Catullo e Lesbia/Annotazioni/17. Sugli annali di Volusio - XXXVII In annales Volusii
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XXXVI.
Pag. 190. Infelicibus ustulanda lignis.
Gli antichi distinguevano gli alberi felici dagl’infelici: i primi erano in custodia degli Dei superni; gli altri degl’inferni. Alberi felici, secondo Catone, furono detti i fruttiferi, infelici gl’infruttiferi; Macrobio mette nella prima classe la quercia, il faggio e il cornio; il fico nero nella seconda.
Pag. 190. Nunc, cæruleo creata ponto.
Venere nata dalla spuma del mare, onde fu detta Afrodite.
Si tamen in medio quondam generata profundo |
Così Ovidio nelle Metamorfosi; e similmente nei Fasti:
Sed Veneris mensem Graio sermone notatum |
Nella Vigilia di Venere:
Tunc cruore de superno spumeo Pontus globo |
Teocrito aveva cantato:
Ά δέσποιν’, ἅ Γλγὡς τε καὶ Ἰδάλιον ἐφίλησας |
ed esso Catullo nell’Epitalamio:
Quæque regis Golgos, quæque Idalium frondosam. |
Syros apertos vocat hoc loco Catullos Syros superiores, idest Assyrios. Iustinus, lib. I. Assyrii, qui postea Syri dicti sunt. Assyriorum vocabulum longe vetustius esse nomine Syrorum, etiam e sacris constat literis.
Per Venerem Assyriam fuerit utrum intelligas, cælestem, de qua Herodotus, seu Anaitin, cujus cultus a Persie propagatus ad Assyrios ac reliquas ditionis Persicæ gentes, seu denique Atergatin, quæ et Dercelo; nam hæc etiam Babyloniorum quondam fuit dea.
Gnido fu famosa per la Venere di Prassitele; i Greci vi andavano in pellegrinaggio per adorarla. I pellegrini d’adesso si contentano della Madonna di Loreto e di Notre— Dame de la Salette. L’arte era allora una religione; ora la religione è un’arte, anzi un mestiere.
Pag. 190. Quæque Dyrrachmm Adriæ tabernam.
Durazzo, anticamente Epidamno, città della Mace* donia con porto sull’Adriatico, detta dai Romani Dyrrachium per la scabrosità della sua posizione, fu fondata da una colonia di Corinti e Corcirei circa il 627 avanti l’èra volgare. La disputa relativa ad essa fra Corcira e Corinto diede origine alla guerra del Peloponneso. Fu teatro della contesa fra Cesare e Pompeo; ebbe grande importanza commerciale sin da un’epoca remota; Lucano la descrisse in bei versi; Plauto ne infamò gli abitatori, posti sotto la protezione di Venere, e ce li diè per voluttuosi, beoni, bugiardi. Ecco i suoi versi:
Nam ita est hæc hominum natio hic Epidamnia. |
Pag. 192. Plena ruris et inficetiarum.
Cioè, pieni di rozzezza e d’insulsaggini; come in quell’altro:
Idem inficeto est inficetior rure. |
Sed in longum tamen ævum |
- Testi in cui è citato Ambrogio Teodosio Macrobio
- Testi in cui è citato Publio Ovidio Nasone
- Testi in cui è citato il testo Le Metamorfosi
- Testi in cui è citato il testo Fasti
- Testi in cui è citato il testo Pervigilium Veneris
- Testi in cui è citato Teocrito
- Testi in cui è citato il testo Le poesie di Catullo/64
- Testi in cui è citato Marco Anneo Lucano
- Testi in cui è citato Tito Maccio Plauto
- Testi in cui è citato Quinto Orazio Flacco
- Testi SAL 75%