Versi del conte Giacomo Leopardi/Lo spavento notturno

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Lo spavento notturno. Idillio V

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Il sogno La vita solitaria
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lo spavento notturno

IDILLIO V



Alceta

Odi, Melisso: io vo’ contarti un sogno
Di questa notte, che mi torna a mente
In riveder la luna. Io me ne stava
A la finestra che risponde al prato,
5Guardando in alto: ed ecco a l’improvviso
Distaccasi la luna; e mi parea
Che quanto nel cader s’approssimava,
Tanto crescesse al guardo; infin che venne
A dar di colpo in mezzo al prato; ed era
10Grande quanto una secchia, e di scintille
Vomitava una nebbia, che stridea
Sì forte come quando un carbon vivo
Ne l’acqua immergi e spegni. Anzi a quel modo
La luna, come ho detto, in mezzo al prato
15Si spegneva, annerando, a poco a poco;
E ne fumavan l’erbe intorno intorno.
Allor mirando in ciel, vidi rimaso
Come un barlume, o un’orma, anzi una nicchia,
Ond’ella fosse svelta: in guisa ch’io
20N’agghiacciava; e ancor non m’assicuro.

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Melisso.

E ben hai che temer, chè agevol cosa
Fora cader la luna in sul tuo campo.

Alceta.

Chi sa? non veggiam noi spesso di state
Cader le stelle?

Melisso.

                           Egli ci ha tante stelle,
25Che picciol danno è cader l’una o l’altra
Di loro, e mille rimaner. Ma sola
Ha questa luna in ciel, che da nessuno
Cader fu vista mai se non in sogno.