Solenni funerali di Pio papa ottavo (Amat)/Introduzione

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Introduzione

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Elogio funebre

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La perdita immatura del Sommo Pontefice PIO VIII, la quale fu pianta da tutta Roma e dai Fedeli dell’Universo, non poteva non essere vivamente sentita dal ragguardevole Personaggio, che aveva l’onore e la sorte di rappresentarlo con pubblico carattere in Napoli.

Sentimenti dunque di gratitudine, di venerazione e di esemplare pietà mossero Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor D. Luigi Amat, de’ Marchesi di S. Filippo e Sorso, Arcivescovo di Nicea, Abbate Commendatario di S. Michele di Salvenero, e di S. Maria di Cea, Nunzio Apostolico presso Sua Maestà il Re del Regno delle due Sicilie, a celebrarne con solenne pompa i funerali, come aveva fatto in morte del Papa Leone XII.

La lugubre cerimonia ebbe luogo li 23 dicembre dello cadente 1830 nella bella Chiesa di S. Giacomo degli Spagnuoli, immediatamente soggetta alla Santa Sede; ed al valente architetto Signor D. Raffaello Cappello fu affidata la cura di decorarla con quello splendore, che all’altissima dignità rispondesse dell’augusto defunto.

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Il magnifico tempio vedevasi tutto rivestito di nere gramaglie frammiste a drappi d’oro, che con variati aggiustamenti di pieghe secondavano le sue belle proporzioni, mentre in fondo dell’altare maggiore risaltava dal parato stesso una gran Croce parimente guarnita d’oro.

Nel centro della Chiesa sorgeva un sepolcro egiziano di soda e semplice architettura. Un gran masso di marmo orientale configurava un elevato basamento, adorno in giro di festoni di lauro, al quale faceva ascendere una egregia scala ricacciata nel davanti. Su questo ergevasi il sepolcro di forma quadrata, che terminava nella cornice col frontone, e nel quale vedevasi collocato il sarcofago destinato a racchiudere le ceneri del defunto Pontefice.

Molte statue allusive alle virtù di nostra Santa Religione erano disposte negli spazi interposti, e quattro candelabri, imitanti l’antico, corrispondevano agli angoli del sepolcro con un ben inteso intreccio di ardenti are, di lampadi mortuarie, e fumanti tripodi, in maniera che il tumulo nel suo tutto destava la graziosa idea d’una figura piramidale, a cui aggiungeva splendore e vaghezza la copia dei ceri, e torchi, ond’era riccamente guarnito.

Era degno da osservarsi il doppio ingresso del [p. 5 modifica]sepolcro, il quale, mentre una grilla di bronzo dorato, intrecciata a rombi, ne impediva l’adito, rendevasi vago alla prospettiva per le faci, che nell’interno vi riverberavano.

Accresceasi la maestà del cenotafio noti solo dal mezzo busto della Santità Sua, e dagli emblemi Pontificii, ma anche dalle piagnenti Prefiche, che collocate sopra i poggiuoli del basamento in varii atteggiamenti di dolore, sembravano deplorare la morte dell’augusto Pontefice.

Fu pur giusto e grazioso il pensiero di collocare due gran leoni ne’ gradoni laterali della scalinata, giacenti in differenti attitudini; poichè, oltre all’essere questi la conveniente decorazione de’ mausolei, mentre sembravano vegliare alla difesa del sepolcro, richiamavano lo stemma della casa Castiglioni, e simboleggiavano a maraviglia la sacerdotale fortezza, di cui l’illustre defunto ha dato segnalate prove ne’ giorni di calamità per la Chiesa.

Il tumulo, ed anche il tempio, tanto nel suo interno che nell’esterna sua porta, era decorato d’iscrizioni lapidarie scritte nella lingua de’ dotti dalla erudita ed elegante penna dell’Illus. e Reverendiss. Monsignor D. Arcangelo Lupoli, Arcivescovo di Conza e Campagna.

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Nella mattina poi dell’indicato giorno, verso le ore dieci e mezza antemeridiane, Sua Eccellenza Reverendissima si recò alla Chiesa con nobile treno a lutto, e vi cantò pontificalmente la messa di requie, accompagnata da musica del ch. Professore Signor D. Michele Perla, che colla purità e gentilezza de’ suoi concerti a dolce tristezza commoveva e rapiva i cuori.

Terminato il Pontificale, l’Illustriss. e Reverendiss. Monsignor D. Antonio Fava di Voghera, ch’ebbe l’onore di essere dal defunto Pontefice annoverato fra i suoi Camerieri secreti, Canonico Decano di S. Maria di Montesanto al Popolo in Roma, e Uditore dell’Apostolica Nunziatura, lesse il funebre elogio, a cui la nobile e colta adunanza fu cortese di attenzione e di applausi.

Posero fine alla funeral cerimonia le cinque assoluzioni al tumulo. Le prime quattro furono eseguite dagl’Illustris. e Reverendiss. Monsignori, D. Arcangelo Lupoli, Arcivescovo di Conza e Campagna, D. Giovanni Camillo Rossi, Arcivescovo di Damasco, D. Gaetano Giunta, Arcivescovo di Amyda, e D. Mariano Bianco, Vescovo di Nicotera e Tropea, e l’ultima, secondo il rito, dall’Eccellentissimo Celebrante.

Meglio di dodici fra Arcivescovi, e [p. 7 modifica]Vescovi, varii Abbati mitrati, e Canonici del Capitolo Metropolitano, tutti in abito Prelatizio, e i Capi degli Ordini Religiosi assistevano all’augusta funzione, la quale era anche onorata dall’intervento de’ Ministri Consiglieri, e Segretarii di Stato, de’ Capi di Corte, del corpo Diplomatico, di molti Generali, ed Uffiziali superiori del Reale Esercito, delle primarie Autorità giudiziarie ed amministrative, e di quanto v’era di più distinto, tanto nella nobiltà Napoletana, che ne’ cospicui forestieri, di cui sempre abbonda la popolosa Partenope. Il popolo vi accorse a calca in argomento della sincera divozione, che nutre verso il Supremo Pastore della Chiesa.

Due distaccamenti, l’uno del Real Corpo degli Alabardieri, l’altro de’ Granatieri della Guardia Reale, vegliando al buon ordine, guarnivano, il primo l’interno, il secondo l’esterno del Tempio durante la sacra cerimonia.