Casa di Cristoforo Colombo (Relazione Belgrano)
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Era noto fino dai principî del secolo volgente, per le ricerche di alcuni membri dell'Accademia Imperiale istituita allora in Genova, che Domenico Colombo, padre dell'immortale Cristoforo, abitò nella nostra Città, non molto lontano dalla Porta Soprana o di S.Andrea, una Casa di sua pertinenza, ma soggetta alla prestazione di un annuo canone verso l'Abbazia di S.Stefano, perché edificata su terreno di proprietà di quel Monastero. Se non che, l'interpretazione meno retta d'alquanti documenti prodotti dagli stessi accademici accreditò altresì l'opinione che la Casa di cui si tratta sorgesse in Morcento, laddove in appresso venne anche apposta una lapide commemorativa. Ora invece, e per l'interpretazione più esatta dei documenti medesimi, e pel corredo di molti altri, la cui scoperta è dovuta alla somma diligenza e perseveranza di un nostro erudito concittadino, il marchese Marcello Staglieno, risulta ad evidenza che la Casa di Domenico Colombo era posta nel Vico Dritto di Ponticello e che ivi esiste tuttavia, segnata col civico numero 37.
Su la base di questi documenti lo stesso marchese Staglieno compilò una memoria, che la Società Ligure di Storia patria inserì nei propri Atti e presentò al Terzo Congresso Storico Italiano adunato in Torino nel settembre del 1885. Ed io, riassumendo qui il più brevemente possibile le indicazioni di fatto che emergono dai documenti medesimi, noto che la Casa Colombo è in essi minutamente descritta così di per sé come nei suoi confini: di fronte o a sud il Vico Dritto; da tergo o a nord il giardino, e al di là le vecchie mura cittadine; dal lato di levante la casa di Antonio Bondi; dal lato di ponente quella di Giovanni Pallavania.
Le vicende di tutte e tre queste case limitrofe, e la successione dei lor possessori dalla metà del secolo XV fino al presente, sono state anch'esse con iscrupolosa fedeltà ricercate negli atti sincroni dallo Staglieno; pei quali atti si chiarisce, senza lasciar luogo a dubbiezze, che la proprietà dei Bondi risponde al fabbricato ora distinto col numero 35, e che quella dei Pallavania si identifica col caseggiato Alberti segnato del numero 39.
In quale anno il padre di Cristoforo Colombo acquistasse la Casa nel Vico Dritto e vi ponesse la propria abitazione, con la bottega di laniere al pian terreno (ché anche di ciò i documenti fanno fede), non è manifesto; perché i livellari di S.Stefano non ci sono pervenuti senza gravi lacune. Certo il fatto si dee registrare dopo il 1435, perché il manuale di quest'anno non fa ancor menzione di Domenico. Ma è certo egualmente che si ha da collocare avanti il 1457, perché il manuale di questa data, con cui si ripiglia la serie dopo l'interruzione dei ventun anni, reca già il pagamento del censo effettuato da Domenico stesso al monastero, senza contenere espressioni che dieno luogo a sospetto di cosa nuova.
Si avverta inoltre che alla mancanza dei livellari suppliscono indirettamente i rogiti del notaio Giacomo Bonvino, i quali ci additano Domenico Colombo nel 1451 intento a trattare dei proprî negozi in botteghe e banchi esistenti ne' dintorni della Porta di S.Andrea, o con persone colà dimoranti. E si noti sopra tutto uno strumento di Benedetto Peloso, che risale al 12 (? - data non perfettamente leggibile) aprile del 1439, donde è palese che Domenico già allora avea ferma stanza in Genova, ed ivi esercitava la sua professione, e come padron di bottega ricevea giovani desiderosi d'apprenderla. Si consideri ancora, che a que' tempi gli esercenti un mestiere, un'industria, tenean loro officine aggruppate insieme in una determinata regione della Città, ed erano ben lontani dal tramutarle colla facile mobilità che è tutta propria del tempo nostro. Ora appunto, nelle circostanze del Vico Dritto avean da secoli abitazioni e botteghe i maestri di lanificio; sì che di essi tuttavia sopravvive il ricordo nel contiguo Borgo dei lanieri.
La Casa di Domenico Colombo passò in proprietà di Domenico Bavarello, genero di lui, per atto del 21 luglio 1489 in notaro Lorenzo Costa; poi fra il 1534 e il '38 cadde in possesso di Nicolò di Torriglia, al quale succedette nel '48 Oberto Giustiniani-Morchio. Da questi la comprò nel '59 Girolamo Maragliano, che la vendette nel '64 a Stefano Magiocco. Vennero appresso Basttista Zerbi (1569) e gli eredi di lui (1591); Giambattista Ottone e suo figlio Bartolomeo (1618-53); Giacomo Lavarello (1563), poi associato con Angelo Dassori (1662); indi la nipote di quest'ultimo, Maddalena Dassori (1664). Il bombardamento inflitto a Genova da Luigi XIV, nel 1684, arrecò alla Casa sì gravi danni, che per gran parte si dovette ricostrurre; ed allora fu anche innalzata d'un piano, e ridotta nella forma che di presente conserva. Al che provvide Giuseppe Morbione, acquisitore nel 1690 delle ragioni di proprietà da' fratelli Martino e Pier Paolo Carbone succeduti alla Dassori. In seguito possedettero quello stabile i figli ed i nipoti dello stesso Morbione; e fu ultima tra costoro Ippolita, moglie di Giambattista Oneto, che trasmise i proprî diritti al figlio Luca, cui l'edificio si vede intestato nel Catasto formato per ordine della Repubblica Ligure l'anno 1798. L'ebbero indi Bartolomeo e un altro Luca della stessa famiglia; sinché questi ne fu espropriato per giudizio di tribunali nel 1863. La vendita forzata della Casa produsse la complessiva somma di Lire 16,650; e la proprietà rimase divisa tra vari acquisitorî.
Chi torni col pensiero all'atto del 1439, poc'anzi citato, e lo metta a riscontro coll'esplicita dichiarazione inserita da Cristoforo Colombo nell'istituzione di maggiorasco da lui fatta nel 1498: «Siendo yo nacido en Genova ... della salì y en ella nacì», troverà sommamente probabile che l'immortale Scopritore nascesse proprio nella Casa di cui si ragiona. Forse ulteriori indagini potranno anche convertire questa grande probabilità in certezza. Ad ogni modo un fatto, che sin d'ora non va più soggetto a discussione, è questo: che Colombo, nato verso il 1446 (un documento di recentissima scoperta dà pure sicurtà dell'importante particolare cronologico), trascorse nella Casa del Vico Dritto di Ponticello gli anni della sua adolescenza fino al quattordicesimo, in cui sappiam da lui stesso che diede principio alle proprie navigazioni. Oltrecché dovette soggiornarvi anche più tardi, quante volte si ridusse in patria per ritemprarsi negli affetti di famiglia, lui così devoto figlio e buon fratello come è notorio.
Ciò premesso, non sembra che vi debba essere alcuno, il quale non intenda come sia opportuno, specie approssimandosi la ricorrenza del Quarto Centenario del 1492, che la Patria di Colombo assicuri a sé medesima il possesso di quella Casa nella quale Egli visse giovinetto, per custodirla degnamente, per raccomandarla alla reverenza de' cittadini e degli stranieri. Se il Comune di Firenze annovera con giusto orgoglio fra le sue proprietà la Casa ove nacque il divino Alighieri; se a Milano è oggetto di un pio pellegrinaggio quella di Alessandro Manzoni; se il Municipio di Zante, or fan pochi mesi, acquistò la Casa del Cantor dei Sepolcri, e provvede a istituirvi un Museo Foscoliano, tutti faranno plauso a Genova qualora rivendichi a sé l'abitazione dell'Eroe, che «divinato un mondo lo avvinse di perenni benefizî all'antico».
L.T. Belgrano
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