Annali del Principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540/Avvertimento

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Avvertimento

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Annali del Principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540 Cronaca di Trento
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AVVERTIMENTO


Il nuovo indirizzo dato agli studi critici della storia dai grandi eruditi del secolo XVII, e dal Muratori, dal Tiraboschi e dal Maffei sul principio del secolo scorso conduceva ad un vastissimo campo la operosità investigatrice degli Italiani. I monumenti della civiltà etrusca e romana venivano più alacremente disotterrati ed interpretati; i tesori delle leggi, degli statuti, delle cronache, dei documenti del medio evo, esplorati e messi in luce a comune profitto. Il fervore delle indagini istoriche si diffondeva nel medesimo tempo anche in questa nostra italiana regione, ed eccitava parecchi acuti e pazienti intelletti a raccogliere, a cernire, a illustrare le antiche memorie.

Primo a spargere vera luce di critica nelle cose nostre fu il Gentilotti, amico del Muratori, del Montfaucon e dei più insigni filosofi dell’età sua († 1725). Seguirono il Tartarotti, il Cresseri, il Baroni, il Bonelli, l’Ippoliti ed il Martini, e nei primi decenni del secolo presente il Giovanelli; gli uni risalendo alle origini della nostra gente e alle di lei vicissitudini durante l’Impero Romano; gli altri cercandone la vita [p. iv modifica]latente sotto le rovine delle invasioni barbariche, o nelle sue moltiplici e disordinate manifestazioni dal mille in poi. Tra gli eruditi trentini che bene meritarono del loro paese, per averci offerto materiali copiosi e sicuri onde ricostruirne la storia politica, morale e civile, specialmente nei tempi più tenebrosi dell'evo medio, vuol essere, dopo l’Ippoliti, giustamente encomiato Francesco Felice degli Alberti canonico e poscia vescovo di Trento. Di lui, come vescovo e principe nella sua patria, parleremo acconciamente nella serie delle biografie, che dei sovrani ecclesiastici del Trentino verremo in seguito pubblicando; qui non ci corre altro obbligo che di considerarlo come raccoglitore e compilatore di patrie memorie, e di accennare alle ragioni che ci hanno mossi a dare al suo lavoro, finora inedito, un luogo distinto nella nostra collezione dei materiali di storia patria.

L’Alberti, apprese le scienze ecclesiastiche in Roma e divenuto canonico in Trento nel 1724, non ancora compito il quinto lustro dell’età sua, con provvido e salutare consiglio dedicava gli ozii proverbiali della sua carica allo studio delle numerose scritture componenti l’Archivio del Capitolo Tridentino. Col progredire nelle ricerche egli si avvide ben presto che, se la utilità degli archivi è assai limitata per ciò che concerne alla materialità dei fatti generali e palesi, può essere molto considerevole quanto ai fatti particolari, svelandone le vere e talora riposte cagioni, rilevandone le circostanze che ad essi danno lume e colore. E perciò trascrisse accuratamente tutte quelle carte [p. v modifica]che giovavano a completare la serie degli atti pubblici, a constatare i diritti e i doveri di quel Senato ecclesiastico, a cui spettava la scelta del vescovo e sovrano della dizione trentina, i provvedimenti economici e amministrativi del Principato, i trattati internazionali; e ne formò una collezione di parecchi volumi in foglio, la massima parte dei quali or si conservano nella Biblioteca della città di Trento. L’Alberti, e, subito dopo di lui, il Bonelli, l’Ippoliti ed il Tovazzi non prevedevano certamente tutta la importanza del servigio che avrebbero nel giro di pochi lustri arrecato alla patria le loro raccolte di documenti; le quali ci fanno oggi parere men deplorabili le espilazioni dei nostri archivi avvenute in principio di questo secolo.

Radunata questa ricca suppellettile di materiali, non solamente dall’Archivio capitolare, ma ben anche dall'episcopale e dal municipale, il nostro erudito canonico rivolse il pensiero ad usufruttarli, compilando colla scorta di essi una semplice narrazione dei fatti relativi al dominio temporale e spirituale dei vescovi sul Trentino dal 1022 al 1540. Dispose tutta la materia secondo i criterii logici dell’ordine dei tempi e della vita dei vescovi, e al suo lavoro diede il titolo improprio di Cronaca dei vescovi e principi di Trento. A noi pare non poter correre dubbio che alla natura dell’opera dell’Alberti convenga assai meglio la denominazione di Annali, che son pure la fasi più antica, il primo rudimento della storia. La cronaca differisce dagli annali, in quanto che in essa si narrano i fatti con qualche legame, senza tener [p. vi modifica]conto della parte formale; mentre negli annali si registrano, per solito, con brevità e senza nesso, secondo la serie degli anni, ovvero nella successione del tempo. L’annalista e il cronista, riferendo i puri fatti con istile semplice e conciso, si differenziano poi dallo storico, che dei fatti indaga, per quanto è possibile, le cause e dimostra gli effetti, ed orna e dispone artisticamente la sua materia.

Il nostro autore, scrivendo gli annali della sua patria, aveva due eccellenti modelli dinanzi agli occhi: il Baronio e il Muratori, suo contemporaneo. Noi non diremo che abbia saputo perfettamente imitarli, e soprattutto nella perspicuità e regolarità della forma. Nondimeno egli ha comune col Muratori la coscienziosità di non asserir cosa che male si apponga al vero confermato e sancito dai documenti, ch’egli adduce a proposito di ciascun fatto. Non lo diremo neppure privo di ogni ornamento, nè di una certa disinvoltura di locuzione, nè di qualche calore di affetto negli argomenti che risguardano la inviolabilità dei diritti del principato, tante volte manomessi dai prepotenti vicini. Già a bella prima lo riconosci uomo sincero, che ti vuol esporre la verità quale ella è, o crede ingenuamente che sia; astenendosi quasi sempre dal sentenziare o dall’osservare di suo. Saremmo ingiusti o, per lo meno, troppo severi, se volessimo mettere a carico del nostro autore qualche pregiudizio, ch’egli ha comune con quasi tutti gli uomini della sua casta, a qualche tendenza imputabile alle condizioni particolari del luogo e del tempo in cui visse. In ogni [p. vii modifica]modo, malgrado i suoi difetti, noi lo stimiamo preferibile di gran lunga al Pincio panegirista, al Mariani parabolano, che ammisero nei loro scritti, che sono a stampa, di molte cose non avverate o superflue, senza discernimento e, talvolta, sottacendo o piegando fatti importanti a seconda della passione.

Le buone qualità che distinguono l’Alberti dalla schiera dei volgari compilatori c’indussero ad ammettere i suoi Annali nella collezione dei documenti inediti o rari, relativi alla storia di Trento. Cotesti Annali, composti da più di un secolo, passarono dalla famiglia dell’autore in varie mani, e nel passaggio smarrironsi tre quaderni. Ne approfittarono pei loro speciali assunti alcuni lodati scrittori di cose patrie; ed ora li possiede la Biblioteca del Municipio Trentino. Ma la qualità principale che raccomanda quest’opera alla nostra attenzione e a quella di tutti i compatrioti desiderosi di procurarsi una sicura nozione delle vicende civili e politiche del Trentino, nel corso di cinquecentovent’anni dopo la erezione del Principato ecclesiastico è la genuinità delle fonti dalle quali fu attinta. L’autore, fornito di retto criterio e di sufficiente dottrina, versato nella paleografia, trascrisse scrupolosamente dagli originali o dagli apografi autenticati per mano di notaio le copiosissime carte, su cui si fonda il racconto; e ad esse rimanda continuamente il lettore, citando a piè di pagina il numero del volume ed il foglio ove trovasi il documento di appoggio, sia nella sua propria raccolta, denominata Miscellanea Alberti (dalla quale toccammo più sopra), sia nelle [p. viii modifica]biblioteche ed archivi allora accessibili a pochi privilegiati, sia finalmente nelle opere che corrono a stampa. Oltre alla guarentigia della verità del racconto, un tale metodo di composizione offre due vantaggi scientifici di non poco momento. Il primo è per coloro che fanno studio analitico delle leggi, degli uomini, dei costumi; i quali da una o più carte, anche in apparenza digiune di ogni interesse, che non sia individuale o locale, sanno all’uopo desumere una data importante, correggere un nome istorico, trovar le vestigia d’istituzioni e di consuetudini degne di nota, di tradizioni d’avvenimenti reconditi, della formazione d’idiomi moderni, dello svolgimento progressivo delle pubbliche libertà. Il secondo è più specialmente per chi volgesse la mira, siccome noi, alla redazione di un codice diplomatico del proprio paese; giacchè l’estratto succoso e fedele, oppure il richiamo dei documenti originali od autentici, su cui si basano i fatti addotti nel testo, possono servire opportunamente a ricomporre e completare la serie dei patti fondamentali, degli atti di sovranità, dei trattati internazionali, dei rapporti politici e militari cogli altri stati. Sotto questo punto di vista, per quanto è a nostra cognizione, nessun altro lavoro inedito di eruditi trentini del secolo passato può, a gran pezza, competere di utilità cogli Annali dell’accuratissimo Alberti.

Per ciò che concerne la sostanza materiale dell’opera, è mestieri avvertire, che non tutti i fatti costituenti la vita civile e politica del Trentino, nel periodo descritto, vengono registrati dall'annalista. Egli [p. ix modifica]si attiene quasi esclusivamente a quelli, di cui le carte gli rendono indisputabile testimonianza, enumera le azioni dei vescovi, riporta il tenore dei trattati, e si estende con maggiore predilezione nel campo degli atti interni o domestici, e in particolar modo dei relativi alla Chiesa. Degli altri requisiti, che la critica odierna richiede allo storico, il nostro autore patisce qualche difetto; così nell’arte di tener sempre viva la narrazione, come in quella di esporre i fatti con eleganza. Ma questo difetto, ci piace il ripeterlo, è compensato ad usura dalla dote suprema della verità.

Dichiarate alla meglio le cause che ci determinarono a mettere in luce cotesti Annali, accenneremo in poche parole alle cure che intorno ci abbiamo poste. Mutato il titolo dell’opera, per le ragioni indicate, ci attenemmo in tutto il resto strettamente all’autografo, di non difficile lezione, ma alquanto scorretto nella sintassi; forse perchè l’autore non fu in grado di darci l’ultima mano. Essendo, come si disse, andati smarriti tre quaderni, comprendenti ciascuno lo spazio di circa vent'anni, abbiamo studiato di riempir la lacuna mediante estratti di documenti positivi raccolti dall’Ippoliti e dal Tovazzi, che or si conservano nella Biblioteca della città di Trento, e di adattare la nuova materia e la forma alle proporzioni e allo stile del complesso dell’opera. Quanto ai richiami dei documenti, possiamo asserire in buona coscienza, che corrispondono perfettamente all'oggetto al quale si riferiscono. Di alcuni, pubblicati dopo la morte del vescovo autore, abbiamo fatta menzione, citando il titolo e la pagina [p. x modifica]dell’opera che li contiene. Aggiungemmo qualche annotazione nei luoghi ove ci parve opportuna. Finalmente, sapendo per lunga esperienza quanto tempo prezioso si possa perdere nello sfogliare un libro scientifico, e particolarmente di storia, in cerca di un passo, di cui non si abbia che una vaga reminiscenza, credemmo far cosa utile e grata ai nostri lettori, col sottoporci all’improba fatica di stendere un minuzioso registro dei nomi dei luoghi, delle persone e delle cose, delle quali si tratta in questo volume della Biblioteca Trentina.


TOMMASO GAR.

Note