Commentario rapisardiano/Il Giobbe balossardiano
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IL GIOBBE BALOSSARDIANO
Decisamente, il comm. Ricci molto ci tiene ad accaparrarsi il nuovo e glorioso titolo di poeta per ridere. Poeta per ridere e classico per giunta.
O non bastava aver fatto all’Italia, or sono tre anni, d’esilarante rivelazione dell’atto grande che egli aveva compiuto il 28 gennaio 1882 (di sabato) col concorso dello Stecchetti! Ora insiste, dando la prova tangibile del suo valore con la ristampa del Giobbe balossardiano. E noi, che in proposito ne discorremmo di passata, adesso per compiacere al comm. Ricci c’ingegneremo di esaurire brevemente, nel miglior dei modi possibili, lo argomento.
In tutti i casi, dobbiamo esser grati al commendatore poeta che ogni tanto ci procura un quarto d’ora di buon umore.
E cominciamo o — meglio — seguitiamo il nostro discorso sulla gazzarra denigratoria che si è voluto persistentemente fare intorno a Mario Rapisardi. Per altro è fuori dubbio che lo spiritoso commendatore e i suoi compagni non hanno mai ignorato, anzi potremo dire sono essi pienamente convinti, che, coi loro sforzi da impotenti hanno giovato sempre a far risaltare vieppiù la figura titanica del Rapisardi. “Questo libro gli gioverà più che nuocergli„ ebbe a confessare nella Domenica letteraria del 16 febbraio ’82 lo stesso Stecchetti.
E allora, perchè tutto codesto buscherio? — potrebbe domandare qualcuno. — Oh, forse per dare sfogo innocente ai loro illeciti appetiti e per avere nello stesso tempo il mezzo di acquistare facilmente la gloria e senzaforse la immortalità? Del resto, non scrisse il Foscolo: “si palpa per esser palpati, si compra vilmente poche ore di fama perchè manca il coraggio e le forze di acquistarla generosamente con lunghi studi„? E qual mezzo migliore allora per ingraziarsi il nume Carducci, dicendo male del suo avversario? Ah, quel Carducci, buon’anima, di quanto mal fu padre! Il Ghisleri nella Farfalla di Milano (16 aprile ’82) si domandava: “O che forse gli cuoce di non esser più solo? gli cuoce che anche il Rapisardi sia oggi un poeta della democrazia? Si direbbe che il Carducci soffra di nervi per la concorrenza come le erbivendole del Verziere„. E dire che Mario Rapisardi in seguito alla famosa polemica, era stato lasciato per morto! Non s’era ammazzato da se stesso col noto sonetto? Ma or noi, con tutta la buona volontà che abbiamo di ragionare pacatamente, non giungiamo a spiegare perchè mai il morto venne fatto segno a tutte le insolenze lanciate allegramente per quattro anni di seguito, dal 1881 al 1884, dalle redazioni dei quattro celebri giornali, da parte dei quattro campioni, che rispondono ai nomi di Ricci, Stecchetti, Illica e Vassallo.
E e’ è di più; che sarebbe ingiustizia trascurare e non metter nel branco Luigi Capuana, che pubblicava anonimi a Firenze i suoi frammenti di un Giobbe con l’aggiunta dei Paralipomeni al Lucifero già stampati dallo Zanichelli nel ’78; come non accennare al numero unico Lucifero, giornale di Marco Balossardi, apparso in Roma, il 5 febbraio ’82: numero unico, dei quale (ci apprende l’Iride di Vicenza del 12 aprile) si dichiararono autori tre studenti dell’università di Roma: G. D’Annunzio, G. Salvadori ed E. Scarfoglio.
Con tutto ciò (via, vogliamo esser generosi) è inammissibile in tutti codesti signori, sia pure lontanamente, il sospetto di occulti motivi d’invidia, di odio, di rancore avverso al “morto„ Rapisardi; giacché, si sa, non si trattava d’altro, al tirar dei conti, che di volere far baldoria, nella stessa guisa che sopra i cadaveri era uso farsi dai popoli antichi e ai nostri tempi da alcuni popoli selvaggi. Peccato, però, che in questo lavoro meraviglioso l'illustre Commendatore abbia cooperato solo per una quarta parte. “La parte più cattiva„ egli dice con civettuola modestia. Noi al contrario, che amiamo spiattellarla tonda tonda in faccia la verità, non esitiamo a dirgli che giusto quella quarta parte è la quinta essenza della spiritosaggine.
O che libro, questo Giobbe balossardiano! che monumento originale! La stampa unanime e concorde mancò forse di chiamarlo — come abbiamo già riferito — un libello, uno scandalo, una speculazione libraria? E ora aggiungiamo: il Preludio di Milano (17 febbraio ’82) lo definì “un libro a cui si è voluto procacciare un successo artificiale di scandalo, mercè espedienti poco onesti e punto decorosi, un libro che non è né satira, né critica né poesia: è petulanza volgare e nulla più„.
Intanto per convincercene apriamo il libro e leggiamo:
Possano farsi cento Luciferi
ed un milione di Palingenesi
ma l'inno di Satana, credi
credimi, non fa dormire...
E più giù:
E per questo leggiamo ogni mattino
la traduzione di Lucrezio Caro
il Lucifero, il Giobbe e Bertoldino.
Ed in seguito:
Deh fa, gran Dio, che il piccolo cantore
non trovi d’ora innanzi un editore.
Questo ce lo assicura il comm. Ricci, che Mario Rapisardi è “piccolo cantore„. Noi dobbiamo credergli, anzi dobbiamo battergli le mani. Bravo il Commendatore! Ah ah, che risate sbardellatamente omeriche, anzi addirittura aretinesche!
Ma in un punto del vostro genialissimo poema mi pare, o commendatore poeta, che si leggono queste parole, scritte, se non sbaglio, dal vostro consocio:
Riconoscendo forse i scerpelloni
esclamereste: Come siam buffoni!
Mo’ ricordo. Quando voi vi compiaceste a stampare nel Fanfulla della Domenica del 20 gennaio ’84 quella certa tiritera rimata che voi sapete e della quale ora accennate solo:
e le cronache e i pasticci
che stampò Corrado Ricci,
metteste in coda quest’altra non meno solenne verità:
Un poema è un benefizio
quando giova a quel servizio.
Impagabile davvero, o Commendatore, voi col vostro poema!
E toh, pochi giorni dopo, il 16 febbraio, nella Cronaca Bizantina lo Scarfoglio, tutto compreso di profondissima pietà per la sorte del povero Rapisardi, che aveva già pubblicato la sua trilogia, scriveva untuosamente: “Ma è bello lasciarlo così (dopo 4 anni!) disteso in terra, insultando un caduto? Agli altri parrà bello: a me di cui il personale risentimento non può certo esser favorevole al Rapisardi, par vile.„
Vedi caso! Mario Rapisardi, che pareva morto, in realtà era più che mai vivo; e il suo Giobbe l'aveva pubblicato giusto agli ultimi di dicembre 1883 e nel gennaio dello stesso anno aveva lanciato i terribili canti di Giustizia! O come? E non l’avevano morto e seppellito, e non avevano ballato il can-can sulla sua fossa? E la “ditta bolognese„ non era riuscita per il caso straordinario a far ridere a crepapelle tutto il popolo di Italia? Tutto il popolo d’Italia veramente no, che volete? per tantissime ragioni e anche un po’ se dobbiamo prestar fede a quanto Edmondo De Amicis il 2 aprile ’81 scriveva al poeta, da Torino: “Nessuno dei miei amici e conoscenti sapeva verbo della polemica a cui Ella accenna. Noi tutti mettiamo Mario Rapisardi mille cubiti al di sopra di tutte queste guerricciole„.
E ora ci viene ammannita la ristampa del Balossardi coi commenti di L. Lodi. Anche quest’altro si rimette in vetrina.
Già: non ha costui il vanto dì aver tenuto a battesimo la polemica famosa? Ma per conoscere bene costui sarebbe giusto rileggere tutto quello che ebbe a dedicargli il Prometeo di Palermo (10, 17 e 24 aprile 1881) riportato nella Polemica edita dal Giannotta, nonché quanto scrisse il Carducci (XII, 455): “Luigi Lodi, ve lo immaginate voi, o genti? Posa plastica, fuoco di bengala, e bum! Bravo Lodi, così almeno si ride!„ Ed egli in verità fece ridere al tempo della polemica, forse meglio di una scimia ammaestrata.
E ora torna a farci ridere dopo circa quarant’anni, rievocando anche lui le sue prodezze, esempio edificante alla generazione novella.
Eppure Giosuè Carducci, sinceramente si augurava che i lontani nepoti non avessero a ricordarsi di siffatte miserie, perchè allora bisognava credere che “il naviglio dei mille salpò invano da Quarto„...
(1919).
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- Testi in cui è citato il testo Lucifero
- Testi in cui è citato il testo A Satana
- Testi in cui è citato Tito Lucrezio Caro
- Testi in cui è citato il testo Giobbe (Rapisardi)
- Testi in cui è citato Corrado Ricci
- Testi in cui è citato Olindo Guerrini
- Testi in cui è citato Ugo Foscolo
- Testi in cui è citato Giosuè Carducci
- Testi in cui è citato Arcangelo Ghisleri
- Testi in cui è citato Luigi Illica
- Testi in cui è citato Rosario Pasqualino Vassallo
- Testi in cui è citato Luigi Capuana
- Testi in cui è citato Gabriele D'Annunzio
- Testi in cui è citato Giulio Salvadori
- Testi in cui è citato Edoardo Scarfoglio
- Testi in cui è citato Omero
- Testi in cui è citato Pietro Aretino
- Testi in cui è citato il testo Giustizia
- Testi in cui è citato Edmondo De Amicis
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