Catullo e Lesbia/V. Questioni/I. Quinto o Caio?

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I. Quinto o Caio?

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V. Questioni V. Questioni - II. Sirmione o Verona?
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QUESTIONI.



I.


Quinto o Caio?


Giuseppe Scaligero scrive: In manuscripto iurisconsultissimi viri Jacobi Cujacii non Caius sed Quintus praenomen exaratum est; idque videtur confirmari carmine in ianuam illo versiculo:

Verum isti populi nœnia, Quinte, facit.

Quare, qui illi Caio praenomen faciunt, possunt hac auctoritate permuti sententiam suam mutare.1 È uno dei soliti dirizzoni, che non varrebbe la pena di riferire, se parecchi critici illustri non l’avessero preso sul serio. E in vero, le due autorità, su cui fonda Scaligero la sua congettura, sono così poco solide, che, ove il Lachmann, il Silling, il Rossbach e lo stesso Mommsen non l’avessero accettata e difesa, essa sarebbe caduta, da un pezzo, sotto le osservazioni del Vossio, dalle quali il dottor Schwab prende argomento a scrivere non meno di venti pagine. Io, che non amo gli sgonfiotti, mi contento di riferire le parole dell’illustre critico di [p. 90 modifica]Leyda, che dovrebbero bastare, secondo me, ad acquetare la coscenza degli eruditi.

Exemplar scriptum Cujacianum, egli dice, cum recentissimum fueerit, tanti videri noni debet, ut propterea in dubium vocentur testimonia Apuleii in Apologia priore, et Hieronymi in Chronico, qui Cajum, non Quintum appellant. Nec est obscura causa, unde factum sit ut Quinti praenomen in praedicto codice Catullo tribuatur. Quisquis nempe ille fecit qui codicem istum descripsit, is Quintum Catulum, cuius versus extant apud Gellium et hunc nostrum Catullum eundem esse credidit. Non, ut puto, fugit hoc Scaligerum, sed vitiosam scripturam, adstruendae conjecturae suae idoneam, avide, ut videtur, est amplexus.2

Quanto poi al verso di Catullo, che lo Scaligero, approfittando dell’errore d’un amanuense qualunque, si sforza di tirar dalla sua, e che ha formato la delizia di tutti gli emendatori, che vi hanno ronzato e gironzolato d’intorno, ut ad mulctram muscae, come dice il Mureto, giova accettare la lezione più antica e certo più corretta, ch’è difesa dal Vossio:

Verum isti populo janua quid faciat,

e si accosta a quella del codice veduto dal Guarino, che legge reficit in luogo di faciat.

  1. Comm. in Catull. Lutetiæ 1604.
  2. Observat. ad C. V. Catull., 1691.