Canti di Castelvecchio/Canti di Castelvecchio/Passeri a sera

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Passeri a sera

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PASSERI A SERA



L’uomo che intende gli uccelli, i gridi
dei falchi, i pianti delle colombe,
ciò che le cincie dicono ai nidi,
e il chiù, che vuole più dalle tombe;

siede a un cipresso. Passa, e lavora
sempre, un aratro, là, là, soletto,
con qualche voce ruvida. È l’ora
che vanno i bruni passeri a letto.

Chi vien dal monte, chi vien dal piano:
tutti al cipresso. Cantano: — Sì...

Ora, sebbene tu non ti scopra,
sappiamo quanto buono tu fossi
ponendo pietra su pietra, e sopra
facendo un tetto d’embrici rossi.

Per chi? Per questi passeri... È breve,
di verno, il giorno, la notte è lunga:
tu vuoi che prima ci esca la neve,
tu vuoi che il sole prima ci giunga.

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Le case fece la tua gran mano
pei tetti, e i tetti per noi coprì.

Hai cibi grati per noi, che sono
grandi pel nostro piccolo becco:
giorno per giorno, rompi tu buono
con i tuoi denti stessi il pan secco;

spargi le bianche briciole, scuoti
la bianca tela, le spazzi fuori;
ma un po’ lontano, come è nei voti
di questi buoni tuoi peccatori;

che, sì, vediamo tutto da un ramo,
lieti, ma in cuore timidi un po’.

Ed altro pensi, che spetrerebbe
tra l’alte nubi l’aquila e il falco!
Tu prendi, appena sai che ci crebbe
famiglia, i chicchi d’oro dal palco;

esci all’aperto; spargi quei chicchi,
prodigo e cauto, tra due filari;
anzi, a che l’oro meglio ne spicchi
su quel pulito, v’erpichi ed ari.

E noi da un ramo, comodi, udiamo
quelle tue lunghe grida, Bi... Ro...

Vero che a volte ce li nascondi,
quei chicchi; vero; ma fai per giuoco.
Ma ecco, a volte son così fondi,
che noi diremmo, Badaci un poco!

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Pure il tuo male mai non fa male:
quelli che copre l’invida zappa,
poi, col frinire delle cicale,
mettono un gambo, fanno una rappa:

che poi ci sgrani... Dal male il bene:
bene che nasce, male che fu —

Ma già i minori dormono. Soli
vegliano i vecchi. C’è chi sospira:
— Ahimè! talvolta di noi ti duoli!
Sei giusto, eppure grave nell’ira.

Or che i novelli tengono i capi
sotto le alucce, vicino al cuore,
lo dico, mentre tacciono l’api,
le mosche, i ragni, tutto: si muore!

Tu ci vuoi bene, certo... ma il bene
tuo lo vorremmo per un po’ più... —

È già nell’ombra tutta la valle:
sui monti un raggio trema del giorno.
Già le notturne grandi farfalle,
coi neri teschi, ronzano intorno.

— Oh! quel diluvio con che noi vivi
tu pigli, grandi, piccoli, troppi!
Oh! quel baleno con che ci arrivi
fino su l’alte cime dei pioppi!

Ma da te viene ciò che ci piace:
forse anche questo ci piacerà —

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Dormono. L’uomo parte. Il cipresso
freme di nuovi brevi bisbigli.
— C’era non visto dunque sì presso!?
Su, la zampina... non c’è più, figli! —

Va l’uomo, e nero tu nell’azzurro,
cipresso pieno d’anime, affondi.
Va l’uomo, ed ora bada al sussurro
che fan tra loro fievole i mondi,

su, fitti fitti, piccoli, in pace,
nell’infinita serenità.