Storia delle arti del disegno presso gli antichi (vol. I)/Elogio di Winkelmann

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Christian Gottlob Heyne

Elogio di Winkelmann ../Prefazione degli Editori Viennesi ../Indice IncludiIntestazione 11 marzo 2015 75% Storia dell'arte

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ELOGIO DI WINKELMANN
DEL SIG. CRIST. GOTTL. HEYNE


CONSIGLIERE DI S. M. BRITANNICA, ELETTORE D’HANNOVER
E PROFESSORE D’ELOQUENZA E DI POESIA A GOTTINGA
CORONATO DALL’ACCADEMIA D’ANTICHITÀ D’ASSIA CASSEL1.


Et dubitamus adhuc virtutem extendere factis


L’illustre Accademia, che nell’offerire un premio per l’elogio di Winkelmann, vuol che si esamini quali progressi fatti avesse prima di lui lo studio dell’Antiquaria, e a qual grado di perfezione lo abbia egli portato, ci dà chiaramente [p. lxii modifica]a vedere, che essa vuole un elogio in cui si consideri principalmente quanto Winkelmann siasi avanzato in tale studio, e quanto co’ proprj lumi abbia egli influito su i suoi contemporanei. Preso in questo punto di vista l’elogio può divenir istruttivo e importante per lo studio della antichità in tutta la sua estensione, studio di cui poco sinora si sono occupati i dotti; e perciò non hanno abbastanza esaminato quale sia lo scopo di questa scienza, quali progressi abbia fatti, e quali a far le restino ancora. Io mi propongo per tanto di seguire l’ingiunta legge, e di presentare Winkelmann come indagator profondo delle vetuste cose, e come un erudito conoscitore dell’arte antica. Non prenderò il volo d’un panegirista, poichè non curo di solleticar le orecchie, e ricerco l’utile anzichè il dilettevole.

Lo studio delle antichità, e principalmente quello che è diretto a ben conoscere e giustamente apprezzare gli antichi monumenti dell’arte, richiede molte previe cognizioni, una viva e al tempo stesso regolata immaginazione, e tali circostanze esterne, che ben di raro in un solo individuo trovansi raccolte. Come il naturalista deve ben conoscere e classificare tutt’i corpi, e l’uom di lettere tutti con ordine esaminare i libri spettanti alla scienza a cui principalmente si dedica, così l’antiquario aver deve una perfetta notizia dei monumenti antichi, che a noi pervennero; dee tutti quasi in serie disporli giusta il loro respettivo pregio, e con sagacità esaminare le circostanze d’ognuno, giudicar dell’arte, determinarne l’età, il merito, e ’l valore. E quanta erudizione tutto ciò non richiede! Uopo è ch’egli sappia con esattezza le antiche storie, la greca principalmente e la romana; e nulla deve ignorare di ciò che risguarda i secoli vetustissimi, le opinioni ed i costumi de’ [p. lxiii modifica]tempi eroici, e la favola intera ne’ varj suoi gradi. Deve saper fondatamente la storia dell’arte, degli artisti, e delle opere loro; e poiché a tutto ciò può apportar de’ lumi lo studio delle medaglie e delle gemme, in quello eziandio dev’essere istruito e versato 2.

Quindi è che per acquistare sì estese e giuste cognizioni richiedesi una lettura immensa degli antichi libri greci e romani, e principalmente de’ poeti; né tal lettura farà abbastanza giovevole, quando studiate non siansi a fondo le lingue erudite, e non siasi fatto l’uso a rischiararne i passi oscuri, che di frequente s’incontrano.

A tanto sapere fa d’uopo altresì congiungere le nozioni fondamentali della scultura, pittura, e architettura, né ignorarli può interamente il meccanismo di queste arti. Fa duopo molto vedere, e collo studiar di continuo le migliori opere dell’arte sì antica che moderna formarsi un gusto sicuro, e apprendere al tempo stesso ciò che intorno ad esse è stato pensato finora o scritto, e quindi profondamente riflettervi.

In mezzo a quello mare di cognizioni che ornar deggiono la mente d’un antiquario, il di lui spirito ha da serbare tutta la sua energia per meditare, confrontare e giudicare. Il suo gusto pel bello, pel vero, e pel grande dee serbarsi in tutta quell'attività, che dar possono la natura, lo studio, e ’l lung’uso. Un colpo d’occhio giusto e sicuro, un’immaginazione facile ad accendersi, ma tale che senta il dominio della ragione, un pensar pronto ed esteso che possa ad un tratto abbracciar le somiglianze e i rapporti degli oggetti e rilevarne le differenze, un gusto puro e deciso [p. lxiv modifica]che in ogni maniera, in ogni età, in ogni stile non mai traviar si lasci dal vero e dal bello: queste fono le qualità caratteristiche d’uno spirito cui destinò la natura ad essere antiquario.

Ma queste non bastano: bisogna che circostanze felici gli apportino altri vantaggi. Gli antichi monumenti dell’arte non in un sol luogo adunati fono, ma sparsi per molti e lontani paesi, onde chi tutti volesse vederli, non solo per l’Italia intiera viaggiar dovrebbe, ma per l’Inghilterra eziandio, per la Spagna, per la Francia, e per la Germania; e nulladimeno tutti ei non li vedrebbe. E’ vero che non è ciò indispensabile, e bastar può all’antiquario se vede e studia le opere più considerevoli negli originali, acquietando delle altre una cognizione storica, e quale s’ottiene osservandone i modelli e i disegni, o leggendone le descrizioni.

Di tante prerogative, che dar possono la natura, lo studio e le circostanze fortunate, gran parte possedeane Winkelmann; né mai v’ebbe tra gli studiosi delle antichità chi a tutti questi riguardi lo pareggiasse. La letteratura greca e romana era stata uno de’ suoi primi studj: appresa aveala come scolare e come maestro in tutta la sua estensione, e con tanto uso della critica, quanta adoperar non ne sogliono gli antiquarj generalmente. La greca, che dirsi può l’anima dell’Antiquaria, sapeasi da lui a tanta perfezione che pochi aveva uguali; onde potè coli’ ajuto di essa sollevarsi sopra il comune degli antiquarj italiani3. Letti egli aveva i migliori scrittori antichi, formato il suo gusto su i gran modelli della Grecia, nutrita la sua fantasia colle immagini [p. lxv modifica]d’Omero e di Platone; e raccolta già un’immensa copia di cognizioni mitologiche, storiche, poetiche, prima eziandio di pensare all’ufo che sarebbene in seguito per formare una giusta idea de’ monumenti dell’arte, ed interpretarli. La tranquillità ch’egli godeva in una copiosa e scelta biblioteca gli diede comodo di fare una lettura estesissima non sol degli antichi, ma eziandio de’ moderni scrittori, e fornigli l'occasione d’apprendere varie lingue viventi4. La semplicità e la bella natura del paese che abitava, e le idee platoniche di cui pascea la mente, tutto serviva a dare all’anima sua una certa energia, per cui alla vista de’ bei lavori sollevavasi sopra se stesso, e cui portò nello studio delle belle arti.

Il primo passo ch’egli fece in questa carriera annunziò tosto l'uomo di genio; ma per isviluppare il germe che in se contenea, quante circostanze non vi concorsero! La galleria e ’1 museo d’antichità di Dresda, il conversare con abili artisti e intelligentissimi amatori; quindi il suo viaggio in Italia, il soggiorno a Roma, l’amicizia d’un Mengs, la dimora nella casa e nella villa d’un cardinal Albani, l’impiego di Scrittore nella Vaticana, e poi di Prefetto delle Antichità, tutto fornivagli occasioni e mezzi di far uso de [p. lxvi modifica]materiali che raccoglieva, e degli oggetti che avea sott’occhi, nello studio de’ quali ei tutta concentrata avea l’attività e l'energia del suo spirito.

Egli pienamente padrone di se stesso e del tempo viveva in quella indipendenza che è la vita del genio: contento di una semplice mediocrità, non conosceva altre passìoni fuorché quelle che vieppiù sublimar poteano il suo spirito: era sì fervido il desiderio di sapere ond’era animato, che tutto il resto trascurava, e detto sarebbesi aver egli indomato il pallio della stoica indolenza. Si sviluppò allora vieppiù il suo carattere morale; e da ciò che ho fin qui detto del suo temperamento, de’ primi tratti della sua vita, della sua attività nello studio, e delle esterne circostanze, fi può agevolmente argomentare come diverse e sorprendenti qualità ornar dovessero il cuore di quello grand’uomo. Ma qui io non deggio parlare che dell’antiquario, e di ciò che serve a farci conoscere Winkelmann come tale.

La sua vivace ed operosa immaginazione, accompagnata sempre dalla riflessione, non esaminava mai senza frutto le antiche opere dell’arte; e la continua istancabile diligenza, con cui teneva dietro ad un oggetto, dovea necessariamente portarlo a tali osservazioni, che altri prima di lui fatte mai non aveva.

Lo studio delle antichità era sin allora stato trattato in maniera che non formava ancora un sistema, né erale stata ancor data una certa forma. Al rinascimento delle lettere occuparonsi i primi antiquarj della topografia di Roma; e quindi per lungo tempo le antiche iscrizioni furono se non la sola, almeno la più importante cura de’ letterati. Altri limitaronsi alla numismatica, occuparonsi altri unicamente degli antichi vasi e utensili, ovvero de’ prischi riti e [p. lxvii modifica]costumi, e ad alcuno pur bastò di darci un dizionario latino delle cose più usuali. Quando poi si cominciò a fare qualche attenzione agli antichi lavori, prendeasi ad esaminarne uno o più in particolare, ma non pensavasi ancora a formarne uno studio sistematico. Avrebbono, a vero dire, gl’italiani dovuto trattare de’ gran monumenti dell’arte presso di loro serbatisi, cioè del Laocoonte, dell’Apollo di Belvedere, della Niobe ec.; ma essi, trascurando quelli grandi oggetti, profusero un’ampia e stucchevole erudizione su figurine insignificanti, su idoletti, o simili piccoli lavori di bronzo: e ne’ commenti che ci hanno dati fu tali oggetti, quanto mai non sono essi lontani dall’aver le viste e ’l gusto d’un vero conoscitore!5

La prima regola di critica per un antiquario esser dee questa. Per ben esaminare e giudicare un antico lavoro bisogna penetrare nell’idea e nello spirito dell’artista che lo ha eseguito. Giova perciò saperne l’età e le circostanze de’ tempi, e quelle particolarmente in cui egli trovavasi, e indagare le mire ch’egli avea lavorando. Così con altr’occhio esaminar si deve un’opera privata che una pubblica, [p. lxviii modifica]una copia, un lavoro d’imitazione, o de’ secoli posteriori, che un originale e un’opera de’ primi o de’ bei tempi dell’arte. Deve altresì l’antiquario aver di questa una giusta idea, sì per l’invenzione che per l’esecuzione dell’artista, quando esaminar vuole e spiegar un antico monumento. La favola deve sempre essere presente al suo spirito, e que’ tratti di essa principalmente e quelle idee che più volentieri soleano esprimere gli artisti. Ove ciò non basti, scorra allora per le altre mitologie, e per tutte le storie, paragonandone le opinioni, e gli avvenimenti coi suggetti che vede rappresentati, per iscorgerne i rapporti; e quando trovati gli abbia, gli esponga allora, di quella sola erudizione usando, che per rischiarare l’antico monumento è necessaria. Che se nulla trova che corrisponda all’idea dell’antico artista, risparmii in tal caso a sé e a’ leggitori un’inutile diceria: tutto al più brevemente esponga le ragioni per cui crede non potersene dare una spiegazione.

Ma ben diversamente usa la turba degli antiquarj. Essi abbracciano il primo pensiere che lor si presenta, e lo trasportano nell’opera che esaminano; s’attengono ad una mitologia triviale, o alle notizie comuni dell’antica storia, copiano citazioni e testi che sono fuor di proposito, o non provano nulla; né abbastanza fanno le lingue e l’arte per entrar nella mente de’ prischi scrittori, e degli antichi maestri. Quindi appena fanno parola del merito di tali monumenti riguardo all’arte, né tampoco indicar ne sogliono l'ampiezza, la grandezza, o altre simili proprietà generali; e per lo più ne’ libri loro non v’è che un ammasso d’erudizione senza scelta e senza gusto.

Winkelmann accese, per così dire, in Roma la face onde ben rischiararne gli antichi monumenti. Egli, pieno [p. lxix modifica]lo spirito delle vetuste cose, usato alla critica, profondo gramatico nelle lingue erudite, uso a bere ai fonti medesimi, e a confrontare insieme i greci scrittori, famigliarizzato co’ poeti, e colle poetiche favole, trovò i migliori fondamenti per ispiegare gli antichi lavori, ricorrendo al Ciclo mitico6, da cui vide quanto abbiano preso gli antichi artisti, e vide che il principale studio dell’antiquario per divenire buon conoscitore delle belle arti è il costume, ossia le usanze proprie de’ varj tempi. In tal guisa egli rigettò moltissime malfondate opinioni, e riformò molti antichi pregiudizj.

Il maggior servizio però che Winkelmann rendesse all’Antiquaria fu quello di rimetterla nel suo vero sentiere, cioè di rivolgerla allo studio delle arti del disegno. Sugli antichi lavori non aveano scritto mai gli artisti, ma solo gli eruditi, i quali delle arti avean appena una leggiera tintura; onde quando in un monumento antico rilevavano una circostanza della mitologia, un uso o un rito poco noto, o tutt’al più quando riscontravano in un antico scrittore un passo che col rappresentatovi soggetto combinasse, parea loro che null’altro vi fosse da ricercare; e ben poco curaronsi di esaminare l’invenzione, lo studio, l’esecuzione, e tutto quello in somma che fa il merito dell’artista. Ma tutto questo ben esaminò Winkelmann il quale portò in Italia un certo senso per la bellezza e per le arti, a cui presentaronsi al primo colpo i capi d’opera del Vaticano. Su di essi cominciò propriamente il suo studio, purgò ed estese le idee che già aveva dell’arte; e dopo d’essersi formato un gusto eccellente e sicuro volò dal bello ideale fino ad un certo [p. lxx modifica]spiritualizzamento delle figure. Proseguì allora ad estendere le sue ricerche e ’1 suo esame su altri monumenti, intorno ai quali poteva altresì brillare per l’erudizione.

Viveva in Francia a que’ dì un uomo immortale, il quale studiava le antiche cose colle medesime mire. Era questi il sig. conte di Caylus, che aveva altronde sulle belle arti delle cognizioni più esatte e più profonde, essendo un abile artista egli stesso, valente nel disegnare e nell’incidere; onde i suoi scritti sono per questa parte preferibili a tutti gli altri. Winkelmann, che tali abilità non avea, fu però superiore a lui per una erudizione classica, e per avere studiate principalmente le opere grandi che in Roma avea sott’occhio, mentre il conte di Caylus non potè occuparsi che di piccoli lavori, che nella sua Collezione ha sì maestrevolmente rischiarati.

E questa classica erudizione, che tanto distingue Winkelmann dagli altri antiquarj, quella fu che atto lo rendè a scrivere la Storia delle Arti del Disegno. Egli vagò lungamente col pensiere prima di fissare le sue idee; né prese una determinazione se non dopo molte ricerche, siccome appare dalle sue lettere. Cominciò a progettare un trattato fui gusto degli antichi artisti; quindi volea descrivere le gallerie di Roma e dell’Italia; poscia le statue di Belvedere; indi trattar del depravamento del gusto nell’arte, del restauramento delle statue, e d’una sposizione de’ più oscuri tratti della mitologia.

Tutte queste sue idee portaronlo a scrivere la Storia delle Arti del Disegno, e i Monumenti antichi inediti. E sebbene in quella si desideri generalmente un certo ordine e una chiarezza maggiore nel piano e nella distribuzione delle parti e di tutti gli oggetti de’ quali vi si prende a trattare; ciò [p. lxxi modifica]non ostante vi si ammira l'estensione del suo sapere, con cui abbraccia tutto ciò che può essere essenziale all’arte antica. Per essa si estesero e si rettificarono le idee sì degli antiquarj che degli amatori delle antiche cose; onde ora tendon essi pure ad abbracciare in grande la natura delle belle arti. Una piccola gemma incisa che nulla significa, un rottame di bronzo, una vecchia chiave più non occupano tutto lo studio d’un erudito che si argomenta di sublimarne il pregio su falsi dati, o su mal figuri principj. Ogni pezzo antico, ogni classe, ogni specie vien apprezzata secondo il suo vero merito, giusta l’uso che farsene può, e ’l vantaggio che può arrecare: l'importante vien separato dall’inutile: una piccolezza non si spaccia più per gran cosa; tutto si colloca al luogo che gli conviene.

Non leggiero vantaggio trasse Winkelmann per estendere vieppiù le sue cognizioni dalla Descrizione delle gemme incise e delle paste del museo Stoschiano. A pochi mortali è conceduto d’aver sott’occhio le grandi collezioni degli antichi lavori; e Lippert, moltiplicando cogl’impronti, cioè colle paste di vetro e cogli zolfi le figure esatte delle antiche gemme, ha messo in istato gli eruditi e gli amatori di considerarne la bellezza meglio che far non poteano su i soli disegni intagliati in rame e stampati. In tal modo s’è estesa vieppiù e rettificata l’idea dell’arte e della beltà, e molta luce s’è apportata all’intero studio dell’Antiquaria. Trovali diffatti sulle gemme incise copia grandissima delle idee degli antichi artisti; e forniscon esse de’ lumi onde pienamente spiegare le favole rappresentate nei monumenti dell’arte. Le imitazioni degli antichi lavori, alla maniera del Lippert, suppliscono in certo modo a quella ispezione oculare, che aver non potrebbe chi non vive a Firenze e a Roma. Sentì [p. lxxii modifica]pur il conte di Caylus i vantaggi di questo metodo, e oltre le gemme delle quali arricchì il suo museo, disegnò e copiò pur quelle che trovansi nel museo del re di Francia.

Nei Monumenti antichi inediti ec. sembra che Winkelmann abbia avuto in vista di farsi ammirare dagli antiquarj; e vedesi chiaramente ch’egli ha fatta una somma fatica per raccogliere erudizione, e farne pompa nel dilucidare gli antichi monumenti, e principalmente que’ bassi-rilievi che gli altri aveano riputati inintelligibili. Direbbesi che in tal’opera siasi lasciato trasportare dal gusto dominante in Italia, e abbia più del bisogno fatta mostra dell'immensa sua lettura. Non inutil lavoro era quello però. Così la morte non ne avesse interrotta la continuazione! Avremmo quello di cui c’ è restato il desiderio, cioè una in certo modo perfetta collezione de’ bassi-rilievi scoperti a’ tempi di Sante Bartoli, e d’altri antichi monumenti poscia disotterrati, e perciò dei più pregevoli pezzi che il sig. cardinal Albani ha raccolti.

Non tratterrommi io qui sulle molte opericciuole di Winkelmann, le quali generalmente furon cagione che maggiormente s’estendesse una più giusta idea dello studio dell’antichità, che gli antiquarj rivolgessero vieppiù la loro attenzione all’arte e al bello, considerato sì nell’idea che nell'esecuzione, e che fra i nostri tedeschi principalmente andasse sempre più guadagnando il buon gusto, e lo studio dell’arte medesima trovasse più esecutori.

Quella specie d’estasi che rapivalo ad ammirare il bello ideale d’un dorso, d’un Apollo, e d’altri simili lavori del prim’ordine, s’è diffusa in qualche modo in una parte degli animi della nostra gioventù, e gli ha accesi al sentimento del bello. Che al tutto frammescere si dovesse qualche cosa da rigettarsi, e chi potea non aspettarselo? In [p. lxxiii modifica]mezzo a tutto però scorgesi sempre un genio che vola, e si sostiene ove altri precipitarono al suolo.

La violenta morte di Winkelmann fu una vera perdita per le antichità come per le belle arti, ne richiamarla posso al pensiere senza che ritornino agli occhi le lagrime. Dubitar però lì potrebbe le quello gran genio fosse per apportare alla cultura dell’umano spirito tanti vantaggi in appresso, quanti già arrecati ne avea. Negli ultimi suoi anni pare che il suo studio più favorito non altro fosse che dilucidare i lavori antichi, che altri disperava di mai spiegare, e sembra, a giudicarne dai Monumenti inediti, che il cielo d’Italia gli avesse comunicata la malattia di voler fare l’indovino nell’Antiquaria; onde cominciava non più a spiegare, ma ad immaginare, e a far il profeta anziché l’editore de’ monumenti 7.

Quel giudizio che richiede un sangue freddo e una riflessione tranquilla, era sovente prevenuto dall’accesa sua fantasia; e quella, abbracciando infiniti oggetti, aveva immaginate delle cose che a principio appena possibili pareano o probabili, e che col richiamarle sovente alla memoria vi si erano impresse sì fortemente che il buon Winkelmann teneale come vere, legando a quelle immagini delle idee somiglievoli d’oggetti reali. Quindi egli trovava delle simiglianze che altri non avrebbe trovate giammai, de’ rapporti [p. lxxiv modifica]e delle bellezze che altr’occhio fuori del suo non avrebbe mai potuto scoprire. Egli aveva allora altresì uno svantaggio per la situazione in cui era, e nella quale, quanto s’avanzò nella cognizione dell’arte antica, altrettanto perde nell'antica letteratura. Erasi, a così dire, esaurita la provvisione che avea fatta di osservazioni su gli antichi, principalmente su i Greci; e non aveva allora ne tempo sufficiente né i comodi necessarj per leggere; onde suppliva con riflessioni mal sicure, o colla fantasia fovente fallace alla mancanza delle cognizioni che avrebbe dovuto acquietare colla lettura 8. Diffatti un uom di lettere si fa maraviglia vedendo dal catalogo degli autori da lui consultati, ch’egli non ebbe generalmente per le mani le buone edizioni delle opere classiche. Non avendo egli d’un Erodoto, d’un Tucidide ec. se non le edizioni di Enrico Stefano, o di Basilea, che non sono divise per capi, quanto più faticoso non gliene farà stato l’uso? Non perveniangli generalmente le opere che allora uscivano nelle altre parti d’Europa sulle arti e sull’antichità, ed ignorava i progressi della letteratura. Un evidente argomento di questa sua mancanza de’ mezzi per istruirsi lo abbiamo nella parte storica della sua Opera9, piena d’errori sì per la cronologia che per la verità degli avvenimenti10. E queste osservazioni mi conducono naturalmente al secondo de’ punti [p. lxxv modifica]propostimi, cioè ad esaminare quello che ancor resti a fare per lo studio dell’Antiquaria. Io ciò ripartirò in due classi, la prima delle quali ha un più stretto rapporto con quello che già Winkelmann ha fatto, e l’altra riguarda le cose più in generale.

Le osservazioni ch’io ho pubblicate su i Trattati delle opere antiche di Winkelmann varj oggetti presentano fu i quali gli eruditi antiquarj dovrebbono rivolgere la loro attenzione. Gli scritti di Winkelmann sono classici; la sua Storia dell’Arte è un libro unico nel suo genere. I grandi scrittori hanno generalmente avuto lo stesso destino di essere per un tempo tenuti come oracoli, cosicchè niuno osasse muover dubbio sulle loro opinioni. Così quanto contiensi negli scritti di Winkelmann sembra che si tenesse a principio per cosa dimostrata, su cui vano fosse di fare ulteriori ricerche. Per tanto a mio parere il primo passo da farsi per lo studio dell’Antiquaria, partendo dalle notizie lasciateci da Winkelmann, farebbe un’esatta e diligente critica della sua Storia, accompagnata da prove certe di ciò che in essa si asserisce11. [p. lxxvi modifica] La parte storica di tal’Opera ha più bisogno d’ogni altra d’essere compiuta e rettificata, tanto più che nel giudicare del pregio degli antichi lavori e nel determinarne lo stile l'autore s’appoggia sovente a opinioni storiche manifestamente false12.

Winkelmann ci ha aperta la strada alla buona maniera d’illustrare i monumenti antichi, se non che dobbiamo ben guardarci dall’imitar da lui quella specie d’ispirazione, e quell'inchinamento a profetizzare ciò che uno immagina di vedere, anziché ad ispiegare quello che v’è diffatti.

Havvi una maniera di critica antiquaria che, quanto è sicura e necessaria, altrettanto è fiata trascurata finora. Qualora esaminar si deve un antico scrittore, o spiegarne qualche passo difficile, la prima cura non è ella d’esaminare se l’opera è genuina, e se quel passo non è guasto? Non altrimente adoperar si deve cogli antichi monumenti; e prima d’ogni altra ricerca dee precedere questa domanda; il lavoro è egli veramente antico? Di qual’età è egli? Come e in quali parti è egli stato risarcito e [p. lxxvii modifica]ristaurato? Queste domande però non sempre si fanno; anzi si ometton sovente dagli antiquarj, i quali in un monumento dell’arte sogliono illustrare del pari l'antico lavoro e ’l moderno rassettamento, e ci danno come un’idea dell’opera stessa ciò che è stato immaginato da chi ristaurolla. Eppure v’è in ciò spesso una gran differenza e principalmente nelle statue muliebri, ove in un’antica figura veggonsi delle parti sproporzionate, degli attributi che non convengono, il costume non osservato per colpa dell’artista che nel secolo decimosesto e ne’ seguenti l’ebbe a rassettare, senza avere le necessarie cognizioni e ’l vero spirito dell’antico13.

E’ certo che l’allegoria è una ricca ed ottima sorgente per l'invenzione, e perciò dovrebbono da essa scegliere gli artisti i soggetti delle loro opere. Winkelmann loro segnò delle nuove tracce, eziandio su questo campo. Le seguano, ma con meno artifizio, con maggiore semplicità14.

La seconda classe delle cose che hanno a farsi per l’avanzamento dell’Antiquaria è più generale. Noi siam’ora messi sul buon sentiere, ed abbiamo appreso a considerare i monumenti dell’arte come tali: quind’innanzi ciò che si è conservato degli antichi lavori, e ciò che si va giornalmente scoprendo, prenderà tutt’altro aspetto. Piccolo è il numero delle opere che mostrano il genio creatore, e la mano del grand’artista. Quello stesso sinistro fato per cui pochi scrittori classici de’ buoni tempi a noi pervennero, mentre infiniti libri o cattivi o inutili si conservarono, ha del pari influito sulle arti; ma per queste fortunatamente [p. lxxviii modifica]possiamo trarre vantaggio eziandio da’ mediocri lavori, ove né maestria scorgesi, né gusto. Copie son queste sovente di opere antiche e migliori, che il tempo ha distrutte; e perciò occupano utilmente, or esaminando in esse l’idea d’un artista, or considerandone l’invenzione o ’i vario modo d’esprimere un già noto soggetto15. Servono, se non ad altro, a moltiplicare gli oggetti su i quali fare il confronto, ad estendere le idee che già abbiamo dell’arte e della favola, e a più facilmente intendere e meglio illustrare gli antichi monumenti. Per lo stesso meccanismo dell’arte quanti lumi non ha egli ricavato l’ingegnosissimo conte di Caylus dai men pregevoli lavori? Quanto ci rimane d’antico tutto può divenir utile, sol che si prenda ne’ suoi giusti rapporti, sol che lo esamini un occhio intelligente. È forza però di convenire che lo studio dell’Antiquaria è sì esteso, che abbracciar tutto nol può l’umano spirito, né ad erudirsi in tutte le sue parti basta l’umana vita. I lavori dell’arte, che rimasti ci sono, trovansi ripartiti in Roma nelle case e nelle ville de’ privati signori, in Italia, in Francia, in Inghilterra, in Ispagna, e in Germania, e giornalmente se ne scoprono de’ nuovi16. [p. lxxix modifica] Le notizie riguardanti questi lavori in quanti libri non sono elleno sparse, e divise? E in quali libri? Per la maggior parte non possono leggersi senza nausea. Un catalogo, un repertorio di tutti gli antichi monumenti che noti ci fono, farebbe una delle prime opere che far dovrebbonsi per favorire i progressi dell’Antiquaria. Questo catalogo a principio non avrebbe ad essere che storico e letterario, contenendo un ragguaglio di tutto ciò, che riguarda ognuno de’ pezzi, coi giudizj che ne sono stati portati, e indicando i libri ove se ne trovi il racconto, o se ne vegga la figura17. Dopo la prima edizione l’opera tosto diverrebbe più compiuta e più giudiziosa; e ad essa far potrebbonsi, anzi sarebbonsi senza dubbio tratto de’ nuovi supplementi.

In secondo luogo sarebbe da farsi una buona introduzione allo studio dell’Antiquaria, e alla maniera di conoscere le opere antiche. Questa introduzione contener dovrebbe una notizia essenziale di ciò che d’antico s’è conservato, e delle diverse maniere e classi, indicando ciò che è eccellente, e le ragioni per cui è tale; e finalmente un’introduzione pratica che insegnasse a ben esaminare, e ad ispiegare gli antichi lavori, desse le cognizioni necessarie per ciò che è meccanismo dell’arte, per la mitologia, e storia eroica da essa rappresentata, e v’aggiugnesse un compendio storico delle arti del disegno18. [p. lxxx modifica]Si sono già fatti i primi passi per questa strada nelle Università della Germania; nelle pubbliche scuole e ne’ collegi s’è cominciato ad insegnare con ordine lo studio della bella antichità. Resta solo che si fissi un certo metodo di questa scienza adattato alle viste diverse de’ viaggiatori che chieggono semplici e brevi notizie, della nobile gioventù che s’istruisce19, e degli eruditi che vi fanno delle profonde ricerche20.

Manca ancora per questo studio un buon trattato delle altre scienze che all’Antiquaria fervono d’ajuto, e principalmente un buon libro sulla favola. Abbiamo gran numero di mitologie; ma non so qual malo genio siasi sempre impossessato di coloro che le scrissero. Nessuno s’è accinto all’opera che prevenuto già non fosse in favor d’un’ipotesi, secondo la quale tutte ha rivolte e spiegate le antiche

[p. lxxxi modifica]favole; e di tali ipotesi niuna ve n’ha che sia stata immaginata secondo il vero spirito dell’antichità. Una mitologia a noi abbisogna che sia un semplice racconto, che presentici la forma originale, o la più antica almeno, in cui ogni favola è a noi stata tramandata dai primi poeti, o dai più vetusti artefici; e quindi riportici tutt’i cangiamenti che ha subiti, e le aggiunte e modificazioni fattevi in appresso21. La migliore spiegazione, che far si possa delle favole, è quella di presentarle quali furono, seguendone la traccia e le alterazioni dalla prima invenzione fino a noi.

E qui, immortal Winkelmann, mi presento in pensiere alle tue ceneri, e a te, Eroe benemerito dell’umano spirito, consacro questi fogli che al giudiziosissimo esame dell’illustre Società sottopongo. Io di te parlai e delle tue opere con quella libertà che tu, Anima grande, riputavi la più bella delle tue doti. Tu otterresti il più glorioso serto, di cui polla l'urna tua coronarsi, se le tue meditazioni operassero in modo che si desse una più perfetta forma allo studio dell’Antiquaria. Quello nobile studio, mal promosso sinora, perchè trattato del pari da mano maestra e da inerudito pedante, molto influir potrebbe non solo a perfezionare l'arte de’ nstri contemporanei e ’l gusto loro, e a facilitare l’invenzione; ma eziandio ad abbellire ed estendere l’immaginazione della gioventù studiosa, e destare in loro un vivo sentimento pel vero, pel bello, e pel grande nell’arte, nella natura, e nel morale. Alla mente dell’uomo già erudito servirà quello studio a meglio conoscere il vero [p. lxxxii modifica]spirito dell’antichità, a spargere della luce sulle opinioni de’ primi secoli, principalmente riguardo alla religione e alle leggi; e il filosofo potrà meglio ragionare sulla storia dello spirito umano, sì nell’immaginare che nell’operare.

A questo sì lodevol fine già molto ha fatto il Serenissimo Principe, formando un museo d’antichi lavori, ed erigendo per illustrare le antichità un’Accademia, al cui. giudizio quello mio elogio sottometto.

Et dubitamus adhuc virtutem extendere factis?



Note

  1. Quest’Elogio è stato pubblicato a Lipsia presso Weygand 1778. in 12.
  2. È comun sentimento, e si rileva anche dall'opere, che Winkelmann abbia fatto poco studio sulle medaglie. Se più vi si fosse internato, quante altre belle cognizioni, e scoperte non ci avrebbe potuto dare !
  3. Potrebbe quasi dirsi, che Winkelmann per la lingua greca si credesse superiore a tutti generalmente i letterati e vivi, e morti. Credeva molte volte d’insegnarci come nuove delle cose, e delle spiegazioni, che erano già comuni ai letterati, e agli antiquarj sì oltramontani, che italiani; la maggior parte de’ quali, come saprà il signor Heyne, non ha mai ignorato, e non ignora il linguaggio d’Atene, e di Sparta.
  4. La francese, l’inglese, e l’italiana. Huber dice alla pag. XLIII., che incominciasse a studiarle per suo sollievo nei ritagli di tempo, che sopravanzava al tedioso suo magistero in Seehausen. Alcuni, che lo hanno trattato in Roma più da vicino, mi asseriscono, che della greca ne sapesse molto, della francese mediocremente, della latina, italiana, e inglese non ne penetrasse troppo la forza, e non fosse capace di farvi a dovere un piccolo componimento. A me sembra di poter rilevare dai molti suoi volumi di manoscritti nella libreria Albani, che nel greco fosse versatissimo, e si comprende anche dalle opere pubblicate; e che molto fosse avanzato nella cognizione della lingua latina, e delle dette viventi per intenderle, e scrivervi sufficientemente, e in particolare nell’italiana, che parlava pure con qualche proprietà, e franchezza, dopo essere stato molti anni in Roma. E dello scrivere opere credo vada intesa una di lui lettera al signor Ferronce dei 13. giugno 1761. tra i detti manoscritti, nella quale dice di essersi limitato alle lingue tedesca, e italiana, per avere negligentata la francese, e principalmente dopo essere stato in Roma sei anni. Una parte di tali volumi sono di passi greci, e molti sono lettere, squarci di qualche operetta abbozzata in parte, ed estratti di libri, e di cose per lui rimarchevoli scritte nelle altre lingue. Per le quali cose credo anch’io col signor Huber pag. LXXVII., che il fignor Falconet gli faccia ingiuria, dicendo, che non intendeva nè la lingua greca, nè la latina.
  5. Vi sono stati, e vi sono d’ogni nazione, che fanno gli antiquari, e ad essi ugualmente che agl’italiani era comune questo difetto, come il nostro Autore ha fatto osservare nella sua prefazione. Tristan, de la Chausse, Montfaucon, Cuper, Wright, Keisler, Spon, Adisson, Spence erano oltramontani. E chi sa se il signor Heyne rifletteva un pò meglio, e senza qualche riguardo, che non avesse posto nello stesso numero il signor conte di Caylus, le fatiche del quale meritamente esalta in appresso? Dobbiamo per altro saper buon grado a quello, agli altri scrittori, e agl’italiani principalmente, che con tanta fatica, e spese abbiano pensato a sottrarre alle ingiurie del tempo distruttore anche i pezzi di antichità più minuti, e disprezzati; illustrandoli insieme con quelle cognizioni, e gusto, che in questa, e in tante altre scienze ha dominato per ogni parte. Se non hanno gl’italiani, e i romani i primi illustrato come si doveva cogli scritti il Laocoonte, l’Apollo, e la Niobe; hanno però sempre conosciuto, che erano quelle, e tante altre statue, i capi d’opera dell’arte, che ci restavano; e come tali le hanno conservate, custodite, ammirate, imitate, ed esposte ad ammirarsi, e imitarsi ai forestieri. Al presente, oltre quello che di esse ci ha detto Winkelmann, Mengs, ed altri antiquari ed artisti oltramontani, e lo stesso signor Heyne, abbiamo una dotta dissertazione del celebre letterato monsignor Fabroni, stampata in Firenze nell’anno 1779., intorno alle statue della favola di Niobe, che da più anni adornano il museo Granducale; e speriamo con tutto il fondamento, che il più volte lodato sig. abate Giambattista Visconti per l’Apollo, ed il Laocoonte data in luce altre osservazioni interessanti per soddisfare maggiormente sì all’erudita curiosità degli antiquari, che al fino discernimento degli artisti; e qualche osservazione la faremo anche noi a suo luogo in questa storia.
  6. Il Ciclo mitico è il tempo compreso fra ’l congiungimento d’Urano colla terra, e’ l ritorno d’Ulisse in Itaca. Vedi la prefazione dell’Autore ai Monumenti antichi inediti Parte I, pag. XIX.
  7. Nella prefazione alla Description des pierres grav. du Cab. de Stosch, pag. VII. aveva inculcato la moderazione nel congetturare, e nel dare capricciosi nomi, e spiegazioni alle cose oscure. Egli forse l’oltrapassò qualche volta; ma accorgendosi poi di aver parlato senza fondamento, lo avvertì; e se non potè dirci di meglio, e si contentò di azzardate congetture, non deve per quello farsegliene un gran biasimo. Cosi fanno all’occasione gl’italiani, e lo hanno fatto i Saimasj, gli Arduini, i Grevj, i Gronovj, i Burmanni, i Bynkershock, i Paw, i Caylas, e tanti altri, che non lo erano. Pausania istesso, lodato dal nostro Autore al luogo citato pag. XII., benché più vicino di tanti secoli, volendo spiegar molte favole scolpite, o dipinte nei monumenti della Grecia, che illustrava, dovette contentare di descriverle, aggiugnendovi qualche congettura, per appagare alla meglio la curiosità dei leggitori. Quelle, se non altro, eccitano delle idee, che possono aprir la strada a trovarne la giusta spiegazione.
  8. Vorrà dire il signor Heyne, che in Roma non poteva più fare quelle assidue lunghissime letture, che già faceva nella biblioteca del conte di Bunau a Nothenitz, ove non solo per genio, ma ancora per mancanza di divertimenti in mezzo ad una campagna dovea leggere notte e giorno; poiché sappiamo di certo che in Roma leggeva continuamente il più che poteva. Si capisce anche da tanti libri, che cita nelle sue ultime opere, quali non ha potuto vedere prima di venire in Italia, e in questa città; e molto più credo si possa provare dalle tante osservazioni, e citazioni di autori, principalmente greci, colle quali andava postillando l’esemplare dei Monumenti antichi inediti, come abbiamo notato alla pag. xviij.
  9. Cioè ne’ libri IX. XII. di quest’edizione.
  10. Questi mezzi per istudiare, e scrivere con esattezza, almeno per la massima parte, non gli mancavano in Roma, se avesse voluto, o forse potuto con più agio approfittarsene. Dal cardinal Passionei, che molto lo amava, e Io favoriva, gli fu data poco dopo che venne in questa citta la facoltà di prevalersi della sua libreria a tutto suo comodo, e piacimento nello stesso modo, che si serviva di quella del conte di Bunau summentovata, alla quale di poco era inferiore per la grandissima copia di libri; secondo ch’egli ci attesta in una lettera a Franke dell’anno 1756. presso Huber l. c. pag.LXI. seg.; e dall’anno 1758., che entrò bibliotecario dell’eccellentissima casa Albani, e vi ebbe la sua abitazione nelle stanze contigue alla libreria, finchè visse furono a sua disposizione quanti mai voleva buoni libri di ogni sorte; cosicchè non avea bisogno di farsi una libreria a suc spese, come rilevò anche il signor d’Erdmannsdorf nella surriferita sua lettera, pag. CXLI.; eppure diversi libri, greci in ispecie, egli se li comprò. Moltissimi altri potea trovarne in tante altre pubbliche, e private biblioteche. Ma su quello proposito ne parlo nella mia prefazione. Per ora giova qui avvertire, che tanto nel rincontrare esattamente le citazioni dell’Autore, e degli Editori Milanesi; quanto in quelle, che aggiungo di nuovo, faranno citate, per quanto sarà possìbile, edizioni le più accreditate, e più recenti.
  11. In questa edizione romana ciò verrà eseguito per quanto farà possibile. Oltre il il sig. Heyne, e li signori Lessing, Klotz, e Home, de’ quali hanno parlato gli Editori Viennesi sopra alla pag. xxxvj. e segg. e Huber pag. CXX. e segg., alcuni altri hanno preso a criticare in qualche parte la Storia presente; come il signor abate Bracci nella Dissertazione sovra un clipeo votivo spettante alla famiglia Ardaburia, trovato l'an. 1769. nelle vicinanze d'Orbetello ec. stampata in Lucca nell'anno 1771.; il sig. Falconec nelle Observations sur la statue de Marc-Aurele, & sur d’autres objets relatifs aux Beaux-Arts, à Amsterdam 1771.; il signor Paw nelle Recherches philosophiques sur les Egyptiens & les Chinois pour servir de suite aux recherches philosophiques sur les Americains, ristampate in Ginevra nel 1774.; il Pittore sig. Lens nell’opera, di cui si parlerà qui appresso; e monsignor Foggini, di cui abbiamo parlato sopra alla pag. lij. per quella parte dei Monumenti antichi, che Winkelmann ha inserita nella Storia; omettendo in fine i Giornali, che nel darne relazione, o l’estratto vi fecero di passaggio qualche piccola osservazione. Della maniera usata dalli signori Bracci, e Falconet, e di qualche loro censura ne parla il signor Huber alla pag. CXVII., osservando che sono inezie, o che combattono falsi supposti, e difetti del primo traduttor francese, non di Winkelmann, e poche sono di qualche merito. Noi nel decorso delle nostre annotazioni non trascureremo di valutare le buone ragioni di tutti quelli scrittori, e di vendicare insieme il nostro Autore da ogni imputazione di difetti, che non ha commessi.
  12. Questo non gli è accaduto così spesso, come crede il sig. Heyne. Qui si potrebbe dire piuttosto che Winkelmann avrà fatto uno studio competente sui disegni, e sui gessi delle opere antiche, come si è detto dagli Editori Viennesi nella loro prefazione, sopra pag. xlv. e segg. Ma negli anni che stette in Roma forse non ebbe tutto il tempo, che vi bisognava, per istudiare sulle stesse opere antiche originali onde saperle distinguere con più facilita dalle moderne, e da quelle della tale epoca, e della tal’altra. Monsignor Foggini nel quarto volume del Museo Capitolino tav. 34 pag. 188. ha già rilevato, che egli dà per antichi due bassi-rilievi in stucco del Museo suddetto, che sono moderni. Cosi cadde il nostro Autore in un genere di sviste, di cui tanto ha ripreso il Fabretti, ed altri sopra nella prefazione pag. xxv.
  13. Si è veduto, che la prefazione di Winkelmann si raggira tutta su questi difetti degli antiquari, e degli artisti.
  14. Di questo libro di Winkelmann sull’allegoria parlano i detti Editori Viennesi sopra alla pag. lj. Huber alla pag. CII, e segg. ne da un piccolo estratto.
  15. Gli artisti antichi sì pittori, che scultori, per lo più, e almeno nella sostanza, non si dipartivano dagl’insegnamcnti dei mitologi, e dalle descrizioni lasciateci dai poeti, secondochè prova con molti esempi anche il P. Ansaldi de Sacr. & publ. apud Ethnic. pictar. tabul. usu, cap. VI.; ma pure non di rado, o per adattare la favola in qualche modo al loro scopo, e a quelle persone, per le quali facevano i lavori, o per l’angustia del luogo, in cui doveano comprenderne tutto il soggetto, e forse anche per capriccio, usavano di quella libertà, che Orazio de Arte poet. v. g. dice esser loro comune coi poeti, e alteravano a segno le cose, che rappresentate da diversi artisti, o in monumenti diversi, difficilmente si riconoscono, benché altronde ne sia notissimo l’argomento. Si veda per esempio monsignor Foggini l. c. nell’esposizione della tavola 1. 2. ec. pag. 5. in proposito di due bassi-rilievi, uno di quel Museo, e l’altro della villa Borghese.
  16. In Roma principalmente, e nell’adjacenze, in questi ultimi anni si sono in gran numero disotterrate statue, busti, bassi-rilievi, mosaici, pitture, vasi, metalli, colonne di pregio, e uno degli obelischi senza geroglifici, che una volta adornava il sepolcro d’Augusto. Quello, per ordine dell’immortale Pontefice Pio VI., che vuol richiamare in questa dominante il lustro del secolo di quell'Imperatore, e di alcuni pochi altri protettori delle belle arti, verrà collocato tra i due cavalli colossali del Quirinale; e le più belle statue, busti, bassi-rilievi, vasi, e mosaici accresceranno il pregio del Museo Pio-Clementino, che dobbiamo alle premure dello stefso glorioso Regnante. Tra quelli vi sono dei pezzi pregiabilissimi, ed unici, de’ quali, come interessanti la Storia delle Arti del Disegno, non mancheremo di far parola nelle nostre annotazioni. Di alcuni ne e stata fatta menzione in varj articoli dell’Antologia Romana, nel Diario Romano, che si stampa dal Cracas, e dal più volte lodato sig. abate Gio. Cristofano Amaduzzi nella prefazione alli Monumenta Matthajorum Tom.I. XII. pag. XXXVII e segg.
  17. Per comodo principalmente dei forestieri è stata pubblicata non ha molto dai signori Bouchard, e Gravier una raccolta, che assai può giovare, di tutte le pitture antiche, scoperte principalmente nel secolo passato in quella città, e contorni. Non vi sono però comprese le pitture famose delle Terme di Tito, della villa Negroni scoperte pochi anni sono, e pubblicate a parte; siccome neppur quelle, che furono trovate l’anno 1780. dietro lo spedale di s. Giovanni in Laterano, rappresentanti molti Dapiferi, che verranno date in luce tra poco; e delle quali fu inserita la descrizione nell’Antologia Romana nell'anno 1781. num. XL. p. 313. segg.
  18. Un piccolo compendio ne è stato inserito nel Giornale de’ Letterati, Tomo XXX. artic. I. Pisa 1779., ove per quello che riguarda l’antica storia viene quasi sempre seguito, e anzi copiato Winkelmann in quest’opera; e nel resto è molto mancante, come lo è riguardo alla storia moderna.
  19. Non devono trascurarsi gli artisti, ai quali si possono procurare mezzi più semplici d’istruirsi, e perfezionarsi nel buon gusto sulle opere antiche, e di poterne avere comodamente i disegni nelle diverse c!assi di lavori, che possono occorrete o per restaurare antichi monumenti, o per imitarli in altre opere. Alla parte degli abiti, e delle altre usanze presso le principali nazioni antiche ha soddisfatto molto bene tutto coi monumenti antichi combinati con quello, che ce ne hanno tramandato gli scrittori d’ogni tempo, il sig. Andrea Lens pittore, in un’opera intitolata: Le Costume, ou essai sur les habillemets & les usages des plusieurs peuples de l’antiquité, prouvé par les Monuments, a Liege 1776. 1. vol in 4.'': opera che assai gioverà non meno agii antiquarj, che agli artisti. Noi avremo occasione di farne uso molte volte nel decorso delle nostre annotazioni.
  20. Si dovrebbe anello metodo adattare in certo modo, secondo che accenna qui appresso anche il signor Heyne, che potesse giovare ad illustrare la storia universale, e particolare delle nazioni, i loro costumi, scienze, ed arti, religione, governo ec. Il signor Goguet tra gli altri, se avesse chiamata in ajuto l'antiquaria avrebbe potuto scifrare molte difficoltà, e illustrare di più la sua celebratissima, e insigne opera della Origine delle leggi, delle arti, e delle scienze, e dei loro progressi presso gli antichi popoli, in tre volumi in quarto, che noi daremo, dopo la pubblicazione di questa, egualmente corredata di annotazioni, e diligentemente riveduta col rincontro anche delle citazioni. Ha bene osservato il nostro Autore nella prefazione ai Monumenti antichi inediti p. XVI. quanto lume possa dalla medesima ricavarsi per cogliere ne! giusto senso di tanti passi oscuri degli scrittori di que’ tempi. Questa provincia, quasi ancora intatta per questo riguardo, potrebbe prendere il luogo dei manoscritti, intorno ai quali già tanto si è faticato dagli eruditi. Intendo però che debbansi in questo usar cautele; perocché nei monumenti si è dato luogo talvolta a! bello ideale, e alla fantasia degli artisti, pin che alla verità delle cose; come noto il signor conte di Caylus Recueil d'antiq. Tom. VI. Antiq. Rom. pag. 217. e segg., Lens l. c. Introduct. pag. X. e segg.
  21. È da rilevarsi sopra tutto in che maniera precisamente vengano raccontate le favole dagli scrittori greci più antichi, e anche da quelli che fiorirono qualche secolo dopo. Gli scrittori latini non fono flati così attaccati alle più minute circostanze; e qualche volta hanno accomodato la favola al verso, o ai costumi dei loro tempi. Quindi avviene che fecondo i loro racconti non si possa spiegare con facilità più d’un antico monamento.