Sulle frontiere del Far-West/CAPITOLO XX - Alla caccia degli scorridori

Da Wikisource.
CAPITOLO XX - Alla caccia degli scorridori

../CAPITOLO XIX - Sioux contro Corvo ../CAPITOLO XXI - L'hacienda di San Felipe IncludiIntestazione 21 luglio 2011 100% Romanzi

CAPITOLO XX - Alla caccia degli scorridori
CAPITOLO XIX - Sioux contro Corvo CAPITOLO XXI - L'hacienda di San Felipe
[p. 196 modifica]

CAPITOLO XX.


Alla caccia degli scorridori.


John, Harry e Giorgio, stanchi da quelle lunghe cavalcate che duravano già da molti giorni quasi senza riposo e nutrimento, dormivano profondamente avvolti nelle loro grosse coperte ed affondati con tutta la persona fra le alte erbe che crescevano sulle terrazze del Lago.

A nessuno era balenato, nemmeno lontanamente, il sospetto che il gambusino, o meglio Nuvola Rossa, al momento propizio avesse tentato qualche brutto tiro verso di loro, quantunque in fondo all’animo avessero sempre conservato un po’ di diffidenza verso quello sconosciuto che non si era mai mostrato troppo franco.

Parecchie ore dovevano essere trascorse e forse sognavano di trovarsi già all’hacienda, pronti a difendere accanitamente i figli del disgraziato colonnello, quando un grido strappò bruscamente l’indian-agent dal suo sonno.

Non era il grido di un indiano lanciato sul sentiero della guerra e pronto a scotennare, bensì quello d’una fanciulla.

― La briccona!... ― esclamò sbarazzandosi rapidamente della coperta ed afferrando il rifle. ― Chi può minacciarla? È vero che appartiene alla razza dei vermi rossi, ma dopo tutto è sempre una ragazza: forse il gambusino dorme più profondamente di Harry e di Giorgio. ―

Si era alzato ad un tratto, lanciando intorno uno sguardo indagatore.

Quantunque i vapori erranti sul Lago intercettassero quasi completamente i raggi dell’astro notturno, l’oscurità non era così profonda da non poter distinguere qualche cosa a dieci metri di distanza.

John stava per svegliare i suoi due compagni, temendo un attacco da parte di qualche banda di lupi neri, quando il grido di Minnehaha echeggiò per la seconda volta, più acuto di prima.

― Diavolo!... ― esclamò John. ― Che cosa sta per succedere dunque? ―

Si era lanciato brandendo il rifle e gridando nel medesimo tempo:

― All’armi, camerati!... —

[p. 197 modifica]Quasi nell’istesso momento vide la piccola indiana balzare, come una palla di caucciù, al di sopra delle alte erbe.

— Qui!... — gridò il gigante. — Passa dietro di me! Chi ti minaccia? —

Minnehaha non ebbe il tempo di rispondere. Il cavallone pezzato e i due mustani della prateria si erano alzati precipitosamente e dopo una breve esitazione si erano messi a galoppare, ventre a terra, verso il Lago, scomparendo ben presto fra le tenebre.

By God!... — bestemmiò l’indian-agent, assai stupito di veder fuggire il suo fedele corsiero.

Poi lanciò due grida poderose:

— Harry!... Giorgio!... —

I due scorridori della prateria, che erano rimasti sordi all’allarme, strappati bruscamente dal loro profondissimo sonno, che si poteva chiamare quasi profondo letargo, si sbarazzarono delle coperte, gridando:

— John? John?

— Accorrete, camerati!... — rispose subito l’indian-agent, il quale aveva spinto dietro di sè Minnehaha.

Harry fu il primo a giungere.

— Vengono gl’Indiani? — chiese il giovane.

— Ma no!... I nostri cavalli non sarebbero fuggiti, — rispose John. — Dov’è il gambusino?

— Non è con te?

— Non l’ho veduto.

— Allora è stato scotennato, — disse Giorgio, il quale era pure giunto.

— Vi dico che non sono Indiani quelli che ci minacciano e che hanno messo in fuga i nostri cavalli, — ribattè il gigante. — Orsù, piccola briccona, che cos’hai veduto? Sei stata ben tu a dare l’allarme.

— È vero, viso-pallido, — dichiarò la figlia di Yalla, la quale si teneva prudentemente dietro i tre avventurieri.

— Perchè hai gridato?

— Perchè il campo è circondato da brutte bestie.

— Non da uomini?

— No!... No!... — rispose vivamente la fanciulla.

— Delle bestie!... — esclamò Harry. — Degli orsi forse?

— Mi sembrano dei maiali.

— Corna di bisonte!... — esclamò l’indian-agent. — Ho capito di che cosa si tratta.

Camerati, cerchiamo subito un albero se non volete lasciare prima i vostri calzoni e poi i vostri polpacci fra le zanne dei pecari.

Ah, le bestiacce malefiche!... Vi raccomando di non far fuoco! Se sono irritati nessuno sarebbe capace di fermarli.

[p. 198 modifica]— I pecari!... — esclamarono i due scorridori della prateria, rabbrividendo.

Fra le alte erbe si cominciavano a udire dei grugniti, i quali diventavano sempre più acuti.

Anda!... Anda!... — gridò John.

I tre avventurieri si slanciarono a corsa sfrenata verso un terrazzo del Lago ove si vedevano sorgere parecchi grossi e frondosi alberi.

Minnehaha li aveva seguiti, balzando, coll’agilità d’una gazzella al di sopra delle alte erbe.

Pareva però che i pecari si fossero subito accorti della fuga degli uomini, poichè si erano messi a loro volta a correre, più attratti dalla curiosità che altro, non essendo affatto carnivori e nemmeno troppo pericolosi se non vengono irritati.

Ah, guai allora!... L’ostinazione che mettono quei porci nel vendicarsi è qualche cosa d’incredibile.

John, vedendo inalzarsi fra un ammasso di artensie un cedro colossale, dai cui rami pendevano dei festoni di liane, afferrò Minnehaha che gli era giunta quasi fra i piedi e la spinse in alto, dicendole:

— Su, mariuola: così non avrai da lagnarti dei visi-pallidi. —

Disgraziatamente nell’alzare le braccia, il rifle gli sfuggì dalle spalle e nel cadere a terra esplose, lanciando il proiettile attraverso le erbe.

Un urlo acutissimo, quell’urlo che i maiali lanciano quando vengono scannati od accoppati con una mazzata, aveva seguìto lo sparo.

— Corna di bisonte!... — gridò l’indian-agent. — Senza volerlo ho ammazzato una di quelle bestie!... Non ci poteva toccare di peggio!...

Harry!... Giorgio!... Salite o siete perduti!... —

I due scorridori della prateria conoscevano troppo bene le pessime abitudini dei pecari e la loro ferocia, per indugiarsi.

S’aggrapparono con un salto alle liane e si misero prontamente al sicuro sui primi rami dell’enorme cedro. L’indian-agent li aveva già preceduti dopo d’aver raccolta la carabina.

In quanto a Minnehaha non si scorgeva ormai più. Doveva essersi spinta ben in alto, dove il fogliame era foltissimo.

Era tempo! I pecari giungevano da tutte le parti, grugnendo rabbiosamente e sfondando con grande impeto, per un tratto considerevole, le artensie che si stendevano intorno alla pianta.

Le maledette bestie accorrevano per vendicare il loro compagno che la palla del gigante, per un caso disgraziato, doveva aver fulminato.

— Eccoci in un bell’impiccio!... — esclamò Harry, il quale si era accomodato sulla biforcazione d’un ramo, alto dal suolo una mezza dozzina di metri e quindi al sicuro da qualunque attacco. — [p. 199 modifica]Non ci volevano che questi animali per farci ritardare il nostro eterno viaggio!...

— Ed il gambusino? — chiese Giorgio. — Che sia stato già sventrato?

— Ecco quello che mi chiedevo anch’io in questo momento, — disse John. — Che cosa sarà successo a quel disgraziato?

— Che dorma ancora? — chiese Harry.

— Il colpo di fucile dovrebbe averlo svegliato, — rispose l’indian-agent.

— Allora si sarà messo in salvo sul suo cavallo.

— Sul suo cavallo!... To’!... To’!... Io non l’ho veduto fuggire!..

— È impossibile, John.

— Ti ripeto, Harry, che non l’ho veduto. Erano tre soli i cavalli fuggiaschi ed erano i nostri: i miei occhi non possono essersi ingannati.

— Ciò che dici è grave, John.

— Io dico quello che ho veduto. Il cavallo del gambusino non si è alzato, nè si è diretto verso il Lago.

— Ed il suo padrone allora? — chiese Giorgio.

— Qui comincia un mistero per me inesplicabile, — disse John.

— Che gl’Indiani lo abbiano sorpreso ed accoppato con un buon colpo di tomahawah? — chiese Harry. — Anche lui doveva essere molto stanco e non certamente in grado di fare una buona guardia.

— E perchè avrebbero allora risparmiati noi? — domandò John.

— È vero anche questo.

— Io credo invece, che vedendo i pecari avvicinarsi, si sia messo in salvo sul suo cavallo, — disse Giorgio.

— Senza avvertirci almeno con un colpo di fucile?

— Anche a me parrebbe inverosimile, — osservò Harry.

— Dite o credete quello che volete, camerati, il fatto è che quell’uomo è scomparso e che pel momento sarà meglio che ci occupiamo di noi.

Temo che questi pecari ci diano non pochi fastidî.

— Sono molti, mi pare, — disse Harry.

— Vanno sempre a branchi numerosissimi, — rispose l’indian-agent. — Io ne ho incontrati alcuni che non contavano meno di tre o quattrocento capi.

Bell’affare se fossero tanti mentre noi siamo così a corto di munizioni!

Io dubito di poter sparare una quindicina di colpi.

— Ed io non di più, fratello, — disse Giorgio.

— Che abbiano proprio intenzione di assediarci, John?

— E strettamente, amico. Sai che una volta mi hanno costretto a passare tre giornate su un albero? Mi ero ormai quasi rassegnato [p. 200 modifica]a morire di fame e di sete ed avevo serbata la mia ultima palla per cacciarmela nel cranio.

— Vediamo che cosa fanno, — soggiunse Giorgio. — Forse non ci hanno ancora scorti e chissà, che non se ne vadano ancora prima che sorga il sole. —

I tre avventurieri si curvarono sui rami e guardarono attentamente fra le artensie.

L’oscurità e la foltezza delle piante non permise loro di contare il numero degli assedianti, però dai grugniti che echeggiavano in tutte le direzioni e che pareva aumentassero ad ogni istante d’intensità, si convinsero subito di aver da fare con una vera banda.

Le bestie dovevano ormai essersi accorte che gli avventurieri si erano rifugiati sul grosso albero e si chiamavano a vicenda, radunando e stringendo le loro file.

— Che cosa ne dici, John? — chiese Harry.

— Che fra poco saremo ben circondati, — rispose l’indian-agent, tirandosi nervosamente i baffi.

— Che non ci lascino?

— Oh no!...

— Se provassimo a fucilarne alcuni?

— Non faresti altro che irritare maggiormente i superstiti e sprecare le munizioni, e poi non ci conviene fare troppo fracasso ora che ci troviamo sul territorio battuto dalle bande di Caldaia Nera.

Sai tu dove si trovano quei vermi? Possono trovarsi più vicini di quello che credi.

— Ed allora saremo costretti a dormire quassù e nutrirci di fiori di cedro. Ci fossero almeno dei frutti!...

— Ci stringeremo intanto la cintola dei calzoni, — disse Giorgio.

— Sarà una stretta un po’ lunga, — osservò John. — E quel dannato gambusino? Io penso sempre alla scomparsa misteriosa di quell’uomo.

— Ti dico io che i pecari lo hanno sorpreso addormentato e sventrato, — disse Harry. — Se si fosse messo in salvo su qualche albero non avrebbe mancato di farci qualche segnale.

To’!... E Minnehaha?

— La piccola verme si sarà appollaiata sui più alti rami dell’albero. Lascia che stia pure lassù, giacchè non può esserci di nessuna utilità.

Orsù, armiamoci di pazienza ed aspettiamo che questi dannati animali se ne vadano, se pure se ne andranno. —

Le tenebre cominciavano ad alzarsi e dileguarsi, ma i pecari non parevano affatto disposti a rinunciare alla loro vendetta.

Gli animali erano ormai visibili, poichè l’alba s’avanzava rapidissima annunciando l’imminente comparsa dell’astro diurno.

Erano non meno di trecento, non più grossi dei cinghiali comuni, armati di zanne lunghissime e robustissime, quali bigi e quali nerastri [p. 201 modifica]e tutti, quello che era peggio, in preda ad una collera violentissima che non accennava affatto a sbollire.

Dopo di aver devastate le artensie e di aver sventrato un paio di dozzine di cactus a bocce che rassomigliavano a giganteschi alveari, si erano scagliati ferocemente contro l’enorme tronco del cedro, provando sulla sua corteccia la robustezza dei loro denti.

Si capisce che perdevano il loro tempo inutilmente, poichè nemmeno degli elefanti sarebbero stati capaci di sradicare quel colosso, tuttavia non erano meno pericolosi poichè parevano ben decisi a non lasciar scendere gli assediati.

L’assalto delle furibonde bestie durò qualche ora con un accanimento ferocissimo, poi cessò; ma già tutta la corteccia del cedro era stata strappata per un’altezza di un metro e mezzo.

Alcuni di essi si sdraiarono in mezzo alle artensie formando un vero circolo e molto fitto per di più. Gli altri si sbandarono per procurarsi la colazione, la quale non era lontana e molto abbondante, trovandosi al di là della macchia un grosso gruppo di pinon (pinus lambertina) alti due o trecento piedi, ben carichi di pigne coniche, lunghe più di mezzo metro e piene di mandorle eccellenti che cadevano in gran numero ad ogni istante, coprendo il suolo d’un largo strato.

— Guarda a che cosa siamo ridotti! — disse Harry stringendosi la cintura dei calzoni. — Ad invidiare quei dannati porci!... Sarei ben contento di prender parte anch’io alla loro colazione!...

— Non hai altro da fare che scendere a far raccolta di mandorle — rispose John. — Ve ne sono là pei pecari ed anche per noi.

— Potresti provare tu pel primo.

— Non ho per ora alcun desiderio di provare le zanne di questi furibondi animali.

— E pare proprio che abbiano la brutta intenzione di piantare qui il loro campo, — disse Giorgio. — Guardate là quei bricconi che si dispongono a sonnecchiare fra le artensie.

— Non fidarti però del loro sonno.

— Oh no, John!...

— Perchè essi hanno la pessima abitudine di dormire cogli orecchi tesi. —

In quel momento udirono in alto, molto in alto, fra gli ultimi rami del gigantesco cedro, echeggiare un grido che pareva più di sorpresa che di terrore.

— Minnehaha!... — esclamò Harry. — Che cosa può esserle successo?

— Che qualche animale la minacci? ― si chiese John. — Talvolta i coguari si arrampicano sugli alberi e salgono ben alto, meglio degli orsi neri.

[p. 202 modifica]

— Vado io a vedere, — disse Giorgio, il quale era il più agile di tutti.

Si gettò il rifle a tracolla e si mise a scalare rapidamente il colosso, aggrappandosi solidamente ai rami che diventavano, più in su, sempre più fitti. Qualche minuto dopo raggiunse la cima.

Minnehaha, che doveva possedere l’agilità dei quadrumani, si trovava lassù, a cavalcioni d’un ramo, e pareva tutta assorta a guardare verso il Lago.

— Ehi, bricconcella, — esclamò lo scorridore — che cosa cerchi? Che cos’hai scoperto? —

La piccola selvaggia, udendo quella voce, fece un gesto di rabbia, poi fissando sul viso-pallido uno sguardo pieno di malignità e d’odio, rispose:

— Osservavo dei corvi.

— E per quello hai gridato? Avresti paura di quegli uccellacci? Avranno del tempo d’aspettare per spolpare la tua carcassa.

Hai le ossa troppo dure tu e morrai molto vecchia. —

Minnehaha si mise a ridere mostrando i suoi forti denti candidi come quelli d’un giovane giaguaro e si mise a guardare altrove.

— Uhm!... — fece lo scorridore, che non era un minchione. — Per qualche motivo tu devi aver mandato quel grido.

Non le darai da bere a me che tu, pelle-rossa, abbi avuto paura d’uno stormo di corvi. —

Si issò fra gli ultimi rami e scostò le fronde che erano assai fitte verso la cima. Un grido gli sfuggì subito.

— Altro che corvi!... —

Circa dugento pelli-rosse seguivano al piccolo trotto le terrazze del Lago dirigendosi, a quanto pareva, verso il luogo occupato dalle bande dei pecari.

Alla loro testa, su un cavallo tutto bianco, cavalcava un guerriero che indossava un ampio mantello di pelo di montone selvatico, simile a quello che portava Minnehaha, seguìto da altri due, uno dei quali indossava un costume che non era affatto indiano.

Ma essi erano ancora molto lontani, e Giorgio non poteva riconoscere quest’ultimo, il qualche non era altri che Nuvola Rossa insieme a Caldaia Nera che scortavano Yalla.

— E mi diceva, questa briccona, che erano corvi!... — disse il giovane scorridore della prateria, assai spaventato di quella inaspettata e punto gradita scoperta.

Si era voltato verso Minnehaha, mostrandole il pugno chiuso:

— Scendi!... le urlò.

— Lasciami vedere i bei cavalieri del mio paese, — rispose la fanciulla.

— Del tuo paese, hai detto?

— Sì.

[p. 203 modifica]— Sono Sioux?

— Credo.

— Ragione di più perchè tu scenda subito, — ribattè lo scorridore.

Minnehaha invece di obbedire salì più in alto, verso l’estrema vetta del cedro, la quale era contornata da rami così deboli da non poter reggere il peso dello scorridore.

— Ah, brutta vipera!... — gridò Giorgio, afferrando a due mani il tronco, diventato ormai esilissimo a quell’altezza e scuotendolo rabbiosamente. — Vuoi che ti faccia fare un salto di quaranta o cinquanta metri? Ti avverto che non ti salverebbe nemmeno il Grande Spirito. —

La fanciulla dopo d’aver subìto tre o quattro poderose scosse, si decise finalmente ad arrendersi.

— Smetti di scuotere i rami, viso-pallido, — disse. — Scendo.

— Furfante!... Tu volevi segnalare certamente ai tuoi compatriotti la nostra presenza sulla cima di questa pianta.

— Oh no!... — protestò Minnehaha.

— Taci, serpentello, e passa sotto di me. —

La fanciulla vedendo che non poteva più resistere alle impetuose scosse dello scorridore, si lasciò scivolare lungo il tronco, poi si mise a balzare di ramo in ramo coll’agilità di una vera scimmia, raggiungendo ben presto John ed Harry.

Giorgio l’aveva prontamente seguita, quantunque fosse imbarazzato dal rifle.

— E dunque? — chiesero ad una voce, e con viva ansietà, suo fratello ed il gigante.

— Ci danno la caccia, — rispose Giorgio.

_ Chi? ― domando l’indian-agent.

— Gli Arrapahoes insieme agli Sioux.

— Sono già qui i guerrieri di Yalla?

— Pare, ― rispose Giorgio. — Minnehaha deve aver riconosciuto le tigri rosse della montagna.

— Siamo perduti!... — non potè far a meno di esclamare John.

— Minnehaha può aver mentito, ― disse Harry. ― Chi sarà così ingenuo da prestar fede alle parole di questa monella? Avrà voluto solamente spaventarci. —

John fissò i suoi occhi sulla piccola demone, la quale fingeva di guardare i pecari che s’accanivano sempre intorno alla pianta, mentre invece non aveva perduta una parola del dialogo dei visi-pallidi.

— Parla verme rosso!... — disse, afferrandola pei capelli. — È vero che fra gli Arrapahoes vi sono anche degli Sioux?

— Non so, — rispose la fanciulla. — Io ho veduto molte penne svolazzare sulla testa di molti guerrieri, e so che anche quelli che obbediscono ai sakems della montagna ne portano.

— Vattene al diavolo!... —

[p. 204 modifica]

Minnehaha alzò le spalle, si riaccomodò i capelli e si rimise a guardare i pecari facendo udire un risolino ironico.

— Quanti sono? — chiese Harry al fratello.

— Non meno di dugento.

— E se sono guidati da Caldaia Nera non avremo alcuna speranza di sfuggire al terribile palo della tortura, è vero John?

— Non siamo ancora presi, — rispose l’indian-agent, il quale si era prontamente rimesso dalla sua commozione.

— Non possiamo fuggire coi pecari che non aspettano che la nostra discesa per farci a pezzi o mettere per lo meno le nostre budelle allo scoperto.

— Anzi io ringrazio ora questi porci, mio caro, perchè saranno loro che ci salveranno — osservò John.

— In quale modo?

— Aspetta che gl’Indiani giungano qui e noi assisteremo ad una spaventevole battaglia.

Questi animali crederanno di trovarsi di fronte agli uccisori del loro compagno ed impegneranno, senza esitare, la lotta, essendo in buon numero.

Vedrai che i mustani non resisteranno molto alla loro carica.

— E noi?

— E noi ne approfitteremo per andarcene.

— Senza i nostri cavalli?

— Ah!... Per ora rinunciamo a riaverli.

— E non ci bersaglieranno, le pelli-rosse, a colpi di fucile? — chiese Giorgio.

— Guarderemo di non farci scorgere, — rispose John. — Il cedro è alto e molto frondoso, specialmente verso la cima.

Rifugiamoci lassù e vediamo bene che cosa succederà. Ah!.. Minnehaha!... Assicuratevi bene di quella briccona e mettetele un buon bavaglio sulla bocca.

Se manda un grido, nessuno più ci salverà.

Su camerati, non perdiamo tempo.

Giorgio prese la fanciulla e le additò imperiosamente la cima del cedro, poi tutti si misero a salire, mentre i pecari, più infuriati che mai, continuavano a mordere rabbiosamente la corteccia della pianta strappandone delle lunghe strisce.

Imbavagliata Minnehaha onde non potesse tradirli, ciò che la piccola selvaggia non avrebbe mancato di fare, e legatala ad un ramo con uno dei lazos, i tre avventurieri si nascosero in mezzo al fogliame attendendo abbastanza tranquilli l’arrivo del terribile Caldaia Nera e dei suoi formidabili guerrieri, non credendo di aver da fare anche con Yalla e cogli Sioux.