Antigone (Sofocle - Romagnoli)/Quarto episodio

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Quarto episodio

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Sofocle - Antigone (442 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Quarto episodio
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Giunge improvviso

creonte
Or non sapete che se fosse lecito
parlar pria di morire, e nenie e gemiti
niun cesserebbe mai? Volete in fretta
condurla via? Nella profonda tomba,
975come v’ho imposto, sia rinchiusa, e sola
vi sia lasciata, e ch’ivi morir debba,
o in quell’antro restar viva sepolta.
Pure del sangue suo le mani avremo;
ma sarà priva del consorzio umano.
antigone
980O tomba, o nuzïal camera, o eterna
mia prigione rupestre, ove m'avvio
verso i miei cari che defunti giacciono
la piú gran parte, e li ospita Persèfone!
Ultima ora io fra loro, e assai piú misera,
985discendo, prima che sia giunto il termine
della mia vita. E, lí discesa, spero
giunger diletta al padre, a te diletta,
madre, diletta, o mio fratello, a te.
Ché, poiché spenti foste, io vi lavai

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990con queste mani, vi vestii, v’offersi
le libagioni funebri. E perché
cura mi presi della salma tua,
o Poliníce, il mio compenso è questo.
Pure, per quanti han senno, io bene feci
995ad onorarti. Ch’io non mai, se figli
avessi avuti, se lo sposo morto
mi fosse, e stesse a imputridire, mai
questa fatica assunta non avrei
contro il voler dei cittadini. E quale
1000legge m’incuora a dire ciò? Se morto
uno sposo mi fosse, un altro sposo
avrei potuto avere; e un altro figlio
da un altr'uomo, se un figlio era la perdita.
Ma poi che padre e madre asconde l’Orco,
1005germogliar non mi può nuovo fratello.
Per questa legge onor ti volli rendere
piú che ad altri, o fratello; ed a Creonte
sembrò che rea, che temeraria io fossi;
e a forza ora m’ha presa, e mi trascina,
1010che non talamo seppi od imenei,
né sorte ebbi di nozze, e non di pargoli
ch’io nutricassi; ma, cosí tapina,
dagli amici deserta, io viva scendo
alle fosse dei morti. E qual giustizia
1015di Numi violai? Ma gli occhi agl’inferi
volgere ancora, che ti giova, o misera?
Quale alleato invocherò, se taccia
d’empietà guadagnai per esser pia?
corifeo
Gli urti ancor delle stesse procelle
1020costei signoreggiano ancora.

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creonte
E per questo, color che la guidano
piangeranno la loro lentezza.
antigone
Ahimè, com’è questa parola
vicina alla morte!
creonte
1025Non t’incoro a sperar che gli eventi
possano esito avere diverso.
antigone
O rocca paterna del suolo
tebano, e voi, Numi antenati,
mi traggono via: non v'è indugio.
1030Vedete, o signori di Tebe,
che debbo soffrir, da quali uomini,
perché pietosa volli essere,
io, sola superstite
del sangue dei re.

Antigone esce.