Trattato dell'imbrigliare, atteggiare e ferrare cavalli/Trattato 1/Capitolo 32

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Quando'l cavallo ha'l collo lungo, & grosso. Et d'un parere d'una catenella che cinge le gengive. Cap. 32.

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Quando'l cavallo ha'l collo lungo, & grosso. Et d'un parere d'una catenella che cinge le gengive. Cap. 32.
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Quando'l cavallo ha'l collo lungo, & grosso. Et d'un parere d'una catenella, che cigne le gengive. Cap. XXXII.


SE’l cavallo, ha il collo grosso, & lungo, il più delle volte sarà accompagnato da gran testa, & da non picciole ganasse. A voler sorgere tal peso, & reggere il cavallo, bisogna adoperare guardia lunghetta, & fiacca, non la lasciando mai per altro aiuto, che se li facesse; come sarebbe in porli camarra, barbocciale à bottone, & imboccatura per potente, che fusse; perche senza la detta guardia non si fa cosa buona. Et di tutte queste cose, ò parte dico, che ogni volta, che non sia assai la guardia per reggerlo, si userà la mussarolla di ferro, invece della camarra, & il barboccial quadro, bisognando, se la barba però starà al tormento d’esso, ponendoli imboccatura, che si richieda alla sua bocca, & fattezze. Et si averta in ogni natura di bocca di non rompere quella, maggiormente quando il cavallo ha simil gravezza necessaria da essere aiutata con la briglia, non comportando però, che vi s’appoggi sopra, salvo, che un poco nel maneggio; perche non si può far di manco; non lasciandolo per ciò abbandonar sopr’essa, ma che sia il cavallo, che la porti, & non l’huomo lui con quella, perche lungamente così procedendo vi si appoggerebbe tanto sopra, che ben sarian forti, & buone quelle braccia, che lo sostenessero sotto; oltre che facilmente se li romperebbe la bocca, & barba, il che poi saria la sua ruina: perche faria carne dura, & callosa, onde il più delle volte non temerebbe, ne l’imboccatura ne meno il barbocciale. Però raccordo, che rompendoseli alcuna delle predette cose, non si lasci sanare da se, acciò non s’incallisca; ma si faccia guarire come di sopra si è detto. Et quando avesse egli rotta la barba, & che si volesse cavalcare, invece di barbocciale si può portare alla briglia una correggia di cuoio unta di sugnia sin’à tanto, che sarà sanato; overamente coprire esso barbocciale (tondo però) di cuoio similmente unto. Raccordando io ancho, che non si dee lasciare perciò di curarlo separatamente. Et usandoseli musarolla, ò di corame, ò ferro, ò camarra, overamente cavecina, non se li stringa, ne si tiri troppo, massimamente nel principio, perche farebbe (al più de cavalli dico) spiacer grandissimo, il quale da questi segni si conoscerà, quando sguerzegna, ò vorrà inalborarsi, slanciarsi innanzi, & fare altre simili cose, & ciò per essere esso ridotto à disperatione. Egli è ben vero, che altre assai cause il più delle volte lo spingono à far tali brutti atti; ma però sono accompagnate con l’essere il cavallo stretto dalle sudette cose; le quali lo conducono poi à tali vici. Per tanto non si può errare volendosi valere delle predette à lasciarle nel principio alquanto molle, tirandole poi à poco à poco; & col tempo procedendo con tal destrezza si ridurrà il cavallo al volere dell’huomo senza porlo in disperatione. Et quando vi si metterà la cavecina avanti, che se li monta à cavallo farlo primieramente menare à mano per quindeci, o venti passi, & comportandolo [p. 21 modifica]si potrà poi fare quello, che meglio parerà. Osservando sempre nel principio il medesimo; tirando essa secondo il bisogno, & procedendo continuamente con destrezza, sarà più sicura la strada, oltre l’honore, & utile, che se n’acquistarà; perche quando si operasse altrimenti potria avvenire tutto l’opposito. Non voglio ancho tacere, che sono alcuni, che vogliono vincere per forza questo animale col porli una catenella, che li cinge le gengive dinanzi, che si muovono, non considerando essi alla pena, che li danno; ma io dico ben che egli è tale, & tanto il dolore, che sente il cavallo nella gengiva, ove batte la catenella, che quasi è intolerabile. Et questa raccomandano nelli occhi della guardia, overo alli bolcioni della ciciliana, & li stringono bene la musarolla, mettendola anchor più bassa, che si può. Io non biasmo già il secreto; ma dico ben (secondo il mio giudicio) che mi par più tosto; che questo si debba sapere per non lasciarsi abbarrare, che per costumarlo; massimamente in luogo dove il cavaliere, ne cerchi trare riputatione, & credito. Et perche à me non pare, che sia ben fatto servirsene dirò in ciò il mio parere. Ma non lascierò di dar conto prima, che ho pensato se questo fusse buono in un caval sfrenato un giorno d’un fatto d’arme; & trovando io in esso molti riversi non lo laudo; dico ben, che quando l’huomo se ne volesse valere in caso di rottura di briglia per non poter far di manco lo può usare; ma io sì per conservare la gengiva sana, dove riposa l’imboccatura, sì perche non potrei all’hora far di manco, usarei una cordella; & vorrei, che la briglia havesse il barbocciale, ne ella in modo alcuno trabboccasse, ne ancho molto terrei raccolta la briglia, ma si un pochetto tirata, perche à non essere troppo fa, che quella offensione non li nuoce del modo, che la farebbe quando fusse; & tanto più quando si tenesse il modo, che usano Tedeschi con suoi cavalli. La ragione, perche io faccio difficultà servirmene è primieramente, che senza lena il cavallo non può fare cosa buona. Et ogni volta che questo si voglia fare bisogna, che sia accompagnato con la musarolla stretta, & posta più bassa dell’ordinario; la quale impedisce il fiato, & senza essa non si può fare, volendo, che’l cavallo non apra la bocca, & che la catenella non resti di fare intieramente l’effetto, che si vorrebbe. Secondariamente poi li da grandissimo dolore nella parte tormentata; & per la passione, ch’ei riceve non tanto l’indebolisce di forze, ma di più lo fa vile; perilche poi dove non è l’animosità non val ancho la forza. Et ogni volta, ch’è dogliosa una parte tutto il corpo ne sente, perciò dunque lascio pensare l’utile, che se ne cava. Alcuni hoggidì sono, che per mostrare alli ignoranti de l’essercitio, che da loro queste cose son fatte, & bene intese non pongono barbocciale alla briglia, li quali questo vedendo stupiscono, & credono, che essendo il cavallo senza esso, sia virtù di gran laude, mostrando quasi essere la cosa miracolosa; ma io li dico, che mostrano non havere scientia nè intelligentia meno di tal virtù, perchè è cosa più tosto degna di biasmo, a non esservi’l barbocciale, che di laude, percioche essendovi fa; che il cavallo non sente tanto dolore anchor, che esso fusse à bottone. Et pel contrario non vi [p. 22 modifica]essendo se ben fusse la catenella tramutata in un refe (il quale però non si rompesse) patisce tanto, che non è possibile vietare, che non rompa la gengiva, & io ho veduto di ciò l’esperientia. Dunque considerare si può, che passione sente l’animale essendo tormentato in quella parte, intendendo io di dire sempre nel stare tirata la briglia; perche tenendo il cavaliere le redine lente il cavallo non sente passione alcuna, ma si ben quando è tirata; & maggiormente mancando di barbocciale; il quale conchiudo, che fa di mestieri in simil caso, perche aiuta, & difende, che essa catenella, ò sia cordella non li nuoce come farebbe. Però essorto io l’huomo à non laudare, ne attaccarsi giamai à quello, che con fatti non si può mostrare essere il vero; perche oltre che non saria ciò à lui d’honore alcuno, n’acquistarebbe anchor biasmo, & vergogna. Et in questo proposito non lasciarò di dire, che accade alcuna volta, che si allargano le guardie per causa della musarolla cosi posta come habbiamo detto; alla qual cosa volendo rimediare, che così non operi bisogna mettere nelle scartade delle guardie una catenella in guisa di barboccialetto il quale opera, che esse non s’allargano.