Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/116

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Anno 116

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Anno di Cristo CXVI. Indizione XIV.
Alessandro papa 9.
Trajano imperadore 19.


Consoli


Lucio Elio Lamia ed Eliano Vetere.


Chiaramente scrive lo storico Dione1 che dopo il tremuoto di Antiochia (e però nell’anno presente, e non già nel precedente) venuta la primavera, Trajano con tutto lo sforzo delle sue genti si mosse per portar la guerra nel cuore del regno dei Parti. Conveniva passare il rapido fiume Tigri, le cui sponde, dalla parte del Levante, erano ben guernite di nemiche milizie. Avea egli fatto fabbricar nel verno una prodigiosa quantità di barche con legni presi dai boschi di Nisibi; e per introdurle nel suddetto fiume, pensò ad un arditissimo e dispendioso ripiego, cioè di tirare un gran canale di acqua dall’Eufrate nel Tigri, per cui si potessero condurre le navi. Nacque sospetto, che essendo più alto l’Eufrate dell’altro fiume, potessero le di lui acque accrescere di soverchio la rapidità del Tigri, e che colà si volgesse tutto l’Eufrate, con perdersene anche la navigazione; e però non si compiè l’impresa; o se pur si compiè, non se ne servì Trajano. L’altro ripiego, a cui s’attenne, fu di condurre sopra carri barche fatte, ma sciolte, per unirle poi insieme sulle ripe del Tigri, e lanciarle quivi nel fiume. Così fu fatto. Di queste si formò un ponte; e tanta era la copia delle altre navi cariche di armati, che infestavano i Parti schierati sull’opposta ripa, e di altre che minacciavano in più luoghi il passaggio dell’armata, che i Parti non sapendo intendere, come in un paese privo affatto d’alberi, fossero nate cotante navi, e perciò sgomentati, presero la fuga. Passò dunque felicemente tutto l’esercito romano, e piombò sulle prime addosso al traditor Mebaraspe re dell’Adiabene, con sottomettere tutta quella provincia. [p. 425 modifica]grandi s’impadronì di Arbela e di Gaugamela (dove Alessandro il Grande diede la sconfitta a Dario), e di Ninive e di Susa. Di là passò a Babilonia, senza trovare in luogo alcuno opposizione, perchè i Parti non erano d’accordo col re loro Cosroe, e più di una sedizione e guerra civile in addietro avea snervata la potenza di quella nazione. Volle Trajano osservare in quei contorni il lago onde si cavò il bitume, con cui in vece di calce furono unite le pietre delle mura di Babilonia. Sì fetente è l’aria di quel lago, che l’alito suo fa morire gli animali e gli uccelli che vi si appressano. Di là passò Trajano a Ctesifonte, capitale allora del regno de’ Parti, dove fu fatto un incredibil bottino, e presa una figliuola di Cosroe col suo ricchissimo trono2. Cosroe se n’era fuggito: ne parleremo a suo tempo. Stese dipoi il vittorioso Augusto le sue conquiste per quelle parti, soggiogando Seleucia3, e i popoli Marcomedi, e un’isola del Tigri, dove regnava Atambilo, e giunse fino all’Oceano. Svernò coll’armata in quelle parti, e vi corse vari pericoli per cagion delle tempeste insorte in quel fiume, vastissimo verso le basse parti per l’union dell’Eufrate.

Lo strepito di tali conquiste arrivato a Roma riempiè di giubilo quel popolo, che non sapea saziarsi di esaltar le prodezze di questo Augusto, giacchè l’aquile romane non aveano mai steso sì oltre, come sotto di lui, i lor voli. Perciò il senato gli confermò il cognome di Partico, con facoltà di trionfalmente entrare in Roma quante volte egli volesse, perchè in Roma non erano conosciuti tanti popoli da lui soggiogati. Trovasi ancora in qualche medaglia4 accresciuto per lui sino alla nona volta il titolo d’imperadore, e datogli il nome d’Ercole. Ordinò[p. 426] parimente il senato, oltre ad altri onori, che gli fosse alzato un arco trionfale. Preparavansi ancora i Romani a fargli uno straordinario onorevole incontro, allorchè egli fosse ritornato a Roma; ma Dio altrimenti avea disposto. Trajano più non rivide Roma, nè potè goder del trionfo. Intanto stando egli ai confini dell’Oceano, vista una nave che andava alle Indie, cominciò ad informarsi meglio di quel paese, di cui avea dianzi udito tante maraviglie; e gran desiderio mostrava di portarsi colà. Poi dicea, che se egli fosse giovane vi andrebbe; e chiamava beato Alessandro il Grande, per avere in età fresca potuto dar principio alle sue imprese. Contuttociò gli durava questo prurito; ma nell’anno seguente gli sopravvennero tali traversie, che gli convenne cacciar queste fantasie, e cangiar di risoluzione. Intanto egli fece dell’Assiria e della Mesopotamia due provincie del romano imperio. Da una iscrizione5 esistente tuttavia nel porto d’Ancona, e riferita da più letterati, si raccoglie, che circa questi tempi fu compiuto il lavoro di quel porto per ordine di Trajano, il quale, dopo aver provveduto il Mediterraneo del porto di Cività Vecchia, volle ancora che l’Adriatico ne avesse il suo. A lui ha questa obbligazione Ancona, ed ivi tuttavia sussiste un arco trionfale, posto in onore di così benefico principe. Abbiamo ancora da Eusebio6, che verso questi tempi la nazione giudaica, sparsa per la Libia e per l’Egitto, si rivoltò dappertutto contra de’ Gentili, e ne seguirono innumerabili morti. Ebbero i Giudei la peggio in Alessandria. Secondo i conti di Dione vi perirono dugento ventimila persone; in Cirene essi Giudei commisero delle incredibili crudeltà contro de’ Pagani.

  1. Dio., lib. 68.
  2. Spartianus, in Vita Hadriani.
  3. Eutrop., in Breviar.
  4. Mediobarbus, in Numismat. Imperator.
  5. Gruterus, pag. 247, num. 6.
  6. Eusebius, in Chron.