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Pagina:Della consolazione della filosofia.djvu/116

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pare, risposi. Ma i rei, se acquistassero quel bene che desiderano, esser rei non potrebbero. Così è, risposi. Dunque, con ciò sia cosa, rispose, che gli uni e gli altri desiderino il bene, ma questi lo conseguano e quegli no, párti che sia dubbio i buoni esser possenti, e quegli, che sono rei, debili? Chiunque dubita di questo non può, risposi, nè la natura delle cose considerare, nè la conseguenza delle ragioni. Se fossero due, ricominciò ella, i quali avessero naturalmente un proponimento medesimo, e di questi uno con naturale uffizio lo faccia e compia, e l’altro quello uffizio naturale amministrare non possa, ma per altro modo, che alla natura convenga, non dico adempia il proponimento suo, ma imiti e contraffaccia uno che l’adempia, quale di costoro giudicherai tu che sia più possente? Avvenga, risposi, che io m’avvisi quello che tu voglia dire, desidero nondimeno che tu lo mi spiani alquanto più. Negherai tu, disse, che il movimento dell’andare sia agli uomini secondo natura? Non già io, risposi. E che l’uffizio, aggiunse, dell’andare sia naturale de’ piedi? Nè anche cotesto, risposi. Se uno dunque, soggiunse, il quale possa ire co’ piedi, vada e cammini, e un altro, al quale questo uffizio naturale dei piedi manchi, si sforzi d’andare appoggiandosi colle mani, quale di questi due si può ragionevolmente stimare più possente? Passa, dissi, a quello che tu inferire ne vuoi, perchè niuno dubita che colui il quale può fare l’uffizio naturale, sia più di colui possente, il quale farlo non puote. Ma il sommo bene, disse, il quale è proposto egualmente a’