Canti (Leopardi - Ginzburg)/La quiete dopo la tempesta

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XXIV. La quiete dopo la tempesta

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Giacomo Leopardi - Canti (1819 - 1831)
XXIV. La quiete dopo la tempesta
Canto notturno di un pastore errante dell'Asia Il sabato del villaggio

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XXIV

LA QUIETE

DOPO LA TEMPESTA

     Passata è la tempesta:
odo augelli far festa, e la gallina,
tornata in su la via,
che ripete il suo verso. Ecco il sereno
5rompe lá da ponente, alla montagna;
sgombrasi la campagna,
e chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
risorge il romorio
10torna il lavoro usato.
L’artigiano a mirar l’umido cielo,
con l’opra in man, cantando,
fassi in su l’uscio; a prova
vien fuor la femminetta a côr dell’acqua
15della novella piova;
e l’erbaiuol rinnova
di sentiero in sentiero
il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
20per li poggi e le ville. Apre i balconi,
apre terrazzi e logge la famiglia:

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e, dalla via corrente, odi lontano
tintinnio di sonagli; il carro stride
del passeggier che il suo cammin ripiglia.

     25Si rallegra ogni core.
Sí dolce, sí gradita
quand’è, com’or, la vita?
quando con tanto amore
l’uomo a’ suoi studi intende?
30o torna all’opre? o cosa nova imprende?
quando de’ mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d’affanno;
gioia vana, ch’è frutto
del passato timore, onde si scosse
35e paventò la morte
chi la vita abborria;
onde in lungo tormento,
fredde, tacite, smorte,
sudâr le genti e palpitâr, vedendo
40mossi alle nostre offese
folgori, nembi e vento.

     O natura cortese,
son questi i doni tuoi,
questi i diletti sono
45che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
è diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
che per mostro e miracolo talvolta
50nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
prole cara agli eterni! assai felice
se respirar ti lice
d’alcun dolor: beata
se te d’ogni dolor morte risana.