Affronti e Confronti/XXV

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«Mamma!», esclamai con gioia quando riconobbi la sua voce e quella di Mirella, una sua vecchia amica che si era offerta di venirci a prendere.

Anche Leandro salutò con cortesia, quindi si passò alla presentazione di Alice e Flavia a mia madre e alla sua amica. Poi le due ragazze ci salutarono, congedandoci.

«Adesso, dovete raccontarmi tutto», disse mia madre non appena salimmo in macchina. «Dalle vostre facce, non sembrate affatto stanchi».

«Beh, un po’ sì», rispose Leandro. «Ieri è stata una giornata pesante. È vero che l’intervista con Biagi ha avuto luogo nel pomeriggio ed è durata meno del solito. Ma poi, abbiamo dovuto sbrigare un mucchio di pratiche. Per non parlare della festa iniziata verso le nove e cinque o giù di lì e terminata alle due meno un quarto di questa mattina».

«E poi», aggiunsi io, «anche la giornata di oggi non è stata da meno. Feste, commissioni, carte da firmare e, chi più ne ha, più ne metta».

«A parte quello che mi avete appena raccontato», disse Mirella, «mi auguro che vi siate svagati. A Roma ci sono stata una volta sola, e solo per due giorni. Ma voi dovreste conoscerla ormai a memoria. A proposito, com’era il tempo?». «Bellissimo», risposi. «A parte il periodo tra venerdì notte e sabato mattina».

«Qui», disse mia madre, «ha fatto un caldo pazzesco. Stamattina l’aria sembrava più fresca. Poi, dalle tre e mezza, sta piovendo a dirotto. Anzi, magari piovesse un po’! Ha fatto talmente tanto caldo che un po’ di pioggia non fa certo male. Ed ora, su! Raccontatemi!».

Presi la parola:

«Dunque, appena arrivati in albergo, dopo aver depositato le valigie in camera, abbiamo iniziato con la festa di benvenuto. È qui che abbiamo conosciuto Tony».

«Chi è Tony?» chiese ad un tratto mia madre.

«Quella persona non vedente venuta con la sua famiglia e della quale ti ho già parlato. L’albergo? Un vero lusso che nessuno di voi può immaginare. Nel pomeriggio mi sono recato, prima all’Unione, poi in Rai a conoscere Biagi e a concordare con lui i punti dell’intervista. Nei giorni seguenti abbiamo girato Roma e dintorni. Abbiamo assistito all’udienza del papa. Per due volte siamo stati invitati dalla famiglia di Leandro. Siamo andati al mare a Fregene e, ancora, a sentire un’opera lirica. E che feste! Leandro ha filmato tutto».

«Beh», disse Mirella, «ne hai da scrivere, a quanto vedo».

«Insomma, vi siete davvero divertiti», riprese mia madre. «A proposito, Enea. Ha telefonato Sergio. Ha detto di chiamarlo, nel caso tu abbia voglia di vederlo stasera». «Mi scusi, signora», intervenne Leandro. «Si tratta di quel ragazzo che abbiamo incontrato prima di partire, e che poi ci ha condotti all’aeroporto?».

«Proprio lui. È una bravissima persona! Sapessi come si occupa di Enea».

«Insomma», disse lui, «qui a R. ti conoscono tutti. Hai tanti amici e conoscenti».

Gli risposi di sì. Mentre stavamo arrivando a casa, Mirella disse:

«Allora, domani a che ora devo passare? A che ora il signor Leandro deve prendere l’aereo?».

Leandro glielo comunicò, poi lei disse:

«Bene, passerò alle due meno un quarto. Il posto c’è anche per te e per la mamma».

«Non disturbarti», disse lei. «Io non vengo. Se proprio insisti, ti mando Enea. Così loro due potranno chiacchierare ancora un po’».

Quindi scendemmo dall’auto e fummo aiutati a tra-sportare i bagagli.

«Ancora una cosa», disse mia madre alla sua gentile amica. «Senti cosa ho in mente per domani. Appena ritornerete dall’aeroporto, potrai fermarti a mangiare da noi. Se tornate presto, potremmo anche guardare le foto ed i filmati». «D’accordo».

Fuori pioveva come Dio la mandava. Appena rincasati ebbi subito voglia di fare una doccia. Anche Leandro, dopo di me, fu dello stesso parere. Erano le sette meno venti.

«Intanto vi preparo la cena», disse mia madre. «In questi giorni ho sperimentato una nuova ricetta: mezze maniche con pancetta e zucchine».

«Signora, lei è un’ottima cuoca. Ma stasera vorremmo tenerci leggeri».

«Va bene, non c’è problema. Sarà per domani! Allora, stasera cosa vi preparo?».

«Quello che decide Enea, va bene anche a me».

«Potresti prepararci un piatto di pasta al pomodoro e basilico». «E di secondo, preferite la carne o i formaggi?».

Questa volta, fu Leandro a dire la sua.

«Di carne ne abbiamo mangiata così tanta in questi giorni. Se non le spiace, preferirei i formaggi».

«Bene. Allora, formaggi e contorno di cipolline, funghetti e melanzane sott’olio! Vi va bene?».

Le risposi di sì. Dopo essermi rinfrescato chiamai Sergio, il quale si mise d’accordo con me per venirci a trovare alle nove. Lo informai anche che c’era da collegare il dvd al televisore.

«Era ora che tu ne avessi uno», disse. «Così potrò prestarti i miei film, senza che tu li vada a comprare. Allora, d’accordo, boss, alle nove».

Poi Leandro, usando il suo cellulare, chiamò la sua famiglia e l’hotel Belfiore. Cenammo alle sette e trenta-cinque. «Complimenti, signora, anche il piatto più semplice, lo sa preparare in modo speciale. Enea, senti che buon aroma ha questo sugo! E che profumo di basilico! Complimenti!».

Terminammo alle otto e venti, con tanto di caffè e liquore.

«Dai, papà! Non posso vederti così triste. Lo so che ti dispiace e ti viene da piangere, ma non devi farlo», disse Lisa a suo padre mezz’ora dopo essere rientrati all’hotel Belfiore. «Cerca di distrarti. Se vuoi, eccoti un cd con le tue canzoni preferite. Oppure, là in fondo ci sono Nina ed Edoardo».

«Vado a fumare una sigaretta, poi ascolterò un po’ di musica. Dove sono le cuffie, così non disturbo?».

«Eccole là, in sala», gli disse la moglie. «Le hai lasciate lì fin da ieri».

Tony si accese la sigaretta, poi ascoltò un po’ di musica.

«Caro paparino, tu non stai piangendo, ma si vede che sei ancora triste. Vieni con me a prendere una boccata d’aria! Vedrai, ti passerà! Ricordi? Quand’ero piccola mi dedicavi molte attenzioni e mi sapevi aiutare nei momenti più difficili. Io ti voglio tanto bene, anche se qualche volta mi sono arrabbiata con te. Ora devo andare da Agata, la nipote di Nina. Vieni anche tu! Ho dimenticato di prendere la lacca per i capelli, la crema per il corpo, ed una boccetta di cologna che tu adori, ogni volta che la metto».

«Carissima Lisa. Vieni pure avanti», le disse Agata. Fecero gli acquisti.

«Lisa cara», le disse lui. «Sei tanto buona, hai lo stesso carattere di tua madre. Domani mattina avrei bisogno che tu mi portassi a cambiare le testine del rasoio. Anzi no! Andiamo subito a comprare un rasoio di sicurezza o una macchinetta con lamette intercambiabili e la schiuma da barba. Domani voglio imparare a radermi con la lametta, come mi ha insegnato il mio caro amico Enea».

«Papà. Se poi però non hai ancora imparato ad adoperarla, tanto vale andare al negozio a cambiare le testine del rasoio elettrico. Possiamo fare tutte e due le cose. Magari domani».

«D’accordo».

«Quei due ragazzi mi mancano, sapete?» disse Edoardo mentre tutti si trovarono a tavola. Ora i rimaneti tre posti vennero occupati dal figlio, dalla moglie e da Francesco, costituendo così un tavolo da otto persone, mentre prima eravamo soliti trovarci in sette.

«A proposito di Enea», gli rispose Nina, «chissà se si farà sentire! So soltanto che con lui mi sono divertita davvero. E poi, in questi giorni ne ha combinate di tutti i colori. A parte quello che è accaduto pochi giorni fa, ieri sera si è perfino ubriacato. Beh, per la verità si sono ubriacati un po’ tutti. E poi deve averne combinata una anche oggi, all’aeroporto. Non so cosa sia successo di preciso».

«Ho sentito che si stava parlando di cd», le disse Tony. «Probabilmente erano tutti masterizzati e l’impiegato voleva controllarne la provenienza. Mi pare anche di aver capito che volevano trattenerlo assieme a Leandro. Comunque, tutto è finito bene».

Nina disse:

«Però! Non sapevo cantasse così bene. In ogni caso, sia ieri, sia domenica abbiamo cantato anche noi. Chissà cosa avrà pensato Biagi ieri sera! Comunque eravamo tutti allegri».

«Tony», esclamò sua moglie, «ti è passata la tristezza, vero?».

«Sì, un po’».

«Domani», lo rassicurò la figlia, «starai ancora meglio».

La conversazione continuò fino al termine della cena, quindi proseguì in sala fumatori. Poi, verso le otto e mezza, il cellulare di Tony squillò.

«Ciao, Enea. Mi fa davvero piacere sentirti», disse prima che io potessi proferir parola. Allora ricordai che anche Tony aveva il cellulare con la sintesi vocale e che aveva memorizzato il mio numero che gli avevo dato la sera in cui venimmo invitati a cena dai Portici. Ricordai anche che, prima di prendere la chiamata, Tony aveva l’abitudine di premere un pulsantino che gli permetteva di conoscere numero telefonico ed identificativo di chi lo stava chiamando, sempre che il nome fosse memorizzato nella sim del telefono.«Tutto bene, Tony».

«Com’è andato il viaggio?».

«Benissimo. Ho anche conosciuto una ragazza, vicino a me sull’aereo e, quarda un po’, mi ha lasciato l’indirizzo del cognato che lavora in una casa editrice».

«Allora, quando scriverai il libro, sai già a chi farlo revisionare».

«Praticamente sì. Tony, ti ho sentito con vero piacere. Salutami la tua famiglia, i nostri vicini di tavola, le persone che ho conosciuto in questi giorni e tutto il personale dell’albergo».

«Sarà fatto. Anzi, poco fa abbiamo parlato di te. Ci manchi già tantissimo. Prima quasi mi veniva da piangere».

«Dai, sta allegro! Di nuovo, tanti saluti a tutti. Aspetta, ora ti passo Leandro».

«Carissimo Tony», disse Leandro, «come va?».

«Bene».

Poi si spostò in camera da letto, chiudendo la porta.

«Ascolta, Tony. Ora ti racconto cos’è successo nell’ufficio dell’agente. In pratica, l’agente ci ha fatto firmare una dichiarazione, per gentile concessione del suo capo, il quale ci ha avvertiti che se avessimo dichiarato il falso ci saremmo beccati una multa salata, oltre alla reclusione. Enea, mi viene da ridere ancora adesso, gli ha fatto sapere che se ciò fosse avvenuto avrebbe preso i migliori avvocati, offrendosi di pagare la cauzione per tutti e due. Il capo allora ci ha detto che la storia della galera e della cauzione erano uno scherzo, solo per vedere come avremmo reagito. La dichiarazione, invece, l’abbiamo firmata sul serio. Ecco perché Armando oggi ha fatto quella battuta sul gatto ed il topo».

«Ah», disse Tony ridendo. «Ora ho capito tutto. Per il resto tutto bene?».

«Sì».

«Beh, Leandro, ora ti saluto, a nome di tutti noi. Quando domani ritornerai a Roma, salutami anche la tua famiglia. E non dimenticarti di noi. Come sai, noi ripartiamo tra poco più di quindici giorni».

«Senz’altro, non mancherò. Di nuovo tanti saluti a tutti voi, e anche al personale dell’albergo».

Poi Tony raccontò ai presenti la scena dell’agente e tutti si misero a ridere. Mentre Leandro si era ritirato in camera per non far sentire a mia madre questa storia dell’agente, ricevetti la telefonata di Sergio, che mi fece sapere che sarebbe arrivato alle nove e un quarto.