Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico/Declamazione al studioso e pio lettore

Da Wikisource.
Declamazione al studioso e pio lettore

../ ../Un molto pio sonetto circa la significazione de l'Asino e Pulledro IncludiIntestazione 28 dicembre 2011 100% Da definire

Cabala del cavallo Pegaseo con l'aggiunta dell'Asino Cillenico Un molto pio sonetto circa la significazione de l'Asino e Pulledro


[p. 8 modifica]
DECLAMAZIONE

al studioso, divoto e pio lettore


Ohimè, auditor mio, ché senza focoso suspiro, lubrico pianto, e tragica querela, con l’affetto, con gli occhi e le ragioni non può rammentar il mio ingegno, intonar la voce, e dichiarar gli argumenti, quanto sia fallace il senso, turbido il pensiero, ed imperito il giudizio, che con atto di perversa, iniqua e pregiudiziosa sentenza non vede, non considera, non definisce secondo il debito di natura, verità di ragione e diritto di giustizia circa la pura bontade, regia sinceritade e magnifica maestade della santa ignoranza, dotta pecoraggine e divina asinitade? Lasso! a quanto gran torto da alcuni è sì fieramente esagitata quest’eccellenza celeste tra gli uomini viventi, contro la quale altri con larghe narici si fan censori, altri con aperte sanne si fan mordaci, altri con comici cachinni si rendono beffeggiatori, mentre ovunque spregiano, burlano e vilipendono qualche cosa, non li odi dir altro che: «costui è un asino, quest’azione è asinesca, questa è una asinitade»; stante che ciò assolutamente convegna dire dove son più maturi discorsi, più saldi proponimenti e più trutinate sentenze! Lasso! perché con rammarico del mio core, cordoglio del spirito ed aggravio de l’alma mi si presenta a gli occhi questa imperita, stolta e profana moltitudine, che sì falsamente pensa, sì mordacemente parla, sì temerariamente scrive per partorir que’ scellerati discorsi di tanti monumenti, che vanno per le stampe, per le librarie, per tutto, oltre gli espressi ludibrj, dispregi e biasimi, l’asino d’oro, le lodi de l’asino, l’encomio de l’asino; dove non si pensa altro che con ironiche sentenze prendere la gloriosa [p. 9 modifica]asinitade in gioco, spasso e scherno? Or, chi terrà il mondo, che non pensi, ch’io faccia il simile? Chi potrà donar freno a le lingue, che non mi mettano nel medesimo predicamento, come colui, che corre appo li vestigi de gli altri, che circa cotal suggetto democriteggiano? Chi potrà contenerli, che non credano, affermino e confermino, che io non intendo vera -- e seriosamente lodar l’asino ed asinitade, ma piuttosto procuro di aggionger olio a quella lucerna, la quale è stata da gli altri accesa? Ma, oh miei protervi e temerari giudici, oh neghittosi e ribaldi calunniatori, oh foschi ed appassionati detrattori, fermate il passo, voltate gli occhi, prendete la mira; vedete, penetrate, considerate, se li concetti semplici, le sentenze enunciative e li discorsi sillogistici, ch’apporto in favor di questo sacro, impolluto e santo animale, son puri, vere e dimostrativi, oppur son finti, impossibili ed apparenti? Se le vedrete in effetto fondate su le basi di fondamenti fortissimi, se son belli, se son buoni, non le schivate, non le fuggite, non le rigettate, ma accettatele, seguitele, abbracciatele, e non siate oltre legati dalla consuetudine del credere, vinti da la sufficienza del pensare, e guidati da la vanità del dire, se altro vi mostra la luce de l’intelletto, altro la voce de la dottrina intona, ed altro l’atto de l’esperienza conferma!

L’asino ideale e cabalistico, che ne vien proposto nel corpo de le sacre lettere, che credete voi che sia? Che pensate voi essere il cavallo pegaseo, che vien trattato in figura de gli poetici figmenti? De l’asino cillenico degno d’esser messo in croceis ne le più onorate accademie che v’imaginate? Or, lasciando il pensier del secondo e terzo da canto, e dando sul campo del primo platonico parimente e teologale, voglio che conosciate, che non manca testimonio da le divine ed umane lettere dettate da sacri e profani dottori, che parlano con l’ombra di scienze e lume della fede. [p. 10 modifica]Saprà, dico, ch’io non mentisco colui, ch’è anco mediocremente perito in queste dottrine, quando avvien ch’io dica, l’asino ideale esser principio prodottivo, formativo e perfettivo soprannaturalmente de la specie asinina, la quale, quantunque nel capacissimo seno de la natura si vede ed è da l’altre specie distinta, e ne le menti seconde è messa in numero, e con diverso concetto apprese, e non quel medesimo, con cui l’altre forme s’apprendeno, nulladimeno, quel ch’importa tutto, ne la prima mente è medesima, che la idea de la specie umana, medesima che la specie de la terra, de la luna, del sole, medesima che la specie de l’intelligenze, de li demoni, de li dei, de li mondi, de l’universo; anzi è quella specie, da cui non solamente gli asini, ma e gli uomini, e le stelle, e li mondi, e li mondani animali tutti han dipendenza: quella dico, ne la quale non è differenza di forma e suggetto, di cosa e cosa; ma è semplicissima ed una. Vedete, vedete dunque, donde deriva la cagione, che senza biasimo alcuno il santo de’santi or è nominato non solamente leone, monocorno, rinoceronte, vento, tempesta, aquila, pellicano, ma e non uomo, obbrobrio de gli uomini, abbiezion di plebe, pecora, agnello, verme, similitudine di colpa, sin ad esser detto peccato e peggio. Considerate il principio de la causa, per cui i Cristiani e Giudei non s’adirano, ma piuttosto con glorioso trionfo si congratulano insieme, quando con le metaforiche allusioni ne la santa scrittura son figurati per titoli e definizioni asini, son appellati asini, son definiti per asini: di sorte che, dovunque si tratta di quel benedetto animale, per moralità di lettera, allegoria di senso, ed analogia di proposito s’intende l’uomo giusto, l’uomo santo, uomo di Dio.

Però quando ne l’Exodo si fa menzione de la redenzione e mutazion dell’uomo, in compagnia di quello vien fatta la menzion de l’asino. Il primogenito de [p. 11 modifica]l'asino, dice, cangiarai con la pecora; il primogenito de l'uomo redimerai col prezzo. Quando nel medesimo libro è donata legge al desiderio de l'uomo, che non si stenda a la moglie, a la servente, vedi nel medesimo numero messo il bue e l'asino: come che non meno importi proporsi materia di peccato l'uno che l'altro appetibile. Però quando nel libro de' Giudici cantò Debora e Barac, figlio d'Abinoen, dicendo: Udite, o regi, porgete l'orecchie, o principi, li quali montate sugli asini nitenti e sedete in giudizio! interpretano li santi Rabbini: O governatori de la terra, li quali siete superiori a li generosi popoli, e con la sacra sferza li governate, castigando li rei, premiando li buoni, e dispensando giustamente le cose! Quando ordina il Pentateuco, che devi ridur ed addirizzar al suo cammino l'asino e bue errante del prossimo tuo, intendeno moralmente li dottori, che l'uomo del nostro prossimo Iddio, il quale è dentro di noi ed in noi, s'avviene che prevarichi da la via de la giustizia, debba essere da noi corretto ed avvertito. Quando l'archisinagogo riprese il signor, che curava nel sabbato, ed egli rispose, che non è uomo dabbene, che in qualunque giorno non vegna a cavar l'asino o bue dal pozzo, dove è cascato, intendono li divini scrittori, che l'asino è l'uomo semplice, il bue è l'uomo, che sta sul naturale, il pozzo è il peccato mortale, quel che cava l'asino dal pozzo, è la divina grazia e ministero, che redime li suoi diletti da quell'abisso. Ecco dunque, qualmente il popolo redemuto, pregiato, bramato, governato, addirizzato, avvertito, corretto, liberato, e finalmente predestinato, è significato per l'asino, è nominato asino. E che gli asini son quelli, per li quali la divina benedizione e grazia piove sopra gli uomini, di maniera che guai a color che vegnon privi del suo asino, certamente molto ben si può veder ne l'importanza di quella maledizione, che impiomba nel Deuteronomio, quando minacciò [p. 12 modifica]Dio dicendo: L’asino tuo ti sia tolto davanti, e non ti sia reso! Maladetto il regno, sfortunata la repubblica, desolata la città, desolata la casa, onde è bandito, distolto ed allontanato l’asino! Guai al senso, coscienza ed anima, dove non è partecipazion d’asinità! Ed è pur trito adagio: Ab asino excidere, per significar l’esser destrutto, sfatto, spacciato. Origene Adamanzio, accettato tra gli ortodossi e sacri dottori, vuole che il frutto de la predicazione di settantadoi discepoli è significato per li settantadoi mila asini che il popolo israelita guadagnò contra li Moabiti: atteso che di quei settantadoi ciascuno guadagnò mille, cioè un numero perfetto, d’anime predestinate, traendole da le mani di Moab, cioè liberandole da la tirannia di Satan. Giongasi a questo, che gli uomini più devoti e santi, amatori ed eseguitori de l’antiqua e nova legge, assolutamente e per particolar privilegio son stati chiamati asini. E se non mel credete, andate a studiar quel ch’è scritto sopra quell’Evangelico: L’asina ed il pulledro sciogliete e menateli a me! Andate a contemplar su li discorsi che fanno li teologi ebrei, greci e latini sopra quel passo ch’è scritto nel libro de’ Numeri: Aperuit Dominus os asinae, et locuta est. E vedete come concordano tanti altri luoghi de le sacrate lettere, dove sovente è introdotto il providente Dio aprir la bocca di diversi divini e profetici suggetti, come di quel che disse: Oh, oh oh Signor, ch’io non so dire. E là dove dice: Aperse il Signor la sua bocca. Oltre tante volte ch’è detto: Ego ero in ore tuo, tante volte ch’egli è priegato: Signor, apri le mie labbra, e la mia bocca ti loderà. Oltre nel Testamento novo: Li muti parlano, li poveri evangelizzano. Tutto è figurato per quello che il Signor aperse la bocca de l’asina, ed ella parlò. Per l’autorità di questa, per la bocca, voce e parole di questa è domata, vinta e calpestrata la gonfia, superba e temeraria scienza secolare, ed è ispianata al basso ogni altezza, che [p. 13 modifica]ardisce di levar il capo verso il cielo; perchè Dio hav'elette le cose inferme per confondere le forze del mondo; le cose stolte have messe in riputazione; atteso che quello che per la sapienza non poteva essere restituito, per la santa stoltizia ed ignoranza è stato riparato: però è riprovata la sapienza de' sapienti, e la prudenza de' prudenti è rigettata. Stolti del mondo son stati quelli, ch'han formata la religione, gli ceremoni, la legge, la fede, la regola di vita; li maggiori asini del mondo, che son quei che, privi d'ogni altro senso e dottrina, e voti d'ogni vita e costume civile, marciti sono nella perpetua pedantaria, son quelli, che per grazia del cielo riformano la temerata e corrotta fede, medicano le ferite dell'impiagata religione, e togliendo gli abusi de le superstizioni, risaldano le scissure de la sua veste; non son quelli, che con empia curiosità vanno, o pur mai andaro perseguitando gli arcani de la natura, computaro le vicissitudini de le stelle. Vedete, se sono o furon giammai solleciti circa le cause secrete delle cose, se perdonano a dissipazion qualunque de' regni, dispersion de' popoli, incendj, sangui, ruine ed esterminj; se curano, che perisca il mondo tutto per essi loro: pur che la povera anima sia salva, pur che si faccia l'edificio in cielo, pur che si ripona il tesoro in quella beata patria, niente curando de la fama e comodità e gloria di questa frale ed incerta vita per quell'altra certissima ed eterna. Questi son stati significati per l'allegoria de gli antiqui sapienti, alli quali non ha voluto mancar il divino spirito di revelar qualche cosa, almeno per farli inescusabili in quello sentenzioso apologo de li dei, che combatterono contra li rubelli giganti, figli de la terra ed arditi predatori del cielo; che con la voce de gli asini confusero, atterrirono, spaventaro, vinsero e domorno. Il medesimo è sufficientemente espresso, dove alzando il velo de la sacrata figura, s'affiggeno gli occhi all'anagogico senso [p. 14 modifica]di quel divin Sansone, che con l'asinina mascella tolse la vita a mille Filistei; perché dicono li santi interpreti, che ne la mascella de l'asina, cioè de li predicatori de la legge e ministri de la sinagoga, e ne la mascella del pulledro de gli asini, cioè de' predicatori de la nova legge e ministri de l'ecclesia militante, delevit eos, cioè scancellò, spense que' mille, quel numero compito, que' tutti; secondo ch'è scritto: Cascarono dal tuo lato mille, e da la tua destra dieci milia; ed è chiamato il luogo Ramath-lechi, cioè esaltazion de la mascella, da la quale per frutto di predicazione non solo è seguita la ruina de le avversarie ed odiose potestadi, ma anco la salute de' rigenerati: perché da la medesima mascella, cioè per virtù di medesima predicazione, son uscite e comparse quelle acque, che, promulgando la divina sapienza, diffondeno la grazia celeste, e fanno i suoi abbeverati capaci di vita eterna. Oh dunque forte, vittoriosa e trionfatrice mascella d'un asino morto; oh diva, graziosa e santa mascella d'un polledro defunto, or che deve essere de la santità, grazia e divinità, fortezza, vittoria e trionfo de l'asino tutto, intiero e vivente, asino, pullo e madre, se di quest'osso e sacrosanta reliquia la gloria ed esaltazion è tanta? E mi volto a voi, o dilettissimi ascoltatori, a voi, a voi mi rivolto, o amici lettori di mia scrittura ed ascoltatori di mia voce, e vi dico, e vi avvertisco, e vi esorto, e vi scongiuro, che ritorniate a voi medesimi. Datemi scampo dal vostro male, prendete partito del vostro bene, banditevi da la mortal magnificenza del core, ritiratevi a la povertà del spirito, siate umili di mente, abrenunziate a la ragione, estinguete quella focosa luce de l'intelletto, che vi accende, vi brugia e vi consuma, fuggite que' gradi di scienza, che per certo aggrandiscono i vostri dolori, abnegate ogni senso, fatevi cattivi a la santa fede, siate quella benedetta asina, riducetevi a quel glorioso pulledro, per i quali soli il redentor del [p. 15 modifica]mondo disse a li ministri suoi: Andate al castello, che avete a l'incontro! cioè, andate per l'universo mondo sensibile e corporeo, il quale come simulacro è opposto e supposto al mondo intelligibile ed incorporeo. Trovarete l'asina ed il pulledro legati: v'occorrerà il popolo ebreo e gentile sottomesso e tiranneggiato da la cattività di Belial. Dice ancora: Scioglieteli, levateli de la cattività! per la predicazion de l'evangelio ed effusion de l'acqua battismale, e menatele a me, perché mi servano, perché siano miei, perché portando il peso del mio corpo, cioè de la mia santa instituzione e legge sopra le spalle, ed essendo guidati dal freno de li miei divini consigli, sian fatti degni e capabili d'entrar meco nella trionfante Jerusalem, nella città celeste! Qua vedete, chi son li redemuti, chi son li chiamati, chi son li predestinati, chi son li salvi: l'asina, l'asinello, li semplici, li poveri d'argomento, li pargoletti, quelli ch'han discorso di fanciulli, quelli, quelli entrano nel regno de' cieli, quelli per dispregio del mondo e de le sue pompe calpestrano li vestimenti, hanno bandita da sé ogni cura del corpo, de la carne, che sta avvolta circa quest'anima, se l'han messa sotto li piedi, l'hanno gittata via a terra, per far più gloriosa — e trionfalmente passar l'asina ed il suo caro asinello. Pregate, pregate Dio, o carissimi, se non siete ancora asini, che vi faccia divenir asini! Vogliate solamente perché certo certo facilissimamente vi sarà conceduta la grazia: perché, benché naturalmente siate asini, e la disciplina comune non sia altro che una asinitade, dovete avvertire e considerar molto bene, se siete asini secondo Dio; dico, se siate quei sfortunati, che rimangono legati avanti la porta, oppur quegli altri felici, li quali entran dentro. Ricordatevi, o fedeli, che li nostri primi parenti a quel tempo piacquero a Dio, ed erano in sua grazia, in sua salvaguardia, contenti nel terrestre paradiso, nel quale erano asini, cioè semplici ed [p. 16 modifica]ignoranti del bene e male, quando posseano esser titillati dal desiderio di sapere bene e male, e per conseguenza non ne possevano aver notizia alcuna; quando possevan credere una bugia, che li venisse detta dal serpente: quando se li posseva donar ad intendere sia a questo, che benchè Dio avesse detto, che morrebbono, nè potesse essere il contrario, in cotal disposizione erano grati, erano accetti, fuor d’ogni dolor, cura e molestia. Sovvegnavi ancora ch’amò Dio il popolo ebreo, quando era afflitto, servo, vile, oppresso, ignorante, onerario, portator de’ cofini, somaro, che non gli possea mancar altro, che la coda, ad esser asino naturale sotto il dominio dell’Egitto: allora fu detto da Dio suo popolo, sua gente, sua scelta generazione. Perverso, scellerato, reprobo, adultero fu detto, quando fu sotto le discipline, le dignitadi, le grandezze e similitudine de gli altri popoli e regni onorati secondo il mondo. Non è chi non lode l’età dell’oro, quando gli uomini erano asini, non sapean lavorar la terra, non sapean l’un dominar a l’altro, intender più de l’altro, avean per tetto gli antri e le caverne, si donaro a dosso come fan le bestie, non eran tante coperte e gelosie, e condimenti di libidine e gola, ogni cosa era comune, il pasto eran le poma, le castagne, le ghiande in quella forma che son prodotte da la madre natura. Non è chi non sappia, qualmente non solamente ne la specie umana, ma ed in tutti i generi d’animali la madre ama più, accarezza più, mantien contento più ed ozioso, senza sollecitudine e fatica, abbraccia, bacia, stringe, custodisce il figlio minore, come quello che non sa male e bene, ha de l’agnello, ha de la bestia, è un asino, non sa così parlare, non può tanto discorrere, e come gli va crescendo il senno e la prudenza, sempre a mano a mano se gli va scemando l’amore, la cura, la pia affezione, che gli vien portata dai suoi parenti. Non é nemico, che non compatisca, [p. 17 modifica]abblandisca, favorisca a quella età, a quella persona, che non ha del virile, non ha del demonio, non ha de l’uomo, non ha del maschio, non ha de l’accorto, non ha del barbuto, non ha del sodo, non ha del maturo. Però, quando si vuol mover Dio a pietà e commiserazione il suo Signore, disse quel profeta: Ah ah ah, Domine, quia nescio loqui; dove col ragghiare e sentenza mostra esser asino. Ed in un altro luogo dice: Quia puer sum. Però quando si brama la remission de la colpa, molte volte si presenta la causa ne li divini libri, con dire: Quia stulte egimus, stulte egerunt, quia nesciunt quid faciant, ignoravimus, non intellexerunt. Quando si vuol impetrar da lui maggior favore, ed acquistar tra gli uomini maggior fede, grazia ed autorità, si dice in un loco, che gli apostoli eran stimati imbriachi, in un altro loco, che non sapean quel che dicevano; perchè non erano essi che parlavano: ed un de’ più eccellenti, per mostrar quanto avesse del semplice, disse, ch’era stato rapito al terzo cielo, uditi arcani ineffabili, e che non sapea s’era morto o vivo, s’era in corpo o fuor di quello. Un altro disse, che vedeva li cieli aperti, e tanti e tanti altri propositi, che tengono li diletti di Dio, ai quali è rivelato quello ch’è occolto a la sapienza umana, ed è asinità esquisita a gli occhi del discorso razionale: perchè queste pazzie, asinitadi e bestialitadi son sapienze, atti eroici ed intelligenze a presso il nostro Dio, il qual chiama li suoi pulcini, il suo gregge, le sue pecore, i suoi parvuli, li suoi stolti, il suo pulledro, la sua asina, que’ tali, che gli credeno, l’amano, il siegueno. Non è, non è, dico, miglior specchio messo avanti gli occhi umani, che l’asinitade ed asino, il qual più esplicatamente secondo tutti i numeri dimostre, qual esser debba colui, che faticandosi nella vigna del Signore, deve aspettar la retribuzion del danaio diurno, il gusto de la beatifica cena, il riposo, che siegue il corso di questa transitoria vita. [p. 18 modifica]Non è conformità migliore, o simile, che nè ammene, guide e conduca a la salute eterna piú attamente, che far possa questa vera sapienza approvata da la divina voce: come per il contrario non è cosa, che ne faccia più efficacemente impiombar al centro ed al baratro tartareo, che le filosofiche e razionali contemplazioni, quali nascono da li sensi, crescono nella facultà discorsiva, e si maturano ne l’intelletto umano. Forzatevi, forzatevi dunque ad esser asini, o voi, che siete uomini! E voi, che siete già asini, studiate, procurate, adattatevi a proceder sempre da bene in meglio, a fin che perveniate a quel termine, a quella dignità, la quale non per scienze ed opre, quantunque grandi, ma per fede s’acquista; non per ignoranza e misfatti, quantunque enormi, ma per la incredulità, come dicono secondo l’apostolo, si perde. Se così vi disporrete, se tali sarete, e talmente vi governerete, vi trovarete scritti nel libro de la vita, impetrerete la grazia in questa militante, ed otterrete la gloria in que la trionfante ecclesia, ne la quale vive e regna Dio per tutti secoli de’ secoli. Così sia!