Storia dei Mille/La Partenza

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La Partenza

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Il 5 maggio 1860 L'Ordine del giorno
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La partenza.


Bellissima fu l’alba di quella domenica 6 maggio 1860. Il mare, un po’ mosso durante la notte, si era chetato. Da bordo, a guardare indietro, si vedevano la collina del Bisagno, là, cupa nella fredda ombra; e lontano, profilati nell’azzurro, azzurri anch’essi, i monti lungo la riviera di ponente che sfumavano via via verso Savona fin dove se ne perdevano le forme. Le cittadette e le borgate di quella riviera biancheggiavano appena, e mettevano degli strani sensi di desiderio domestico nella gioia della partenza.

Ma quando i due vapori sbuffarono e si mossero, a vederselo dinanzi, là a prua, il promontorio di Portofino pareva dire: «Venite pure, oltre me lontana, molto lontana, sta la terra misteriosa, che andate a cercare.» Dalle navi, rispondevano all’invito quelle mille anime; vecchi amici, compagni d’armi che, cercandosi un posto a bordo, s’incontravano, si abbracciavano e: — Anche tu? e tu? e [p. 32 modifica]tu? — gioia d’amarsi meglio per aver sentito e voluto fare una stessa gran cosa.

Ma ci fu un momento che dai due vapori Garibaldi e Bixio si scambiarono coi portavoce delle non liete parole. Diceva Garibaldi a Bixio:

— Quanti fucili avete a bordo?

— Mille e cento.

— E di munizioni?

— Nulla.

— E le barche di Bogliasco? —

Per guardar che si guardasse non si scoprivano da nessuna parte le barche di cui il Generale chiedeva, e che si dovevano trovare in quelle acque ad aspettare i due vapori. Eppure quelle barche avevano nella notte imbarcate le armi e le munizioni raccolte a Bogliasco! Dunque si doveva star là tanto che comparissero? E se in Genova il Governo, destato a forza dalle grida di qualche Console, dovesse di necessità accorgersi che dal porto erano stati menati via i due vapori? Se fosse costretto a spedir una delle sue navi da guerra a catturarli, a ricondurli nel porto, quando mai si potrebbe poi ritentare l’impresa. Non era di quelle che si fanno due volte. Il generale Türr che in quel momento stava vicino a Garibaldi, narra che questi «rimase qualche tempo meditabondo, che poi alzò verso il cielo il capo, dicendo: “Anderemo avanti egualmente!” e che, stato un altro poco, ordinò di navigare verso Piombino.»



Ora ecco ciò che era avvenuto. La sera avanti un manipolo di giovani genovesi, scelti dal Bixio e dall’Acerbi, [p. 33 modifica]erano stati mandati al ponte di Sori. — Là — aveva lor detto Bixio — troverete due uomini coi quali vi riconoscerete a questa parola d’ordine che vi dò. Essi vi consegneranno le casse raccolte a Bogliasco; con quelle vi metteranno nelle barche, e vi condurranno, come siamo intesi, a trovarci. —

Chi erano i due uomini? A qualcuno di quei giovani balenò il dubbio che potessero essere quegli stessi che già nel 1857 avevano guidate le barche comandate da Rosolino Pilo, cariche dei fucili e delle munizioni per Pisacane, che doveva passar sul vapore Cagliari. Quegli uomini avevano menato pel golfo il povero Rosolino così male, che egli e il gruppo di esuli che aveva seco non erano riusciti a trovar il vapore su cui Pisacane magnanimo aveva continuato senz’armi la sua avventura.

Ora se quegli uomini erano forse gli stessi d'allora? I giovani mandati dal Bixio a Sori avevano ragione di volersi accertare e ne domandarono i nomi. — A voi non ispetta per ora sapere nè il nome di chi vi guiderà — disse Bixio — nè dove incontrerete i vapori: andate; tutto, si spera, andrà a seconda. — Allora la gioventù aveva imparato a ubbidire fortemente, e quei giovani si recarono a Sori, dove trovarono i due uomini, che erano proprio quelli dei quali avevano dubitato.

Tuttavia s'imbarcarono essi e ogni cosa. Ma di quei due uomini che dovevano guidarli in mare, uno si era già allontanato, e l’altro non volle entrare con loro in nessuna barca. Lo pregarono, lo supplicarono e persino lo minacciarono, ma egli si slanciò in un leggerissimo canotto a due remi, e celerissimo si allontanò, gridando che lo seguissero alla luce del fanale che stava accendendo [p. 34 modifica]sulla sua poppa. Il fanale stette acceso una ventina di minuti, poi si spense; e per quanto quei giovani gridassero dietro a quell’uomo, egli non si fece più vivo. Sperarono che tornasse, passarono le ore; e intanto i rematori, tutti di Conegliano, vogarono al largo verso ponente. Benchè fosse notte alta, i giovani si accòrsero di esser condotti male; ma i barcaiuoli giurarono di aver avuto l’ordine di andar allo scoglio detto di Sant’Andrea presso Sestri Ponente, che là avrebbero trovato i vapori e che là i due uomini li avrebbero raggiunti.

Durarono così molte ore, finchè sicuri di essere ingannati costrinsero i barcaiuoli a volgersi verso levante, e quando fu l’alba videro da lontanissimo due vapori verso Portofino. Indovinarono che vapori erano; e allora (l’espressione è di uno di loro che ne scrisse pochi anni dipoi), il loro dolore fu immenso come il mare. Intanto i due uomini, i due traditori che gli avevano ingannati, erano stati tutta la notte a scaricare mercanzie di contrabbando, sete e coloniali; certo approfittando del fatto che i doganieri lungo le rive o non v’erano o facevano cattiva guardia, per ordini avuti di non disturbar nessuno quella notte di misteriosa faccenda.1

Se Bixio che aveva dato gli ordini a quei giovani, sicuro nella sua fierezza di mandarli a gente dabbene, avesse potuto avere quei due ribaldi là sul suo ponte, chi sa qual pena avrebbe loro inflitta! Egli era uomo da metterseli sotto i piedi, o da impiccarli all’albero della sua nave, come anticamente si faceva ai pirati.

Note

  1. Da una relazione ms. di Stefano Lagorara capo di quei giovani, e firmata da alcuni di essi. — Ved. anche in Mazzini, Opere, vol. VI.