva residuale delle regioni, ha riconosciuto allo Stato il potere di emanare «norme incidenti sulla materia del turismo» per «la tutela di interessi di sicuro rilievo nazionale» (da ultimo, sentenza n. 80 del 2012).

Si è preferito peraltro non intervenire novellando il codice del turismo, alla luce dell'attuale frammentarietà delle disposizioni di tale atto in seguito alla pronuncia della Corte e in vista di un più organico intervento di revisione della materia mediante un disegno di legge di delegazione legislativa.

Sempre nell'ambito della realizzazione di progetti nazionali di interesse strategico e per favorire lo sviluppo di diverse forme di turismo («a piedi», ciclabile, motociclistico), con il comma 3 si incentiva il recupero di immobili di appartenenza pubblica a potenziale vocazione turistica e non utilizzati né utilizzabili a fini istituzionali, quali, ad esempio, le case cantoniere, i caselli e le stazioni ferroviarie o marittime, le fortificazioni, i fari. Si prevede, dunque, il possibile ricorso a forme di concessione e gestione di tali beni, in favore di imprese, cooperative e associazioni costituite in prevalenza da giovani fino a trentacinque anni. In questo modo si intende altresì favorire opportunità di impiego qualificate destinate ai giovani, nei settori dell'accoglienza e della promozione turistica.

Il comma 4 interviene con riferimento all'articolo 3 della legge n. 97 del 2013, recante disposizioni relative alla libera prestazione e all'esercizio stabile dell'attività di guida turistica da parte di cittadini dell'Unione europea, che, introdotto con il dichiarato obiettivo di dare una risposta al caso EU Pilot 4277/12/MARK, ha sollevato notevoli problemi applicativi e forti contestazioni, fatte proprie da ampi settori parlamentari (si vedano in proposito le risoluzioni presentate presso la X Commissione della Camera dei deputati dai deputati Prodani n. 7-00116, Petitti n. 7-00182 e Abrignani n. 7-00228, in materia di revisione organica della disciplina relativa all'esercizio della professione di guida turistica). La norma si è rivelata incompleta e pressoché inapplicabile, perché si limita a demandare a un apposito decreto ministeriale la sola individuazione dei siti di particolare interesse storico, artistico o archeologico per i quali occorre una specifica abilitazione, senza provvedere alla necessaria disciplina di tale specifica abilitazione, né per quanto riguarda i contenuti professionali minimi richiesti, né per quanto riguarda la regolazione della procedura per il rilascio dell'abilitazione e l'individuazione dell'autorità competente. Si tratta di una lacuna molto grave, poiché, in un Paese come l'Italia, a spiccata e specialissima vocazione di turismo culturale, la liberalizzazione dell'esercizio dell'attività di guida turistica è consentibile, nel contesto europeo, solo a condizione che siano salvaguardati i livelli minimi di professionalità nell'esercizio dell'attività, che sono imprescindibili per garantire adeguati parametri qualitativi di valorizzazione e pubblica fruizione del nostro straordinario patrimonio culturale. D'altra parte, già negli anni novanta del secolo scorso la Corte di giustizia delle Comunità europee ha osservato che «L'interesse generale attinente alla valorizzazione del patrimonio storico e alla migliore divulgazione possibile delle conoscenze sul patrimonio artistico e culturale di un Paese può costituire un'esigenza imperativa che giustifica una restrizione della libera prestazione dei servizi, anche se ciò non può spingersi al punto da subordinare l'esercizio dell'attività delle guide turistiche che viaggiano con un gruppo di turisti provenienti da un altro Stato membro al possesso di una autorizzazione che presuppone l'acquisizione di una determinata qualificazione professionale comprovata dal superamento di un esame. In tal caso lo Stato pone delle restrizioni che eccedono quanto è necessario per garantire la tutela di detto interesse, quando l'attività consiste nel guidare i turisti in luoghi diversi dai musei o dai monumenti storici visitabili solo con una guida specializzata» (sentenza 26 febbraio 1991, C-180/1991, recentemente richiamata da Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 31 luglio 2012, n. 13733). Lo stesso giudice europeo ha perciò riconosciuto, in una qualche misura, che determinati siti culturali possano giustificare l'adozione di requisiti più elevati per lo svolgimento dell'attività di guida turistica. Per tale ragione, come è noto, il decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 1995 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di guide turistiche) aveva già previsto che «le regioni individuano, d'intesa con le competenti sovrintendenze ai fini di una migliore fruizione del valore culturale del patrimonio storico e artistico nazionale, i siti che possono essere illustrati ai visitatori solo da guide specializzate che, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 11 della legge 17 maggio 1983, n. 217, abbiano conseguito specifica abilitazione in relazione ai siti oggetto di visita turistica» (articolo 2). Tuttavia, la disposizione del 1995 ha trovato difficile attuazione, perché gli elenchi di siti sono stati spesso troppo estesi (il che ha portato a nuove azioni di infrazione intraprese dalla Commissione europea nei confronti dello Stato italiano). Di qui la necessità di intervenire nuovamente in materia. Occorre quindi completare la norma di rinvio al decreto ministeriale, comprendendo, tra i contenuti di tale decreto, anche la suddetta disciplina del procedimento di rilascio della speciale abilitazione di che trattasi, senza la quale il sistema non potrebbe all'evidenza funzionare. Ciò si pone in linea, del resto, con quanto previsto dal diritto europeo e con quanto avviene in altri Paesi dell'Unione. In Francia, ad esempio, il codice del turismo distingue nettamente l'ipotesi di guida turistica da quella relativa alle «Visites dans les musées et monuments historiques», imponendo requisiti ulteriori per abilitare soggetti allo svolgimento di tale attività (Code du Tourisme, articoli L221-1 e seguenti e R221-1 e seguenti). Sotto il profilo delle competenze legislative, la Corte costituzionale ha chiarito che in materia di professioni «compete allo Stato l'individuazione dei profili professionali e dei requisiti necessari per il relativo esercizio» e «tali princìpi sono validi anche con riguardo alle professioni turistiche» (Corte costituzionale, sentenza n. 271 del 2009; si vedano anche le sentenze n. 132 del 2010 e n. 222 del 2008). Da un punto di vista pratico, inoltre, il grave stato di incertezza in cui versano gli operatori impone di intervenire al più presto, con il decreto ministeriale, in merito a tutti i necessari aspetti di disciplina sopra indicati. Per le esposte considerazioni, si ritiene pertanto necessaria e urgente l'approvazione della disciplina proposta dall'articolo in esame.

TITOLO III – MISURE URGENTI PER L'AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE E DEL TURISMO

Art. 12. – (Misure urgenti per la semplificazione in materia di beni culturali e paesaggistici). – La norma, agendo in chiave di semplificazione, reca urgenti disposizioni destinate a rendere più agile, efficace e moderna l'azione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il comma 1 prevede una modifica necessaria e urgente al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, diretta ad allineare il momento iniziale dell'efficacia dell'autorizzazione paesaggistica e dell'eventuale titolo edilizio necessario a realizzare l'intervento.

Si introduce, in secondo luogo, un'opportuna chiarificazione circa la doverosità della conclusione del procedimento da parte dell'autorità preposta alla gestione del vincolo (regione o comune subdelegato), pur quando il soprintendente abbia omesso di rendere il suo parere nel termine di legge (quarantacinque giorni dalla ricezione completa degli atti), ciò al fine di riaffermare l'orientamento già da anni seguito dal Ministero (la cosiddetta «prescindibilità» del parere del soprintendente), accolto nel vigente regolamento in materia interventi di lieve entità (decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010). Si segnala, peraltro, che tale orientamento è stato in parte contraddetto da una recente pronuncia del Consiglio di Stato (sezione VI, sentenza n. 4914 del 2013), che avrebbe affermato (secondo talune interpretazioni restrittive) l'indefettibilità comunque e in ogni caso del parere del soprintendente. Ne sono derivati ulteriori rallentamenti nella conclusione dei procedimenti, che appare necessario e urgente superare con la proposta normativa in esame.

Inoltre (comma 2) si prevede la possibilità di emanare, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, d'intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, disposizioni modificative e integrative del regolamento previsto dall'articolo 146, comma 9, quarto periodo, del codice dei beni culturali e del paesaggio (attualmente, decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010), al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge n. 241 del 1990. È forte e urgente, infatti, la richiesta, da più parti della società, come testimoniato anche da rilevazioni e indagini demoscopiche degli uffici della semplificazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, di accelerare e semplificare il controllo preventivo sugli interventi minimali, in poco o per niente incidenti sul paesaggio, e ciò anche al fine di consentire alle soprintendenze di concentrare la propria attenzione e i propri sforzi sulle questioni più rilevanti e di maggiore impatto paesaggistico.

Le disposizioni del comma 3 apportano modifiche necessarie ed urgenti ad alcune norme del codice dei beni culturali e del paesaggio, allo scopo di introdurre specifiche ipotesi di liberalizzazione in materia di licensing dei beni culturali. La disciplina attualmente vigente (articoli da 106 a 109 del codice) prevede, infatti, che qualunque riproduzione dell'immagine di un bene culturale appartenente a un soggetto pubblico, con qualunque mezzo, in qualunque contesto e per qualunque fine effettuata, debba sempre essere autorizzata. Fermo restando l'indefettibile obbligo di munirsi di autorizzazione, l'articolo 108, comma 3, del codice prevede alcune limitate ipotesi in cui non è dovuto il canone per la riproduzione. Si tratta di un impianto normativo non più attuale, in particolare con riguardo alle esigenze derivanti dalla circolazione dei contenuti sulla rete internet. Per altro verso, l'imposizione di un rigido sistema di restrizioni alla circolazione delle immagini di beni culturali, ove effettuate per scopi non lucrativi (e, in particolare, per finalità di studio o di creazione artistica o letteraria), appare non pienamente rispondente al dettato costituzionale che, da un lato, pone a carico della Repubblica il compito di promuovere la cultura (articolo 9, primo comma, della Costituzione) e, dall'altro, sancisce il diritto alla libera manifestazione del pensiero. L'eccessiva rigidità e difficile applicabilità di tale normativa ha dato luogo di recente a dubbi e difficoltà applicative notevoli, che la proposta normativa mira a sciogliere.

In particolare, a tali fini l'articolo prevede:

alla lettera a), la modifica dell'articolo 108, comma 3, del codice, con lo scopo di consentire la gratuità delle riproduzioni di beni culturali effettuate per finalità di valorizzazione, non solo quando a compierle siano (come attualmente previsto) soggetti pubblici, ma anche nel caso in cui siano effettuate da soggetti privati, purché non ricorrano finalità di lucro, neanche indiretto. Tale previsione è destinata, per altro verso, a trovare applicazione anche nei confronti dei soggetti pubblici, che prima erano sempre esonerati dal canone, anche quando agivano per fine di lucro. Invero, la riproduzione di beni culturali, specie mediante la realizzazione di documentari, film e altri prodotti audiovisivi, avviene talora anche da parte di soggetti pubblici e organismi di diritto pubblico, i quali, in alcune ipotesi, agiscono per finalità lucrative. Scopo della nuova disposizione è, pertanto, quello di operare non già una riduzione degli introiti pubblici derivanti dalla riproduzione di beni culturali, bensì di operare una diversa distinzione tra soggetti onerati e non onerati dal canone, fondata non già sulla loro natura pubblica o privata, ma sui fini – lucrativi o non lucrativi – cui è diretta l'attività svolta. Ciò consente anche di adeguare l'ordinamento ai princìpi di concorrenza e parità di trattamento tra gli operatori economici imposti dall'ordinamento europeo, evitando di avvantaggiare indebitamente i soggetti pubblici, esonerandoli dal canone, quando agiscano per fini di lucro al pari dei privati;

alla lettera b), l'introduzione del nuovo comma 3-bis del medesimo articolo 108, che prevede la completa liberalizzazione – con esonero anche dall'obbligo di autorizzazione – di una serie di attività, a condizione che siano attuate senza scopo di lucro, neanche indiretto, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale. Tali attività consistono, in particolare, nella riproduzione di beni culturali che non comporti potenziali interferenze con le esigenze di tutela (ossia quella riproduzione che si può attuare senza contatto fisico con il bene e senza l'esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né l'uso di stativi o treppiedi), nonché la divulgazione dell'immagine del bene, legittimamente detenuta, in modo tale da non poter essere ulteriormente riprodotta dal destinatario della attività divulgativa se non, eventualmente, a bassa risoluzione digitale.

Con quest'ultima previsione si consente la libera pubblicazione, ad esempio su blog o social network, di fotografie che riproducano beni culturali, tutte le volte in cui ciò avvenga senza scopo di lucro, neanche indiretto, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale. Già oggi tale pubblicazione dovrebbe essere assentita dall'amministrazione senza corrispettivo, poiché sostanzialmente riconducibile alle formule dell'uso personale o dei motivi di studio, di cui al vigente articolo 108, comma 3, di cui la nuova disposizione si limita sostanzialmente a chiarire la portata, offrendo un'interpretazione costituzionalmente orientata del dato normativo vigente. L'immagine divulgata, in quanto a bassa risoluzione, potrà difficilmente essere usata da terzi per fini di lucro. In ogni caso, peraltro, i terzi eventualmente interessati all'uso dell'immagine stessa per fini di lucro non sono in alcun modo esonerati dal pagamento del canone. Essi, quindi, ove intendessero sfruttare commercialmente l'immagine reperita in rete dovrebbero chiedere la concessione e versare il corrispettivo dovuto, non diversamente da quanto già oggi avviene nel caso in cui un imprenditore intenda avvalersi per fini di lucro dell'immagine di un bene culturale pubblicata – ad esempio – in una guida turistica o in un catalogo d'arte.

Relativamente ai poteri di controllo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sotto un primo profilo, tali controlli sono riconducibili al generale potere-dovere del Ministero stesso di verificare la compatibilità degli usi del bene culturale con le esigenze di tutela (articolo 20, comma 1, e articolo 106, comma 2-bis, del codice). In tale prospettiva, le verifiche mireranno anzitutto ad accertare che effettivamente la riproduzione avvenga con modalità non pregiudizievoli per la conservazione o il decoro del bene culturale. Per altro verso, ove il bene riprodotto sia in consegna al Ministero, i controlli saranno diretti, altresì, a riscontrare che la riproduzione sia finalizzata effettivamente a uno degli scopi previsti dalla norma e che non avvenga, invece, per finalità lucrative. Sotto questo diverso profilo, il potere di controllo ex post del Ministero sostituisce quindi, come detto, il potere di rilasciare le concessioni ex ante, previsto dagli articoli 106 e seguenti del codice.

Il comma 4 prevede infine disposizioni necessarie per rendere più semplice l'accesso ai documenti per la consultazione presso gli archivi, in primo luogo disponendo l'ammissione alla consultazione di tutti i documenti (anche non riservati) versati anticipatamente agli archivi di Stato rispetto al termine dei quaranta anni dalla conclusione delle pratiche e, in secondo luogo, prevedendo la riduzione a trenta anni del termine di quaranta anni previsto attualmente per il versamento della documentazione statale agli archivi di Stato, termine ormai non allineato a buona parte della normativa di altri Paesi europei e poco funzionale alle esigenze di conservazione della documentazione digitale. Tale disposizione appare peraltro coerente anche con la recente direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri concernente la de-secretazione di alcuni atti e che consente il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato, superando l'ostacolo posto dal limite minimo dei quaranta anni previsti dalla legge.

Art. 13. – (Misure urgenti per la semplificazione degli adempimenti burocratici al fine di favorire l'imprenditorialità turistica). – L'intervento previsto dal comma 1, necessario e urgente, mira a ripristinare la piena operatività dei princìpi di semplificazione degli oneri burocratici per le attività ricettive, a tutela della concorrenza delle relative imprese e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, in adempimento della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 (direttiva servizi). La norma si impone, in via di urgenza, anche al fine di porre rimedio ad un effetto paradossale. Si tratta infatti di ripristinare il principio e gli effetti di cui all'originario articolo 83 del decreto legislativo n. 59 del 2010, attuativo della direttiva servizi, dopo l'annullamento da parte della Consulta della norma del codice della normativa statale in materia di ordinamento e mercato del turismo (articolo 3 del decreto legislativo n. 79 del 2011), che aveva abrogato l'articolo 83 predetto. Si tratta quindi di ripristinare tale principio di semplificazione anche per gli obblighi europei connessi. Si estendono altresì gli effetti e l'operatività della disciplina della direttiva servizi anche ai procedimenti di rilascio dei titoli autorizzatori per l'apertura e l'esercizio delle attività turistico-ricettive.

La semplificazione si svolge attraverso il riferimento alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all'articolo 19, comma 2, primo periodo, della legge n. 241 del 1990 e ai sensi dell'articolo 29, comma 2-ter, della medesima legge. Il comma 1, lettera b), dispone inoltre un necessario intervento di semplificazione per l'autorizzazione all'apertura di un'agenzia di viaggio e turismo, che si traduce nella mera verifica della sussistenza dei requisiti e dei presupposti prescritti dalle singole normative regionali. Analoga disposizione era stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale limitatamente al profilo dell'eccesso di delega.

L'intervento statale di semplificazione amministrativa si rende necessario e urgente, altresì, alla luce di precedenti segnalazioni con cui l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, ha evidenziato proprio le possibili distorsioni della concorrenza che sarebbero potute derivare dall'applicazione della disciplina recata dalla frammentata legislazione regionale in materia.

Il comma 2 infine prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguino i rispettivi ordinamenti ai princìpi di semplificazione previsti dal comma 1.

Art. 14. – (Misure urgenti per la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e per il rilancio dei musei). – La norma reca misure urgenti per il riordino e la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il comma 1, lettera a), contiene una misura necessaria e urgente, destinata a consentire al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di attuare gli interventi di riordino diretti a realizzare riduzioni della spesa e di articolare in modo più flessibile gli uffici dirigenziali di I fascia tra livello centrale e periferico. Tale Ministero è l'unico ad avere una specifica disposizione di legge che vincola in modo non flessibile il numero degli uffici dirigenziali generali periferici. L'articolo 54, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999, infatti, prevede che «Il Ministero si articola in non più di dieci uffici dirigenziali generali centrali e in diciassette uffici dirigenziali generali periferici, coordinati da un Segretario generale, nonché in due uffici dirigenziali generali presso il Gabinetto del Ministro. Sono inoltre conferiti, ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, due incarichi di funzioni dirigenziali di livello generale presso il collegio di direzione del Servizio di controllo interno del Ministero». Anche l'articolo 7 del decreto legislativo n. 368 del 1998 stabilisce che le direzioni regionali, uffici dirigenziali generali, sono 17. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 gennaio 2013, che ha rideterminato le dotazioni organiche dei ministeri in attuazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 95 del 2012, ha previsto per il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo il numero massimo di 23 dirigenti di prima fascia (cui va aggiunto uno derivante dalla accorpata Direzione generale per il turismo), senza fare alcun riferimento alle strutture centrali e a quelle periferiche. Il regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel distribuire i 24 posti da dirigente di prima fascia, dovrebbe perciò tener conto dei 17 uffici periferici indicati dalla legge. I numeri indicati dalle attuali disposizioni di legge risultano però non più attuali e, soprattutto, sono ormai sproporzionati nel rapporto tra strutture centrali e strutture periferiche. Questo problema non si è verificato per tutti gli altri Ministeri, per i quali la legge già prevedeva formule flessibili («non più di...»). La proposta qui formulata, dunque, adegua il quadro legislativo dell'organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo a quello di tutti gli altri ministeri, così da permettere una razionale ed efficiente riorganizzazione del Ministero anche in termini di riduzione della spesa.

La disposizione di cui alla lettera b) del comma 1 risulta, invece, necessaria e urgente per consentire al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di disporre delle necessarie duttilità ed elasticità organizzative indispensabili per adattare le proprie strutture, sia pur in via temporanea, a fare fronte adeguatamente alle sempre più frequenti situazioni di emergenza che si verificano nel territorio nazionale (calamità naturali, come definite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 24 febbraio 1992, n. 225), che vedono i beni culturali tra quelli più esposti, per la loro intrinseca fragilità, al rischio di gravissimi danni per effetto di tali eventi straordinari. La misura, in particolare, si rende indispensabile per attrezzare il Ministero, senza nuovi o ulteriori oneri per la finanza pubblica, a fronteggiare situazioni di emergenza come quelle verificatesi all'Aquila e nell'Emilia: il disposto normativo mira infatti ad assicurare l'unitarietà e la migliore gestione degli interventi necessari per la tutela del patrimonio culturale nelle aree colpite da calamità naturali, autorizzando il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con proprio decreto, a riorganizzare gli uffici esistenti nel territorio, in via temporanea e comunque per un periodo non superiore a cinque anni.

Il comma 2 mira a consentire una maggiore flessibilità organizzativa al Ministero, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, richiamando, con talune semplificazioni, la già vigente disciplina – articolo 8 del decreto legislativo n. 368 del 1998 e decreto del Presidente della Repubblica n. 240 del 2003 – che prevede il potere del Ministero di attribuire una speciale autonomia gestionale e organizzativa a propri istituti (musei, soprintendenze, complessi di beni di particolare rilevanza) che presentino esigenze speciali di unitarietà di gestione e di maggiore efficacia nell'organizzazione dei propri mezzi e delle proprie strutture. A tal fine la norma prevede che la predetta attribuzione di maggiori livelli di autonomia scientifica, finanziaria e organizzativa agli istituti e luoghi della cultura statali e agli uffici competenti su complessi di beni distinti da eccezionale valore archeologico, storico, artistico o architettonico, possa avvenire con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Per ragioni di maggiore snellezza organizzativa e di revisione della spesa, in linea con quanto previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012, si prevede inoltre che in tali strutture, in luogo del consiglio di amministrazione oggi previsto per i poli museali, operi un amministratore unico, da affiancare al soprintendente, con precisa indicazione del profilo professionale e delle specifiche competenze gestionali e amministrative. La norma introduce, inoltre, nel quadro della scelta, già prevista dall'articolo 115 del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, tra forme di gestione diretta e indiretta, la preferenza, di regola, per i poli museali e gli istituti e i luoghi della cultura ai quali è attribuita la suddetta speciale autonomia, della gestione in forma diretta dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico a maggiore connotazione culturale.

Per tutto quanto non previsto dal comma 2, si applica l'attuale disciplina sulle soprintendenze speciali, contenuta nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 240 del 2003. Per tale ragione, con il regolamento di organizzazione del Ministero si provvederà anche ad adeguare tale decreto del Presidente della Repubblica. In particolare, ferma restando la previsione del soprintendente e di un collegio dei revisori dei conti, sarà sostituito il consiglio di amministrazione (oggi composto da tre membri) con l'amministratore unico (con conseguente riduzione della spesa). La qualifica dell'amministratore sarà definita in sede di regolamento di organizzazione, ai sensi del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nei limiti della dotazione organica e delle risorse economico-finanziarie del Ministero, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 15. – (Misure urgenti per il personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo). – La norma reca disposizioni necessarie e urgenti per assicurare l'espletamento delle funzioni di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale statale da parte del Ministero dei beni e della attività culturali e del turismo.

Il comma 1 mira a garantire la continuità di servizi e funzioni del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, mediante la proroga, fino al 31 agosto 2015, del comando di alcuni dipendenti del comparto della scuola che prestano servizio presso il medesimo Ministero, il cui comando scadrebbe il 31 agosto 2014. Si tratta di 97 posizioni, di cui 29 di II area e 68 di III area; 82 di tali dipendenti operano presso le strutture centrali del Ministero e 15 presso le sedi periferiche; 92 sono docenti e 5 appartengono al personale amministrativo, tecnico e ausiliario.

La proroga in questione potrà naturalmente essere disposta, tenuto conto dei posti disponibili nell'organico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, previo assenso dell'interessato e previo parere favorevole dei dirigenti delle strutture interessate.

Il comma 2 è volto a favorire le procedure di mobilità interna alle amministrazioni dello Stato, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in particolare per sopperire a carenze di personale impiegato nel settore dei beni culturali e paesaggistici e per prevenire l'insorgere di situazioni emergenziali e garantire un'efficace azione di tutela e valorizzazione. La disposizione non comporta nuovi oneri per la finanza pubblica e agisce nell'ottica del più efficace e razionale impiego delle risorse umane disponibili nell'ambito della pubblica amministrazione. La norma prevede infatti la possibilità di passaggio diretto, a domanda, da parte del personale non dirigenziale in servizio presso amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presentano situazioni di soprannumerarietà rispetto alla dotazione organica o di eccedenza per ragioni funzionali; tali procedure possono interessare in particolare profili con competenze tecniche specifiche in materia di beni culturali e paesaggistici e i passaggi avverranno previa selezione secondo criteri prefissati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Art. 16. – (Trasformazione di ENIT in ente pubblico economico e liquidazione di Promuovi Italia Spa). – Allo scopo di ottenere significativi risparmi della spesa pubblica e migliori risultati nel settore della promozione turistica, anche in vista dell'imminente Esposizione universale, la presente proposta normativa prevede il riordino e la razionalizzazione dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo e la soppressione della società Promuovi Italia Spa, di cui lo stesso ENIT è azionista unico.

Nata a seguito della trasformazione disposta con il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, l'ENIT-Agenzia nazionale del turismo è subentrata all'Ente nazionale italiano per il turismo, istituito nel 1919.

La riforma del 2005, tuttavia, ha prodotto risultati complessivamente deludenti: le risorse umane sono cresciute all'interno di un'organizzazione dei servizi turistici superata dalle nuove dinamiche del mercato; l'organizzazione territoriale estera si è rivelata inutile e troppo onerosa; il coinvolgimento delle regioni è stato debole e inefficiente sul piano del co-marketing sia orizzontale (tra le regioni/destinazioni) sia verticale (tra ENIT e regioni/destinazioni); è emersa l'impossibilità sia di procedere per progetti di marketing con il concorso di investimenti privati da parte di aziende che operano nei settori dei trasporti e dell'ospitalità, sia di attrarre investimenti su aree specifiche e per la valorizzazione turistica dei territori e dei beni culturali.

In tale contesto, si è aggiunta la negativa esperienza – in termini sia di contenimento della spesa, sia di efficacia dei risultati – della società Promuovi Italia Spa, società costituita ai sensi dell'articolo 12, comma 8-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, della quale l'ENIT è azionista unico.

Tali criticità sono emerse in modo ancor più evidente a partire dal giugno 2013, a seguito del trasferimento delle competenze in materia di turismo dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al Ministero per i beni e le attività culturali, ridenominato Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Il Ministero vigilante, oltre a rilevare le difficoltà gestionali sopra illustrate, ha riscontrato la necessità di procedere a un riordino degli enti operanti nel settore turistico (si veda la relazione della Commissione per il rilancio dei beni culturali e del turismo e per la riforma del Ministero in base alla disciplina sulla revisione della spesa, istituita con decreto ministeriale 9 agosto 2013, pubblicata nel sito internet www.beniculturali.it). Ciò al duplice scopo di ottenere risparmi di spesa e di collegare maggiormente le politiche per il turismo a quelle per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale.

La norma qui proposta, dunque, intende raggiungere questo duplice obiettivo, e in particolare ridurre la spesa pubblica, attraverso la trasformazione dell'ENIT in ente pubblico economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (al pari di quanto avvenuto in altri casi, come quello dell'Agenzia del demanio o, seppur con le peculiarità proprie degli enti associativi, quello della Società italiana autori ed editori), e la messa in liquidazione della società Promuovi Italia Spa.

La scelta di optare per un ente pubblico economico deriva dalla necessità di consentire all'ENIT di svolgere attività di impresa, mediante una organizzazione più leggera e dinamica. Il modello dell'ente pubblico economico appare, inoltre, più adatto in considerazione non solo degli scarsi risultati ottenuti mediante il modello della società pubblica in questo specifico settore, ma anche della forte rilevanza pubblica della funzione che l'Agenzia trasformata è chiamata a svolgere, come ad esempio i compiti di promozione del turismo.

Inoltre, sia gli organi di governo della nuova Agenzia sia la sua struttura e i suoi compiti sono stati definiti con l'intento di assicurare un più ampio coinvolgimento delle regioni. Queste, infatti, partecipano alla designazione degli organi amministrativi; in aggiunta, le amministrazioni regionali e locali, tramite convenzioni, possono avvalersi dei servizi dell'ENIT trasformato. Si prevede inoltre un consiglio federale rappresentativo delle regioni, tramite le agenzie regionali per il turismo o, ove non istituite, gli uffici amministrativi competenti per il turismo in ambito regionale, con funzioni progettuali e consultive nei confronti degli organi direttivi. Si segnala, poi, che è stato ritenuto necessario, allo scopo di assicurare all'autorità vigilante un effettivo controllo sull'attività svolta dall'ente, prevedere la stipula di una apposita convenzione triennale tra Ministro vigilante ed ente vigilato, sulla base di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 300 del 1999 per le agenzie governative. La necessaria unitarietà dell'azione di promozione del Paese verso l'estero determinerà il proseguirsi della fattiva collaborazione da parte dell'Agenzia con le strutture e rappresentanze estere del Ministero degli affari esteri sulla base di apposite intese.

Al fine di consentire che la trasformazione avvenga in tempi rapidi, la disposizione qui proposta affida a un commissario straordinario, nominato entro il 30 giugno 2014, il compito di provvedere entro sei mesi alla predisposizione dello statuto, nonché alla redazione di un apposito piano di riorganizzazione, al fine di individuare le unità di personale a tempo indeterminato in servizio presso l'ENIT e Promuovi Italia Spa da assegnare all'ENIT trasformato. Per tutelare le posizioni dei lavoratori coinvolti, sono sentite le organizzazioni sindacali.

Ulteriori risparmi di spesa deriveranno dalla razionalizzazione della rete internazionale dell'ENIT (attraverso la riorganizzazione e la soppressione delle sedi estere), che il piano di riorganizzazione dovrà prevedere.

Approvato lo statuto, il commissario sarà sostituito dagli organi della nuova agenzia.

Si dispone infine l'abrogazione dell'articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, con il quale era stata attuata la riforma dell'ENIT. Anche a seguito di tale abrogazione dovrà necessariamente prevedersi la liquidazione della società Promuovi Italia Spa, che trovava il proprio fondamento normativo in detta disposizione.

TITOLO IV – NORME FINANZIARIE ED ENTRATA IN VIGORE

Art. 17. – (Copertura finanziaria). – Gli oneri complessivamente derivanti dal provvedimento in esame, che discendono dagli articoli 1, 2, comma 5, 3, 6, comma 2, 7, comma 3, 8, 9, 10 e 15, ammontano a 1,1 milioni di euro per l'anno 2014, a 47,80 milioni di euro per l'anno 2015, a 81,9 milioni di euro per l'anno 2016, a 88,20 milioni di euro per l'anno 2017, a 84,60 milioni di euro per l'anno 2018, a 75,20 milioni di euro per l'anno 2019 e a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020.

Ai predetti oneri si provvede:

quanto a 1,1 milioni di euro per l'anno 2014, a 6 milioni di euro per l'anno 2015, a 3,4 milioni di euro per l'anno 2016, a 4,4 milioni di euro per l'anno 2017, a 7,6 milioni di euro per l'anno 2018 e a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

quanto a 41,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 83,8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, a 77 milioni di euro per l'anno 2018 e a 70,20 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.