È davvero esistita la zecca di Mesocco?

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Emilio Tagliabue

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È davvero esistita la zecca di Mesocco? Intestazione 13 settembre 2019 75% Numismatica

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È davvero esistita la zecca di Mesocco ?...




I.


È opinione degli storici e dei numismatici, che sul cominciare del secolo XVI Gian Giacomo Trivulzio abbia aperta una zecca in Mesocco e che ivi pure lavorasse l’abbiatico suo Gian Francesco sin verso il 1526, anno nel quale, distrutta quella rocca dai Grigioni, la zecca Mesolcinese venne trasportata in altro borgo della valle.

Noi però, basandoci su notizie e documenti inediti, crediamo poter dimostrare che quella zecca non è esistita; ma che altrove e prima dell’epoca sin ora creduta, aveva Gian Giacomo impiantata la sua officina monetaria.

Vediamo come si formò la leggenda di questa zecca.

Il Muratori1, primo investigatore scientifico di numismatica italiana, attribuì a Vigevano le poche [p. 370 modifica]monete di Gian Giacomo ch’egli illustrò e sulla sua fede lo hanno ripetuto l’Argelati2, il Carli3, lo Zanetti4, il Gradenigo5, il Bellini6 e il Biffignandi Buccella7. Lo Zanetti in seguito, non trovando nelle gride monetarie Milanesi il nome di Vigevano, pel primo dubitò che la zecca Trivulziana lavorasse nel feudo di Mesocco8.

Il Mazzuchelli9, fonte alla quale attinsero tutti gli autori del nostro secolo, con validi argomenti eliminò la zecca di Vigevano, attribuendo alle zecche di Mesocco e di Musso, le monete battute dal Magno Trivulzio.

Secondo il Mazzuchelli, provano l’esistenza [p. 371 modifica]della zecca di Mesocco, i diplomi rilasciati a Gian Giacomo e la testimonianza dei cronisti.

Quattro sono i diplomi, due i cronisti.

L’imperatore Federico III di Germania, in Norimberga, 18 Novembre 1487, concede al nobile cavaliere aurato Gian Giacomo Trivulzio l’investitura del feudo di Mesocco, confermandogli la compera fatta sette anni prima dai Conti de’ Sax o di Sacco ed aggiungendo ai titoli e privilegi, che godevano i suoi predecessori, il diritto di batter moneta d’oro o d’argento in detto castello o nel suo territorio10.

Lodovico duca d’Orléans, quale duca di Milano (in allora solo di nome) e di Valois, conte di Blois, di Pavia, Belmonte, Asti, ecc. ecc., ai 2 Marzo 1496 in Amboise rilascia patenti a Gian Giacomo per batter monete a Mesocco, allo stampo e bontà di quelle d’Asti e di Francia11.

Nel 1501 Massimiliano I conferma il diploma di Federico III, unendovi il diritto di disporre ed alienare liberamente detto feudo di Mesocco, come fosse bene allodiale, rimanendo però soggetto alla giurisdizione imperiale12.

[p. 372 modifica] Infine Lodovico XII re di Francia e duca di Milano al primo Maggio 1512 in Blois permette a Gian Giacomo d’aprire zecca a Musso e battervi moneta alla bontà di Milano come già faceva a Mesocco13.

La zecca di Mesocco è accennata da Cesare Nubilonio prete cantore della chiesa maggiore di Vigevano, il quale nella sua cronica, scritta dal 1582 al 1584: Dell’Origine e del Principio di Vigevano et Guerre successe a suoi giorni nel 1582, dice: “Gio. Giacobo Trivultio godendo il Marchisato di Vigevano, ecc. ecc.... teneva in Vigevano residentia a ricevere li suoi redditi et altri negotii pertinenti al suo dominio; faceva stampare monete a Musocco nelle quali era scritto: Jo. Jacobus Trivultius Marchio Viglevani et Francie Marescalcus14.

Lazzaro Agostino Cotta d’Ameno nelle aggiunte al suo Museo Novarese mette “Fu da questo Gio. Jacopo Trivulzio introdotta la fabbrica degli arazzi e tapezzerie di Fiandra. In Misocco di suo dominio fece batter moneta legitima di liga della [p. 373 modifica]grandezza e valore del soldo Milanese e si chiamava soldo Trivulzino, nel circolo d’una parte del quale si legge: Jo. Jac. Trivult. March. Viglev. e nel centro le insegne di sua famiglia, cioè le tre haste, nel circolo dell’altra: Marcs. Franc. e nel centro la croce in quattro parti eguali15.”

Le affermazioni dei cronisti sono dal Mazzuchelli rinforzate con un documento dell’archivio di Stato Milanese. Ai 12 Febbraio 1499 da Angera Leonardo Botta scriveva al Moro: “Heri sera allogiò qui in Angleria uno Mulatero de M. Zo. Jacomo de Triulcio cum muli dui et chasse quatro mercantile piene de croxoli da fondere arzento et parlando cum luy me disse che M. Zo. Jacomo era in Asti et mandava dicti croxoli a Mesocho per adoperarli a la Cecha et masima che l’haveva trovato in quelli paesi una vena de arzento”16.

Ecco quanto si sa sulla zecca di Mesocco.

Pur riconoscendo l’importanza e il valore di queste prove, noi non le crediamo contrarie alla nostra tesi, ma colla scorta d’altri documenti e notizie sulle condizioni e vicende del feudo, le interpretiamo [p. 374 modifica]nel senso ch’esse si riferiscono, non alla zecca di Mesocco, ma alla zecca Mesolcinese.

Innanzi tutto osserviamo. Il feudo di Gian Giacomo, accennato dai diplomi, dagli storici e dai cronisti col nome di Contea di Mesocco o semplicemente Mesocco, non restringevasi alla rocca di Mesocco, ma comprendeva la valle Mesolcina dal Colmo dell’Uccello17 al Rial de lumino e tutta la Val Calanca.

Sin dal 1452 era il feudo diviso in due vicariati, o giurisdizioni18, così risulta dagli statuti stabiliti in quell’anno al 3 Dicembre in giorno di domenica fra il magnifico conte Enrico de Sacco e gli uomini della Valle Mesolcina.

Al “Capitulum sectum — Ponendi Vicarios” si legge che il conte Enrico “deve ogni anno nel [p. 375 modifica]mese di dicembre porre un Vicario nel Vicariato di Roveredo e uno in quello di Mesocco i quali però non sieno del casato dei Sacco19.

Il Vicariato alto o di Mesocco, aspro e montuoso scendeva dal passo al ponte di Sorte e lo componevan le vicinanze di Crime, (Cremeo), Leso, Anzone, Ciabbia, (Cebbia) Anderslia, (Andergia) d’Arva, (Darba) Loggiano e Doira, le quali riunite prendevano il nome di terra di Mesocco o Mesocco sopra il Castello, e Scazza e fors’anco Cabbiolo e Lostalto, dette anche Mesocco sotto il castello20.

Nel mezzo, in luogo fortissimo e isolato, la rocca di Mesocco, la quale dominando la via che dalla pianura Lombarda conduceva alla Rezia ed ai paesi d’Allemagna, dava nome ed importanza alla Valle.

Il secondo Vicariato basso o di Roveredo abbracciava la bassa Mesolcina e tutta la Val Calanca.

Se poca importanza aveva la Calanca, povera vallata chiusa e stretta fra altissimi monti, era invece la bassa Mesolcina o Val Piana la parte più ricca del feudo.

Ivi la Moësa divallando, stese piani d’ubertosa campagna, sulla quale bruscamente levansi le Alpi coi piedi coperti da floridi vigneti21, e i fianchi da [p. 376 modifica]fitte selve d’abeti. Alla Val Piana appartenevano borghi popolosi; San Vittore sede della Canonica Vallerana22, Grono allo sbocco della Val Calanca e Roveredo la terra più grossa ed importante della Contea.

Roveredo posto nella parte meridionale della Valle sulle due sponde del fiume Moësa, aveva comode e facili comunicazioni col paese dei Confederati e col ducato. A Roveredo risiedevano i Commissarî del Trivulzio, i quali in suo nome vi radunavano il supremo tribunale Criminale composto di 28 giudici eletti dalla valle e presieduti dai Vicari dì Roveredo e Mesocco23; affittavano alpi e fondi; riscuotevano le taglie e decime comunali; sorvegliavano l’esazione dei dazi.

Nel castello di Mesocco posto in luogo inespugnabile e selvaggio al fondo della valle nessun commissario, ma uno o due castellani, chiusi nella rocca superbamente ritta fra la solitudine delle Alpi.

Cronisti e storici parlano dell’importanza di [p. 377 modifica]Roveredo e del palazzo che vi aveva il Trivulzio; ma copiandosi l’un l’altro, fan capo tutti allo Sprecher24, il primo che ne faccia cenno con qualche dettaglio. Per non ripeterli, cercheremo nei documenti dell’epoca nuove informazioni.

Al 17 Dicembre 1478 i Commissari ducali in Bellinzona avvisavano il duca di Milano che il conte Enrico de Sacco teneva «in Roueredo un palatio di molte munitioni et artiglierie25» e che intendevano spedirvi quella notte il maestro bombardiere Francesco da Mantova per impadronirsene26.

Una lettera senza data né firma, ma certo anteriore alla compera di Mesocco, ci dà preziose notizie sui possessi del conte Enrico de Sacco. Di Roveredo così parla l’ignoto scrittore: “la terra de Roueré grande ben acasata in piano ma non murata con uno bello palazzo dentro che è suo (del conte Enrico di Sacco) de le quatro parti le tre e l’altra parte de un suo nepote. E la se [p. 378 modifica]incomenza la Val de Mixoch che dura dieci miglia persino al Castello e ghe paregie ville dentro27”.

Colla compera del feudo passò a Gian Giacomo la proprietà del castello o Palazzo di Roveredo, che ristaurato si destinò a sua abitazione per quando veniva in Valle. Infatti al 3 Febbraio 1481, “in stupa magna scita in roueredo in domo sue dominatione” egli confermava e prometteva rispettare e mantenere gli ordini statuti e capitoli della terra di Lostallo28. In Roveredo nel Giugno 1485, accoglieva i capi della lega Grigia29 venuti a definire questioni pendenti da tempo col duca di Milano; delegati che arrivarono al 27 di quel mese come egli ne informò il duca: “è rivato il Reverendo Vescovo di Coyra30, Monsignore l’abbate de Desertina31 et el Vicario de la liga accompagnati da parechij homini da bene; et tra li altri el prefato D. Episcopo e venuto molto bene in puncto cum una brigata de Caualli cum persone tute vestite ad una livrea et certo ha una cera de homo da bene et me pare persona molto grave. Misser Conradino da Rotzünie che ancora luj e uno de questi signori de la liga Grixa32.”

Ma le trattative non furono né facili né spiccie e al trenta di Giugno, partita quella brigata, il Trivulzio [p. 379 modifica]riprende la penna e scrive al Secretarlo Ducale Bartolomeo Calco “Roueredi.... a casa mia li ho tractati talmente che non se ne andarono quanto ad questa parte salvo bene contenti, cum grata recolentia ben veduti per quanto s’è potuto.... 33” protesta però in termini un po’.... vivi per essere ripetuti in un articolo di numismatica, di non volerne più sapere di simili impicci.

Il Palazzo di Roveredo era fortificato, e come a que’ tempi le dimore de’ feudatari, cinto da fossati, guardato da torri, munito d’artiglierie; anzi nella confederazione fatta colla lega Grigia il Trivulzio si obbligò “das schlos und vesti masox und den palachs wol versogt haben sollent mit guoten buchsen und guotem geschütz und allem34”. Palazzo circondato da un vasto giardino; ivi riuniti gli uomini del Vicariato di Roveredo al 27 Agosto 1503, gli prestarono giuramento di fedeltà35.

Date queste condizioni, non si comprende perchè Gian Giacomo non impiantasse la sua zecca a Roveredo, ove oltre i vantaggi della posizione, aveva quello grandissimo di poterla attivamente sorvegliare a mezzo de’ suoi Commissari.

Sta il fatto che nessun diploma, né grida monetaria paria di Roveredo; ma basandosi su questo, bisognerebbe ritenere che la zecca Mesolcinese [p. 380 modifica]restasse sempre a Mesocco. Invece esistono libri di conti e contratti posteriori al 1527 i quali parlano di una zecca di Roveredo ed il Mazzuchelli ed altri autori che li citano, per spiegarli ammettono che distrutta la rocca di Mesocco (1526), la zecca venne trasportata nel borgo di Roveredo.

Eppure nella grida pubblicata al 30 Gennaio 1530 in Milano dal duca Francesco II Sforza troviamo ancora Mesocco nell’elenco delle zecche le cui monete sono bandite dal ducato36; segno evidente che Mesocco serviva ad indicare non una zecca esistente nella rocca di Mesocco, ma la zecca Mesolcinese.

Ma nemmeno la distruzione della rocca di Mesocco è ben comprovata; lo Sprecher37 essendo la prima e non sicura fonte, delle varianti date dagli storici su questo fatto.

L’à-Marca la fa atterrare nel 1525 e di varie leggende facendo un solo miscuglio, ci ricama sopra uno dei soliti episodi che le tradizioni popolari fan precedere a queste ruine38.

Il Trachsel dice che

“Gian Francesco préféra favoriser le parti de leur ennemi Jean Jacques Medici; les habitans de la vallèe de Misolcino aidés par les Grisons demolirent le chateau de Misocco en [p. 381 modifica]152639.” Perchè Gian Francesco favoriva il Medeghino che due anni prima gli aveva tolto Musso e le tre Pievi e ferocemente battuta la parte francese, il Trachsel non lo dice. Gian Francesco Trivulzio, che da Francia teneva titoli ed onori, dopo la gran rotta de’ Francesi sotto Pavia ebbe confiscati dall’impero beni e feudi ed annullati tutti i privilegi sin allora goduti dalla sua famiglia.

Nel 1526 parve avvicinarsi allo Sforza, ma è assurdo potesse favorire il Medici che gli aveva usurpato gran parte dei beni ereditati facendosi un dominio colle sue spoglie. Annientata nel 1526 in Italia la parte Francese e crescendovi a dismisura la potenza imperiale, temettero i Grigioni, come già era accaduto di Chiavenna, fosser lor tolte all’improvviso tutte le castella al di là delle Alpi per cui “persuasi che le fortezze senza un giusto numero di difensori non potevan esser loro che dannose, fecero smantellare nonché Chiavenna, Mesocco, Morbegno, Piattamala, Masegra, Ponte Tirano, Dosso, Grosio”40. Seguendo in questo i precetti del Macchiavelli il quale appunto aveva scritto «i buoni eserciti senza le fortezze sono sufficienti a difendersi; le fortezze senza buoni eserciti non si possono difendere.»

[p. 382 modifica] Certo i Confederati non avrebbero favorito e protetto Gian Francesco, s’egli avesse fatto contro agli alleati Grigioni; invece alla Dieta di Lucerna del giorno 11 Agosto 152541 il Sig. di Diessbach chiede si impedisca ai Grigioni di distruggere il castello di Mesocco, come hanno minacciato e nella stessa dieta del 29 Agosto42 i Confederati, nel timore che i Grigioni saccheggino il Castello di Mesocco, al che pel loro trattato di borghesia Lucerna e Uri avrebbero dovuto opporsi, incaricano Glarona d’impedirlo pregando i Grigioni a non far atto d’inimicizia.

Forse nel 1526 la rocca venne smantellata da non potervi più piazzare artiglierie. Di ciò possiamo dare una testimonianza più attendibile dello Sprecher, perchè contemporanea. Giovanni Cotura di Avignone «fonditore e maestro di tuta la artiglieria del Serenissimo Imperatore in Milano»43, al 20 Giugno 1537 si reca a Mesocco per stimarvi l’artiglieria che vi teneva il Trivulzio. Nella sua perizia dice “le quali cose tute sono ne la a terra de Musoco salvo li doi Canoni44 restatj a [p. 383 modifica]lì sigg. grixonj a la dita guerra de medeghino (di G. G. Medici) quali artiglierie ballote fomimentj sono del prefato sig. marchese et conte ut supra exportati fora del castelo de Musoco et reposti in dita terra de Musoco per la Rujna del Castello.“ Grande non doveva essere questa ruina, se un secolo dopo Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, scrivendo all’Albornez, descriveva Mesocco “fortezza adesso rovinata non è però smantellata che in brevissimo tempo e con pochissima spesa risarcendosi non si rendesse di nuovo inespugnabile”45.

Ma veniamo a prove più positive e concludenti. Nella Mesolcina la tradizione non rammenta una zecca di Mesocco. L’à-Marca nel suo compendio a pag. 99 scrive: “Il sopracitato Giacomo Trivulzio, il quale aveva ottenuto il privilegio di far coniare moneta d’oro e d’argento, fece a tal fine già nel primo anno in cui si stabili nella Mesolcina costruire una piccola zecca a Roveredo46. Invero [p. 384 modifica]egli più che storico è ingenuo cronista, lo citiamo perchè fedele narratore delle tradizioni vallerane.

In un inventario del Castello di Mesocco da noi pubblicato47, i Castellani Andrea Brocco e Battista da Musso ci danno l’elenco delle armi e munizioni esistenti nella rocca loro affidata. E per farlo i Castellani visitano minutamente ogni parte, ogni locale del castello dicendone Tuso e chi vi abitava e chi vi aveva abitato; montano sulle torri, scendono nei sotterranei, frugan nei cassoni, entrano nella chiesa ove sono “li fornimenti da vestir lo preito”, pesano i “piumaxi et coxini” e i sacchi di zolfo, contano i barili di polvere e “le cadene del fogo”, misurano il vino nelle botti, annasan la “carna de bò che nol val niente”, notano le otto grosse bombarde e “el fero de far el solazo de li canali,” la corazzina di velluto celeste del Signore e il “camixal da homo trista.” Eppure, non la più lontana allusione ad attrezzi di zecca, a locali ove si battessero monete o alloggiassero zecchieri.

Dunque nel 1503 la zecca non era nel castello, ne certo poteva essere nelle vicinanze che compone van la terra di Mesocco, poveri ed indifesi casolari, sparsi sulle due sponde del fiume Moësa48 mezz’ora [p. 385 modifica]a monte della rocca. In questo inventario troviamo nella seconda camera delle munizioni un “picone da cavar arzento”49. Ha esso relazione colla lettera del Botta?...

Nella Mesolcina non si conoscono miniere argentifere, ma verso la fine del secolo XV qualche lavoro di miniera si fece nel vicino Rheinthal signoria di G. Giacomo50.

Filoni argentiferi si avevano nel Landschaft di Schams e di Rhäzüns51 che G. Giacomo cercò comperare da quel conte Giorgio di Werdemberg e Sargans, chiamato nelle lettere ducali Conte Giorgio di Sanacasa.

Di questo dà notizia al duca di Milano Giovanni Porro Commissario ducale in Bellinzona, scrivendo al 14 Gennaio 149652 “intendo che domino Jo. Jacobo de Trivultio è per comperare la signoria de Rezanio53 vicino alla Valle de Reno aprezo a Cojra a quatro o sey milia, et chel sia il vero, el va adesso zoe el di de ogi uno de Valle de Reno qual passa per qui et va da Domino Jo. Jacomo per assettare questa facenda, ecc. et questo intendo sarà in detrimento della Exellentia Vostra” . A quei tempi ogni piccolo conte e barone ambiva possedere scoprire miniere ne’ suoi domimi; quantunque sovente, anziché ricchezze, procurassero la rovina agli ignoranti signori che s’ostinavano a sfruttar miniere d’oro o d’argento [p. 386 modifica]affatto improduttive. Probabilmente i crogioli accennati dal Botta servirono a fondere metalli o per assaggi su minerali argentiferi o creduti tali; in termini generici scrisse che andavano a Mesocco, pur non sapendo in qual paese della valle si sarebbe fermato il mulattiere.

Due altri inventari del Castello di Mesocco si conservano nell’archivio Trivulzio.

Uno del 151154, il secondo del 1517 coll’intestazione: “Consegna fatta a dì 30 Augõ. 1517 da toso da Candia olim Cast.no in mano de m. Paolo Gentili de Seravalle scripto per mano de Battista di Pellizaro da Musso”55. In quello del 1511 nessun cenno ad attrezzi di zecca, nell’altro del 1517 troviamo registrato “Ne la camera bianca casa (cassa) una inciodada (o ingiavada) piena de feracta de la cecha.”

La fortuna di Gr. Giacomo strettamente unita a quella di Francia subì dal 1511 al 17 brusche né ancor ben conosciute vicende56 e i suoi rapporti coi Confederati e le tre Leghe, più che a suoi particolari interessi, dovettero uniformarsi a quelli del re di Francia. Parecchie volte questi rapporti furono pessimi e la Mesolcina ne subì le conseguenze, corsa e ricorsa da Confederati e Grigioni, messa a fuoco e a ruba e fors’anco per qualche tempo stabilmente occupata. Certo in tanti disordini e trambusti tacque la zecca Mesolcinese, se pur non fu data preda alle [p. 387 modifica]fiamme nel 151157. Noi supponiamo che stanco delle continue incursioni e malsicuro del feudo finché il re di Francia durasse in nimicizia coi Confederati, dopo gli incendi dell’11 Gian Giacomo, chiusa la zecca Mesolcinese, nel castello di Mesocco ne trasportasse gli attrezzi, come luogo più sicuro della Contea.

A non perdere i proventi della zecca si fece il Trivulzìo nel 1512 rilasciare da Lodovico XII un nuovo diploma, che gli permetteva d’aprir zecca a Musso e battervi moneta, “come aveva prima costume di fare a Mesocco”58. E a Musso, lavorò forse anche Gian Francesco finché quella rocca e le tre Pievi e il Contado di Chiavenna caddero nelle mani del Medeghino. Cosi si spiega come nel 1517 poteva esserci nel castello di Mesocco una cassa chiusa e piena di ferri di zecca e perchè nelle gride monetarie del 1518 e 19 le monete Trivulziane son chiamate sempre «monete di Musso».

Ma ben più importante sono due documenti che abbiamo avuto la fortuna di rinvenire nell’archivio Trivulzio. Essi a parer nostro sciolgono completamente la questione, attestando che Gian Giacomo sin dal 1497 teneva in Roveredo una casa destinata all’uso di zecca, e sotto tal nome appunto conosciuta.

Colla data 23 giugno 1497, Azino da Lecco procuratore del Trivulzio ed abitante nella zecca di Roveredo, contratta del legname da consegnarsi a Lostallo e Cabbiolo vicino al fiume Moësa. Nella [p. 388 modifica]chiusa il notaio Giovanni del Piceno attesta che l'istrumento è “actum in pasquedo roueredi in domo zeche59.

Il 2° documento porta la data 17 marzo 1509, è rogato dal notaio Giovanni Amadiristo “in roueredi in pasquedo in cecha” e fra i testi figura un maestro di zecca detto Zanetto60.

Come abbiamo cercato dimostrare, le condizioni del feudo, l’aver Gian Giacomo palazzo e commissarî in Roveredo, l'esser quello il borgo più importante, capitale diremo così, della contea, lo indicavan senz’altro a sede della zecca; né i diplomi si oppongono a questa versione, se li interpretiamo nel senso logico, che parlino del feudo di Mesocco, pur non essendo Mesocco nome che si dava indifferentemente a tutto il feudo, alla rocca e alle vicinanze sopra e sotto il castello. La tradizione poi e i documenti dell'epoca da noi prodotti, tutti concordano nel fissare a Roveredo la sede della zecca Mesolcinese.

Crediamo quindi poter affermare che G. Giacomo Trivulzio e non Gian Francesco impiantò la zecca di Roveredo e che la zecca di Mesocco, non essendo esistita, va cancellata dal novero delle zecche medioevali.

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II.


Quando incominciò il Trivulzio ad esercitare il suo diritto di zecca?

Il Mazzuchelli ed i Gnecchi non lo stabilirono. Il Liebenau vorrebbe dopo la conquista del ducato milanese da parte di Lodovico XII, cioè dopo l’ottobre del 149961; supposizione che non regge coi documenti da noi prodotti. Se nel 1497 Gian Giacomo aveva in Roveredo una casa la quale veniva nei pubblici istrumenti chiamata zecca, già da tempo doveva essere a tal uso destinata; abbiamo inoltre il diploma rilasciato a Gian Giacomo nel 1495 dal duca di Orléans, il quale, interpretato letteralmente, dice che fin d’allora esisteva una zecca Mesolcinese.

Se poi consideriamo, che smisurata ambizione era la nota dominante del carattere di Gian Giacomo e che molte sue monete d’oro e d’argento portano il solo titolo di conte di Mesocco, dobbiamo supporre le abbia battute prima della conquista del ducato, quando non aveva i titoli di marchese di Vigevano e Maresciallo di Francia62.

Secondo noi, il Trivulzio, ottenuto il diploma da Federico III, o poco dopo, apri la zecca di Roveredo, e al periodo compreso fra quell’epoca e il 1499 [p. 390 modifica]tengono tutte le sue monete che portano il solo titolo di conte di Mesocco.

Il diploma imperiale gli aprì i mercati della Rezia e finchè non ruppe fede al Moro, potò certo introdurre le sue monete anche nel ducato, e noi non vediamo la ragione perchè dovesse tardare a valersi di un privilegio da lui chiesto e fonte di lauti guadagni.

L’acquisto fatto dal conte Giorgio di Werdemberg e Sargans delle Signorie del Rheinthal e del Safienthal63 e la lega stretta coi Grigioni nel 1496, certo favorirono l’attività della zecca di Roveredo, finchè le strepitose vittorie di Lombardia gli permisero d’allagare colle sue monete il ducato milanese e i Cantoni confederati64.

Sulla lavorazione di Gian Giacomo poco dicono le gride monetarie del tempo. Nella valutazione monetaria fatta alla dieta di Lucerna nel gennajo 148765 si parla di alcune zecche italiane, ma non di Mesocco; la prima convenzione monetaria svizzera conchiusa in Lucerna al 31 marzo 148766 fra i sette Cantoni confederati di Lucerna, Zurigo, Uri, Svitto, Untervaldo, Zug e Glarona, ci dà bensì l’elenco di molte monete italiane e imperiali, ma [p. 391 modifica]nulla che riguardi monete trivulziane. Silenzio pur conservato nella convenzione monetaria del 24 settembre 150467 fatta fra Lucerna, Svitto, Untervaldo, Uri e Zug. Potrebbe darsi però che le monete trivulziane sotto altre denominazioni siano sfuggite alla nostra osservazione.

Nella dieta del 27 giugno 149468 si parla di monete milanesi di cattiva lega, date in pagamento ai Confederati ingaggiati pel reame di Napoli, e nella successiva del 7 gennaio 149569 i delegati di Svitto si lamentano pel bando dato ai 4 soldi milanesi, “il che cagiona loro grave danno”. Quattro soldi che col nome di Ambrosini sono compresi nella piccola valutazione monetaria fatta dalla dieta di Lucerna al 26 maggio 149670) che ne fissò il corso a 3 Plappert.

Monete trivulziane sono per la prima volta nominate nella grida milanese sulle monete pubblicatasi in nome di Lodovico XII re di Francia, ai 19 gennaio 150071. Avranno, dice essa, corso regolare nel ducato “tute le monete de lo Illustrissimo Signor Johanne Jacobo.” In un’altra [p. 392 modifica]del 17 maggio 1501 si parla di grossoni da soldi 22 del Signor Jo. Jacobo Trivultio da spendere a soldi 22“72.

Nella dieta d’Altdorf, 1 febbraio 1506 “rimandasi ad referendum che cosa intende trattare coi 3 Cantoni a cagione della zecca Giov. Antonio (Giocare o Giojero) commissario in Roveredo”73; l’Abscheid non dice ove era la zecca. Offuscatosi colla morte di G. Giacomo lo splendore del casato Trivulzio ben diversa divenne la monetazione dell’abbiatico Gian Francesco. La zecca di Roveredo distintasi sotto G. Giacomo per ricchezza ed abbondanza di tipi, precipita al livello delle altre possedute da piccoli Signori o comuni, i quali, giustamente dice il Promis, “tenevano zecca aperta affine di poter emettere impunemente in gran quantità monete basse, minute, contraffatte a quelle dei finitimi grandi stati allo scopo di ricavarne un grosso guadagno”74.

Le gride succedono alle gride contro queste fabbriche di monete erose, contraffatte, falsificate, e sono piene di lamentele contro la malizia degli zecchieri i quali “disfano tutti li boni scuti per fare d’essi scuti de stampa forense, e se ne trovano infiniti fatti fuori de le ditte seche”75.

[p. 393 modifica] Già al 18 Agosto 1519 Monsignore conte di Foix et di Comingue, signore di Lautrech, Maresciallo di Francia, pubblicava in Parma una grida, colla quale, riducendosi il corso di tutte le monete, si ribassa pur quello delle monete di Musso o trivulziane. In questa grida per la prima volta sono nominati dei Grossi da soldi 6 di Gian Francesco76. Al 22 ottobre 1519 segue una seconda grida dello stesso Lautrech77 ed una terza al 29 dicembre 1519, perchè si vuole “con tutte le forze dell’ingegnio sapere de sua Excellentissima Signoria fare redure lo corso dell’oro et Monete al suo justo peso et debito ordine”78. Né i Confederati tardarono ad imitarlo; a Glarona il 9 gennaio 152079 stabiliscono che i vecchi cavallotti trivulziani da soldi 7 abbiano il corso per soldi 6 1/2 e i nuovi da soldi 7 per 6 soldi. Assaggi di monete trivulziane vennero fatti nel 1524, e al 14 agosto 1527 alla dieta di Lucerna si riferisce che Uri, Switt, Unterwald, Zug hanno trovato “die alten Rössler die der Trivulz geschlagen die mak hält seines Silber VIII Loth Weniger 1 quintlein”80.

Sotto la data 4 agosto 1529, Giov. Giorgio de [p. 394 modifica]Albriono81, Commissario in Roveredo del Marchese Gian Francesco Trivulzio, dava in appalto quella zecca ad un Dionigi Besson di Lione per la durata di anni sei. Non ci dilungheremo sui patti e le convenzioni portate da questo istrumento rimettendoci ai Gnecchi che per esteso l’hanno riprodotto82. Prenderemo invece in esame un libro di conti della zecca di Roveredo che si riferisce alla lavorazione del Besson83.

[p. 395 modifica] Al Besson era compagno e socio un Gabriele Tatti; incaricato di sorvegliare la zecca nell’interesse del Trivulzio lo stesso Albriono, il quale per questa sua mansione aveva dal Besson «areson de dinarij sei Imperiali per chaduno marco di opera di argento»84, rimanendogli però sospeso lo stipendio di commissario di lire imperiali 356. Sorveglianza forse non troppo scrupolosa, perchè fra tante qualità e quantità di monete tre soli pezzi vennero spediti a Gian Francesco per Passaggio. Lavorarono durante questo periodo come stampatori: — I tre Compagni di Bellinzona — Augustino d’Ascona — Tatteo Bonalin (forse di Roveredo) — Benedetto Ghiringhello — Enrico Guazero — Stefanino Magoria — Salvino Nicola — Cristoforo Varrone.

Per riordinare la zecca spese l’Albriono “lire imperiali 623, soldi 13, den. 9 per far riparare la zecca ed altre piccole spese alla camera e canova e stalla del Palazzo”85.

Riportiamo in Appendice, doc. 8, le registrazioni del mese di settembre e nel prospetto seguente i principali dati della monetazione del Besson, che va dal 24 agosto 1529 al 15 maggio 1530.

[p. 396 modifica]

PROSPETTO

dell’argento lavorato nella zecca di roveredo

dal 23 Agosto 1529 al 15 Maggio 1530.

argento
dato in
lavorazione
cesalia86 argento
monetato
diritto
di zecca a
soldi 8
per marco
1529 Marchi
87
Once Den
ari
Marchi Once Den
ari
Marchi Soldi Den
ari
Lire
impe
riali
88
Once Den
ari
AGOSTO e
SETTEMBRE
1221 34 1187 474 16
OTTOBRE 2166 7 12 30 - - 2136 7 12 854 16 -
NOVEMBRE 116 - - - 116 - - 46 8 -
DICEMBRE 336 ½ - 1 ½ - 335 - - 134 - -
1530
GENNAIO 836 6 6 10 2 12 826 3 18 330 11 9
Arg. per doble 3 4 4 - - - 3 4 4 9 9 -
FEBBRAIO 950 1 6 2 1 - 948 - 6 379 4 3
Arg. per ½ doble 1 2 1 - - - 1 2 1 3 10 -
MARZO 363 3 1 3 2 - 360 1 1 144 1 6
Arg. per ½ doble 1 5 - - - - 1 5 - 4 11 -
APRILE 272 1 12 3 - - 269 1 12 107 13 6
Arg. per ½ doble 2 - - - - - 2 - - 5 12 -
MAGGIO 58 5 - - 7 - 57 6 - 23 2 -
Totale 6329 7 18 85 - 12 6244 7 6 2517 15 -
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Sono adunque marchi d’argento 6329, once 7, denari 18 di lega alla bontà della zecca di Saluzzo, che servirono a battere le seguenti qualità e quantità di monete. Ci atteniamo strettamente al registro dell’Albriono per la loro denominazione.


Qualità e quantità della moneta battuta da Dionigi Besson e Gabriele Tatti nella zecca di Roveredo, dal 23 agosto 1529 al 15 maggio 1530.


QUALITÀ Numero
dei pezzi
Peso lordo
M O D
1. — Denari da un soldo 10 7
2. — Denari da un soldo e due denari 1 2
3. — Soldini89 139 2
4. — Trine, trilline, treine o terline90 1435 6 12
5. — Denari da tre soldi 12 6 12
6. — Mezzi cavallotti da 113 pezzi per marco 904 8
7. — Denari da bazi uno, cioè da soldi 4 e denari 6, da pezzi 73 al marco 10001 137
8. Cavallotti da soldi 5 e mezzo a pezzi 67 per marco 28028 418 2
9. — Mezze doppie da 1 scado l’uno a pezzi 67 per marco di Milano 561 8 2 19
10. — Denari da 7 soldi a pezzi 45 per marco 26297 584 3
11. — Cornoni da pezze 45 per marco91 33848 752 2 18
12. — Denari da 3 bazzi, a pezzi 27 per marco92 75600 2800
13. — Testoni della Madonna colla leggenda quem . genvit . adoravit . a pezzi 26 per marco93 378 15 1
[p. 398 modifica]

Lo spoglio del libro dei Conti della zecca di Roveredo dimostra, che sotto Gian Francesco Trivulzio la zecca era una fabbrica di monete erose. I Gnecchi ci danno la descrizione di 20 tipi e varianti di questa monetazione; fra essi non ne troviamo alcuno di quelli registrati nei libri dell’Albriono. Bisogna ritenere ch’essi andarono perduti o confusi coi vecchi conii di Gian Giacomo o d’altre zecche94, e non sono dai numismatici attribuiti a G. Francesco Trivulzio.

Così non si conoscono i testoni della Madonna, i denari da un soldo e due denari, da soldi quattro e denari sei, ecc., che pur figurano nel registro dell’Albriono.

Certo Roveredo era una delle zecche che si faceva lecito «disfare li boni scuti per fare d’essi scuti [p. 399 modifica]de stampa forense.» Di nove conii, avanzi del materiale dell’antica zecca95, che noi abbiamo potuto aver fra mano, neppur uno è trivulziano. Omettendo tre doppi, diamo il disegno degli altri sette, interessanti, perchè accertate falsificazioni di questa zecca.



[p. 400 modifica] Eccone la descrizione:

A) VENEZIA — Andrea Gritti (1523-38).


Scudo d’oro.

D/ – ANDREAS • GRITI • DVX • VENETIAR •
Croce gigliata.

R/ – SANCTVS • MARCVS • VENETVS •
Leone in soldo entro uno scudo (Padovan, pag. 30).


B) FRANCIA ― Francesco I (1514-46).


Scudo d’oro del sole.

D/ – FRANCISCVS: D: G: FRANCOR: REX:
Scudo coronato coi tre gigli. Al disopra il sole.

R/ – XPS: VINCIT: XPS: REGNAT: XPS: IMPER:
Croce gigliata accantonata in due lati opposti da un F coronata.


C) PIACENZA ― Paolo III (1534-45).


Scudo d’oro.

D/ – PAV • III • P • M • PLAC • D •
Stemma Farnese sormontato dalle chiavi e dal triregno.

R/ – NON • ALIVNDE • SALVS •
Croce gigliata accantonata dalle lettere P • L • A • C •


D) GENOVA — Dogi biennali?


D/ – Manca.

R/ – CONRADVS • REX • ROM • CC •
Croce accantonata da un punto.

Nei primi mesi di lavoro, stampò il Besson circa 75600 pezzi da bazzi tre: conosciuta la loro pessima lega, cambiò tipo, attaccandosi di preferenza alle monete che pel tenue loro valore più facilmente si potevan spacciare. Ma inutilmente; esuberanti pel consumo locale, bisognava esportale e divenendo la cosa [p. 401 modifica]ogni giorno più difficile, la produzione diminuì rapidamente finché al 16 maggio “M. Dionisio se ne fugito et la Cecha non ha poi più lavorato”.

Questa notizia senza altro commento ci è data dall’Albriono; al suo laconismo cercheremo supplire col gridario milanese.

Ai 16 ottobre 152996 Antonio Ley va governatore del ducato, pubblicava una grida a regolare il corso delle monete e bandire quelle in straordinaria quantità importate dalle zecche piemontesi. Sei giorni dopo aggiungeva: «E perchè novamente sono comparsi certi bianchi97 quali hano da una parte una testa e da l’altra l’arma triulcescha quali sono di manca bontà etiam de manco peso de li altri, perciò se li dà bando, che non se possano spendere ricevere ne tenire sotto pena de perdere ditti bianchi et de pagare per uno quattro applicando ut supra».

Al 30 genn. 1630, Francesco II Sforza bandisce tutte le monete delle zecche di «Casale S.to Evaxio, Dexana, Salutio, Crevacuore, Valtaro, [p. 402 modifica]zona, Mixocho» e fissa che i bianchi non banditi si debban ricevere per soldi 14 e i vecchi cavallotti «del Sig. Jo. Jacobo permissi per soldi 6 che si spenderanno invece a soldi 5 e denari 698»; si permise però che le monete bandite avessero ancora corso per un mese, purché portati entro 15 giorni dai Commissari sulle monete a segnare con apposito bollo. I maligni zecchieri ne approfittano, e al 80 marzo di quell’anno una nuova grida si lamenta «habino fabricato uno novo Ingano cioè in hauere facto uno falso bollo col quale segnano i bianchi di pegiore sorte et boutade de li vegi»99.

Infine colla grida del 5 maggio 1530 si stabilisce il corso dei cornoni a soldi sei e dei bianchi da soldi tredici a soldi dodici e quelli da soldi quattordici a tredici, ordinando che i bianchi e cornoni già banditi non si possano più spendere per prezzo alcuno.

Ecco come restò arenata l’onesta industria del Besson.

Le registrazioni dell’Albriono, nel libro che abbiamo preso in esame, vanno sino al 1543; cessano per la zecca, al 15 maggio 1530.

Tacque essa durante questo periodo?...

Nel 1531 si regolò nella Mesolcina il corso delle monete. Convenuti in Lostallo, al 13 febbraio di quell’anno, gli uomini della valle approvarono con altri statuti il seguente capitolo100.

[p. 403 modifica]

De Vallitudine Monetarum.


Item statutum est quod omnis valuta denariorium videlicet tam auri quam monete anno in antea MVXXXI habeat cursum in toto eo modo et forma prout habet in liga Grixa; saluo si contingeret aliquem forensem esse creditorum alicuius persone dicte vallis quod dicto creditori fiat solutio ad valorem auri vel argenti prout expenduntur in jurisdictione dicti forentis.

Il Mazzuchelli101 cita alcuni capitoli e contratti di zecca intervenuti al 15 settembre 1537 tra il marchese Gian Francesco Trivulzio e il maestro di zecca Gian Battista d’Appiano102; capitoli riprodotti in extenso dai Gnecchi, unitamente a cinque tavole di disegni, eseguiti dal Trivulzio per la zecca103; non possiamo assicurare se veramente Gian Battista d’Appiano lavorò a Roveredo, né per quanto tempo.

Nella Mesolcina, le leggi vietavano sotto comminatoria di severissime pene il commercio dei metalli preziosi in verghe, grani, fili, bolzonaglie, a chi non fosse orefice o zecchiere. Un codice della Trivulziana104 ci mostra, al 19 ottobre 1637, il vicario di [p. 404 modifica]Roveredo, Giovanni Pietro Bottanello, che ad istanza del Commissario Giovanni Giorgio d’Albriono, apre un processo contro alcuni uomini di Mesocco, i quali sulla piazza di Roveredo furon veduti a vendere oro filato. La cosa non ebbe seguito.

Dopo ciò poco nulla possiamo dire sulla zecca di Roveredo.

L’alito potente di libertà che la riforma diffondeva nella Rezia penetrava nelle vallate poste al Sud delle Alpi. L’autorità di Gian Francesco ne è scossa; insorgono litigi fra i suoi commissari e i comuni delle valli, spalleggiati dai Grigioni, i quali sono i veri padroni del feudo, come egli si lamenta105 avanti il Consiglio di Lucerna nel 1543 e nel 1546.

Nel marzo 1546 la zecca non lavorava. Un inventario di quel mese ci fa conoscere che l’abitava solo il commissario di Gian Francesco Trivulzio106.

Il superbo palazzo di Roveredo, il quale nei tempi di maggior splendore aveva ospitato il vescovo di Coirà, l’abate di Dissentis e i più potenti signori della lega Grigia, cadeva in rovina. Un inventario contemporaneo a quello della zecca, lo descrive ripostiglio di legnami e di pietre, sguarnito d’artiglierie, e abitato da un servo di stalla del commissario107.

Infine «al nome di Dio a li 2 octobre in Menadrisio nell’anno 1549»108 il marchese Gian Francesco Trivulzio risolve di rinunciare a tutti i diritti, beni e crediti che possedeva nel feudo di Mesocco,

[p. 405 modifica]a favore degli uomini di quelle valli, dietro lo sborso di 24500 scudi d’oro d’Italia. Non è qui luogo dilungarci sull’istrumento steso per la vendita: fra molti patti e convenzioni rileveremo solo che «il Signore se riservato in questo tuti mobili che sono in la cassa (casa) de la zecha et le fontane de marmollo che sono in palazo et che fatto lo istrumento de la vendita, da li 15 giorni per spazare».

Ma avuti 17400 scudi, Gian Francesco si pentì della vendita fatta; nacquero contestazioni e questioni che per più di un secolo si trascinarono avanti i tribunali delle Tre Leghe e dell’Impero109.

Ma nulla ottenne Gian Francesco, e come il suo rappresentante piatì alla dieta di Ilanz «lo spogliarono del tuto del suo possesso. Et missero mano ancora nei mobili del Sig. Marc, reservati come sopra» 110.

Gli attrezzi dell’officina monetaria restarono a Roveredo inoperosi. Nei sotterranei della zecca se ne vedevano ancora al principio del secolo; sfortunatamente nel decennio dal 1820 al 30, ristaurandosi quei locali, andarono dispersi111.

Nella casa passata in proprietà della valle, ebber [p. 406 modifica]sede il Tribunale Criminale, i locali della tortura e tutti gli uffici del vicariato di Roveredo112; i sotterranei servirono da prigione113, ma malgrado la mutata destinazione, la casa continuò a chiamarsi la zecca. E zecca si chiama ancora oggigiorno, come al tempo in cui «Domino Azino da Lecco» comperava legname per conto del «prestantissimo Conte Jo. Jacobo Trivultio».

Entrando in Roveredo sulla sponda diritta della Moësa, per chi ascende la valle, al di là del ponte che attraversa il fiume, spicca fra tozze costruzioni l’antica zecca Mesolcinese, attualmente sede del Tribunale del Distretto Moësa e degli uffici del Circolo di Roveredo. Le finestre di varie forme e grandezze, disposte irregolarmente e difese da grosse inferriate a maglia intrecciata; la porta bassa ad arco intero, foderata d’arruginita lamiera114; la torre dell’orologio; le travature rozzamente scolpite, caratterizzano l’edificio che Gian Giacomo Trivulzio fabbricò e destinò ad uso della zecca.

A tramontana, sull’altra sponda del fiume, un’antica costruzione specchia le nere muraglie nelle limpide acque della Moësa.

[p. 407 modifica]Una larga fossa cinge quei fabbricati, occupati da stalle e fienili, guardati da una torre diroccata che dalle vuote feritoie melanconicamente spia la strada, ed il superbo panorama delle Lepontie.

Le capre pascolano nei fossati, i rovi nascondono i crepacci delle mura e il libero montanaro quasi ha dimenticato che quelle povere stalle erano temuta abitazione dei Signori della valle, che vi albergarono conti e marchesi, vescovi ed abati, ch’erano insomma «el bel palatio munito di molta artiglieria» residenza dei Conti di Sacco e dei Trivulzio.





Note

  1. L. A. Muratori, Antiquitates Medii Aevi. Tomo II, col. 747 e seg. Mediolani, 1737-42. Prima di lui però, il cronista Egidio Sacchetti, nel De Viglevano Encomium. Mediolani, 1596 ap. haer. I. B. Colonii, aveva asserito: «Jacobus Trivaltius Viglevani nummos aereos argenteosque percuti jussit cuius generis etiamnum sunt apud Cives».
  2. Ph. Argelati, De Monetis Italiae. Mediolani, 1750-59. P. m, Appendice, pag. 77 od ivi Coron., 13, 27, 28.
  3. G. R. Carli, Delle monete e dell’istituzione delle zecche d’Italia, Milano, mdcclxxxv. Tomo II, Dissertazione II, P. II, pag. 167.
  4. Guid’Antonio Zanetti, Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia. Bologna, 1779, in-4,° Tomo II, pag. 44, nota 60.
  5. Monsignore Gradenigo, Indice delle monete d’Italia nella raccolta di Guid’Antonio Zanetti. Tomo II, pag. 161.
  6. Bellini Vincenzo, De Monetis Italiae Medii aevi non evulgatis. Ferrariae, mdcclv. Dissertatio, pag. 112. Ferrariae, mdcclxvii. — Altera dissertatio, pag. 138. Ferrariae, mdcclxxiv. — Postrema dissertatio, pag. 99.
  7. Prof. Avv. Pietro Giorgio Biffignandi Buccella, Memorie istoriche della Città di Vigevano. Vigevano, 1810, pag. 150. — Prudentemente attribuì a Vigevano le sole monete col titolo di marchese di Vigevano. A pag. 257 di questa memoria è ristampata la cronica del Sacchetti.
  8. Zanetti, Op. cit Tomo V, pag. 122, 123, nota 78. — In questa nota lo Zanetti parla anche della zecca di Musso esercitata dal Trivulzio, basandosi sopra una grida del conte di Foix pubblicata in Parma al 4 Agosto 1519, ove si indicano le monete di Musso come trivulziane. Erroneamente però, attribuisce a Mesocco nel Tomo II, pag. 159, op. cit. le monete battute a Retegno nel 1676 da Antonio Teodoro Trivulzio.
  9. Pietro Mazzuchelli, Informazioni sopra le zecche e le monete di G. G. Trivulzio. Milano, 1815, in appendice al Rosmini. Vol. II, pagina 345-385 con Tavole.
  10. Vedi doc. 1 in appendice. Citato dal Mazzuchelli, pag. 348.
  11.  » 2 » » » 349.
  12. » 5 » » 351 sotto
    la data 1505. — F. ed E. Gnecchi, Le monete dei Trivulzio, Milano, 1887. Prefaz. pag. xxii, non ne fissano ]a data, ma la ritengono posteriore al 1499, avendo avuto in quell’anno G. G. Trivulzio i titoli di Maresciallo di Francia e marchese di Vigevano ripetuti nel diploma. — Il D. Th. di Liebenau, Zur Münzgeschichte von Misocco, etc. a pag. 96, prova che questo diploma devo essere del 1501; data accettata anche dal Motta, Le zecche di Mesocco e di Roveredo, etc, pag. 170.
    Nell'Archivio Trivulzio, Araldica cart. 11, esiste una procura (pergamena originale) del 5 luglio 1494, stesa dal notajo Giacomo de Paniciis in Solmona, colla quale il Trivulzio incarica il prete Giovanni Paolo proposito di S. Vittore e il notaio Alberto da Salvagno Gronese, di chiedere in suo nome all’imperatore Massimiliano la conferma del feudo di Mesocco, autorizzandoli a prestare analogo giuramento di fedeltà. Ritrovandosi però essa ancora nell’Archivio Trivulzio, si può supporre non sia stata adoperata.

    Nello stesso Archivio; Araldica cart. 11. Copia senza data di un diploma di Massimiliano I, il quale ad istanza di G. G. Trivulzio, conferma la legittimazione del figlio naturale Camillo, fatta da un conte Palatino, accordandogli di poter succedere nel feudo di Mesocco qualora mancasse la linea mascolina del conte Nicolò figlio legittimo. Questo documento è certo posteriore a quello di conferma, forse anteriore al 1501, anno nel quale Nicolò sposò Paola Gonzaga.
  13. Vedi doc. 7 in appendice. Citato dal Mazzuchelli, pag. 351.
  14. Manoscritto nella Trivulziana. Codice 2255, Mazzuchelli, pag. 351.
  15. Opera stampata in Milano «Per gli Heredi Ghisolfi MDCCI». All’esemplare della Trivulziana (Cod. 1444) è unito un voluminoso msc. autografo del Cotta nel quale a pag. 474, n. xxxiii leggesi la citazione del Mazzuchelli, Op. cit., pag. 352. Nel testo, Mesocco è scritto sopra una cancellatura illegibile.
  16. Mazzuchelli, Op. cit., pag. 350. – Il Trivulzio si trovava infatti nel febbraio 1499 in Asti, quale luogotenente generale del re di Francia. — Lodovico XII appena assunto al trono ebbe cura di riordinar le monete e in Asti, antica sua Signoria, riaprì la zecca. Al 27 febb. 1499 il Trivulzio la diede in appalto al maestro Giacomo dei Conradi e forse questo zecchiere gli donò i crogioli veduti dal Botta in Angera. (Vedi documento 4 in appendice).
  17. L’Avis dei Romani; nel Medio evo si disse Culmen Ocelli, Colmo dell’Uccello, Culminum de Olcello, montem qui vulgariter dicitur Vogel. Verso la metà del secolo XV il conte Enrico di Sacco e le vicinanze componenti la terra di Mesocco, eressero un’ora prima del passo una chiesa dedicandola ai SS. Bernardino e Sebastiano. Con istrumento pubblicato sulla piazza di Cremeo dal notaio Zanetto da Haijra di Cama, il 26 Marzo 1467 (copia cart. del 1716 fatta sull’originale p. n.) dotarono la chiesa di beni, unendovi un ospizio.

    Nel secolo XVI il passo mutando nome si chiamò del S. Bernardino. La chiesa esiste ancora e intorno lo sorse il paese di S. Bernardino, stazione alpina assai frequentata durante la stagione estiva per le sue acque minerali. Il nome di Sebastiano caduto in dimenticanza, niuno il rammenta; quello di Uccello restò ad una punta il Vogelspiz (m. 2716) che domina quel passaggio alpino.
  18. Erroneamente G. A. à Marca, Compendio Storico della Valle Mesolcina, Lugano, 1838, pag. 124, forma del feudo di Mesocco una sola giurisdizione. La divisione in 3 Vicariati data in seguito dall’à Marca stesso e dallo Sprecher; Pallas Rhaetica, ecc. Basilea, mdcxvii, pag. 212, come dell’anno 1651, è invece anteriore, e venne fatta forse durante il dominio di Gian Francesco Trivulzio.
  19. Archivio Trivulzio; Araldica Cart. 10. — Preziosa raccolta di leggi e ordinazioni Mesolcinesi. Cod. su pergamena del secolo XV, come risulta dalla intestazione, doveva appartenere allo stesso Gian Giacomo Trivulzio. Su queste leggi e sulle anteriori dei 1436, stiamo compilando un lavoro in collaborazione coll’egregio amico ingegnere Emilio Motta.
  20. Cosi nell’istrumento accennato nella nota 17.
  21. Mohr, Codex Diplomaticus. Char. Vol. 1. Cod. 193, pag. 283; riproduce un inventario (credesi del 1200) dei beni della sede vescovile di Coirà, nel qaale troviamo segnato, che a S. Vittore possedeva de pino Carratas ii.

           Nella Trivulziana si conservano parecchi contratti stipulati dai Commissarî di G. Giacomo per la compera di tini, botti, cantine, ecc.
           Nell’Archivio parrocchiale di S. Vittore (Mesolcina), livello (pergamena originale) in data 17 Aprile 1531 per vino che la chiesa di S. Vittore deve fornire a G. Francesco Trivulzio.
  22. SS. Giovanni e Vittore, eretta a Collegiata al 21 Aprile 1219 da Enrico de Sacco; vi risiedevano 4 canonici. Carta Fondationis Ecclesiae Collegiate et Plebis SS. Joannis et Victori. Documento di recente pubblicato dal Libbenau, I Sax Signori e Conti di Mesocco, in «Bollettino Storico della Svizzera Italiana» Bellinzona, 1890. Fascicolo Marzo-Aprile, pag. 60.
  23. Emilio Tagliabue, Un bando contro le monete Trivulziane, in «Rivista Italiana di Numismatica», Anno II, Fasc. II, pag. 18, nota 2. Milano, 1889.
           Cosi risulta anche in molti processi di quel tempo da noi veduti nella Mesolcina e nell'Archivio Trivulzio.
  24. Sprecher, Op. cit., pag. 212. «Rogoretum hic palatio Comitum erat a Joanne Jacobo Trivultio sumptuose exornatum item turris do Beffano et Turris del Aua feu do Bogiano dicta».
    Jean de Muller, Histoire de la Confederation Suisse. Paris-Lausanne, 1840. Tom. 8, liv. V, Cap. III, pag. 313. «Trivulce prenait plaisir au château-fort qui dominait Crimeo; toutefois, il choisit a Rogoredo une belle habitation qu’il voulait orner avec magnificence».
    Carlo de Rosmini, Dell’istoria intorno alle militari imprese ed alla vita di Gian Jacopo Trivulzio. Milano, 1815. Vol. 1.
    Fasi, Staats und Erd Beschreibung der Schweiz. Vol. 4, pag. 124. Zürich, 1768. «Il conte G. G. Trivulzio aveva costrutto a Roveredo un superbo palazzo abbruciato dai confederati nel 1503».
    Leu. Vol. XV, pag. 356, edito nel 1759, accenna al palazzo di Roveredo distrutto dai confederati nel 1503.
  25. Motta Emilio, Regesti Svizzeri del 1478, Bellinzona, 1882, pag. 160.
  26. Impresa fallita, causa la grande quantità di neve caduta.
  27. Archivio Trivulzio. Cartella autografi, G. Giacomo Trivulzio. Cod. Cartaceo del secolo XV. Deve essere una informazione mandata a Gian Giacomo quando stava trattando l’acquisto della Mesolcina.
  28. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 11.
  29. Rosmini, Op. cit Vol. 1, pag. 140.
  30. Ortlieb von Brandis, 1458-1491.
  31. L’Abbate di Dissentis. Giovanni VI di Schöneck, m. 1497.
  32. Archivio Trivulzio. Corrispondenza di G. Giacomo estratta dall’Archivio di Stato Milanese, libro 14, p. 29.
  33. Idem. loc. cit. pag. 83. Riportata dal Rosmini op. cit. Doc. 134 al libro III. Vol. 11, pag. 129.
  34. Art. 8 della Lega stretta fra G. Giacomo Trivulzio e la Lega Grigia, al 4 Agosto 1496. Vedi XII Jahresbericht des hist-antiq. Gesellschaft von Graubünden. Chur, 1883.
  35. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 11. Pergamena originale. Istrumento rogito dal notajo Martino figlio di Gianella d’Arabino.
  36. Raccolta cronologica di editti ed ordini emanati nello Stato di Milano, nella materia delle monete, per Francesco Bellati. Vol. 3 manos. nella Bibliot. di Brera in Milano segnati G. N. n. III 2/?4— Vol. II. pagina 125.
  37. Sprecher, Op. cit., pag. 128.
  38. G. A. à Marca, Op. cit., pag. 114.
    Su questo episodio noi pare abbiamo pubblicato un racconto L'ultimo Conte della Mesolcina in «Emp. Pittor.» Milano, 1884, il quale, dobbiamo confessarlo, aveva di storico il solo nome, basandosi, solo sulla tradizione.
  39. C. F. Trachsel, Les atéliers monétaires de la famille des Trivulzio, Bruxelles, 1870. Pag. 16. In un’altra inesattezza cade il Trachsel, op. cit. pag. 5, mettendo che Gian Giacomo ebbe il fendo di Mesocco nel 1482 per 10000 scudi (data e somma presa dal Müller, op. cit. Vol. VIII, lib. V, cap. II, pag. 212).
           Il Rosmini, che gli fa guida nel compilare la sua memoria, cita invece l’atto di vendita steso dal notajo Pietro Brenna, fatto il 20 Novembre 1480 per 16000 scndi.
  40. Francesco Saverio Quadrio, Dissertazione Critico-storica intorno alla Rezia. Milano, 1755. Vol.I, pag. 128
  41. Eidgenössische Abscheide, Vol. 4 ― 1. a. pag. 751.
  42. Idem. Loc. cit., pa. 761 ― pag. 866. Dieta di Lucerna 20 Marzo 1526. I Confederati chiedono si trasportino a Locarno «molte pietre d’artiglieria e che 8i trovano noi castello di Mesocco.»
  43. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 12. – Originale di detta perizia.
    Curiosa è la firma del Cottura: un falcone incarrato che fa fuoco, colla parola IOVANI COUTURA intrecciata.
           Documento citato anche dal Quarenghi, Tecno–Cronografia delle armi da fuoco Italiane. Napoli, 1880. Pag. 176.
  44. Che ne fu dei cannoni lo dice lo stesso Cotura «li quali essi signori Grisoni hano promisso a li agentij de lo Ill.mo Sig. Marchese Conte di Musoco Sig. Francesco Trivultio de renderlj et pagar. Come appar per breve et sigillo di essi sigr. li quali Canoni sono de la grandezza et qualità et mesura et de peso corno li altrj canonj de sopra nominati. Como li personalmente hanno dito et protestato Jacomo Toscano M. Balsaremo Bosso li quali lor hanno aiutato condurlj a la dita guerra et adoperarlj, et anche altrj hommj da bene de Musoco».
  45. Archivio Trivulzio. Araldica 13. Relazione presentata al Cardinale Albornez nel 1635 sulle condizioni della Mesolcina e pretese che su quelle valli aveva Casa Trivulzio. Notizie assai incomplete e in molti punti inesatte, copiate d’altre fornite nel 1622 da Vital Cattaneo a Gian Giacomo Teodoro Trivulzio; la relazione del Cattaneo è l’unico documento da noi veduto che accenni ad una zecca di Mesocco «ove è un castello altre volte fortissimo et signoreggia tuta la Valle e in la casa de la zecca vi sono ancora duoi canoni di bronzo da batteria con l’arma Trivultia». Evidentemente il Cattaneo confonde la zecca di Roveredo con Mesocco, i cannoni poi non eran nel castello ma nella terra, come dice il Cotura, ove restarono nella casa del comune sino al principio di questo secolo.
  46. Erroneamente l’à-Marca attribuì a Gian Giacomo Trivulzio la costruzione del palazzo di Roveredo nell’aggiunta alla pag. 99, linea 18, posta a fine del suo Compendio, «Nell’istesso tempo (dell’erezione della zecca) detto Trivulzio fece fabbricare principalmente per dimora del suo Luogotenente un bel palazzo pure in Roveredo che diroccato ora si vede dirimpetto alla zecca ma sull’altra sponda della Möesa». Come abbiamo veduto, il palazzo esisteva già ai tempi dei Conti di Sacco.
  47. Emilio Tagliabue, Il Castello di Mesocco secondo un inventario del 1503. In «Bollettino Storico della Sv. It.». Bellinzona, 1889, Fascicolo 11-12, pag. 233-252, con 1 Tavola.
  48. Liebenau, I Sax Signori e Conti di Mesocco. In «Boll. Stor.». Anno 1889, pag. 182, parla della povertà di Mesocco.
           I Cronisti del XVI secolo descrivono Mesocco come un paese povero i cui abitanti si guadagnavano il pane intessendo panieri; Zeinenmacher, dicono Giovanni Stumpf ed Egidio Tschudi e tali ancora nel XVIII secolo si chiamavano a Lucerna i Calanchini.
           Nella Relazione di Vital Cattaneo (Vedi nota 45) si danno a Mesocco nel 1622 140 fuochi, a Roveredo 300.
  49. E. Tagliabue, Il Castello di Mesocco, ecc». pag. 247.
  50. Placidus Plattner, Geschichte des Bergbau’s der Ostlichen Sch.eiz. Char, 1878, pag. 29.
  51. Idem. Loc. cit., pag. 55.
  52. Rosmini, Op. cit. Vol. 1, pag. 290 — doc XI al libro VII.
  53. Rhäzüns trovasi 14 Kilom. al Sud di Coira sullo stradale che conduce allo Spluga e al S. Bernardino.
  54. Archivio Trivulzio. Araldica Cart 12. Cod. cartaceo del secolo XVI.
  55. Idem. Araldica Cart 12. Cod. cartaceo del secolo XVI. Mss. di Battista di Pelizzari da Mosso.
  56. Questo, ben inteso, solo per quanto riguarda la parte Mesolcinese. Storia che manca totalmente pel periodo Trivulziano.
  57. Giovio B., Historia patria. 11 ediz. Como, 1887, pag. 114 «insiges Trivultii aedes apud Roverium cremaverunt, 1611».
  58. Vedi doc. 7 in Appendice.
  59. Vedi doc. 8 in Appendice.
  60. Vedi doc. 6 in Appendice.
  61. Zur Münzgeschichte van Misocco, in «Bulletin de la Sociétè Suisse de Numismatique». VI Année, pag. 96.
  62. Gian Giacomo venne nominato Marchese di Vigevano e Maresciallo di Francia nel Novembre 1499.
  63. Sprecher, Op. cit, pag. 194.
    Archivio Trivulzio. Cart. 26 ― 1 1;2 ― Istrumento originale del notajo Giov. del Piceno di Roveredo rogito agli 11 gennaio 1493; Atto di vendita delle due Signorie per 4600 fiorini di Reno. Nella stessa Cartella, pergamena tedesca con sigilli del 4 Maggio 1498; il vescovo di Coira concede a G. G. Trivulzio l'investitura feudale di dette Signorie.
  64. Motta, Le zecche di Mesocco, ecc., pag. 170. Già nel settembre 1500, furon mossi lamenti contro la bontà dei cavallotti di Gian Giacomo in dose straordinaria importati nei Cantoni confederati.
  65. Eidgebnössische Abscheide. Zurigo, 1858, Vol. III, pag. 257.
  66. Idem. Loc cit., pag. 721,
  67. Idem. Lucerna, 1869. Vol. III, B.
  68. Idem. Zurigo, 1858. Vol. III, pag. 461.
  69. Idem. Loc cit., pag. 471.
  70. Idem. Loc cit., pag. 479.
  71. Grida pubblicata «sup. platea arenghi p. Ambrosiu de septimo tubetam die dominico xviiii Januarii Mccccc»
           Citata dal Mazzuchelli, pag. 850; dai Gnecchi, Pref. XXIV.
    Trovasi per intero nei manoscritti del Bellati.
           Forma parte della cronaca di Ambrogio da Panilo pubblicata da Antonio Ceruti in «Miscellanea di Storia Italiana», Vol. XIII, pag. 356, Torino, 1878.
           Nella Trivulziana si conserva di questa grida un originale a stampa corredato da disegni. È la più antica grida monetaria stampata che si conosca.
  72. Archivio Civico di Milano: Lettere ducali, 1497-1502, folio 207-210.
  73. Eidgenössische Abscheide. III, 2, 331. — Emilio Motta, Le origini della zecca di Bellinzona (1503). Estratto dalla «Gazzetta Numismatica» diretta dal Dott. Solone Ambrosoli. Como, 1886, pag. 9.
  74. Domenico Promis, Sulle monete del Piemonte. Supplemento. Torino, 1866.
  75. Archivio Civico di Milano: Lettere ducali, 1527-1537, folio 174. Grida Monetaria del 12 luglio 1534.
  76. Gnecchi, Op. cit. Prof. XXIV.
  77. Idem. Op. di Prof. XXIV.
  78. Raccolta cronologica di Editti, ecc., per Francesco Bellati. Vol. 2, Grida del 29 dicembre 1519.
  79. Eidgenössische Abscheide. Lucerna, 1869. Vol. 3, B. pag. 1218. — Liebenau, Zur Münzgeschichte, ecc., pag. 97.
  80. Eidgenössische Abscheide. Brugg., 1873. Vol. 1 a pag. 1147. — Liebenau, Zur Münzgeschichte, ecc., pag. 96-98; altre prove di monete fatte a Lucerna nel 1517-1518-1519.
  81. Dei Quattro opuscoli inediti del secolo XVI pubblicati dal Rosmini in occasione delle nozze di donna Cristina dei marchesi Trivulzio, Milano, 1819, tre (il I, II e III) sono di questo Giov. Giorgio d’Albriono, nominato anche dal Rebucco come segretario di Gian Giacomo.
    Nella Biblioteca Trivulzio, Cod. n. 2118, cartaceo in folio piccolo del secolo XVI, si conservano gli originali di questi tre opuscoli unitamente ad un altro. Son lettere che trattano argomenti storici. Ne riportiamo i titoli.
           « — La incoronatione de la regina Biancha sorella del re de Inghilterra et molier del re Alojsio de Franza a di 4 Novembre 1514.»
           « – La intrata qual fece la prefata regina Biancha dentro de Paris: fu alli 7 de Novembre de l’anno 1514.»
           « — Lo ordine de le exequie del re Aloysio de Franza facto in Paris a di 10 de Zenaro l’anno 1515.»
           « — La intrata del re Francisco de Franza dentro Paris a di 15 do Februaro l’anno 1515».»
           Il Rosmini, nella Prefaz. a questi opuscoli a pag. ix, scrive che sono «di stile rozzissimo e proprio da uomo idiota onde io credo fosse semplice cameriere.» Il Rosmini erra nel suo giudizio. L’Albriono, come segretario di Gian Giacomo, figura in una lista del personale addetto a casa Trivulzio (Archivio Trivulzio, Cart 2255) e qui vediamo che il nipote Gian Francesco lo aveva nominato Commissario in Mesolcina. Il suo stile è rozzo ma non da idiota, nè idiota lo mostra il libro d’amministrazione del quale ci occuperemo più avanti, libro tenuto con cura e precisione ammirabile.
  82. F. E. Gnecchi, Op. cit., pag. 47. Notiamo però che a questi patti si fecero alcune modificazioni; così il diritto di zecca, invece di 20 soldi di Milano, si stabilì in otto soldi imperiali per marco d’argento.
  83. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 12. Conti posti al principio di un grosso libro d’amministrazione, manoscritto del commissario Giovanni Giorgio d’Albriono. Dopo questi conti il libro contiene la trascrizione di molti documenti, e gran numero di registrazioni e notizie riguardanti il feudo di Mesocco.
  84. Così nel registro di zecca. Dopo il 15 maggio 1530 a tutto il 1534 è registrato nuovamente il pagamento di 856 lire imperiali, stipendio del Commissario «perchè il Sig. Marchese non Yolle lasciar lavorare la zecca».
  85. Come sopra, registrazione dell’Albriono.
  86. Calo, scarto, avanzo della monetazione.
  87. Domenico Promis, Monete della zecca d'Asti. Torino, 1863, pagina 33. Il marco di Piemonte equivaleva a grammi 245,896 1/8.
           Il marco, misura pei metalli preziosi, si divideva in 8 once; l’oncia in 8 grossi in 24 denari, il grosso in 72 grani, e il denaro in 24 grani. Due marchi formavano la libbra.
  88. La lira imperiale valeva 20 soldi, il soldo 12 denari. Al tempo dell’Albriono uno scudo si calcolava 112 soldi imperiali.
    Il carbone per la zecca al sacco costava lire 1 soldi 4.
  89. Soldino, forse corrispondeva al sezzino di Piemonte o mezzo soldo di grani 20 o grammi 1,067, o grani 22 uguali a grammi 1,174. Vedi Promis, Sulle monete del Piemonte. Supplemento. Torino, 1866, pag. 33. Forse è adoperato come diminutivo di soldo.
  90. La terlina o treina valeva denari 3 ossia 1/4 di soldo. Nella zecca di Milano se ne stampavano 245 per marco. Vedi Luigi Repossi, Milano e la sua zecca, Torino, 1877, pag. 169.
  91.   Imitazione dei Cornabò del Monferrato i quali pesavano appunto d. 4, s. 6. Vedi Promis, Monete dei Paleologi. Torino, 1858, pag. 31. Corrispondono alle monete segnate dai Gnecchi come cavallotti dal 6 al 10. Op. cit, pag. 21.
  92.   Questi denari da 3 bazzi sono le monete chiamate nelle gride bianchi o bianchoni ed or conosciuti col nome di testoni. I Gnecchi ne descrivono 3 tipi. Due hanno la testa con la leggenda FRANCISC. TRIVL. MAR. VIGLE. E. C. e San Biagio nel rovescio. Il terzo, invece del Santo, ha lo stemma dei tre pali in uno scudo a testa di cavallo e intorno la leggenda MAR. VIGLE. ET. CASTRI. NOVI. C. M. Dalla parte della testa si legge FRANCISCVS. TRIVVLTIVS; questo tipo corrisponde alla descrizione dei bianchi trivulziani data dal Leyva in una grida monetaria. (Vedi avanti n. 95).
  93.   Su questo disegno G. Giacomo battè il doppio testone del quale se ne conosce un tipo. (Vedi Gnecchi, Op. cit., pag. 4, n. 7) il testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 8, 9, 10) il mezzo testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 11) e il quarto di testone (Idem, Op. cit., pag. 5, n. 12) e Tav. 1, n. 7, 8, 9. Monete di Gian Francesco di questo tipo sono sconosciute.
  94. Eidgenössische Abscheide, dell’anno 1550, n. 379. — Liebenau, Die von Uri, Schwyz und Unterwalden gemeinschaftlich geprägten Münzen, In «Bulletin de la Société suisse de Numismatique» Band VII. Basel, 1888, pag. 106. Nel 1550 si temeva che i vecchi stampi della zecca di Bellinzona fossero stati dalla casa di Alessio Tütsch trafugati a Roveredo,
  95. A mezzo dell’egregio amico avv. Nicola.
  96. Francesco Bellati, Raccolta cronologica, ecc. Vol. 2, g. 123.
  97. Giovanni Mulazzani, Studi economici sulle monete di Milano. In «Rivista italiana di Numismatica». Milano, 1888. Fasc. III, pag. 301. Denominazione a noi derivata dalla Francia, usata pel basso biglione accuratamente imbiancato.
    Il Mulazzani cita la grida di Francesco II Sforza del 1530 come la prima che parli di bianchi. La nostra, come si vede, è anteriore; delle monete importate dal Piemonte dice «Alchuni bianchoni maximamente per lo augmento loro intollerabile de soldi XVII a XVI.» Ma monete bianche d'arzento son già nominate nella grida del 22 settembre 1501. (Vedi Archivio Civico di Milano. Lettere ducali dal 1497-1502 folio 251). Anche negli Eidgen. Abach. si citano dei blanken come monete italiane. Zurich, 1876. Vol. 4, 1, b. Losanna, 29 marzo 1530.
  98. Francesco Bellati, Raccolta cronologica, ecc. Vol. II, pag. 125.
  99. Idem, idem, vol. II. Grida del 80 marzo 1530.
  100. Archivio Trivulzio. Araldica Cart., 10. Cod. in pergamena del secolo XVI scritto dal notajo Giov. Pietro fu Q. Gottardo Bolzoni da Grono. Sono nominati come presenti all’adunanza tre Vicari, i due soliti di Mesocco e Roveredo e un terzo di Calanca.
  101. Mazzucchelli, Op. cit., pag. 353.
  102. Questo maestro di zecca lavorò anche nella zecca di Milano. In un istrumento del 29 gennaio 1506 del notajo Zunico ai contengono i patti per l’assunzione della zecca di Milano per parte di Gio. Torrettini da Lucca. Tra i soci figura un Battista d’Appiano, fil. quond.m Spect. domini Johannis abit. in S. Protaso ad monacos.
    Notizia cortesemente fornitaci dall’amico E. Motta che presto pubblicherà questo importante ed inedito documento.
  103. Gnecchi, Op. cit., pag. 49. Tav. N. 1, 2, 2 a, 2 b, 2 c.
  104. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 11. Cod. Cartaceo. Nello stesso Archivio, copia al Cod. 2253.
  105. Motta, Le zecche di Mesocco, ecc., pag. 170.
  106. Vedi doc. 9 in Appendice.
  107. Archivio Trivulzio, Araldica Cart., 12. Cod, cartaceo originale
  108. Pergamena originale inedita del notajo Lazzaro Bovollino Q. Martino nell’Archivio Patriziale di Mesocco. Da una copia in lingua volgare del secolo XVI favoritaci dall’avv. Aurelio Schenardi di Grono abbiamo tolta la nostra citazione.
  109. Per questa intricata questione vedi Libbenau, Zur Münzgechichte, ecc., e il nostro articolo «Un bando contro le monete Trivulziane».
  110. Archivio Trivulzio. Araldica Cart. 13. Copia del XVI secolo del memoriale presentato alla dieta di Ilanz.
  111. Motta, Le zecche di Mesocco ecc., pag. 140. Cita 8 punzoni, sei dei quali coll'impronta di monete venete, 1 di Francesco I di Francia e 1 di Paolo III Farnese duca di Piacenza.
  112. In varie cellette si vedono ancora infissi nei muri i grossi anelli di ferro ai quali si attaccavano i prigioni.
  113. In molti processi della prima metà del secolo XVII contro indiziati di stregheria da noi veduti in Valle, si parla sempre della casa della zecca «in domo zoche in loco solito» come luogo ove si radunava il tribunale Criminale, si inquisivano gli imputati, si tenevano i prigioni. Alcuni di quegli infelici, vittima dell’ignoranza dei tempi, vennero giustiziati nelle carceri, altri vi perirono di spavento e per gli strazii della tortura «et eius cadaver sepultum fuit sub. Zecha».
  114. Questi particolari corrispondono all’inventario del 1546. L’interno della casa ancor meglio conserva il carattere antico; le prigioni sono piccole e oscure celle, due piani sotto il suolo.

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DOCUMENTI INEDITIn 1




1.


L’imperatore Federico III conferma A G. G. Trivulzio la compera fatta dal conte Gian Pietro de Sacco del feudo di Mesocco, aggiungendo agli altri privilegi quello di battere moneta.

Norimberga, 18 Novembre 1487n 2





Fridericus divina favente clementia Romanorum Imperator semper Angustus, Ungaris, Dalmatie, Croatie etc Rex ac Austrie, Stirie,Karintie et Corniole Dux, Dominus Marchie Sclavonice ac Portus Naonis, Comes in Habspurg, Tirolis Zerretis et in Riburg, Marchio Burgorie et Landegravius Alsatie, ad perpetuam rei memoriam notum facimus presentium tenore universis quamquam inter ardua reipublice nostre negotia nobis pro debito Imperatorie Maiestatis ad quam divina providentia evecti sumus obeunda versantes eisdem assidua solicitudine animam nostrum devoverimus nihilominus tantum munificentie et liberalitatis nostre studium his, qui se nobis ac Sacro Imperio fide et obsequio priomptiores exhibent libenter impartimur ut nostris cumulati benefitiis ac onoribus adaucti tanto devotius sacras venerentur infulas; quanto magis se earum autoritate noverìnt esse sublimatos, sane pro parte nobilis jo. jacobi trivultii equitis aurati ac Comitis Mosachi nostri ac Sacri Imperii fidelis dilecti nobis humiliter extitit supplicatum. Cum alias idem Jo. Jacobus pros se suisque heredibus ac successoribus quibucunque Castrum Mosachi situm in coerentiis cum valle Misolcina eidem Castro adherenti cum omnibus honorantiis pertinentiis, juribus, actionibus, dignitatibus, prerogativis, privilegiis, gratiis et donationibus universis una cum titulo comitatus in eum traslato uti alodialia et libera bona a quodam Jo. Petro de Sacho Comito Henrici Comitis filio [p. 409 modifica]legitimo emptionis titulo acquisivisset proni in litteris et instrumentis desuper editis latius ac plenius contineatur quod nos huiusmodi venditionis contractam seu Instrumentum omniaque et singula in eo contenta que hic pro expressis haberi volumus ipsumque Comitatus titulum ac iura, indulta, libertates, immunitates, gratias, honores, homagia, donationes, concessiones universaque et singula eius privilegia alias concessa uti et possidere solita et non solita cum omnibus pertinentiis, datiis, gabellis, pedagiis, exactionibns et tributis ac aliis oneribus etiam apponi non solitis, ordinariis et extraordinariis, realibus et personalibus atque mixtis et aliis quibuscumque pro ipso Jo. Jacobo supplicante et pro suis successoribus non attento icto venditionis modo sub certis modo et forma inferius dictandis et in dicto venditionis Instrumento minime expressis de benignitatis nostre clementia approbare, innovare, ratificare, confirmare et de novo concedere et gratiose largiri et amplioribus libertatibus, privilegiis, exemptionibus et immunitatibus et presertim facultate cudendi monetam auream et argenteam dotare. Quodque sucessionem ipsam hereditariam dicti Castri et Comitatus Mosachi ad primogenitos suos natos vel nascituros restringere ipsisque omnem alienandi facultatem de plenitudine potestatis nostre Imperatorie adimere dignaremur Nos itaque etsi pro debito offitii nostri tum pro innata nobis clementia subiectorum saluti comodis et incremento intenti sumus et eorum precibus aures benivolas volentes prebeamus, tamen attendentes fidem et integritatem prefati Jo. Jacobi Trivulti quibus apud nos probatorum virorum testimonio sedulo commendatur tam et obsequia que majores sui sacro Imperio exibuerunt et ipse in faturum exhibere potest et debebit tanto sibi ad gratiam faciendam sumus liberaliores et ipsius precibus benignius inclinamur quanto illius ac majorum suorum benemerita in nos ac Sacram Imperium noscuntur esse maiora: bis itaque pensatis non per errorem aut per importunitatem petentis sed animo deliberato sacro principum, baronum, procerum, nobilium et fidelium nostrorum accedente Consilio auctoritate Romana Imperiali, de certa nostra scientia dictam venditionis contractam de prefato castro Mosachi initum et factum cum omnibus suis punctis, clausulis, articulis et tenoribus de verbo ad verbum prout in dicto venditionis Instrumento comprehenduntur quos hic pro expresse insertis habere volumus ipsumque Comitatus titulum ac iura, indulta, libertates, immunitates, gratias, honores, homagia, donationes, concessiones universaque et singula eius privilegia alias concessa uti et possideri solita et non solita, cam omnibus pertinentiis suis, datiis, gabellis, pedagiis, exactionibus ac tributis ac aliis oneribus etiam apponi non solitis ordinariis et extraordinariis, realibus et personalibus atque mistis et aliis quibuscumque pro ipso supplicante non attento venditionis modo supradicto auctoritate et scientia predictis approbavimus, innovavimus, ratificavimus, confirmavimus et concessimus ac presentium tenore approbamus, innovamus, ratificamus, confirmamus et de novo concedimus ita quod ipso et ejus heredes primogeniti dumtaxat et deinde eiusdem sui primogeniti primogenitas, ita deinceps gradatim de primogenito in suum existentem vel futurum primogenitum usque in finem linee recto [p. 410 modifica]primogenitorum descendendo. Qua deficiente qui secando post illum primogenitum ex dicto Jo. Jacobo genitus fuerit, et sic successive ordine primogeniti sui nati vel nascituri et primogeniti eorum primogenitorum usque in infinitum, quibus prorsus deficientibus primogeniti post illum secundum tertio et successive primogeniti quarto tertio cum sua genelogia deficiente et sic gradatim de singulo in singulum usque dum linea recta dicti Jo: Jacobi Trivultii prorsus extincta fuerit: qua per casum quemcunque deleta, ita quod ex linea eius masculina nemo sit superstes fratris sui maioris primogeni tua et eius descendentes primogenitis quibus similiter defficientibus reliquorum fratrum suorum cuiuscunque videlicet in ordine sue nativitatis primogeniti et eorum nati primogeniti. Quibus omnibus sublatis reliqui de domo et stipite nobilium de Trivultio proximiores gradu prefato Joanni Jacobo Trivultio et eorum primogeniti qui proximiores gradu si pares fuerint antiquiores et eorum primogeniti ordine prescripto perpetuis futuris temporibus se se in pubblicis sive privatis scripturis, actionibus, conventionibus, negociationibus ac aliis tractatibus quibuscunque Comites Mosachi appellare, nominare ac scribere possint ac valeant talesque ab aliis appellar!, nominari, scribi, teneri ac reputari debeant prefatumque castrum Mosachi et Vallem Misolchinam cum titulis, dignitatibus, honoribus, libertatibus, gratiis cum hominibus illi subiectis, terris cultis et incultis, pratis gerbis, nemoribus, furnis, molendinis, venationibus, piscationibus, aquaticis piscaticis et cum mero et mixto Imperio ac omnimoda jurisdictione homagiis et fidelitatibus ac universis iuribus, datiis, gabellis, pedagiis ac aliis redditibus, obventionibus, emolumentis, suis confinibus et pertinentis quibuscunque in antedicto venditionis instrumento contentis, ipsumque comitatus titulum ac iura, indulta, libertates, immunitates, gratias, homagia et honores prout supra ft mentio nostro Sacri Imperii aut alterius cuiuscumque iure si quod in dictis Castro et Comitatu Mosachi comperierit salvo libere possidere, uti frui et gaudere possint et debeant: hac tamen adiecta conditione ex mente et voluntate sepe dicti Jo. Jacobi Trivulti et auctoritate nostra Imperiali roborante et de novo constituente hinc in antea perpetuis temporibus valitura ut antedicti primogeniti pro tempore ad prelibatum comitatum Mosachi ordine successionis supradicto pervenientes eundem neque in totum partem neque aliquid de eius pertinentiis neque directe neque indirecte expresse seu tacite nec alio quovis colore vel ingenio humanitus possibili neque vendere neque obligare neque permutare neque inter vivos vel causa mortis neque ad pias causas nec in dotem dare, donare, legare, testari nec quovis alio titulo alienationis in aliquem alium transferre possint sed quod idem Comitatus cum suis iuribus et bonis absque aliqua diminutione ubi et cuiuslibet falcidie et trebellianice detractionis in dictis bonis auctoritate nostra predicta harum serie expresse derogamus neque ullo unquam tempore aut casu locum habere volumus transeat et perveniat de uno in alium primogenitum modo et ordine supradictis irritum et inane ac nullius fore momenti decernentes. Si quovis ingenio per quemcumque ex primogenitis prefactis etiam cum dispensatione centra nostram huiusmodi ordinationem et constitutionem obtenta qnam similiter harum serie nullas habere vires [p. 411 modifica]sed prorsus invalidam esse decernimus attentatum aut contraventum fuerit. Volentes insuper prenominato Jo. Jacobo uberiorem facere gratiam quo quanto abundius liberalitate et munificentia nostra se se donatam agnoscit tanto in nostra ac sacri Imperii obsequia promptiorem ac fideliorem exibeat eidem Jo. Jacobo et primogenitis et heredibus suis ei ordine prefato succedentibus ut quamcunque Monetam auream vel argenteam cudere seu cudi facere ut etiam quamcunque Monetam similiter auream vel argenteam fabricare et similiter fabricatam ad stampum eorum reducere et reduci facere quocunque tempore die et hora pro eorum beneplacito in dicto Castro Mosachi aut eius territorio absque cuiusvis alterius superioritatis recognitione aut requisitione possit et valeat, auctoritate et scientia quibus sapra gratiose annuimus et impartimur iuribus consuetudinibus aut aliis non obstantibus quibuscumque quibus espresse per presentes similiter volamus esse derogatam et super omnia predicta dictam comitatam Jo. Jacobum Trivaltium Comitem Mosachi eiusque heredes memoratum comitatum superiori ordine obtinentes una cum bonis et rebus eorum omnibus insuper et personis dicto Comitatui spectantibus ab omni inferiorum principum quorumcunque officialiumque suorum potestate jurusdictione tam in civilibus et criminalibus quam mixtis et imperandi facultate et auctoritate harum serie exhimimus et separamus assumendo eosdem unacum eorum et subditorum suorum bonis et rebus omnibus mobilibus et immobilibus, presentibus et futuris in nostram ac Sacri Imperii salviguardiam, protectionem et defensionem volentes ut hinc in antea omnibus gratiis libertatibus ac bonis et consuetudinibus quibus ceteri in nostram ac Sacri Imperii protectionem assumpti gaudent uti frui et gaudere possint suplentes preterea omnem defectam jurisque solemnitatem ac omnem maculam tollentes auctoritate profata si vel in dicto venditionis contractu vel alias quoquomodo intervenissent aut intervenire potuissent: Nulli ergo omnino hominum universitatum vel comitatum liceat hanc nostro roborationis, concessionis, confirmationis, derogationis ac decreti paginam infringere aut ei quovismodo ausu temerario contraire. Si quis vero secus temptare presumpserit nostram et Imperii Sacri indignationem et penam quinquaginta marcarum auri purissimi totiens quotiens contrafactum fuerit irremissibiliter se noverit incursurum quarum medietatem Imperialis nostri fisci sive erarii, reliquam vero partem antedicto Jo. Jacobo aut eius heredibus usibus decernimus applicandam presentium sub nostre Imperialis sigilli Majestatis appensione testimonio litterarum. Dat. in oppido nostro Imperiali Norimberge die decimaoctava mensis novembris anno domini millesimo quadringentessimo octuagessimo septimo regnorum nostrorum Romani quadragesimooctavo, Imperii trigesimo sexto, Ungarie vero vigesimo nono. Signata ad mandatum domini Imperatorie, pretereamcum sigilla magno pendenti in cera alba cum siriceo violaceo. A tergo signata: Matias Murimm.




[p. 412 modifica]

2.


Lodovico Duca d’Orléans concede a G. G. Trivulzio di batter moneta alla bontà di quelle d’Asti e di Francia.


Amboise, 2 Marzo 1496 n 3


Luduvicus Dux Aurelianensis Mediolani et Valesie Comes Blesensis Papie ac Bellimontis, Astensis Comitique Dominus Universis presentes litteras inspecturis salutem.

Capientes nos Egregio ac Nobili Tiro Consangnineo nostro D.no Johanni Jacob Trivulcio Comiti Belcastri etc rem pergratam sibi effigere ob virtutes fidem et integritatem suam obque incredibilem benivolenciam nostram erga ipsum accipientes quod cudere monetarum argentearum et aurearum ad stampum nostrum in Ceccha sua Misocchi jucundum esset, idquo nobis jucumdissimum itcirco concedimus et libere donamus eidem pref. D.no Jo. Jacobo Trivulcio Comiti suique auctoritatem et amplam potestatem cudendi seu cudere faciendi quascumque monetas aureas vel argenteas prout sibi placuerit die noctuque bone legis tamen et ponderis prout fuerit in Regno Francie et sicut ad stampum nostrum in Ceccha nostra Astensi fabricatur. Mandantes et precipientes omnibus et singulis Justiciariis ac officiariis nostris quatenos soprascript. D.no Jo. Jacobo Trivulcio presenti concessione donacione seu gracia nostra uti et gaudere faciant et permittant. In cuius rei testimonium presentes fieri jussimas ac nostra propria manus subscripcione solitoque sigillo munitas.

Dat in Villa Ambasie secunda die (Martis) anno Domini millesimo cccc nonagesimo quinto more Gallicano computandon 4.

Signat. Loijs

Per dominum ducem Vobies et alis
presentibus Cotereau subscripsi.

Reg. ad officium statutorum

Comunis Mediolani in libro signato N in foglio 169n 5.

Da una lista di pergamena pende un frammento di sigillo in cera rossa.

[p. 413 modifica]

3.


Istrumento rogato nella zecca di Roveredo, col quale Azino da Lecco procuratore di G. G. Trivulzio contratta del legname da consegnarsi a Lostallo vicino al fiume Moesa.




Roveredo, 23 Giugno 1497n 6


In nomine d.ni amen. anno nativitatis millesimo quadragintessimo nonagesimo septimo. Inditione quintadecima die veneris vigesimo tertio mensis Junij.

Dominus Azinus de leucho habitator in zegha roueredi nomine et vice ex.tie et prestantissimi comiti domini Jo: Jacobus Trivaltis... signore generalo della Valle Mesolcina, conviene con Antonio fu Jacopo Conforti e Giacomo figlio d’Antonio del Brenta ambi di Lostallo, di comperare pel maggio 1496, 400 bore e travi larice e pecchia a... grossos septem et danarios tres tertiolorum pro qualibis burra pijcee et grossos octo et danarios tres pro qualibet burra de mensura laricis et de pijcea, et quod trabes sint longi brachia octo et novem et quod soprascriptum totum lignamen sint obligati soprascripti de lostallo consignare ad aquam moesie...

Actam in pasquedo roueredi in domo zeche...

Ego Joannes del Pijceno filias sor Antonij de roueredi vallis Mexolcine publicus Imperiali auctoritate notarius superscripta omnia rogatus traditi scripsi et me subscripsi: laus deo amen.




4.


G. G. Trivulzio concede a Maestro Giacomo dei Conradi di Reggio, Zecchiere in Asti di stampare monete coll’impronta, armi e nome di Lodovico XII Re di Francia.

Asti, 27 Febbraio 1499 n 7


Johannes Jacobas Trivalcius Comes Dezenasii Baro Castrilorii sacri ordinis regij miles et regie maiestatis Conciliarius cambellanus et citramontes lacumtenens generalis Egregio dilecto nostro Magistro Jacobo de Conradis de rezio habitatori Ast fabricatori stamparum monetarum astensium earumque taglatorj salutem. De vestri industria et fide ad plenam informati vos favoribus nostris dignis comoditatibus; honoribus et [p. 414 modifica]preheminoncijs ac franchisijs et alijs ad officium fabricaverum monetam hao in Civitate concessis ornari et sequj volentes harum serie vobis licenciam impartimur inpune stampandi et seu stampas et formas monetarum et ferros taglandi pro monetis fabricandis hac in civitate Astensi sub nomine, signis et armis Serenissimi ac christianissimi Principis nostri dominj dominj Ludovici dei gracia franchorum regis Mediolanique ducis et astensis dominj prout per magistrum monetarum ad fabricam dicte monete deputatum et designatum fuerit ac ordinatum ad ipsum officium expresse vos constituentes et deputantes et aliorum officialium dicte monete numero aggregantes cum immunitatibus exemptionibus et franchisijs, honoribus, oneribus, preheminencijs, prerogativis, dignitatibus et alijs ad dictum officium pertinentibus et spectantibus et quibus ceterj officiales dictarum monetarum hac in Civitate et illius dominio ussi (usi) et gavissi vestri officio et illius hac in civitate exercicio durantibus. Mandantes omnibus et singulis officialibus et dacitarijs regie maiestatis prefacte presentibus et futuris deputatis vel deputandis quatenus vos pro talj habeant, tractent et reputent nichil in contrarium attemptando, quominus privillegio aliorum officialium ad fabricam dicto monete deputatorum uti valeatis et gaudere sub pena indignacionis Regie et nostre et pro quanto illam evitare caripendunt. In quorum testimonium prosentes fierj jussimus et nostro sigillo muniri. Datum Ast vigessimo septimo mensis februarij Millessimo quatercentessimo nonagessimo nono.

Per prefatum Ill. dominum Comitem

Regium locumtenentem generalem

Ferrerij.

(Con sigillo pendolo).




5.


Massimiliano I conferma a G, G. Trivolzio il diploma di Federigo III colla facoltà di disporre ed alienare il Contado di Mesocco.


1501? n 8.


(Diploma di data incerta del quale non si conosce né originale, né copia autentica. Copie senza data si conservano nell’Archivio Trivulzio; la più antica, del 1620 circa, ci servì per questa trascrizione).

Confermatione dell’investitura del Contado di Misocco et Valle Misolcina fatta dalla Maestà di Massimigliano Re dei Romani a Gio. Jac. il Magno Trivultio con facoltà di disporre et alienare d. Contado come gli pare.

[p. 415 modifica] Dopo il lungo elenco dei titoli di Massimiliano e le solite formole, nelle quali G. Giacomo è chiamato «Marchioni Viglevani magno Franciae Marescallo et Comiti Misochi» si ripete il diploma di Federico, la conferma che segue non è che una parafrasi di detto diploma con aggiunto il diritto di vendere e disporre del Contado. Nel testo si legge:

.... quam habet ipse D. Jo. Jacobus Triultius cudendi et fabricandi seu cudi et fabricari faciendi quamcunque monetam auream, argenteam iuxta dieta Concissionis formam et tenorem, confirmamus verum etiam ex abundantiori gratia eidem D. Jo. Jacobo Trivultio et heredibus et successoribus suis tam masculis quam foeminis, et quibus dederint ut supra quod quamcunque monetam similiter auream et argenteam cudire et fabricare et cudi et fabricare facere, et similiter fabricatam ad stampum eorum reducere et reduci facere et expendere ubique locorum quocumque tempore die et hora prò eorum beniplacito in dicto Castro Musochi aut eius territorio...»




6.


Paolo Gentili procuratore di G. G Trivulzio, dà. in affitto per anni nove la decima di Verdabbio ai consoli di quella terra. Istrumento rogato nella zecca di Roveredo.


Roveredo, 17 Marzo 1509n 9.


In nomine domini amen anno nativitatis eiusdem millesimo quingentesino nono. Indicione duodecima die martis decime septimo mensis Julij.
Spectabilis vir dominus paulus gentilis filius q˜m domini iacobi de Sarauale dijocesis Tortonensis. De praesenti habitator roueredi vallis mexolzine dyocesys curiensis negociorum gestor illustris et excelsy domini domini Joannis Jacobi triultij domini generalis vallis mexolzine ecc. affitta a Francesco Rigassi console di Verdabbio, Antonio Grigeto e Antonio Romoleto di Verdabbio i quali contrattano a nome della Comunità di Verdabbio, la taglia per anni 9 spettante al Trivulzio e si obbligano a... solvere et consignare tempore Sancti martini in palacio roueredi prelibati ill.mo domino ac heredibus suis, staria quadraginta segalis, staria decem milij, staria decem panica bene vansorum sichatorum et bene ordinatorum, ecc., ecc.

Actum in roubredi in pasquedo in cegha presentibus ibi magistro Zaneto, filio ser Joannoli de beffano ser georgino de peperalis de Clauena habitatoribus roueredi et dominicho tartaglino fiiio q˜m togni del sonatore habitante roueredi testibus notijs et cognotis noc non vocatis et rogatis.

Ego Joannes amadiristus publicus imperiali auctoritate notarius filius domini henrici de verdabio vallis mexolcine, diocesijs Curiensis soprascriptum locationis instrumentum rogatus traditi scripsi et me propria manu subscripsi signi nominique meijs solitis appositis.

[p. 416 modifica]

7.


Lodovico XII re di Francia accorda a G. G. Trivulzio di batter moneta nel castello di Musso come faceva a Mesocco.


Blois, 1 Maggio 1512n 10.


Nel testo del diploma si legge:

«... donnons et octroyons par ces presentes congé permission et licence de pouvoir doresenavant faire batre et forger an lien de mus toute monnoye dor et dargent aussi que bon leur semblera et tout ainsi et par la forme et maniere quil faisoit et a acoustume faire par cy devant au lieu de Musoc et de tel bonte loy et poix que lou fait en notre ville et cite de millan.

Bloys on moys de may lan de grace mil cinqcons et donze et de notre Regne le quinzieme.

par le Roy Duc de Millan

Robertet.


8.

Libro dei conti della zecca di Roveredo

dal 23 Agosto 1529 al 15 Maggio 1530.

Settembre 1529n 11.


M. Dionisio de Besono Citadino de lione m.ro de la Ceca de Rovereto de dare a lo Ill. s.r marchese conte de mesoco a di 23 Agosto p. marchi 21 de dinarij de la testa ed arma di esso sig.re de valore de bazi tri per uno a rasone de peze 27 p. marco. In mane 141 1/9 a 4 peze per mano a la liga e bontàn 12 de li denarij de la Ceca de Salnzo che sono a dinarij 11 grani

mar. 21 onz -

E più de dare a di 7 setembre per marchi quaranta de li soprad.ti denari de bazi tre dati a stampare A M. Stephano grenghelo e A nicola de Salvino cioè marchi venti per Caduno

mar. 40 onz

Cesaglia per indietro peze 55
E più a di 11 setembre per marchi vinti nno de denari di bazi tro dati a stampare a M. gringhello e nicola Salvino

mar. 21 onz

Cesaglia da r.re detratta peze 9


[p. 417 modifica] E più a di dito 11 setembre per marchi tentanno onze tri de denary de bazi tri dati a stampare a li sopraditi gringhello e nicola

mar 31 onz 3


Cesaglia peze desdoto, peze 18

E più a di 13 Setembre p marchi trenta cinq. onze qaatro de dicti dinari de bazi tri Fano dati a stampare a li soprad. gringhelo e nicola mar. 85 onz 4

Cesaglia peze decesette, peze 17

M. Dionisio bessono de dare a di 14 p marchi yentinove et meze de denari da bazi tri Tono dati a stampare al SaWino mar. 29 onz 4

Cosalia peze desdoto, peze 18

E più a di dito de dare p la fatura de marchi vinti nove onze tre de diti dinari de bazi tre l’ano a rasone de soldi otto per marco si corno si e cunvennto dati a stampar al salvino. Et nota che tute le partite sopra.tte sono per honoranza del sig. et solamente Ms dionisio e debitore de dita honoranza el no del argento et così io testifico mar. 29 onz 3

Cesalia peze tredcze,.peze 13

E più a di 15 mercore a stampare peze de bazi 8 n.® 400 fkno marchi qnatordeze onze cinq. mar. 14 onz 6

Cesalia peze sej, peze 6

Zobia Ì6 dito ecc. ecc. peze da bazi S ecc. n. dnqaeoentovinti mar. 19

Cesalia peze qnatro, peze 4

Zobia 16 dito ecc. ecc. da bazi 8 ecc. n. ottocento mar. 29 onz 4

Cesalia peze qnatro, peze 4

Zobia 16 dito ecc. ecc. da bazi 8 ecc. n. qaatrocento mar. 14 onz 6

Cosalia numero sete, n. 7

Venere 17 ecc. ecc. da bazi 3 ecc. n. 1000 mar. 87 onz

Cesalia peze 22

Venere 17 dito dati a stampare ecc. ecc. da bazi tre n. 625 mar. 22 onz 6

Cosalia peze 64

Sabbato 18 p. ecc. ecc. da bazi tre ecc. n. 1200 mar. 44 onz 8

Cesalia peze 20

Sabbato 18 ecc. ecc. da bazi 3 ecc. n. 1140 mar. 42 onz 2

Cesalia peze 21


Sabbato 18 dito dati a stampare marchi doi de Cavatoti a peze n. 67 per marco mar. 2 onz.

Cesalia pozo 00

D.mea 19 festa 000

Lane 20 dati a stampare pezi da 3 bazi n. 800 dano marchi ventinove onze cinq. mar. 29 onz 5

Cesalia peze 13

Lane 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 503 ecc. mar. 18 onz 5

Cesalia peze 12

Lane 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 500 ecc. mar. 18 onz 4

Cesalia peze 6

Lane 20 dito ecc ecc. pezi da tri bazi n. 292 ecc. mar. 10 onz 6

Cesalia peze 13

[p. 418 modifica]Lune 20 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 292 ecc. mar. 10 onz 6

Cesalia peze 18

Lune 20 dito ecc. ecc. cavaloti da cinque soldi e mezo ecc. mar. 13 onz 2

Cesalia peze 22

Martedi festa San Mateo 21 000

Mercordi 22 dito a stampare d. da bazi 3 peze n. 600 mar. 22 onz 2

Cesalia peze 12

Mercordi 22 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 1200 mar. 44 onz 4

Cesalia peze 25

Mercordi 22 dito ecc. ecc. pezi da tri bazi n. 600 ecc. mar. 22 onz 2

Cesalia peze 12

Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da tri bazi n. 800 ecc. mar. 29 onz 4

Cesalia peze 12

Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da tri bazi n. 400 ecc. mar. 14 onz 6

Cesalia peze 12

Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da bazi tri n. 400 eca mar. 14 onz 6

Cesalia peze 12

Mercordi 22 dito ecc. ecc. dinari da bazi tri n. 600 ecc. mar. 24 onz 2

Cesalia peze 21

Zobia 28 dito ecc. a stampare al Salvino pezi da bazi tri n. 600 ecc. mar. 22 onz 2

Cesalia pezi 5

Zobia 28 dito a stampare alli tri compagni de bellinzona denari da bazi tri n. 900 ecc. mar. 44 onz 4

Cesalia peze 37

Zobia 28 dito a stampare a li tri compagni de bellinzona d. da bazi tri n. 637 ecc. mar. 19 onz 7

Cesalia peze 14

Venere 24 dito a stampare a li tri compagni de Bellinzona d. da baxi tri mar. 51 onz

Cesalia peze 88

Venere 24 dito a stampare al Salvino d. da bazi 8 mar. 18 onz 2

Cesalia peze 5

Venere 24 dito ecc. ecc. d. da bazi 3 mar. 20 onz

Cesalia peze 5

Venere 24 dito ecc. a li tri compagni ecc. di da bazi tri mar. 51 onz 1

Cesalia peze 28

Sabbato 25 dito ecc. ecc. ecc. d. da bazi tri mar. 44 onz 4

Cesalia peze 32

Sabbato 25 dito ecc. al Salvino d. da bazi tri mar. 20 onz 4

Cesalia peze 8

Sabbato 25 dito ecc. ecc. da bazi tri mar. 20 onz

Cesalia peze 9

D.mco 26 dito festa 000

Lune 27 dito ecc. al Salnino d. da tri bazi mar. 20 onz

Cesalia peze 5

[p. 419 modifica] Lune 27 dito ecc. a Cristoforo Varone d. da bazi tri tolto una peze de le contrascripte e datole il contraccambio per assaggio signata A mar. 20 onz.

Cesalia peze 13

Lane 27 dito ecc. in più giorni a henrico gaazero Cavalott da e. 5 d. 6 mar. 24 onz 7

Cesalia peze 79

Lnne 27 Settembre a stampare al Saloino d. da baa 3 mar. 20 onz.

Cesalia peze 8

Lunedi 27 dito ecc. al Yarone d. da bazi 8 mar. 20 onz 7

Cesalia peze 11

Lunedi 27 dito dati a stampare al Stefanino denari da soldi ano ecc. mar. 2 onz 7

Cesalia peze —

Martedì 28 dito a stampare d. da bazi 3 al Stephano e al varrono ecc. mar. 45 onz

Cesalia peze 18

Martedì 28 dito a ecc. d. da bazi 3 al Salvino mar. 24 onz

Cesalia 11

Martedì 28 dito ecc. al stephanno e al varrone d. da bazi 3 mar. 15 onz

Cesalia peze 7

Martedi 28 dito ecc. a stampare al Salvino d. da bazi 8 mar. 7 onz

Cesalia peze 8

Martedi 28 dito ecc. a Stephanino e A varrone d. da soldi 5 denari 6, Cavaloti mar. 4 onz

Cesalia peze —

Mercordi 29 Settembre festa Santo michaele 000

Zobia ultimo dito festa San bytronno 000



Nota: «Como Jo. Joannegeorgio di Albriono ho fato e saldato il tonto a nome de lo Ill.mo Sig. Marchese con Ms Gkibrielo Tatto compagno di Ms dionisio besono m." de Cecha per ìnto el mese di Settembre e sono in tuto marchi mille duecento vinti uno di argento stampite de li quali ne vano dectrati marchi trentaquatro de cesalia ne resta al sig. di neto millecento ottantasètte a rasone de soldi otto per marco p. honoranza di sua signoria montano a lire quatrocento settantaquatro soldi sedici Imp. lire 474. soldi 16».

Cosi continua regolarmente l’Albriono, giorno per giorno, le sue registrazioni, liquidando ogni fine mese col Besson e col Tatto le onoranze dovute a Gian Francesco Trivulzio.

Al giorno 15 Maggio 1530 l’Albriono termina le sue note scrivendo:

15 Maggio.


«Del dito tempo no si ò fato conto alcuno pche M. Dionisio se ne fugito et la Ceca non ha poi più lavorato ma sono marchi cinquantasette onze sei di lieto montano per le honoranze del dito Sig.re lire ventitrij soldi dui,»

[p. 420 modifica]

9.


Inventario dei mobili consegnati al Commissario Antonio Maria Gentili, esistenti nella zecca di Roveredo nei locali destinati a sua abitazione.


Roveredo, 10 Marzo 1546n 13




MDXLVI die X martij.


Inventario de la Cecha cioè de le Robbe consignate al Comissario il Capitano Ant.o maria gentile quale sono del Ill.mo s.r marchese di vigevane S. di questa valle Il s. Fran.co Triuul.o in Rovoretio nelli luochi in frascritti.


In Stuffan 14.

Archebuxi Cinque forniti con le fiasche forme et polverini et taschetti.

Item una Picha de Frassino.

Itom duoi spontoni.

Item quatro zegalie.

Item due Allebarde.

Item una meggia testa.

Item uno Tavogliero con serradura e chiave.

Item uno Armario attachatto come se dentro de la Stuffa.

Item una lettera e una comolla.

Item letto duo e duo piumazzo pexano lire 87 grosse.

Item un altro letto con piumazzo pexa lipre 29.

Item sotto le due fenestre duoi credenzini con serraduro e chiave.

Item due coperte bixe da letto.

Item una coracina.

Item uno scrannon 15 con serradura et chiave.

Item le banche attorno alla Staffa.

Item uno homo da legno.

Itom una cadrega di camera.

Item fenestre tre con le sue telline do tella.

Ne la coxina.


Al uschio sua serradura et chiave.

Item una tavolla con duoi trospedl

Item una credenza di legno de peltro.

Item banche uno de seder con una chiavadura l’altro non.

Item sopra el Camino di qua et di la dui ponti d’assi e una scalla.

Item uno armario con chiave et sorradura.

Item uno armario scavezzo in tri con due chiave e serrature.

Item uno zopo de tagliar sopra la carne.

Item una fenestra et la stameguan 16 de tella.

Item due assette di pasta una grande e una piccola.

Item uno rampino de carne.

Item una sechia de sallar carne con uno cerchio de ferro.

Item una cadregha et una scabella. [p. 421 modifica]

Supra la p.a scalla.


Due fenestre con lo stamegne di Tella.

Item una cardenza in cantone con serradara et Chiave.

Ne la p.a camera sopra le due scalle.


Sopra luschio due serradurre con chiave et uno cadenazzolo.

Item una tavulla con duoi traspedi.

Item una lettera con una comolla.

Item duoi sechioni con dui coperti de salar ouero de far altro.

Item una casetta chiavata de batistino.

Item uno coperto de pelle tutto rotto.

Item uno credenzino con robbe de batistino dentro.

Item una fenestra con suo tellaro.

Ne la 2a Camera.


Uno uschio con due serradarre et chiave.

Item una lettera con una comolla.

Item una trivella grossa de le buseno de fontanna.

Item boge due di ferro una grande et una picolla.

Item uno pesi de monette.

Item una cadregha de camera.

Item uno homo de legno.

Item una levera de ferro.

Item una mazza de ferro.

Item dai badili et due zappe de malta.

Item uno staro de misurare biade.

Item chignolli dui de ferro per romper sassi.

Item una caldera grande de bugatta.

Item un’altra caldera mezana.

Item un’altro Caldirollo.

Item una conca de latonn 17.

Item bacillo de ramo in soma con questi cinqui pezzi pexano lipre 80.

Item una tavolla con duoi treppedi.

Item una cassa do tamburro.

Item dui telloni di stamegua di tella.

Item in l’auditto desopra de le duo scallo due fenestre e due stamegue di tella.

Sopra le tre scalle.


Una fenestra con una stamegua di tela.

Item uno uschio de andar sopra del ralogion 18 con la sua seradura et chiave.

Item dove e il ralogio una bancha ch’era in Stuffa.

Item lo Rologio con la campana.

Item ne la Canepan 19.


La serratura et chiave.

Item uno seggiono di bugatta.

Item duoi trespedi con dui assi sopra.

Item una marna de dar da mangiar a uno cavallo.

Item uno aquirollo de legno.

Ne la 2.a Canepa.


L’uschio con serradura et chiave.

Item duoi vaxelli de cinqui brente l’uno.

Item uno altro vassello de otto brente.

Item un’altro vaseletto de due brente.

Item barilli quatro de una brenta l’uno.

Item una pidria.

Item una moscherra.

Item una formagiera.

Al Pozzo.


L’uschio con cadenazzo serradura col suo torno.

Item 6 ap.a porta ferrata di ferro con la sua chiave et serradurra. [p. 422 modifica] Item due stanghe.

Item uno cadenazo de dentro.

La saletta.


Uschio con serradurra et chiave.

Item una cardenza con serradurra et chiave.

Item con le cornixe attorno a detta saletta una tavolla inchiodatta insieme.

Item una cadregha armatta.

Item scabelli n. seij.

Item la fenestra con la stamegua di Tella.

Item de detro la cecha de fora.

Una armadura de muro per fare il camino a la maijstrisia con canten 20 sey e codighe sej et assi diece con altro legname per fare armature et cante tre de foc.

Item nella coxina due cadenne di focco.

Item due parra de brandenalli.

Item duoi spedi de roste.

Item una padella.

Item una lecharda.

Item una gradexella di ferro tutto pesan 45 grosse.




Mi Ant.o Maria gientille afermo essermi stato Consegnato le pp.e robe scrite in fogli tri conputato el pnte de le quali io ne ho una copia simille a questa et in fede mi sono sotto scritto.

Sulla copertina è scritto: Inventario dele robbo de la cecha consignate al com.rio cap. m.ia 1546.




10.


Sulle monete battute da Antonio Teodoro Trivulzio.

1676-78 (n 21).


Al’Ill.mo Ed’Eccell.mo Sig. Prencipe

Antonio Teodoro

Trivultio

Marchese, Conte, barone libero

Signore, ecc.

per le Monete, che nouamente

fà battere.


Dalle vene del Sol sudati argenti
   Mida profonde ad eternar Teodoro;
   E di Giove emulando i gran portenti
   Un’Augusto distilla in nembi d’oro

[p. 423 modifica]


Fidia suisceri invan marmi innocenti
   Porge incisi Alessandri oggi un tesoro
   Qui fan serto ad Alcide ori lucenti,
   Tu se gl’inalzi al crin Delfico Alloro.

Non convien più pescar dov’ha’l sol cuna
   Conca Eritrea, cui la ruggiada ingombra
   Lega Antonio nell’oro, or la fortuna

Fasti d’Enea già Teodoro adombra.
   Che s’ei con ramo d’or sue glorie aduna
   Questi d’Oblio sa trionfar con l’ombra.

Domenico Antonio Ceresola.

In Milano, per gl’Heredi Ghisolfi.

(Con lic. de’ Superiori).





SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA


DELLA ZECCA MESOLCINESE





Ambrosoli Solone, Di una moneta trivulziana con S. Carpoforo, in «Rivista Italiana di Numismatica». Milano, 1888, fasc. II.

Gnecchi Francesco ed Ercole, Le monete dei Trivulzio descritte ed illustrate. Milano, 1887, in-4° (con 8 tavole).

– – Saggio di Bibliografia numismatica delle zecche italiane medioevali e moderne. Milano, 1889. Mesocco, pag. 192; Roveredo pag. 329n 22.

Kunz Carlo, Il Museo Bottacin annesso alla Civica Biblioteca e Museo di Padova, in «Periodico di numismatica e sfragistica». Vol. I, pag. 238, tav. X, 8 e 9.

Liebenau (Th. di), Zur Münzgeschichte von Misocco, in «Bullettin de la Société Suisse de Numismatique», 1887, n. 7-8.

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Litta Pompeo, Famiglie celebri italiane: I Trivulzio.

Marca G. Antonio (à), Compendio storico della Valle Mesolcina. Lugano, 1838, pag. 99 e 232.

Mazzuchelli Pietro, Informazioni sopra le secche e le monete di Gian Giacomo Trivulsio marchese di Vigevano e Maresciallo di Francia, in appendice al Rosmini, Dell’istoria intorno alle militari imprese ed alla vita di Gian Jacopo Trivulzio. Milano, 1815, in-4°, tomo II, pag. 345-330 (con 4 tavole).

Motta Emilio, Le zecche di Mesocco e Roveredo, in «Bullettino storico della Svizzera Italiana». Bellinzona, 1887, fase. 8, li e 12.

Promis Vincenzo, Tavole sinottiche delle monete battute in Italia e da Italiani all’estero dal sec. VII a tutto il MDCCCLXVIII. Torino, MDCCCLXIX, pag. 137 138 179.

Rosmini Carlo (de). Dell’istoria intorno alle militari imprese e alla vita di Gian Jacopo Trivulzio. Milano, 1815, Volumi due in 4°.

Tagliabue Emilio, Un bando contro le monete trivulziane, in «Rivista Italiana di Numismatica». Milano. 1389, fasc. II.

Trachsel Carlo Fr., Die angebliechen Münzen von Misocco im Wellenheimischen Cataloge, in «Berlin Blättter. etc.» Tomo IV.

– – Les atéliers monétaires de la famille des Trivulzio comtes de Misocco, seigneurs de Reinwald et de Savien, marquis de Vigevano, princes de la vallée Misolcina et de Retegno imperiale, etc. Lettre à Monsieur R. Chalon, in «Revue Numismatique belge». Tomo II, serie V.

Zanetti Guid’Antonio, Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia. Bologna, 1779, in-4°.




Note

  1. I documenti inediti che pubblichiamo, togliendoli dall’Archivio Trivulzio, li dobbiamo alla gentilezza ed all’amore agli studi del Principe Gian Giacomo Trivulzio il quale, non solo ci permise lunghe e pazienti ricerche nell’Archivio stesso, ma ci diede ogni comodità per la loro trascrizione.
  2. Copia in pergamena nell’Archivio Trivulzio Araldica Cart. 11, eseguita dai notai Gabriele de Sovico, Andrea de Carbonari e Galeazzo Visconti le cui firme sono autenticate, sotto la data 27 Maggio 1108, dagli Abbati del Collegio dei Notai di Milano.
    Copia di questa pergamena, trovasi anche nel manoscritto del Mazzuchelli, Copia d’Atti e Privilegi relativi alle Zecche de’ Trivulzi, che si conserva nella Biblioteca di Brera in Milano. Segnato G. N. N. IV. 1|13.
  3. Pergamena originale nell’Archivio Trivulzio, Araldica Cart. 11.
  4. In Francia durò la consuetudine fino al 1564 di principiar l’anno nel giorno di pasqua, perciò all’uso odierno la data di questo diploma deve ritenersi, 2 Marzo 1496.
  5. Ora registro Panigarola N. ― Archivio di Stato, Milano.
  6. Pergamena originale nell’Archivio Trivulzio, Araldica Cart. II.
  7. Pergamena originale nell’Archivio Trivulzio, Cartella 49, n. 29.
  8. Archivio Trivulzio, Araldica Cart. 11.
  9. Copia cavata dall’originale nell’Archivio Trivulzio, Cod. 1953. Miscell. III.
  10. Pergamena originale nell’Archivio Trivulzio, Vicende personali Cart., 7, n. 2, Mazzucchelli, Copia di atti e privilegi, ecc. Biblioteca di Brera in Milano. Copia manoscritta.
  11. Dall’originale manoscritto del XVI secolo nell’Archivio Trivulzio, Araldica Cart. l2.
  12. Possiamo garantire l’esatta trascrizione di questo periodo, non sappiamo però interpretarne il senso.
  13. Dall’originale Cod. cartaceo dal XVI secolo. nell’Archivio Trivulzio, Araldica 12.
  14. Camera foderata di legno, con una grande stufa in pietra per riscaldarla.
  15. Voce ancora in uso nel dialetto Mesolcinese, cassone, cassapanca.
  16. Telaio coperto di tela che faceva l’ufficio di vetri.
  17. Conca d’ottone.
  18. Esiste ancora la torricella per l’orologio, ma l’orologio manca.
  19. Cantina.
  20. Cantari, travi leggere per far armature.
  21. Da uno stampato in folio sciolto senza data nell’Arch. Triv., Cart. 79, N. 23. Antonio Teodoro Trivulzio esercì la zecca di Retegno dal 1676 al 78 ; a tal periodo deve quindi appartenere questo sonetto.
    Veramente esso non potrebbe figurare come documento inedito, ma essendo la copia della Trivulciana rarissima, se non unica, abbiamo creduto ripubblicarlo esaurendo cosi quanto ci fu dato rinvenire negli archivi Milanesi su questo argomento.
    Dei resto non lo citiamo a modello di stile. Esso è quanto di più goffo e barocco possa aver prodotto l’Arcadia. L’adulazione smaccata è sviluppata con tali idee contorte e nebulose che ci fan dubitare vi fosse nel buon Domenico Antonio Ceresola stoffa per un compositore di sciarade anzichè di sonetti.
  22. Di questa importante opera ci siamo naturalmente serviti per la compilazione della presente bibliografia, omettendo però le pubblicazioni che, pur parlando di monete trivulziane, non accennano alla zecca Mesolcinese.