Un'escursione nei quartieri poveri di Londra/I

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Un'escursione nei quartieri poveri di Londra II
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I.


Come mi trovassi a Londra.
Progetto di un’escursione nei quartieri poveri. — Seven Dials. — L’ispettore di polizia, signor Price. — Una sfilata di pezzenti.


Era il mese di luglio 1862. Io mi trovava a Londra col mio amico M. D. B. pittore, ed un suo allievo. Ritornavamo dalle miniere di Cornovaglia e dai distretti industriali tanto curiosi del paese di Galles.

Londra era allora popolata da dieci volte più di forastieri che non ne contenga d’ordinario; era tutta intenta alla grande Esposizione, che per la seconda volta in undici anni riuniva nelle sue mura i popoli ed i prodotti dell’universo.

Io avevo già visitato a più riprese la gran navata e le traverse, le gallerie e gli annessi del palazzo di Kensington, ammirate le mostre dell’industria dell’uno e dell’altro emisfero, riunite colà in sì poco tempo come sotto il colpo d’una bacchetta magica. In sulle prime i miei amici mi avevano seguito; ma poi, stanchi più presto di me di questo spettacolo sempre uguale, non avevano tardato a domandare a Londra altre distrazioni; ma la città-regina, the queen-city, per chiamarla come gli Inglesi, ha ben presto mostrato al forastiero tutto quanto può offrire; essa è ben lontana dal procurargli tutti i [p. 68 modifica]divertimenti, tutte le gioie di Parigi. E allora che cosa si deve fare?.. Correre verso luoghi più divertenti come fanno la maggior parte dei turisti. Tuttavia noi non partimmo così sotto un accesso di spleen, e decisi ad osservare ancora tutto ciò che attorno a noi poteva attirare la nostra curiosità, ci risolvemmo a fare un’escursione nei quartieri poveri di Londra.

I cupi recessi di White Chapel, di Waping e Christ Church, sono più sconosciuti, non diremo già soltanto ai Francesi, ma anche ai Londoners stessi, che l’arem di Costantinopoli. In questi tristi recessi brulicano, ammucchiati alla rinfusa, tutti quei poveri disgraziati, senza fuoco e senza tetto, che il vizio e la miseria vi hanno condotto. Là, frammischiati alla folla di quei disgraziati, si trovano quei ladruncoli, quei pick-pockets famosi, che la fanno in barba alla polizia inglese, la più scaltra dell’universo. Ivi languisce nell’ozio una gioventù squallida, ragazze e ragazzi senza genitori, figli della fogna, invecchiati prima del tempo, per l’avvilimento morale, l’abbandono e la fame.

La posizione di questi quartieri classici della miseria, ai quali bisogna aggiungere quello di San Giorgio East, li isola, per così dire, in piena Londra. Essi trovansi all’estremità orientale della gran metropoli, terminati da un lato, al sud, dal Tamigi, o, se vuolsi, dalla Torre di Londra, il porto e i docks, e dall’altro lato, all’ovest, dalla Città (la City), questo centro tortuoso degli affari.

Londra è la città dei contrasti. Molto a proposito si è detto che nella capitale dei tre regni v’hanno soltanto ricchi e poveri. Accanto alla City, verso i punti dove affluiscono tutti i tesori del mondo, nelle vicinanze della Dogana, della Banca, della Zecca, dei Docks sono i quartieri più miserabili dell’immensa città.

All’est ed al nord, i confini di questi quartieri sono indecisi: essi terminano dove termina la miseria. Al nord, la miseria si prolunga, e si può dire che Bethnal Green continua tristamente White Chapel.

[p. 69 modifica]Noi avevamo dunque materia per un’esplorazione completa, anzi per una specie d’inchiesta se era necessario; ma volemmo prima scandagliare il terreno come soldati in campagna.


Piccoli dormienti vagabondi.


Tutti ci dicevano non essere prudente lo slanciarsi così all’improvvista in questi quartieri lontani, sì poco visitati dalla gente onesta: l’avventurarsi con leggerezza, foss’anche di pieno [p. 70 modifica]giorno, in labirinti senza uscita, conosciuti dai soli frequentatori, e dai quali non saremmo usciti che completamente svaligiati. Ci arrendemmo a queste ragioni, e giudicammo conveniente, prima di cacciarsi in White Chapel, studiare un altro quartiere che fosse come la miniatura di quello. Un mattino andammo dunque alla gran scoperta soli, fidenti nella nostra buona stella, nel quartiere di Seven Dials, che fa una specie di macchia in mezzo a Londra, come una grossa macchia d’inchiostro sopra un foglio di carta bianca. Se Seven Dials non è infatti incastrato in mezzo a quartieri aristocratici, esso è ciò nulla meno a dieci passi da Regent Street e da Piccadilly, due dei centri del mondo elegante, della fashion, come si dice al di là della Manica.

Seven Dials è propriamente il nome che si dà ad una piccola piazza di forma quasi circolare, e sulla quale vengono a sboccare sette vie convergenti (seven dials); il che le valse il suo nome. Entrate in una di queste vie, e vedrete che il ritratto piccante di Seven Dials, tracciato nei suoi Abbozzi da uno dei più grandi romanzieri e dei più fini osservatori del Regno Unito, Carlo Dickens (che scrivea allora sotto il pseudonimo di Boz), è veramente disegnato al vero.

Che fango lurido in quelle vie immonde, che monti di sozzurre!... che miserabili botteghe, dove ammassi di robe vecchie, raccolte chi sa dove, chi sa come, sono in mostra per una vendita immaginaria. Cenci schifosi di mille colori, ferravecchi corrosi dalla ruggine, ossa mezzo putrefatte, abiti e calzature antidiluviane. Un odore nauseante esala da quei luridi bugigattoli; poi vengono taverne infette donde escono come delle esalazioni di gin e di brandy che vi soffocano, e dove per una porta socchiusa si vede sui muri e sulle tavole una crosta di sudiciume nerastra e lucente, ivi deposta a poco a poco dagli avventori. Questa vernice di nuovo genere si è attaccata ai muri ed alle tavole formando con essi un solo tutto. Accanto alle taverne [p. 71 modifica]sono osteriaccie all’aria aperta, dove fritti senza nome, pezzi di carne sguerniti aspettano gli avventori soliti; e poi qua e là dei vicoli lunghi e stretti, scuri e come pieni d’una specie di mistero; delle scale che cominciano spesso sulla via, i cui gradini, che non videro mai la scopa, sono mezzo sdrusciti, sgangherati, spesso incompleti, veri trabocchetti per chi non conosce questi luoghi pericolosi. Dalle finestre spenzolano cenci d’ogni sorta, oppure della biancheria lavata che si asciuga distesa sopra una corda. La lisciva produce sopra questi luridi cenci il singolare effetto di farli sembrare ancora più sordidi; tanto perdettero il loro primitivo colore!

Dove sono dunque gli abitanti di questo quartiere di pezzenti, di questa nuova Corte dei Miracoli? Gli abitanti dormono. All’infuori di alcuni bottegai in piedi sul davanti delle loro botteghe, e di alcuni rari passeggieri che ci squadrano dal capo ai piedi, vedendo bene che non siamo del quartiere, il luogo è deserto e silenzioso; il che è tanto più sorprendente, giacchè lì vicino è il mercato di Covent-Garden, uno dei più animati di Londra. Alcune case sembrano barricate, anche alcune botteghe restano chiuse. Io esterno altamente la mia sorpresa a D. B. che prende uno sbozzo, e d’improvviso sento una voce che mi risponde in buon francese:

«Ah! signore, bisogna venire dalle dieci della sera alle tre del mattino, ed allora vedrete quanta gente!... Qui si lavora la notte e si dorme il giorno.»

Mi volto a quest’apostrofe, e vedo una vecchia, che, avendomi sentito e compreso, nulla avea trovato di meglio, che prender parte famigliarmente alla conversazione. Il suo accento, la facilità colla quale si esprime, dinotano una francese. Come è mai venuta a perdersi, ed alla sua età, in queste topaie infette?... Stava per domandarle tutto ciò, per assediarla d’altre domande, quando d’un tratto mi scappa e scompare allo svolto d’un vicolo, dove cerco invano di trovarla. Forse la vecchia non [p. 72 modifica]aveva la coscienza tranquilla, ed al cospetto di compatrioti tanto curiosi credette più prudente svignarsela. Ad ogni buon conto noi eravamo avvertiti; era di notte che bisognava visitare questi covili del ladro e della miseria. Bisognava andare là come si va ad un concerto od al teatro, e noi progettammo subito una grande escursione per la sera del giorno appresso.

White Chapel era il punto più curioso, il più pittoresco da esplorare, benchè Seven Dials, già veduto, Saint-Gilles, dove formicolano più di cinquanta mila Irlandesi, e Bethnal Green, il quartiere dei tessitori, non siano da disprezzarsi. Risolvemmo dunque per White Chapel e suoi dintorni, e lo stesso giorno ci recammo alla stazione di polizia di questo quartiere, posta in Lemen Street, per domandare all’ispettore signor Price il permesso di visitare le rarità del suo distretto. Il signor Price, rigido come un inglese, ci domandò anzitutto i nostri nomi e cognomi e qualità, e quando seppe lo scopo del nostro pellegrinaggio:

«Venite a trovarmi domani alle dieci della sera coi vostri compagni, ci disse egli graziosamente, io vi mostrerò tutto, vi farò veder tutto. Non potevate imbattervi meglio, poichè voi siete presso l’ispettore di polizia e delle stanze ammobigliate di basso grado, ispector of police and common lodging houses

E siccome gli domandavamo se un vestito decente era di rigore:

«Non abbiate paura, soggiunse egli, restate vestiti come al solito; portate pure l’orologio e la borsa. In mia compagnia e coi miei uomini, nessuno vi metterà le mani addosso, e non vi mancherà nulla. Ed in luoghi dove sareste svaligiati anche di pieno giorno, nessuno ardirà toccarvi neppure un capello. Venite; io vi mostrerò minutamente i covili dei ladri e delle donne perdute, le loro taverne, i loro teatri, i loro luoghi di sollazzo, le prigioni dove si ammucchiano gli individui raccolti la notte sulla pubblica via, i siti dove alloggiano soventi alla rinfusa marinai, operai, barcaiuoli e mariuoli; finalmente gli antri [p. 73 modifica]abbandonati dove i vagabondi, i mendicanti intirizziti dal freddo, morti di fame, trovano un riposo di alcune ore, e qualche volta l’ultimo loro asilo.»

Questo quadro dell’ispettore Price ci faceva presagire una escursione delle più interessanti, e noi promettemmo di essere esatti al convegno. Eravamo in White Chapel, e dopo aver fatto una corsa così lunga, non volemmo ritornare a casa senza aver dato un’occhiata alle botteghe pochissimo attraenti della via dei Beccai, ed alla fiera degli stracci, che si tiene in Hounds Ditch. Gli abitanti di questi bei luoghi, per poco che siano amatori del pittoresco, hanno diritto d’inorgoglirsi di questi due generi d’esposizione. I prodotti in mostra non valevano certamente quelli della grande Esposizione; ma, in un altro genere, non mancavano di originalità. Del resto, in questa circostanza, noi fummo favoriti oltre misura dalla sorte, e potemmo vedere di pieno giorno, sotto tutti i suoi aspetti, ciò che fu dato vedere a pochissimi toristi: la popolazione tanto strana di questi quartieri. Si facevano i funerali di una miserabile ragazza, uccisa con sette pugnalate in un accesso di gelosia da un marinaio che si era poscia suicidato. Questa funebre cerimonia avea messo in moto tutto il pubblico del luogo, e le vie di White Chapel, di Leman e tutte le adiacenti ed affluenti rigurgitavano di gente. Non si può dire quel che vedemmo passare di cappelli neri sfondati, di abiti unti e bisunti, di scarpe scucite e rotte; quante donne giovani e vecchie dai cappellini di nessun colore, dagli scialli pieni di buchi e di macchie luride, quanti ragazzi in sordidi cenci!... Non una calza, non una camicia: capelli che non videro mai il pettine, barbe incolte, dove la polvere si cacciò a suo bell’agio, dove le pagliuzze ed i fili di cotone aveano fatto una specie di nido; d’ogni lato la pelle si mostrava attraverso le squarciature dei vestiti, una pelle nera, terrea, coi pori otturati. La sporcizia ha i suoi vantaggi: questa pelle impermeabile, impedendo la traspirazione, le perdite del corpo diventano [p. 74 modifica]quasi nulle, e così si economizza sul pane quotidiano, che non è sempre là pronto alla stessa ora. Chi potrebbe dire tutto ciò che vedemmo in questo giorno memorabile, che avrà fatto epoca per White Chapel, ciò che vedemmo, dico, sfilare di miseria, di degradazione, in quella folla tanto svariata che recavasi, curiosa ed inquieta, al funerale di una ragazza di mala vita, immolata dal suo amante? Chi potrebbe dipingere una processione di volti sparuti, pallidi, ebeti, selvaggi?... Giammai Omero, facendo l’enumerazione dei suoi guerrieri greci, non diede una lista che possa eguagliare questa in lunghezza, giammai la matita di Callot non dipinse pezzenti così veri, così poco vestiti come i nostri.