Storia della letteratura italiana (Tiraboschi)/Parte III

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Parte III
Letteratura de’ Romani dalla fondazione di Roma fino alla morte di Augusto

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Parte III
Letteratura de’ Romani dalla fondazione di Roma fino alla morte di Augusto
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P A R T E III.


Letteratura de’ Romani dalla fondazione di Roma fino alla morte di Augusto


Quella parte di Storia dell’Italiana Letteratura, che abbiam trattata finora, era involta per modo fralle dense tenebre de’ secoli più remoti, che ci è convenuto aprirci la via, per così dire, fra bronchi e spine, e avanzarci a lenti passi, e sovente anche arrestarci per mancanza di luce o di scorta, che ne guidasse sicuramente. Ora un piano e spazioso campo ci si offre innanzi, in cui l’ampiezza medesima è l’ostacolo presso che solo, che noi possiamo incontrare a vedere e ad esaminare con ordine i grandi oggetti, che ci si presentano allo sguardo. I Romani, quegli uomini, il cui regno per presso a cinque secoli non si distese che a poche miglia oltre Roma, sempre armati, ma costretti sempre a rivolger l’armi contro de’ loro vicini vinti spesso, ma non mai abbastanza domati, vidersi finalmente atterrare ogni argine, portar le armi nell’Asia e nell’Africa, conquistare provincie e regni; e al tempo medesimo volgersi quasi improvvisamente alle scienze, di cui fin allora poco o nulla si eran mostrati curanti, e dopo aver superati i Greci coll’armi, superarli ancora nello studio delle bell’arti. Questo è ciò, che dobbiamo ora vedere e svolgere partitamente. A procedere con quell’ordine, che è necessario in sì ampio argomento, in tre capi, ossia in tre Epoche, dividerem questa parte 1 La [p. 106 modifica]prima comprenderà lo spazio di cinque secoli interi, spazio di lunga durata, ma scarso e sterile pe’ Romani di letterarie lodi. La seconda abbraccerà la durata di circa cento anni, cioè dal fine della prima guerra Cartaginese l’anno 512 fino alla distruzione della stessa Città di Cartagine l’anno 607, il quale spazio di tempo si può chiamare a ragione il principio della Romana Letteratura. la terza finalmente comprenderà lo spazio di oltre ad un secolo e mezzo, cioè dall’anno 607 fino all’anno 766, nel qual tempo la Romana Letteratura toccò il più alto segno della sua perfezione. [p. 107 modifica]

Libro Primo


Letteratura de’ Romani dalla fondazion di Roma fino al termine della prima guerra Cartaginese

I. L’Abate le Moine d’Orgival in una sua Operetta2, in cui prende a esaminare l’origine, il progresso, e la decadenza degli studj presso i Romani, cerca di liberarli da quella qualunque siasi taccia, che potrebbe in lor derivare dall’opinion ricevuta comunemente, che essi per cinque secoli non conoscessero che l’armi e la marra. Di questo libro non troppo vantaggiosamente hanno parlato gli Autori del Journal des Savans3, e alcuni errori se ne sono notati ancora nelle Memorie di Trevoux4, e nella Storia letteraria d’Italia5; e singolarmente poco probabile è sembrata questa sua proposizione. Confessa egli medesimo, che affermare, che ne’ primi secoli di Roma vi ebber uomini dotti, sembra uno strano e improbabile paradosso. E nondimeno egli non teme di affermarlo. Ma le stesse pruove, ch’egli ne arreca, quando si vogliano esaminare attentamente, giovano a sempre più persuaderci, che questo è di fatti uno strano e improbabile paradosso. Egli afferma, che Romolo fu istruito in tutte le scienze, che al grado di lui, secondo il costume di quel tempo, si convenivano; e il pruova coll’autorità di Plutarco, ove dice, che Romolo, e Remo impararono le lettere ed altre cose, che d’ingenui fanciulli eran propie6. Ma io non veggo, perché questo passo di altre scienze intender si debba, fuorché di quella de’ primi elementi, e degli esercizj del corpo allora usati, che noi ora diremmo Arti Cavalleresche. Aggiugne, che il formare che fece Romolo i suoi Romani a grandi e magnanime imprese ci dà motivo di affermare, ch’egli non ommettesse le scienze e le arti, che sono il più bello ornamento e la principal gloria di uno Stato. Ma non si pruova, che così fosse veramente, e niun


Note

  1. . Il valoroso Sig. Ab. Denìna amichevolmente si duole (Vicende della Letter. Berlino 1785. T. I.) ch'io nulla abbia detto intorno all'origine della Lingua latina, dalla qual questione pareva che dovesse aver cominciamento la storia della romana letteratura. E io volentieri sarei entrato a parlarne, se avessi sperato di poter dire cose che a me insieme e agli altri soddisfacessero. Ma come poteva io lusingarmene? Converrebbe stabilire, innanzi ad ogni altra cosa, qual fosse il primo popolo abitatore delle contrade che preser poi il nome di Lazio. Se i Troiani vi vennero (il qual fatto sembra ad alcuni più appoggiato alle finzioni poetiche che agli autentici documenti), essi certo vi trovarono altri abitatori. Ma chi erano essi? Rutuli, Osci, Aborigeni, e mille altri popoli di mille diversi nomi troviam nominati da uno, qual da altro scrittore, e ognun di essi ha in suo favore l'autorità di qualche altro che prima di lui l'ha affermato. E ancorchè giungasi a stabilire che i Rutuli, a cagion d'esempio, furono i primi a popolar que' paesi, che ci sa dir con certezza da qual paese essi movessero, o qual fosse la lor patria lingua? Se poi parliamo degli etimologisti, noi troviamo tra essi tanta varietà di opinioni, che appena sembra credibile ch'essa possa conciliarsi con quella evidenza che ad ognun sembra di avere in favor della sua. Lasciamo stare l'antica e più comune opinione, benchè ora combattuta da molti, che la lingua latina traesse la sua origine dalla greca. Havvi chi le dà per madre la lingua fenicia, e questa opinione al can. Mazzocchi sembra indubitabile. Il p. Bardetti, seguendo ed illustrando sempre più il parere di altri scrittori, vuole che la lingua celtica ossia l'antica germanica abbia generato la latina, e ne trova chiarissima la derivazione in molte parole. Chi crederebbe che anche la lingua schiavona dovesse dirsi madre della latina? E tal è nondimeno la sentenza di m. L'Evêque nella sua Storia della Russia, il quale si lusinga di averla colle osservazioni etimologiche invincibilmente dimostrata. In somma io annovero questa tra le quistioni che non si decideranno giammai, e sulla quale perciò mi è sembrato e mi sembra inutile il disputare. Nondimeno io penso (ma senza impegnarmi a difendere il mio pensiero con una lunga dissertazione) che fra tutte le opinioni sia la più verisimile quella che è seguita dal ch. sig. Avvocato Giuseppe Antonio Aldini nella bella sua dissertazione de Varia Latinæ Linguæ fortuna, stampata in Cesena nel 1775, cioè che la lingua latina avesse una origine somigliante a quella di Roma; e che come questa formossi da diversi piccioli popoli che in que' contorni abitavano, così dalle diverse lor lingue o, a dir meglio, da' diversi lor dialetti si formasse una nuova lingua, la qual da quel popolo prendesse il nome, che nella fondazion di Roma ebbe la principal parte, cioè da' Latini. Ma quali fossero le lingue di que' tanti piccioli popoli, e qual origine avessero, chi può indicarcelo?
  2. Considerations sur l’Origine & progrès des belles lettres chez les Romains &c. pag. 1. &c.
  3. Anno 1750, p. 616
  4. Anno 1750, Fevr. Alt. XXI V
  5. T. IV. p. ^5^
  6. In Romulo