Antigone (Sofocle - Romagnoli)/Parodo

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Parodo

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Sofocle - Antigone (442 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Parodo
Prologo Primo episodio

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CANTO D’INGRESSO DEL CORO

Entra una schiera di vecchioni. Dopo alcune evoluzioni, accompagnate dal canto, si fermano nell’orchestra, dinanzi all'ara di Diòniso.


coro
Strofe I
Raggio di sole che appari
110piú bello fra quanti
ne apparvero innanzi, sovresse
le porte di Tebe,
infine tu giungi, o pupilla
dell’aureo giorno, movendo
115sui fluidi rivi di Dirce1,
poiché con l’asprissima sferza
scotesti alla fuga
il duce dei candidi scudi2,
che d’Argo, in assetto
120di guerra completo, qui giunse,
che sopra la nostra contrada
piombò — Polinice l’addusse
con alma iraconda —
acuto clangore levando,
125a guisa d’un’aquila
con l’ali coperte

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di candida neve,
molte armi recando ed elmetti
fulgenti d’equini cimieri.

Antistrofe I
130Stette sovresse le nostre
magioni, schiudendo
sanguigna una fauce di schiere,
sovresse le porte.
Ma poi volse altrove le penne,
135avanti che rémpiere il rostro
potesse col sangue di Tebe,
e il serto di torri bruciasse
Efesto coi pini.
Tal romba di guerra piombò
140ad essi sul dorso,
infesta ai nemici del drago.
Ché i vanti di lingua grandiloqua
aborre il Croníde; e com’egli
irromper li vide
145fra l’armi lo strepito e l’oro,
con tanto profluvio,
lanciando d’un folgore
la fiamma, scoscese
chi già s’apprestava sui merli
150piú eccelsi a gridar la vittoria.

Strofe II
E folgorato piombò, rimbalzò su la terra,
stretta la face in pugno, colui che con impeto folle
moveva all'assalto, con raffiche
d’infesta procella.
155Contrario fu invece il successo;

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e vario destino a ciascuno,
nel cozzo di guerre, il grande Are
serbava, che a corso propizio
reggeva le briglie.
160Poiché sette duci, schierati
ciascuno dinanzi a una porta,
di fronte a un campione, lasciarono,
a Giove trofeo, tutte l’armi.
Soltanto i due miseri figli
165d’un grembo, d’un padre, le lancie
entrambe vittrici, appuntando
al seno un dell’altro, retaggio
di morte comune riscossero.

Antistrofe II
Or, poiché giunse Vittoria, la Dea glorïosa
170che le sue grazie a Tebe, famosa pei carri, concesse,
cessate le guerre, conviene
cercare l’oblio,
ai templi dei Numi conviene
che accedano tutti, che danze
175per tutta la notte s’intreccino.
E Bacco, onde il suolo di Tebe
sussulta, ci guida.
Ma vedi che il re della terra,
figliuol di Menèceo, Creonte,
180novello Signore, per queste
novelle vicende che i Numi
ci mandano, appressa. A qual porto
volgea dei disegni il remeggio,
che tutti qui volle, col bando
185d’un unico araldo, che questo
consesso di vecchi raccolse?

  1. [p. 339 modifica]
  2. [p. 339 modifica]