Rime (Angiolieri)/LXXX - La stremità mi richer per figliuolo

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LXXX - La stremità mi richer per figliuolo

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Cecco Angiolieri - Rime (XIII secolo)
LXXX - La stremità mi richer per figliuolo
LXXIX - Per ogni oncia di carne che ho addosso LXXXI - Per sì gran somma ho ’mpegnate le risa

 
     La stremità mi richer per figliuolo,
ed i’ l’appello ben per madre mia;
e ’ngenerato fu’ dal fitto duolo,
e la mia bàlia fu malinconia,
     5e le mie fasce si fur d’un lenzuolo,
che volgarment’ha nome riccadìa;
da la cima del capo ’nfin al suolo
cosa non regna ’n me che bona sia.
     Po’ quand’i’ fu’ cresciuto, mi fu dato
10per mia ristorazion moglie che garre
da anzi dì ’nfin al ciel stellato;
     e ’l su’ garrir paion mille chitarre:
a cu’ la moglie muor, ben è lavato
se la ripiglia, più che non è ’l Farre.