Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo XIV/Classificazione

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Capo XIV

Classificazione

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Capo XIV Capo XIV - Somiglianze analoghe


Dalla prima alba della vita tutti gli esseri organizzati rassomigliano gli uni agli altri secondo gradi discendenti, per cui possono classificarsi in gruppi subordinati ad altri gruppi. Questa classificazione evidentemente non è arbitraria, come quella dei gruppi di stelle nelle costellazioni. L’esistenza dei gruppi non avrebbe avuto che un significato molto semplice, se un gruppo fosse stato destinato esclusivamente ad abitare la terra ed un altro a vivere nelle acque: uno a nutrirsi di carne, un altro di materie vegetali, e così di seguito. Ma ciò non ha luogo menomamente nella natura: perchè tutti sanno che comunemente anche i membri del medesimo sotto-gruppo hanno abitudini differenti. Nei Capi secondo e quarto sulle Variazioni e sulla Elezione naturale ho procurato di dimostrare che in qualsiasi paese le specie più variabili sono quelle che si estendono ampiamente, che sono molto diffuse e comuni, in una parola le specie dominanti, appartenenti ai generi più ricchi di ogni classe. Io credo che le varietà o specie incipienti, così prodotte, da ultimo divengano specie nuove e distinte; e queste, pel principio di eredità, tendano a produrre altre specie nuove e dominanti. Perciò quei gruppi che sono ricchi, e che generalmente comprendono molte specie dominanti, tendono ad aumentare. Ho cercato inoltre di provare che, in seguito ai continui sforzi dei discendenti variabili di ogni specie per occupare il maggior numero possibile di posti differenti nell’economia della natura, i loro caratteri hanno una tendenza costante a divergere. Questo risultato emergeva dal considerare la diversità grande delle forme di vita, le quali in ogni piccola superficie si fanno una concorrenza molto viva, e dalla cognizione di certi fatti nella naturalizzazione.

Mi sono anche adoperato a constatare che nelle forme, le quali aumentano di numero e divergono nei caratteri, vi è una tendenza costante a surrogare ed esterminare le forme meno divergenti, meno perfezionate e più antiche. Prego il lettore ad esaminare di nuovo il diagramma che descrive l’azione di questi vari principii, come fu spiegato precedentemente, ed egli si accorgerà che il risultato inevitabile consiste in ciò, che i discendenti modificati, procedenti da un solo progenitore, rimarranno spezzati in gruppi subordinati ad altri gruppi. Ogni lettera della linea superiore di quella figura può rappresentare un genere comprendente varie specie; e tutti i generi di questa stessa linea formano insieme una classe, perchè tutti sono provenienti da un antico parente e per conseguenza ereditarono qualche cosa in comune. Ma i tre generi della parte sinistra hanno, pel medesimo principio, molte particolarità comuni, e formano una sotto-famiglia, distinta da quella che comprende i due generi immediatamente vicini sulla destra, i quali si scostarono dal parente comune al quinto stadio della progenie. Questi cinque generi hanno ancora qualche carattere comune e formano insieme una famiglia distinta da quella di cui fanno parte i tre generi che si trovano anche più a destra, i quali cominciarono a divergere in un’epoca più antica. Tutti questi generi poi derivati da A formano un ordine distinto da quello dei generi derivati da I. Per cui noi abbiamo qui molte specie discendenti da un solo progenitore aggruppate in generi; e questi generi sono pur essi compresi e subordinati a sotto-famiglie, famiglie e ordini tutti riuniti in una sola classe. Così a mio giudizio rimane chiarito il grande fatto della storia naturale, della subordinazione dei gruppi sotto altri gruppi, fatto sul quale non portiamo sempre sufficiente attenzione, perchè ci è molto familiare. Gli esseri organici, come tutti gli altri oggetti, si lasciano senza dubbio disporre a gruppi in varia guisa, sia artificialmente col mezzo di singoli caratteri, od in modo più naturale col mezzo di un complesso di caratteri. Noi sappiamo che così si possono classificare i minerali e perfino le sostanze elementari. In questo caso la classificazione non ha alcuna attinenza alla successione genealogica, ed al presente non può indicarsi la causa, per cui si scindono in gruppi. Ma negli esseri organici le cose stanno ben diversamente, ed il suesposto concetto ci dà la ragione della suddivisione in gruppi e sotto-gruppi, nè altra spiegazione fu mai tentata.

I naturalisti si studiano di coordinare le specie, i generi e le famiglie di ogni classe in un sistema naturale. Ma che cosa significa questo sistema? Alcuni autori lo riguardavano puramente come uno schema per disporre insieme quegli esseri viventi che sono più somiglianti e per separare quelli che sono più differenti: oppure anche come un mezzo artificiale di enunciare, colla maggiore brevità possibile, certe proposizioni generali, cioè di raccogliere con una sola sentenza i caratteri comuni a tutti i mammiferi, per esempio, e di dare con un’altra proposizione quelli comuni a tutti i carnivori, con un’altra quelli comuni al genere cane, ed infine, aggiungendo una sola sentenza, fare una descrizione completa di ogni razza dei cani. La semplicità e l’utilità di questo sistema sono incontestabili. Ma molti naturalisti pensano che l’espressione "Sistema naturale" denoti qualche cosa di più; essi credono che riveli il piano del Creatore; però finchè non sia meglio specificato se le parole "il piano del Creatore" significano l’ordine nel tempo o nello spazio, o in ambedue, ovvero denotino qualche altra cosa, mi sembra che con esse nulla si aggiunga alla nostra scienza. Tali espressioni che noi incontriamo spesso, sotto una forma più o meno oscura, come quel famoso detto di Linneo, che "i caratteri non formano il genere, ma che il genere fornisce i caratteri", mi sembra che nelle nostre classificazioni implicitamente includano qualche cosa di più della semplice rassomiglianza. Credo che infatti si sottintenda qualche cosa e che la prossimità di discendenza, - la sola causa conosciuta della somiglianza degli esseri organizzati, - sia il legame che in parte è manifestato dalle nostre classificazioni, e che ci è nascosto dai diversi gradi di modificazione.

Veniamo ora a considerare le norme seguite nella classificazione e le difficoltà che si incontrano, nel supposto che la classificazione ci presenti qualche ignoto piano di creazione, ovvero altro non sia che uno schema per enunciare delle proposizioni generali e per collocare insieme le forme più somiglianti fra loro. Si potrebbe forse ammettere (e negli antichi tempi si ammetteva) che quelle parti della struttura che determinano le abitudini della vita e la situazione generale di ogni essere nell’economia della natura siano di una grande importanza nella classificazione. Nulla può esservi di più falso. Niuno riguarda come di qualche importanza la somiglianza esterna del sorcio col topo-ragno, del ducongo colla balena, della balena col pesce. Queste rassomiglianze, sebbene intimamente connesse colla vita intera dell’essere, sono considerate semplicemente come "caratteri analogici o di adattamento"; ma avremo occasione di ritornare su queste relazioni. Potrebbe anzi porsi come regola generale che quanto meno una parte dell’organismo è destinata a scopi ed abitudini speciali, tanto più diviene importante per la classificazione. Per darne un esempio, Owen, trattando del ducongo, si esprime in questi termini: "Gli organi della generazione, essendo quelli che hanno le relazioni più lontane colle abitudini e col nutrimento di un animale, furono sempre riguardati da me come i più confacenti a fornire delle indicazioni chiare sulle sue vere affinità. Nelle modificazioni di questi organi siamo meno esposti a scambiare un carattere essenziale con un carattere di semplice adattamento". Così nelle piante; quanto è rimarchevole il fatto che gli organi di vegetazione, da cui dipende la loro vita intera, sono di poca significazione, mentre gli organi riproduttivi, coi loro prodotti, il seme e l’embrione, sono della massima importanza! Parlando delle differenze morfologiche, le quali non sono di alcuna importanza fisiologica, noi abbiamo visto come siano spesso del massimo valore per la classificazione. Ciò dipende dalla costanza con cui appariscono in molti gruppi affini; e tale costanza, alla sua volta, dipende da ciò che le eventuali leggere variazioni di struttura in siffatte parti non sono conservate ed aumentate dalla elezione naturale, la quale agisce solamente sui caratteri utili.

Che, la sola importanza fisiologica di un organo non valga a determinare il suo pregio nella classificazione, è quasi dimostrato dal fatto che nei gruppi affini, in cui il medesimo organo ha quasi il medesimo valore fisiologico, come abbiamo ogni ragione di ammettere, il valore di classificazione è interamente diverso. Niun naturalista può essersi occupato di qualche gruppo speciale senza rimanere colpito da questo fatto, che fu espressamente notato negli scritti di quasi tutti gli autori. Basterà citare l’autorità più stimata, Roberto Brown, il quale, nel parlare di certi organi delle proteacee, dice che la loro importanza generica, "come quella di tutte le loro parti, non solamente in questa, ma credo in quasi tutte le famiglie naturali, è molto disuguale ed in certi casi mi sembra completamente nulla". Anche in un’altra opera dice che i generi delle connaracee "differiscono nel possedere uno o più ovari, nella presenza o mancanza di albume, nella estivazione embriciata o valvare. Ognuno di questi caratteri, preso isolatamente, è spesso di una importanza più che generica, quantunque anche quando si prendano tutti in una volta sembrino insufficienti a separare il Cnestis dal Connarus". Per darne un esempio negli insetti, in una grande divisione degli imenotteri, le antenne sono le più costanti nella struttura, come ha osservato Westwood; in un’altra divisione esse differiscono assai e le loro differenze sono di un valore affatto secondario nella classificazione; eppure niuno probabilmente potrebbe dire che le antenne siano di un’importanza fisiologica diversa in queste due divisioni del medesimo ordine. Ma potrebbero darsi moltissimi esempi della importanza variabile di un medesimo organo essenziale in un gruppo di esseri, rispetto alla classificazione.

Così niuno potrà sostenere che gli organi rudimentali od atrofizzati siano di un alto valore fisiologico o vitale; ciò non ostante alcuni organi in questa condizione sono spesso di una grande importanza nella classificazione. Niuno contesterà che il dente rudimentale della mascella superiore dei ruminanti giovani e certe ossa rudimentali delle loro gambe non siano altamente utili per stabilire la stretta affinità che esiste fra i ruminanti e i pachidermi. Roberto Brown ha sostenuto con molta forza il fatto che la posizione dei fiori imperfetti è della più alta significazione nella classificazione delle graminacee.

Si hanno parecchi casi nei quali certi caratteri, tratti da quelle parti che debbono considerarsi di pochissima importanza fisiologica, sono generalmente riconosciuti di una utilità immensa nella definizione di gruppi interi. Per esempio, se esista o no una comunicazione libera fra le narici e la bocca, carattere che secondo Owen è il solo che distingue assolutamente i pesci dai rettili. - l’inflessione del margine inferiore della mascella inferiore nei marsupiali, - il modo con cui sono ripiegate le ali degli insetti, - lo sbiadito colore di certe alghe, - la pubescenza di certe parti del fiore delle graminacee, - la natura della veste dermica, come il pelo o le penne, dei vertebrati. Se l’ornitorinco fosse stato coperto di penne, anzichè di peli, questo carattere esterno e di poco rilievo sarebbe stato riguardato dai naturalisti come un importante aiuto, per determinare il grado di affinità di questa singolare creatura cogli uccelli.

La importanza dei caratteri meno rilevanti, in relazione alla classificazione, dipende principalmente dai loro rapporti con vari caratteri di maggiore o minore conseguenza. Infatti, nella storia naturale è evidente l’importanza di un certo aggregato di caratteri. Quindi, come spesso fu notato, una specie può allontanarsi dalle sue affini per certe particolarità, che sono di un alto valore fisiologico e di una prevalenza quasi universale, e tuttavia non lasciarci alcun dubbio sul posto che la medesima deve occupare. Perciò si è anche osservato che una classificazione stabilita sopra qualche carattere isolato, per quanto importante, pure non può mai sussistere; perchè nessuna parte dell’organizzazione è costante universalmente. L’importanza di un cumulo di caratteri, anche quando niuno di essi è importante, può solo spiegare l’aforisma di Linneo, che "i caratteri non danno il genere, ma il genere fornisce i caratteri"; perchè questa sentenza sembra fondata sopra un apprezzamento di molti piccoli punti di rassomiglianza, troppo insignificanti per essere definiti. Certe piante, appartenenti alle malpighiacee, portano contemporaneamente dei fiori perfetti e dei fiori rudimentali; riguardo a questi ultimi, come opinava A. De Jussieu, "il maggior numero dei caratteri propri della specie, del genere, della famiglia, della classe scompariscono, e così ci guastano la nostra classificazione". Ma allorchè l’Aspicarpa produsse in Francia per diversi anni soltanto dei fiori degeneri, allontanandosi in un modo tanto straordinario per moltissimi dei più importanti punti di struttura dal tipo dell’ordine, pure M. Richard sagacemente osservava col Jussieu che questo genere poteva rimanere nel gruppo delle malpighiacee. Questo fatto mi pare molto acconcio a provare con quale metodo siano talvolta formate le nostre classificazioni.

Praticamente i naturalisti non si preoccupano del valore fisiologico dei caratteri che intendono impiegare per definire un gruppo o per assegnare un posto a qualche specie particolare. Se essi trovano un carattere quasi uniforme e comune ad un gran numero di forme e non comune alle altre, gli attribuiscono molta importanza; se invece non sia comune che a un numero minore di forme, lo giudicano di un valore secondario. Questo principio fu apertamente dichiarato come il solo da seguirsi; e niuno lo espose con più chiarezza dell’illustre botanico Aug. St-Hilaire. Se certi caratteri si trovano sempre in relazione con altri, quantunque non possa scoprirsi una connessione palese fra essi, si ritengono di un valore speciale. Così trovandosi in quasi tutti i gruppi di animali certi organi importanti quasi uniformi, come quelli che servono alla circolazione o alla respirazione o alla riproduzione, si considerano molto utili per la classificazione; ma in altri gruppi di animali tutti questi organi, della massima importanza vitale, offrono soltanto dei caratteri di un valore secondario. Fritz Müller ha osservato recentemente che entro lo stesso gruppo di crostacei la Cypridina è fornita di un cuore, mentre manca in due generi affini, Cypris e Cytherea; una specie di Cypridina possiede branchie, le quali mancano in altre specie.

È facile riconoscere che i caratteri desunti dall’embrione debbono presentare un’importanza uguale a quelli che si desumono dall’adulto, perchè le nostre classificazioni, naturalmente, comprendono tutte le età delle specie. Ma non è ugualmente chiaro, secondo le opinioni comunemente accettate, come la struttura dell’embrione possa essere più importante, a questo scopo, di quella dell’adulto, il quale soltanto compie interamente il proprio ufficio nell’economia della natura. Pure due naturalisti eminenti, Milne Edwards e Agassiz, hanno vivamente propugnato il principio che i caratteri embrionali siano i più importanti di tutti nella classificazione degli animali; e questo fu generalmente ammesso. Ma la loro importanza venne talvolta esagerata, giacchè non furono esclusi i caratteri di adattamento delle larve; così Fritz Müller, per dimostrarlo, ha classificato la grande classe dei crostacei unicamente secondo le differenze embriologiche, ed ha trovato che tale classificazione non sarebbe naturale. Però in generale può sostenersi che i caratteri desunti dall’embrione sono di grandissimo valore non solo negli animali, ma anche nelle piante. Il medesimo fatto si verifica nelle piante fanerogame, delle quali le due principali divisioni vennero fondate sui caratteri tratti dall’embrione, - sul numero e sulla posizione delle foglie embrionali o dei cotiledoni, e sul modo di svilupparsi della piumetta e della radichetta. Nella nostra discussione sull’embriologia vedremo per quale motivo questi caratteri siano di tanta importanza, nel concetto che la classificazione tacitamente include l’idea della discendenza.

Le nostre classificazioni sono spesso influenzate manifestamente dalla catena delle affinità. Nulla può essere più facile del definire un certo numero di caratteri comuni a tutti gli uccelli; ma nel caso dei crostacei questa definizione si è finora trovata impossibile. Vi sono crostacei agli estremi opposti della serie che hanno a stento un solo carattere comune. Ciò non ostante le specie che sono a questi punti estremi, essendo chiaramente affini ad altre e queste ad altre ancora, e così di seguito, possono senza alcun equivoco riconoscersi come appartenenti a questa e non ad altra classe degli articolati.

La distribuzione geografica è stata usata spesso, sebbene forse non troppo logicamente, nella classificazione; e più specialmente nei gruppi molto vasti di forme strettamente affini. Temminck insistè sull’utilità e sulla necessità di questo metodo per certi gruppi d’uccelli; ed alcuni entomologi e botanici vi si attennero.

Da ultimo, rispetto al valore comparativo dei vari gruppi di specie, come ordini, sotto-ordini, famiglie, sotto-famiglie, e generi, pare che, almeno presentemente, esso sia quasi arbitrario. Parecchi dei migliori botanici, come il Bentham ed altri, hanno vivamente sostenuto che questo loro valore è appunto incerto. Si potrebbero citare degli esempi, tanto nelle piante quanto negli insetti, di un gruppo di forme, prima classificate dai naturalisti pratici come generi e poscia innalzate al rango di sotto-famiglie o di famiglie; e ciò non deve attribuirsi all’essersi scoperte importanti differenze di struttura, dietro ulteriori ricerche, differenze che prima si erano trascurate, ma bensì alla scoperta posteriormente fatta di molte specie affini con gradi leggieri di differenza.

Tutte le regole precedenti, non che le norme e difficoltà della classificazione si spiegano, se non mi inganno, coll’ipotesi che il sistema naturale sia fondato sulla discendenza con modificazioni; che quei caratteri, che sono riguardati dai naturalisti come tali da provare la vera affinità esistente fra due o più specie, sono stati ereditati da un progenitore comune, e sotto questo aspetto ogni classificazione esatta è genealogica; che la discendenza comune è il segreto legame che i naturalisti vanno cercando inavvertitamente e non già qualche ignoto piano di creazione, ovvero l’enunciato di proposizione generali, o il solo scopo di riunire insieme e di separare oggetti più o meno simili.

Ma fa d’uopo che io dimostri più ampiamente il mio concetto. Io credo che la disposizione dei gruppi in ogni classe, essendo subordinata e relativa ad altri gruppi, debba essere anche strettamente genealogica per essere naturale; ma che il complesso delle differenze nei diversi rami o gruppi, benchè affini per qualche grado di consanguineità al loro comune progenitore, possa variare assai, dipendendo dai diversi gradi di modificazione a cui furono soggetti; ciò si ammette quando si classificano le forme sotto diversi generi, famiglie, sezioni od ordini. Il lettore intenderà meglio il mio concetto, se si prenderà la pena di consultare di nuovo il diagramma del capo quarto. Supponiamo che le lettere da A ad L rappresentino dei generi affini, che vissero nell’epoca siluriana, e che questi siano provenuti da una specie esistente in un periodo anteriore ignoto. Le specie di tre generi fra questi (cioè A, F ed I) trasmisero dei discendenti modificati all’epoca presente, che sono raffigurati nei 15 generi (a14 a z14) della linea orizzontale superiore. Ora tutti questi discendenti modificati, derivanti da una sola specie, sono rappresentati come affini di sangue o di progenie nel medesimo grado; potrebbero metaforicamente dirsi cugini allo stesso milionesimo grado; tuttavia essi differiscono grandemente e in grado diverso fra loro. Le forme derivanti da A, ora divise in due o tre famiglie, costituiscono un ordine distinto da quelle che partirono da I, e che sono pure spezzate in due famiglie. Le specie esistenti, che discesero da A, non possono collocarsi nel medesimo genere della madre-specie A; nè quelle provenienti da I colla forma madre I. Ma possiamo supporre che il genere F14 sia stato leggermente modificato e possa ancora collocarsi nella classificazione presso il genere originario F; appunto come è avvenuto di pochi esseri organizzati ora esistenti che appartengono ai generi siluriani. Per modo che l’insieme, o il valore, delle differenze esistenti fra gli esseri organizzati che sono tutti affini fra loro nello stesso grado di consanguineità, è divenuto molto differente. Ciò non ostante la loro disposizione genealogica rimane rigorosamente esatta, non solo nei tempi attuali, ma anche ad ogni periodo successivo della discendenza. Tutti i discendenti di A modificati, avranno ereditato qualche cosa in comune dal loro parente primitivo, come pure tutti i discendenti di I; ed altrettanto sarà avvenuto in ogni ramo subordinato di discendenti, ad ogni periodo successivo. Se però noi preferiamo di supporre che qualcuno dei discendenti di A o di I si siano modificati, al punto da perdere più o meno completamente le traccie della loro parentela, in tal caso i loro posti mancheranno, più o meno completamente, nella classificazione naturale, come sembra sia avvenuto talvolta negli organismi esistenti. Ora si è supposto che tutti i discendenti del genere F, per tutta la linea genealogica, siano stati modificati solo leggermente, ed essi formano perciò un solo genere. Ma questo genere, sebbene molto isolato, conserverà tuttora la sua posizione intermedia; perchè F era in origine intermedio pei suoi caratteri fra A ed I, e i vari generi derivati da questi ultimi avranno ereditato, fino ad una certa estensione, i loro caratteri. Questa naturale distribuzione viene raffigurata sul diagramma, per quanto può farsi in una figura dimostrativa, però in una maniera troppo semplice. Se non si fosse impiegato un diagramma a ramificazioni e si fossero scritti soltanto i nomi dei gruppi in una serie lineare, sarebbe stato anche meno possibile il disporli secondo il sistema naturale; e sappiamo essere impossibile il rappresentare sopra una superficie piana, mediante una serie, le affinità che scopriamo nella natura presso gli esseri di uno stesso gruppo. Così, secondo le mie idee, il sistema naturale è ramificato nella sua disposizione, come una genealogia; ma i gradi di modificazione, che i diversi gruppi hanno subìto, debbono esprimersi ordinandoli sotto differenti generi, sotto-famiglie, famiglie, sezioni, ordini e classi.

Non sarà senza qualche utilità lo spiegare questo concetto sulla classificazione, prendendo il caso delle lingue. Se noi possedessimo una genealogia perfetta della stirpe umana, una disposizione genealogica delle razze umane ci darebbe la migliore classificazione delle diverse lingue attualmente parlate in tutto il mondo; e quando tutte le lingue estinte e tutti i dialetti intermedi e lentamente variabili vi fossero compresi, questa disposizione sarebbe la più completa. Però potrebbe darsi che qualche lingua molto antica si fosse poco alterata e che non avesse dato origine che a poche lingue nuove, mentre altre lingue, avendo variato grandemente, avrebbero prodotto molte lingue e molti dialetti nuovi (in seguito alla diffusione e all’isolamento successivo delle diverse razze, derivanti da una razza primitiva, non che pel loro stato di civiltà). I vari gradi di differenza nelle lingue di un medesimo stipite sarebbero espressi per mezzo di gruppi subordinati ad altri gruppi; ma la disposizione più conveniente, od anzi la sola possibile, sarebbe la genealogica. Questa disposizione sarebbe rigorosamente naturale, in quanto collegherebbe fra loro tutte le lingue estinte e moderne mediante le affinità più strette e ci darebbe la figliazione e l’origine di ogni lingua.

A conferma di queste opinioni, diamo uno sguardo alla classificazione delle varietà, che si credono, o si conoscono, derivate da qualche specie. Queste varietà sono raccolte sotto le specie, come le sotto-varietà sono riunite sotto le varietà. Nelle nostre produzioni domestiche si richiedono diversi altri gradi di differenza, come abbiamo veduto nei colombi. L’origine dell’esistenza di gruppi subordinati ad altri gruppi è la medesima per le varietà come per le specie, cioè la prossimità della discendenza con diversi gradi di modificazione. Nel classificare le varietà si seguono quasi le stesse norme come nel classificare le specie. Alcuni autori hanno insistito sulla necessità di classificare le varietà secondo un sistema naturale, invece di seguire un sistema artificiale. Così noi ci guardiamo, per esempio, dal collocare insieme due varietà di ananasso, semplicemente pel riflesso che il loro frutto, benchè sia la parte più importante, si trova quasi identico; e niuno porrà insieme la rapa svedese e la rapa comune, quantunque i grossi steli alimentari siano tanto simili. Quella parte che si trova essere la più costante viene scelta nel classificare le varietà: perciò il grande agricoltore Marshall dice che le corna sono molto utili per la classificazione del bestiame, in quanto che sono meno variabili della forma o del colore del corpo, ecc.; al contrario nelle pecore le corna sono molto meno utili, perchè meno costanti. Nel classificare le varietà, io ritengo che se noi avessimo la discendenza reale, sarebbe universalmente preferita una classificazione genealogica, come tentarono di fare alcuni autori. Perchè noi potremmo essere sicuri che, a onta di qualsiasi modificazione, il principio dell’eredità conserverebbe tra loro unite quelle forme che erano affini nel maggior numero di punti. Nei colombi giratori, sebbene alcune varietà differiscano dalle altre pel carattere importante di avere un becco più lungo, pure sono tutte conservate nello stesso gruppo, in causa della comune abitudine di fare il capitombolo; ma le razze a faccia corta hanno quasi perduta od anche interamente perduta quest’abitudine; ciò non ostante, senza altri ragionamenti o riflessioni su questo soggetto, questi colombi giratori si lasciano nel medesimo gruppo, perchè consanguinei e somiglianti per certi altri rapporti.

Riguardo alle specie nello stato di natura, ogni naturalista introduce sempre la discendenza nelle sue classificazioni; perchè egli include i due sessi nel grado più basso, cioè in quello della specie; eppure tutti i naturalisti sanno quanto sia grande talvolta la differenza dei due sessi nei caratteri più importanti. A stento conosciamo un solo caso di un attributo comune ai maschi e agli ermafroditi di certi cirripedi adulti, e nondimeno niuno sogna di separarli. Non appena si riconobbe che le tre forme di orchidee Monachanthus, Myanthus e Catasetum, le quali si erano precedentemente classificate come tre generi distinti, sono talvolta prodotte sulla medesima pianta, furono tosto considerate come varietà; ma mi fu impossibile dimostrare che rappresentano le forme maschile, femminile ed ermafroditica di una medesima specie. Il naturalista comprende in una sola specie i diversi stadii di larva di uno stesso individuo, per quanto possano differire fra loro e dall’animale adulto; così egli vi comprende le così dette generazioni alternanti di Steenstrup, le quali possono considerarsi come appartenenti al medesimo individuo soltanto nel senso tecnico. Egli vi include i mostri; vi include le varietà, non solo perchè rassomigliano strettamente alla madre-forma, ma perchè derivano da essa.

Come la genealogia è stata generalmente adoperata per classificare insieme gli individui della medesima specie, sebbene i maschi, le femmine e le larve siano qualche volta estremamente differenti; e come si è anche impiegata per classificare delle varietà che furono soggette ad una certa quantità e talvolta a un grande complesso di modificazioni: non potrebbe forse questo medesimo elemento della discendenza essere stato usato inconsciamente, nel riunire le specie sotto i generi e i generi sotto gruppi più elevati, benchè in questi casi la modificazione sia stata più forte ed abbia impiegato un tempo più lungo per effettuarsi? Io credo che appunto questo elemento si sia seguìto inavvertentemente; e soltanto in questo modo io posso intendere le varie regole e norme che si sono adottate dai migliori nostri sistematici. Noi non abbiamo scritto delle genealogie; noi abbiamo dedotta la discendenza comune dalle rassomiglianze di ogni sorta. Perciò preferiamo quei caratteri che, a nostro giudizio, debbono essere stati meno facilmente modificati, in relazione alle condizioni di vita, a cui ogni specie fu esposta recentemente. Sotto questo aspetto gli organi rudimentali sono ugualmente utili e talvolta anche migliori di altre parti dell’organizzazione. Noi non ci occupiamo della poca importanza di un carattere; - come la sola inflessione dell’angolo della mascella, il modo con cui è piegata l’ala di un insetto, e così se la pelle sia coperta di peli o, di penne: - ma se esso prevalga in molte specie differenti, e specialmente in quelle aventi abitudini di vita molto diverse, assume un alto valore; perchè noi non possiamo spiegare la sua presenza in tante forme dotate di abitudini sì diverse, che per mezzo della eredità da un progenitore comune. Possiamo errare a questo riguardo in alcuni punti della struttura, ma quando parecchi caratteri, anche poco rilevanti, si presentano riuniti in un vasto gruppo di esseri dotati di abitudini differenti, possiamo rimanere quasi certi, per la teoria della discendenza, che questi caratteri furono ereditati da un antenato comune. E sappiamo che questi caratteri accumulati e correlativi hanno una speciale importanza nella classificazione.

Possiamo anche intendere in che modo una specie, o un gruppo di specie, possa allontanarsi, in parecchie delle sue caratteristiche più importanti, dalle specie affini ed essere nullameno classificato colle medesime. Questa classificazione può farsi con sicurezza e spesso viene adottata finchè un numero sufficiente di caratteri, anche di pochissima importanza, tradisce il nascosto legame della discendenza comune. Ove due forme non abbiano un solo carattere comune, ma nondimeno queste due forme estreme siano connesse fra loro da una serie di gruppi intermedi, possiamo inferirne la comune loro discendenza e porle tutte nella medesima classe. Siccome troviamo che gli organi del più alto valore fisiologico, quelli che servono a preservare la vita sotto le condizioni di esistenza più diverse, sono generalmente i più costanti, noi annettiamo ai medesimi una speciale importanza; ma se questi medesimi organi in un altro gruppo o in una sezione di esso si presentano molto differenti, noi attribuiamo ai medesimi una importanza minore nella nostra classificazione. Sono d’avviso che noi potremo perciò chiaramente riconoscere come i caratteri embriologici siano di tanta importanza nella classificazione. Anche la distribuzione geografica può giovarci talvolta, nel classificare i generi ricchi ed ampiamente sparsi, perchè tutte le specie del medesimo genere, le quali abitano una regione distinta ed isolata, sono derivate probabilmente dai medesimi parenti.