Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova/Atto primo/Scena quinta
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Mario e dette.
- Mario
- M'inoltro senza farmi annunziare.
- Eva
- Si vede. S'accomodi e deponga il suo cappello.
- Mario
- Grazie. Signora sorella...
- Luisa
- Dove ti sei indugiato fino adesso?
- Mario
- Mi permetta, signora Eva, di offrirle questi pochi confetti.
- Eva
- Com'è galante!
- Mario
- Sono stato dal sarto pel costume.
- Eva
- Qual costume?
- Mario
- Non sa che io vestirò alla Cinq-Mars pel ballo in costume? Anzi mi dia licenza di consultarla in proposito. Non sono fermo ancora sulla scelta del colore, e vengo a pigliar lingua da lei.
- Eva
- Mi pare che in punto lingua...
- Mario
- Eh eh, spiritosa! Dunque la questione è codesta. Io sono biondo, non vero?
- Eva
- Lo dice lei...!
- Mario
- Io sono biondo, e col biondo il bleu si confarebbe a pennello.
- Eva
- Pare anche a me.
- Mario
- C'è un guaio, però. Il bleu, la sera, perde, sfuma, si riduce ad un mezzo colore.
- Eva
- È vero.
- Mario
- E quindi sta male. Capisce? Il colore che mi starebbe meglio! È una vera fatalità! Io non so perché il bleu la sera abbia da mutar colore. Lo dica lei, se non par fatto apposta! Ci sarebbe il verde; ma il verde non è bleu, e quando dico che il colore che mi s'attaglia meglio è il bleu, c'è poco gusto a pigliare il verde. C'è il giallo, ma il giallo, che armonizza coi capelli neri, stuona orribilmente coi biondi. Ci sarebbero il bianco od il rosso; ma questi colori, lo vede anche lei, non tengono di quella serietà dalla quale non mi vorrei scostare, serietà che il nero mi rappresenterebbe appuntino, se non peccasse poi dall'estremo opposto, se non fosse cioè troppo cupo.
- Eva
- Povero Signor Mario, come mi metto ne' suoi panni!
- Mario
- La è questione di trovarli codesti panni — e poi mi ci metterei io volentieri. E pensare che il bleu! Ah è una vera disgrazia! È una settimana che non dormo.
- Eva
- A parer mio ci sarebbe un mezzo per salvare capra e cavoli e tornarle la pace perduta.
- Mario
- Oh! me lo suggerisca.
- Eva
- È semplicissimo. Si rinunzia al ballo.
- Luisa
- Ma io pongo il veto a questo rimedio. Mario mi deve servire di cavaliere.
- Eva
- Fino all'entrata.
- Luisa
- Cattiva!
- Mario
- (a Eva). Lei ci viene a quel ballo?
- Eva
- Sì.
- Mario
- E vorrebbe ch'io rimanessi! È crudele. Io non ci vado che per lei.
- Eva
- Davvero? Allora... si metta in bleu che fa lo stesso.
- Mario
- Me ne dà licenza?
- Eva
- Pensi.
- Mario
- E ballerà con me?
- Eva
- Anzi.
- Mario
- E mi permetterà di offrirle il braccio per le sale?
- Eva
- Oh Dio, quante domande! Ne perdo la testa. Sì, sì, sì, faccia a suo talento; si metta in bleu, balli con me, mi rimorchi per le sale; le consento ogni cosa. Le piace, così? Sì...? Mi dia quel ricamo. Quello là.
- Mario
- (prende un ricamo sul tavolino). Stupendo.
- Luisa
- Ch'io lo veda. È una borsa da tabacco?
- Eva
- Per mio marito.
- Luisa
- Suo marito fuma alla pipa?
- Eva
- Che vuole! Non gliel'ho potuta far smettere ancora.
- Luisa
- Mi ci metterò io.
- Eva
- Allora sono sicura della riuscita.
- Luisa
- Lei vuole canzonarmi. Vedremo. Mario!
- Mario
- Sono qui.
- Luisa
- (levandosi). Io devo andare dalla Servi.
- Mario
- La saluterai per me.
- Luisa
- Non ti muovi?
- Mario
- Se la signora Eva lo permette...
- Eva
- Oh!
- Mario
- Rimango.
- Luisa
- Ragione di più perché io me ne vada. Arrivederla, cara signora. Stia. Non voglio complimenti.
Esce.