Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/9

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SENATO DELLA REPUBBLICA CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA


COMMISSIONE PARLAMENTARE D' INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI

RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI MERCOLEDI' 26 MAGGIO 1999

Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI


I lavori hanno inizio alle ore 19,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Presidenza del presidente CIRAMI

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Prima di procedere all'audizione del dottor Vecchione, desidero comunicarvi che ho convocato l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi e dai coordinatori, per domani alle ore 14,30, al fine di fissare un ulteriore calendario di audizioni e di discutere una diversa organizzazione dei lavori della Commissione.

Vi ricordo, altresì, che, nel corso della prossima seduta - che sarà molto probabilmente convocata per martedì 1° giugno - la Commissione dovrà approvare la relazione sui lavori svolti, che è stata già esaminata nella seduta di ieri. Ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del Regolamento interno, per le deliberazioni relative all'approvazione delle relazioni è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti la Commissione. Vi invito, pertanto, ad assicurare la presenza del suddetto quorum.

Audizione del procuratore della Repubblica di Roma, dottor Salvatore Vecchione

PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all'audizione del dottor Vecchione, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, il quale ha ritenuto opportuno farsi accompagnare dai sostituti procuratori, dottori Catalani e Nebbioso.

Innanzi tutto ringrazio il dottor Vecchione e i dottori Catalani e Nebbioso per aver accolto con cortese disponibilità il nostro invito, soprattutto in un momento in cui la Procura di Roma è impegnata in indagini primarie rispetto a quella oggetto dell'audizione odierna.

Comunico che i lavori della Commissione si svolgeranno in forma pubblica, secondo quanto dispone l'articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del Regolamento interno, l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Qualora da parte dei nostri ospiti o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono ritenere riservati, disattiverò l'impianto audiovisivo per il tempo necessario.

Preciso, infine, che dell'audizione odierna è redatto il resoconto stenografico che sarà sottoposto, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alle persone ascoltate e ai colleghi che interverranno, perchè provvedano a sottoscriverlo, apportandovi le correzioni di forma che riterranno opportune in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.

Do quindi la parola al dottor Vecchione che, quando lo riterrà opportuno, potrà passarla, a sua volta, ai colleghi che lo accompagnano.

VECCHIONE. Signor Presidente, darò una indicazione di massima su quello di cui si è interessata la Procura di Roma; poi i colleghi risponderanno alle domande che i commissari formuleranno.

La Procura di Roma si è interessata al concordato preventivo della Federconsorzi sotto un duplice profilo: per i pareri sull'ammissione a concordato preventivo e sull'omologazione dello stesso, nonché per l'accertamento delle responsabilità penali conseguenti all'insolvenza della Federconsorzi.

Il concordato preventivo fu chiesto nel giugno del 1991. Nel luglio dello stesso anno con sentenza (presidente ed estensore dottor Ivo Greco) la Federconsorzi fu ammessa a concordato. Successivamente, nel luglio 1992, il concordato veniva omologato; attualmente il concordato è ancora pendente.

Per quanto riguarda l'aspetto penale, in data 20 novembre 1992 veniva aperto un procedimento penale e successivamente avveniva una prima iscrizione al registro degli indagati a carico esattamente dei presidenti e dei direttori generali della Federconsorzi.

Il sostituto dapprima delegato conferiva un incarico peritale ad alcuni commercialisti, al fine di accertare le cause e le responsabilità del dissesto della Federconsorzi.

L'elaborato peritale veniva depositato il 29 novembre 1994. A quella data, il sostituto designato lasciava la procura e per nuova delega, veniva designato il sostituto procuratore, qui presente, dottor Settembrino Nebbioso. PRESIDENTE. Signor procuratore, chi era il primo sostituto procuratore?

VECCHIONE. La dottoressa Evelina Canale.

A seguito di investigazioni si veniva a conoscenza di una vicenda che poteva coinvolgere e coinvolgeva il presidente Greco, il quale aveva prima ammesso e poi omologato il concordato preventivo.

Per tale ragione, si inviava di ciò notizia alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia, che apriva un autonomo fascicolo processuale sulla vicenda del concordato (sostituto delegato dottor Dario Razzi).

Per accordi presi in una riunione fra il procuratore della Repubblica di Roma di allora, dottor Michele Coiro - alla presenza dei sostituti Nebbioso e Catalani qui presenti - si conveniva con il dottor Dario Razzi che l'Ufficio di Roma avrebbe investigato sui fatti che precedevano la richiesta di concordato, mentre la Procura di Perugia avrebbe accertato i fatti di rilievo penale inerenti al concordato.

Il pubblico ministero di Roma avanzava così richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Truzzi Fernando, presidente del consiglio di amministrazione più altre 53 persone, come da una nota che poi l'Ufficio allegherà.

La richiesta si fondava soprattutto sui risultati della consulenza tecnica che ho prima indicato. Il giudice per l’udienza preliminare, che era il dottor Stefano Meschini, disponeva il rinvio a giudizio di tutti gli imputati il 25 maggio 1998. Il 21 aprile 1999, dinanzi alla I sezione, si celebrava la prima udienza di trattazione. Questo ufficio è in grado di produrre atti che possono essere utili alla Commissione; in particolare mi riferisco alle missive inviate alla Procura della Repubblica di Perugia, alle relazioni tecniche dei dottori Caramante, Marino e Pazzaglia, alla relazione del dottor Marcucci, alle richieste di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica di Roma e della Procura della Repubblica di Perugia, nonché al decreto di rinvio a giudizio del giudice per l’udienza preliminare, dottor Meschini.

Questo è il quadro generale. Per quanto attiene a particolarità che possano essere utili e alla produzione dei documenti che ho citato si potrà far riferimento ai colleghi qui presenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Vecchione per la sua esposizione.

Do ora la parola al dottor Nebbioso per un’integrazione.

NEBBIOSO. Signor Presidente, io credo sia importante per la Commissione avere una visione d’insieme, e questo vuol dire soprattutto spiegare che cosa è accaduto nell’ambito dei due procedimenti penali, e in particolare perché ce ne sono stati due.

MANCUSO. Le persone rinviate a giudizio sono 52, 53 o 54?

NEBBIOSO. La richiesta di rinvio a giudizio si riferisce a 52 persone.

MANCUSO. L’ho chiesto perché prima il procuratore Vecchione ha detto: "altri 53".

VECCHIONE. Salvo taluni eventualmente prosciolti dal GIP.

NEBBIOSO. Parliamo della richiesta di rinvio a giudizio, che fa riferimento a 52 persone; invece il decreto di rinvio a giudizio tiene conto anche degli eventi intervenuti nel corso dell’udienza preliminare. Per esempio, alcuni indagati nel frattempo sono morti, per cui è stato dichiarato il non luogo a procedere per estinzione del reato ex articolo 150 del codice penale.

Dicevo che è importante spiegare perché vi sono due procedimenti. Il procedimento originario sorge nel 1993. I sostituti inizialmente delegati alla trattazione di tale procedimento sono la dottoressa Evelina Canale e il dottor Aurelio Galasso; successivamente, la dottoressa Canale viene sostituita dal qui presente dottor Nebbioso, e in seguito il dottor Galasso sarà sostituito dal sostituto procuratore della Repubblica Pietro Catalani.

Nel corso delle indagini da me condotte emerge un elemento - sul quale vi è un’ampia relazione al procuratore della Repubblica Coiro - che in qualche modo andava approfondito, coinvolgendo, fra l’altro, responsabilità di tipo penale del presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma, dottor Ivo Greco. Ci fu una riunione con il Procuratore della Repubblica; fu deciso di trasmettere una parte del procedimento, ossia tutti gli atti che facevano riferimento al concordato preventivo e quelli successivamente assunti a Perugia. La nota di trasmissione, di cui lascio copia a disposizione della Commissione, indicava chiaramente un fatto. Sarà importante, a mio avviso, notare come poi esso verrà recepito sostanzialmente dalla Procura della Repubblica di Perugia, venendo a formare un autonomo capo di imputazione a carico del presidente Greco.

Nella missiva di trasmissione si dice: "Segnatamente, come già evidenziato verbalmente al sost. Proc. Dott. RAZZI" - che è il collega di Perugia che ha seguito l’indagine - "si rileva che le circostanze riferite dall’avv. LETTERA e dal dott. PIOVANO, documentalmente riscontrate, fanno sorgere la necessità di accertamenti da parte di codesto Ufficio. Trattasi in particolare della circostanza riferita dall’avv. LETTERA, già Commissario Governativo e liquidatore della FEDERCONSORZI, oggi solo Commissario Governativo, secondo cui il dott. PIOVANO, anch’egli all’epoca Commissario Governativo per la FEDERCONSORZI, ritirò, brevi manu, dal Presidente GRECO un’istanza datata 27/05/1992 in cui si prospettava il problema della liquidazione coatta amministrativa in alternativa al concordato preventivo (la circostanza riferita originariamente dall’avv. LETTERA è stata confermata dallo stesso dott. PIOVANO che ha prodotto in copia l’istanza stessa): cfr. Verbali del 29/11/1995 e 31/1/1996.

Tali accertamenti assumono decisiva rilevanza anche in relazione all’omologazione del concordato preventivo ed all’atto quadro che, autorizzato dal Tribunale fallimentare, ha consentito la cessione a S.G.R. spa dell’intero coacervo dei beni della FEDERCONSORZI al prezzo di 2.150 miliardi (coacervo di cui fanno altresì parte" - e noi lo segnalavamo già alla Procura della Repubblica di Perugia – "circa 2.000 miliardi di crediti vantati da FEDERCONSORZI nei confronti dello Stato e valutati in sede di stima dei beni del concordato preventivo in 50 miliardi).

Si trasmette altresì, ritenendosi sussistere la competenza di codesto Ufficio, istanza depositata in data 31/01/1996 dell’avv. Francesco M. PAOLA, quale legale nominato dal senatore Giovanni ROBUSTI con la quale si chiede di verificare l’esistenza dei presupposti per provvedimenti di sequestro preventivo" - che successivamente è intervenuto da parte del tribunale di Perugia - "e/o giudiziario".

Torneremo poi sul senatore Giovanni Robusti, con il quale ci incontrammo perché prospettò alcune problematiche. Io redassi allora delle note su quella riunione e la mia soddisfazione consiste nel fatto che il contenuto di quegli appunti è stato recepito, direi quasi integralmente, nei capi d’imputazione che sono stati puntualmente predisposti dalla Procura della Repubblica di Perugia.

Questo dunque è l’evento che fa scindere in due il procedimento. Vi fu una scelta di fondo del nostro ufficio: trattenere il procedimento per quanto concerneva le ipotesi di reato accertate antecedentemente alla fase di omologazione del concordato preventivo e, necessariamente, trasmettere a Perugia il procedimento relativo alle fasi successive, atteso che all’epoca poteva essere coinvolta la responsabilità penale di un magistrato del distretto di Roma.

Per quanto concerne il procedimento che è rimasto a Roma, vi era un atto fondamentale, che rappresenta il presupposto sul quale poi sono state costruite le imputazioni in relazione a cui è stato formulato il rinvio a giudizio. Si tratta di una consulenza tecnica, che in realtà costituisce l’unico vero strumento di indagine, atteso che quella consulenza, per i tempi tecnici che sono stati necessari (si trattava di esaminare, credo, diversi chilometri lineari di documentazione), in pratica assorbì integralmente il tempo che viene concesso per la fase delle indagini preliminari. Quindi la richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica di Roma recepiva semplicemente le conclusioni dei consulenti e su di esse ha costruito i capi di imputazione per i quali attualmente il procedimento pende dinanzi alla I sezione penale del tribunale di Roma.

Come si nota già dalla lettera di trasmissione, il nostro stupore fu grande, con riferimento all’autorizzazione che il tribunale di Roma concesse alla vendita in blocco dei beni di Federconsorzi, beni che furono venduti come si dice, soltanto formalmente per 2.150 miliardi. In realtà, ma questo lo spiega molto bene (ne aveva la possibilità) il collega Razzi della Procura della Repubblica di Perugia, quel prezzo fu di gran lunga inferiore rispetto ai nominali 2150 miliardi, a fronte di beni che prudenzialmente potevano essere stimati quanto meno in 4.800 miliardi e nella cui valutazione non si teneva in considerazione il credito della Federconsorzi nei confronti dello Stato (circa 2.000 miliardi). Il problema emergerà anche a Perugia (in qualche maniera vi sto dando atto anche di brani o stralci della richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura sopra ricordata), perché sui crediti vantati nei confronti dello Stato era intervenuta una transazione e la S.G.R. vi aveva rinunciato. Si tratta probabilmente di uno dei risultati concreti raggiunti con il procedimento penale.

La formazione della società S.G.R. ci sembrava strana e, secondo noi, veniva ad alterare il principio della par condicio creditorum, dato che questa società era formata sostanzialmente dai creditori più importanti della Federconsorzi, unici ad aver avuto la possibilità di entrarvi a far parte per le particolari condizioni di accesso. Altro aspetto, non di poco conto, che attirò la nostra attenzione e che segnalammo alla Procura di Perugia durante un incontro con il collega Razzi, fu quello relativo alla questione dell'istanza presentata al dottor Greco, presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma, circa la possibilità di procedere a liquidazione coatta amministrativa. Ricordo che le due procedure, da un lato tale liquidazione, dall'altra il concordato preventivo per cessione dei beni, si ponevano, e si pongono tuttora, in maniera alternativa tra loro. Ipotizzammo anche, ma su questo non potemmo esercitare alcuna azione penale, stante la competenza della Procura della Repubblica di Perugia, una fraudolenta esposizione di uno stato di insolvenza di Federconsorzi, in realtà da ritenersi non sussistente all'epoca del commissariamento (maggio 1991).

Vi parlavo prima degli incontri con il senatore Robusti, il quale sostanzialmente denunciava sia l'esagerazione del passivo, sia la svalutazione dell'attivo, finalizzate ad indurre il tribunale a ritenere inevitabile il concordato. Secondo il senatore non ci sarebbe stata l'insolvenza, opinione che ci trovava concordi. In proposito, con un ragionamento di tipo analitico e con conteggi allegati, la Procura della Repubblica di Perugia ha accertato che lo stato di insolvenza (presupposto affinché si possa essere ammessi al concordato preventivo per cessio bonorum), quanto meno nel maggio 1991, non sussisteva. Anche il senatore Robusti denunciava la strana creazione della S.G.R. spa, finalizzata a favorire la liquidazione del compendio patrimoniale della Federconsorzi a favore di gruppi privati. Pure su questo aspetto si sofferma la richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica di Perugia.

Della valutazione dei crediti verso lo Stato ne ho già parlato. Un capitolo a parte meriterebbe l'approfondimento delle vicende di tutti quei beni che non formavano oggetto del compendio Federconsorzi...

MANCUSO. Signor Presidente, mi scusi per l’interruzione, ma vorrei farle presente una considerazione, peraltro condivisa anche da un altro collega qui presente. Questa pregevole relazione è in sostanza manifestazione tralaticia dell'avviso, non so quanto concordato con la Procura di Roma, appartenente alla Procura di Perugia. Quindi, una cronistoria interessante, ma in questo momento tutt’altro che decisiva per la nostra conoscenza, posto che essa oltretutto si sta fondando su circostanze che dobbiamo considerare, se ricordiamo bene la duplice deposizione del professor Capaldo, largamente contestate. Ci troviamo di fronte alla reviviscenza in diretta di un materiale proveniente da un altro Ufficio che viene ripresentato in questa sede come originale e con l'aria della novità, quando sappiamo che il lavoro della Commissione è approdato ad una fase nella quale queste cose sono già state, non contraddette nei risultati, ma contestate nelle procedure.

Rimetto a lei, signor Presidente, la valutazione di questa mia osservazione, che trova concorde anche un altro collega, se non altro in funzione dell'utilità del nostro lavoro.

PRESIDENTE. Onorevole Mancuso, le ho consentito l'interruzione anche se, mi permetta di dirlo, non mi è sembrata opportuna. Abbiamo deciso di audire i rappresentanti dell'ufficio della Procura della Repubblica di Roma per ottenere la loro opinione sullo svolgimento dei fatti. Lasciamo terminare l'esposizione, le considerazioni le faremo noi alla fine. (Commenti dell’onorevole Mancuso)

NEBBIOSO. Signor Presidente, mi stavo limitando ad illustrare fatti consacrati in atti processuali. Il nostro lavoro è quello confluito nella richiesta di rinvio a giudizio e io non posso che dar atto di questo e degli elementi posti a suo fondamento. So bene che esiste la presunzione di innocenza e che è pendente un giudizio dinanzi alla prima sezione penale, ma questi sono gli elementi che offriamo alla valutazione del giudice e che sono in grado di illustrare oggi.

Stavo richiamando, e mi sembrava opportuno per completezza di trattazione parlarne, la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura della Repubblica di Perugia. Tuttavia, se la Commissione ritiene che io mi debba fermare all'analisi dell'attività condotta dalla Procura della Repubblica di Roma....

PRESIDENTE. Dottor Nebbioso, continui pure la sua esposizione così come aveva ritenuto di impostarla.

NEBBIOSO. Signor Presidente, stavo dicendo che un capitolo a parte meriterebbero le dismissioni operate da Federconsorzi prima del commissariamento e relative a quei beni che poi, ovviamente, non sono entrati a far parte del concordato preventivo. In particolare, faccio riferimento alla cessione della Polenghi-Lombardo, una società del gruppo FEDITAL. Anche con riferimento a questa circostanza sono stati acquisiti elementi di prova in base ai quali la Procura della Repubblica di Perugia ha ritenuto di poter sostenere in giudizio l'accusa relativamente a fatti specifici che sono stati contestati con quella richiesta di rinvio a giudizio.

Dopo aver cercato di dare una visione di insieme, termino il mio intervento. Lascerei ora la parola al collega Catalani.

CARUSO Antonino. Dal momento che ho qualche preoccupazione sulle modalità con le quali la Presidenza mi dà o meno la parola, chiedo fin d'ora di intervenire dopo gli auditi.

PRESIDENTE. È una preoccupazione che può allontanare immediatamente dal suo animo.

CATALANI. Signor Presidente, sono addetto alla cura degli affari civili presso la Procura della Repubblica di Roma e mi sono interessato alla vicenda del concordato preventivo. Ho espresso parere personalmente in un solo caso, perché la prima volta che il concordato fu presentato il parere favorevole fu formulato dal dottor Iori. Anche la seconda volta, quando il concordato fu omologato, nel luglio 1992, l'ufficio espresse parere favorevole. Quella volta c'era già una sentenza del presidente della sezione fallimentare, dottor Greco, da cui si evincevano fatti di rilievo penale ed era lo stesso presidente Greco a darne atto nella sentenza omologativa. Pertanto, trasmisi gli atti al Procuratore della Repubblica affinché fosse presa visione della sentenza da cui si evincevano dei fatti di rilievo penale in relazione alla falsificazione dei bilanci negli anni immediatamente precedenti alla presentazione della domanda di concordato. Dopo di ciò, divenne presidente il dottor Piccinnini e successivamente il dottor Norelli. Dal 1995, da quando è divenuto presidente il dottor Piccinnini, noi siamo stati puntualmente informati di tutti gli atti più rilevanti della procedura.

Si è presentato, a mio avviso, un problema di notevole portata: si andavano configurando, come ha appena esposto il collega Nebbioso, fattispecie penali piuttosto gravi, tanto nella fase precedente all'ammissione al concordato quanto in quella successiva. Il problema riverberava sul concordato sotto un duplice profilo, perché chi ha commesso reati prima del concordato non può essere ammesso al beneficio, mentre chi li commette addirittura durante il concordato deve essere revocato dal beneficio stesso. Però, come potete capire, si tratta di un problema pressoché insolubile, perché se è vero che giuridicamente la soluzione della controversia sembra piuttosto facile, è vero anche che vi erano tali interessi in gioco per cui la penna ogni volta si fermava: la risoluzione del concordato per manifesta illegittimità dello stesso sembrava troppo grave, nonostante un certo fumus di questo fosse deducibile dalle accuse che si andavano muovendo.

Questo per quanto riguarda la mia parte, ma sarebbe stato e potrebbe essere un intervento sconvolgente del pubblico ministero negli affari civili qualora, contro questa che è sembrata la decisione unanime dell'apparato (uso un termine particolare) di portare a concordato la Federconsorzi, si sollevi un singolo sostituto, anche se appoggiato dal Procuratore, a dire che il concordato risulta così pieno di reati che è illegittimo anche in sede civile. Il problema, a mio avviso, è ancora aperto.

Tornando all'aspetto penale, che è quello per cui ci avete invitato, il collega Nebbioso ha fatto la cronistoria di tutti gli aspetti e ha lasciato a me il compito di illustrarvi rapidamente la nostra richiesta di rinvio a giudizio, che è stata sostanzialmente accolta nella sua completezza, tranne appunto i casi di decessi sopravvenuti per alcuni singoli indagati, ma non c'è stato alcun proscioglimento sul capo di imputazione. L'accusa si è mossa essenzialmente sulla perizia dei professori Caramante, Marino e Pazzaglia, dottori commercialisti che depositarono un lavoro nel 1994. Sulla scorta di questo lavoro, si sono ipotizzate accuse di bancarotta documentale e patrimoniale precedente all'ammissione al concordato.

In questi casi, tra l'altro, si solleva una questione giuridica notevole, perché bisogna configurare un reato che deriva dal combinato disposto degli articoli 236 e 216 della legge fallimentare, che in sede dibattimentale può creare problemi per la configurazione del reato. Infatti, nel concordato, come si fa a sostenere che una società è incorsa in una bancarotta? Questo, a nostro avviso, può essere sostenuto perché il combinato disposto degli articoli citati consente di muovere e di sostenere tale accusa. Dalla relazione dei tre periti risultava che i bilanci della Federconsorzi, a partire dal 1985, erano tutti alterati e da ciò è stata mossa una contestazione di falso in bilancio, quindi di bancarotta documentale. Per quanto riguarda le distrazioni, sono costretto a leggere la richiesta di rinvio a giudizio data la cospicua mole dei fatti, naturalmente variamente addebitati ai singoli amministratori per i periodi in cui hanno ricoperto le cariche. Dalle distrazioni sono stati tenuti fuori i sindaci, ritenuti responsabili soltanto delle falsità documentali. Quegli individui: "distraevano lire 37 miliardi 360 milioni, mediante erogazione di danaro a titolo di "ristorno" in favore dei CAP, negli anni 1986, 1987, 1988 e 1989, in base a bilanci falsi e senza aver percepito dai soci dei CAP il prezzo delle merci consegnate e per le quali, nonostante il mancato pagamento, effettuavano comunque l'erogazione di danaro a ristorno" (in seguito il collega Nebbioso spiegherà la tecnica del ristorno); "nel 1987 distraevano crediti per lire 29 miliardi 760 milioni, vantati nei confronti di alcuni CAP ai quali rimettevano il debito, mediante utilizzazione del fondo interventi organizzazione, proveniente da utili - del tutto fittizi - di precedenti esercizi"; "nel 1988 distraevano crediti per lire 78 miliardi e 200 milioni, vantati nei confronti di alcuni CAP ai quali rimettevano il debito, mediante utilizzazione del fondo interventi organizzazione, proveniente da utili - del tutto fittizi - dei precedenti esercizi"; "nel 1989, dopo aver acquistato beni immobili per complessivi 38 miliardi e 500 milioni dal CAP di Reggio Emilia e dal Consorzio agrario interprovinciale (CAI) di Catania-Messina, nonostante che detti consorzi fossero fortemente indebitati nei confronti della Federconsorzi (...), dissipavano attività sociali, mediante la concessione in comodato gratuito degli immobili appena acquistati, agli stessi CAP venditori ed infine accollandosi anche debiti ipotecari gravanti per 7 miliardi di lire sugli immobili acquistati dal CAI di Catania-Messina"; "distraevano e dissipavano somme di danaro mediante erogazione di crediti, senza corrispettivo e mai rientrati, per un ammontare complessivo di lire 31 miliardi e 946 milioni alla Coldiretti e lire 24 miliardi 699 milioni alla Confagricoltura, dal 1985 al 1991"; "dissipavano una somma di danaro pari complessivamente a 2.000 miliardi... PRESIDENTE. Dottor Catalani, questi sono i capi di imputazione di cui la Commissione è già in possesso, quindi questi fatti possiamo darli per conosciuti. Vuole aggiungere qualcos'altro? CATALANI. Da ultimo, il giudice Piccinnini nel 1995 aveva commissionato a sua volta ad un consulente tecnico, il commercialista Marcucci, per evidenziare... Noi abbiamo trasmesso la relazione peritale in sede penale al giudice delegato, però quest'ultimo sentì il dovere di far fare anche una relazione tecnica ad un commercialista di sua fiducia per accertare eventuali responsabilità di amministratori da perseguire in sede civile. Questa relazione è stata elaborata nel giugno 1998 dal dottor Marcucci. In essa si evidenziano fatti penalmente rilevanti, largamente riassorbiti nelle contestazioni da noi mosse in merito al favoreggiamento di alcune persone fisiche e di alcune società gestite da soggetti vicini, o addirittura parenti, degli amministratori della Federconsorzi.

Per residuo, vi sarebbero anche altre fattispecie che potrebbero configurare fatti penalmente rilevanti. Tra l'altro, poiché da quegli avvenimenti sono trascorsi dieci anni, trattandosi di entità minori rispetto ai gravissimi fatti di cui ho appena dato lettura, bisognava valutare se valeva la pena, dopo che era trascorso tanto tempo, di svolgere indagini sui regali milionari di Natale che gli amministratori della Federconsorzi avevano fatto nell'immediatezza del concordato.

Sostanzialmente questi fatti possono essere rilevati dalla relazione del dottor Marcucci, che è afferente al concordato preventivo e che noi mettiamo a disposizione della Commissione.

PRESIDENTE. Prima di dar corso al dibattito e alle domande che i colleghi vorranno rivolgere ai procuratori qui presenti, vorrei formulare due richieste molto ingenue: di chi era la competenza della richiesta di revoca del concordato preventivo? Perché, visti i presupposti, detta richiesta non è stata avanzata?

CATALANI. Non ho fatto la richiesta di revoca del concordato preventivo perché mi sembrava troppo più grande della mia stessa persona. Sono convinto che tale richiesta possa essere sostenuta, ma il concordato poggia su tali equilibri che, personalmente, non mi sono sentito in grado di portare avanti sino in fondo questa tesi.

NEBBIOSO. Vorrei intervenire, se mi è consentito, per fare una breve integrazione.

Si tratta di un'ipotesi emersa sin dall'inizio, ma che era inevitabilmente fondata sull'accertamento di fatti, le cui responsabilità sono ancora in fase di valutazione in sede penale. Va sottolineato poi che esiste, come unico precedente, uno stralcio relativo alla Federconsorzi che, per motivi tecnici, fu effettuato nell'ambito del processo rimasto a Roma.

In relazione a quello stralcio va anche dichiarato che è intervenuta una sentenza in cui il presidente, dottor Almerighi (non so se ne fosse anche estensore) ha assolto tutti gli imputati.

PRESIDENTE. Si riferisce all'arresto di Bambara ed altri?

NEBBIOSO. Certamente; vi è stata però un'assoluzione.

Una richiesta di revoca del concordato, che dovrebbe essere fondata sulla fraudolenta esposizione di un dissesto, merita un accertamento che deve necessariamente avvenire in sede penale, altrimenti in sede civile si riproporrebbero problemi già valutati una prima volta. CATALANI. Vorrei aggiungere un aspetto giuridico fondamentale: la legge prevede che, dal momento della scoperta del dolo, da quando nasce il sospetto in testa al sostituto o al procuratore, ovvero quando vi è l'accertamento definitivo del dolo, possono essere sostenute entrambe le ipotesi che ho testé illustrato.

E' chiaro che prudenza ed estrema cautela invocano la seconda tesi, mentre un certo interventismo del pubblico ministero potrebbe essere a favore della prima ipotesi: comunque, la vicenda sarebbe stata, per certi versi, devastante.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il senatore Antonino Caruso, che altrimenti continuerà ad accusarmi di togliergli la parola. CARUSO Antonino. Signor Presidente, non è un’accusa, è una contestazione univoca ma anche una constatazione, come suggerisce il collega Gaetano Veneto: lei, signor Presidente, mi ha recato un danno gravissimo e irreparabile nel sistema di lavoro che avevo faticosamente impostato, quando si procedette all'audizione del professor Capaldo. Non solo non le permetto di reiterare questo tipo di condotta ma, poiché sono prudente, prima che il danno mi venga arrecato di nuovo, mi preme prevenirlo.

Le domande che desidero rivolgere ai signori procuratori riguardano in larga misura la vicenda del concordato; quindi, mi riservo solo un piccolo accenno ai fatti antecedenti.

Devo premettere che non sono d'accordo con l'intervento del collega Mancuso. Ritengo che i contributi che i Procuratori hanno recato questa sera alla conoscenza dei fatti da parte della Commissione siano comunque utili, seppure gli argomenti trattati abbiano ritracciato questioni ascoltate da più parti e lette su documenti già esaminati.

La poliedricità dell'esposizione degli argomenti giova al risultato finale che ci compete e che è quello di trarre delle convinzioni personali e delle conclusioni.

La prima questione, su cui avrei piacere di avere una risposta, riguarda non tanto l'ipotesi, che è stata evocata, di richiesta di revoca del concordato, quanto piuttosto il momento antecedente, cioè quando la Procura della Repubblica di Roma è stata chiamata ad esprimere il parere sulla domanda di ammissione al concordato preventivo.

Non v'è dubbio che il concordato proposto al tribunale di Roma si presentava come un concordato preventivo di eccezionale rilevanza e portata, con riferimento allo scenario fallimentare consueto con cui anche l'ufficio della Procura di Roma si misura abitualmente. Anche se si tratta di una Procura che agisce in una grande città, credo che la straordinarietà della portata economica e degli interessi sociali che investiva la Federazione italiana dei consorzi agrari costituisse un fatto eccezionale anche per quell'ufficio. Vorrei sapere quali furono gli elementi che il Procuratore della Repubblica di Roma esaminò, valutò e che lo indussero ad esprimere parere favorevole all'ammissione della Federconsorzi alla procedura di concordato preventivo.

Inoltre: al momento della presentazione della domanda, fu valutata dall'ufficio la possibilità alternativa dell'accesso ad altre misure concorsuali, ivi compresa quella della liquidazione coatta amministrativa e della c.d. legge Prodi? Quali furono gli elementi esaminati e le ragioni che indussero l'Ufficio a esprimere il parere favorevole che conosciamo?

Il sostituto, che prima è intervenuto, ha espresso una considerazione che, dal punto di vista tecnico, mi sento di condividere: non desidererei mai di trovarmi al suo posto a valutare, sotto il profilo dell'opportunità, un evento di oggettivo effetto devastante, quale la revoca di un concordato preventivo della portata di quello che è al nostro esame.

Va comunque sottolineato che la funzione cui la legge chiama il Procuratore della Repubblica non è quella di esprimere una valutazione di opportunità bensì - e in segnato riferimento a questa fattispecie - una valutazione di legalità.

Ora, è vero che tutto è opinabile nel nostro diritto, ed è anche vero che tra l’opinabile vi è ancora il più opinabile, quello che riguarda l’accertamento del dolo, l’accertamento del reato e quant’altro, ma credo che la Procura, nel suo parere complessivo favorevole, abbia esaminato anche elementi intrinseci, quale per esempio l’ammontare dell’esposizione di Federconsorzi, l’ammontare delle sue consistenze, verificando la sussistenza o meno dei requisiti di liquidità e di patrimonializzazione, che sono poi, credo, gli argomenti riferiti dallo stesso sostituto e rappresentati dal senatore Robusti.

Se ci fermiamo a ragionare sulla questione dell’opportunità, devo mettere in evidenza un aspetto. Ho letto con grande attenzione il risultato del lavoro svolto dai Procuratori della Repubblica di Perugia. Sono perfettamente consapevole del fatto che si sono formate diverse correnti di opinione sulla qualità di questo lavoro; del resto, commentare il lavoro del giudice prima che abbia trovato la sua espressione finale nella sede appropriata è un esercizio abbastanza consueto. Ebbene, pur non appartenendo né all’una né all’altra corrente di opinione, ho però trovato una singolarità con riferimento alla parte di tale lavoro che sofferma l’attenzione sulla condotta tenuta dal Presidente del tribunale di Roma. Si dice tutto di quello che egli ha fatto e non ha fatto, però non solo non vi è un’individuazione del movente, ma neanche un’apparente ricerca di esso. Allora posso pensare che anche il Presidente del tribunale di Roma sia stato mosso (accogliendo quell’istanza di ammissione del concordato preventivo e omologando poi la successiva sentenza) da ragioni di opportunità. Non posso però immaginare che una procedura di tipo matematico, quale deve essere la procedura fallimentare, dove lo Stato viene chiamato in forma pubblica a sostituirsi ad un’azione di liquidazione che diversamente avrebbe caratteristiche private, possa essere oggetto di ragionamento in termini di opportunità - mi sia consentito dirlo -, sia dal punto di vista del magistrato che è stato chiamato ad assumere una decisione fondamentale, sia dal punto di vista del magistrato che a tale decisione ha contribuito attraverso un parere. La seconda questione su cui chiedo una risposta, se possibile, da parte dei nostri interlocutori, riguarda un distinto aspetto del fenomeno in generale del concordato preventivo, sul versante S.G.R., per dirlo in maniera semplice. Abbiamo commentato e discusso sul balletto delle cifre, su quanti erano i beni, da quanto era costituito il patrimonio di Federconsorzi, il patrimonio ceduto alla S.G.R., e quant’altro.

Credo vi sia tuttavia un secondo aspetto del problema che va considerato, e cioè se la S.G.R. abbia agito in regime di concorrenza con altri possibili interlocutori in quello che era surrettiziamente divenuto un concordato preventivo non più per cessio bonorum (questa era, a ben vedere, la filosofia con cui le procedure venivano condotte); verificare quindi se la S.G.R., per quello che è noto alla Procura della Repubblica di Roma - se ha svolto indagini o espresso riflessioni sul punto -, ha agito in regime di concorrenza oppure no. La questione, in sostanza, è se vi erano altri possibili candidati all’assunzione sostanziale del concordato, oppure se, da parte del tribunale di Roma o di altri soggetti, anche interni o vicini a Federconsorzi, è stata assicurata una sorta di percorso privilegiato in favore della S.G.R., piuttosto che di altri potenziali concorrenti.

PRESIDENTE. Senatore Caruso, credo che abbia abbondamente recuperato il termine che, in assoluta buona fede, avevo fissato; anche perchè lei era assente la seconda volta in cui abbiamo sentito il professor Capaldo.

CARUSO Antonino. Lei, Presidente, commette un secondo errore, perchè non solo si è permesso di interferire nello svolgimento del mio lavoro, ma si permette anche di ritenere di poter interferire sulla strategia di esso.

Io ho mancato alla seconda audizione deliberatamente perchè non avevo intenzione di rivolgere altre domande al professor Capaldo e intendevo risolvere - come risolverò - il problema riguardante il professor Capaldo, e la relativa audizione, in altra sede, con altro strumento parlamentare che mi è consentito utilizzare.

Comunque, Presidente, le chiedo scusa, e chiedo scusa anche ai colleghi e ai nostri ospiti, che non sono venuti qui per ascoltare questo tipo di battibecco.

PRESIDENTE. Allora chiudiamo qui la polemica. DE CAROLIS. Signor Presidente, lei sa che sono sempre estremamente breve, quindi cercherò di essere sintetico anche per l’economia dei nostri lavori.

Innanzi tutto mi consenta di sottolineare la correttezza e la puntualità dell’informazione che è stata fornita alla Commissione per quanto attiene il lavoro svolto dalla Procura di Roma. Del resto, i rinvii a giudizio sono ampiamente giustificati nelle spiegazioni che sono state addotte.

Mi trovo invece consenziente con l’osservazione svolta dal collega Mancuso, attraverso un’interruzione molto cortese accolta dal dottor Nebbioso, che ringrazio. Collega Caruso, non è che non sia utile a noi, come Commissione, conoscere lo spettro di tutta la vicenda del dissesto di Federconsorzi, anzi ringrazio vivamente i nostri interlocutori per averci fornito anche informazioni che riguardano l’operato della Procura della Repubblica di Perugia. Se però, dopo aver ascoltato la Procura di Perugia e alcuni imputati rinviati a giudizio, si ritorna questa sera a contestare - legittimamente - la costituzione della S.G.R., o addirittura si mettono in discussione le stime o il balletto delle cifre (2.100 o 4.800 miliardi), dovrei rivolgere al dottor Nebbioso - me lo consentirà, in tutta amicizia - le stesse domande che ho posto al dottor Razzi e alle quali a tutt’oggi non ho ricevuto risposta. Per esempio, vorrei sapere qual è il palazzo di Roma che era stato stimato 35 milioni a metro quadro e che poi, come sappiamo tutti, dopo due anni che era stato messo in offerta, è stato venduto ad un prezzo infinitamente inferiore.

ABBATE. Volevo sapere chi chiese il concordato preventivo. Non furono forse i commissari governativi nominati dal ministro Goria in sede di commissariamento?

CATALANI. Mi pare proprio di sì, però dovrei controllare, perchè i dati sono tanti.

PASQUINI. Signor Presidente, intendo porre alcune domande molto stringate. In primo luogo, per una curiosità mia personale, ma penso anche di altri colleghi, vorrei sapere in che modo il senatore Robusti entra in questa vicenda, perchè non mi è chiaro. Seconda questione. Da parte del sostituto procuratore Nebbioso, ma anche del senatore Caruso, si è parlato quasi di una liquidazione coatta amministrativa alternativa al concordato preventivo. So anch’io che l’una esclude l’altra tuttavia, e qui stiamo parlando del presidente della sezione fallimentare del tribunale di Roma, il dottor Greco, mi è parso di capire che nelle mani dello stesso ci fosse una richiesta, o proposta, non ho ben capito, di liquidazione coatta amministrativa e che questi preferisse il concordato preventivo. Mi sembra si ignori che si tratta di due procedure completamente differenti, l'una, il concordato preventivo, riguarda l'autorità giudiziaria, l'altra, la liquidazione coatta amministrativa, è un procedimento amministrativo che non riguarda l'autorità appena citata. Insomma, non mi è chiaro perché si parli del dottor Greco a proposito della liquidazione sopra citata. Si è parlato dei famosi 2000 miliardi di credito nei confronti dello Stato per gli ammassi e spese di gestione, che la S.G.R., o i commissari, non ho ben capito, valutò inizialmente in 50 miliardi, che poi vennero ceduti o rinunciati. Anche su questo punto avrei bisogno di qualche approfondimento ulteriore, perché mi sembra di particolare importanza. Infatti, dal momento che i crediti vengono rinunciati o ceduti, improvvisamente compare qualche prospettiva di incassarli. Ecco uno dei nodi fondamentali di questa vicenda. OCCHIONERO. Signor Presidente, dopo aver ringraziato i nostri ospiti per la loro disponibilità, mi richiamo alla domanda del senatore Pasquini relativa al credito di 2.000 miliardi vantato nei confronti dello Stato. La stessa domanda era stata posta al sostituto procuratore di Perugia, il quale aveva risposto dicendo che esisteva una lettera inviata al Ministero dell'agricoltura che confermava questo debito nei confronti dei consorzi agrari.

Non ho partecipato alle sedute in cui è stato audito il professor Capaldo, ma credo che anche lui abbia detto che la S.G.R. in una fase successiva, non so se transitoria o di mediazione, e se esista una documentazione da questo punto di vista, abbia rinunciato a quei soldi. Se in vostro possesso, gradiremmo disporre della documentazione in proposito, anche perché, se è vero che il problema non è prettamente politico, nella legge finanziaria 1998 furono previsti finanziamenti per 1.500 miliardi per gli ammassi e remunerazioni per 53 consorzi su 90. Vorremmo sapere di più sulla selezione, la priorità e l'oggettività riscontrata. Ricordo poi che la prossima settimana è calendarizzato il disegno di legge sui consorzi agrari, nel quale è prevista una somma di 1000 miliardi, miliardi riproposti come dovuti per gli ammassi.

La Polenghi-Lombardo è stata venduta prima del 1991. Conosciamo il percorso seguito: 45 miliardi pagati dall'EFIM, 25 provenienti dallo Stato. C'è stata anche un'autorizzazione da parte del ministero dell'agricoltura e da quello dell'industria a riferire, anche perché gli accorgimenti effettuati in quella vendita sono stati poi sostanzialmente rispettati da un contributo dato al presidente della S.S. Lazio di 20 miliardi da parte dello Stato. Il Ministro dell'industria dell'epoca, se non sbaglio, era il professor, onorevole Prodi.

Terza questione. Il giudice Catalani ha parlato dell'isolamento oggettivo di un sostituto procuratore e di un consenso generalizzato dell'apparato. Vorrei capire a chi si riferiva quando ha parlato di apparato, se ai ministri, al Consiglio dei ministri, alle forze politiche in campo...

CATALANI. Onorevole Occhionero, non conosco così dettagliatamente l'apparato.

OCCHIONERO. Mi risulta, ma non ne sono certo, che il primo sul mercato nazionale ad aver parlato del concordato preventivo per la Federconsorzi è stato il dottor Lamiranda, presidente di un consorzio fantasma di cooperative della Lucania, al quale non più tardi di una ventina d'anni fa è stata data fiducia da parte dell'allora Ministro dell'industria per la vendita della SME e della CIRIO. Vorrei capire se anche questa persona rientrava in quel gioco preventivo che successivamente gli è stato sfavorevole, diventando favorevole per la S.G.R..

MANCUSO. Signor Presidente, le sarò grato se vorrà sgombrare dai suoi convincimenti la ragione per la quale ha definito non opportuno il mio intervento. Questo non già per risolvere una questione dialettica, ma perché sarebbe bene lasciare libero campo all'esplicazione dei poteri dei commissari senza ....

PRESIDENTE. Onorevole Mancuso, non mi sembra di essermi espresso in quei termini. L’inopportunità era riferita all’interruzione.

MANCUSO. Signor Presidente, lei dà continua causa a diatribe, la prego di lasciarmi almeno finire. Ha usato quel termine, io non glielo contesto, le consiglio semplicemente di rimuovere, caso mai permanesse questa impressione, che il mio intervento, del resto da lei autorizzato, fosse, come da lei definito, non opportuno. Lo è stato così poco da essere condiviso da altri. Quel mio rispettoso interrogativo atteneva all'utilità dei nostri lavori e inoltre allo stesso diritto che possiamo avere di interpellare i nostri ospiti su materie non solo già indagate o non contraddette, ma anche appartenenti alla responsabilità di un altro ufficio.

Detto questo, devo difendere tecnicamente l'opinione proprio da lei non dico contestata, ma comunque fattasi curiosa nel suo interrogativo, sul perché non fosse stata chiesta la revoca. Le norme che legittimano la revoca sono fondate su fattispecie di dolo specifico che non possono essere supplite dall'impressione che il dolo e la fattispecie penale sussistano, perché abbisognano di un accertamento conseguente. Per questo il collega Catalani ha detto che si tratta di una norma praticamente inapplicabile. Infatti, nel corso della procedura si dovrebbe procedere ad una sorta di sospensione, attendere l'accertamento definitivo e poi inserire questa causa, mi pare si chiami di nullità incidentale, nel procedimento concorsuale. In effetti, è così, ma io, proprio per dimostrarle che non sono stato indiscreto con i nostri ospiti, sostengo la tesi del consigliere Catalani, che introduce una valutazione di merito discrezionale circa la possibilità di chiedere o meno la revoca. Trascuro l'aspetto della legittimazione che egli poteva avere quando la procedura è stata iniziata ad opera di altri soggetti, nei quali quindi si focalizzava questa legittimazione in modo permanente; tralascio questo aspetto accademico. I destinatari delle norme sulla revocabilità sono gli organi che possono determinarla. In questo caso, il pubblico ministero era titolare di un'azione nella cui valutazione entrava proprio la discrezionalità dell'opportunità. Non facciamo alcuna concessione all'ufficio della Procura di Roma quando si afferma che poteva ponderare anche questo elemento per esercitare un diritto potestativo che non è corrispondente, se non nella forma almeno nel contenuto, con quello del giudice che è il destinatario di quelle norme. Valutando in senso generale, in termini politici, la contingenza che gli si offriva, a parte la dubbiosità dell'esito in sede giudiziaria, quell'ufficio ha considerato proprio tale aspetto: conviene smontare questa enorme, costosa, problematica impalcatura concorsuale, non solo per un caso dubbio, ma per un caso che, se il giudice ne viene investito, egli sì che ha il dovere di valutarlo. Ma io, come titolare dell'azione, posso valutarla non negli stessi termini di tassatività, ma in quelli di tassatività relativa con cui un ufficio pubblico di quel genere può valutare l'interesse pubblico che egli in quel momento rappresenta. Quindi non solo non me la sento di scusare la Procura di Roma se lo ha fatto, ma anzi di doverla elogiare, perché è innegabile l'enormità del sistema giuridico, economico e finanziario che si profilava. Concludo, signor Presidente, tornando al discorso iniziale. Dobbiamo arrivare a conoscere una materia di una vastità tale che io dubito che saremo in grado, sia pure con la proroga, di riuscirci. Ora, se appesantiamo questo nostro compito sia pure con la finalità nobilissima di conoscere tutto attraverso più voci, rischiamo di disperdere l'obiettivo essenziale. In questi termini, la prego di scusarmi se nel mio precedente intervento lei ha intravisto qualcosa di indiscreto. Io stimo questo ufficio.

ALOI. Signor Presidente, porrò una domanda molto ingenua. Seguendo il metodo induttivo, come ci insegnavano a scuola, cercherò dal particolare di ottenere elementi di giudizio che possano valere per situazioni più ampie, quindi in generale.

Mi riferisco ad un fatto che è stato richiamato, se non vado errato, dal dottor Catalani, a proposito della dismissione dei beni della Federconsorzi prima del concordato. Il riferimento è alla Polenghi Lombardo. Qui vi è un fatto strano, richiamato anche in un'altra audizione. La Polenghi Lombardo, stimata 106 miliardi, poi stranamente è stata venduta, e quindi acquistata, per la cifra di 25 miliardi. Allora chiedo: fino a che punto questo discorso, che - ripeto - è stato richiamato in precedenti audizioni, non consente di stabilire, partendo da questo elemento particolare, che tutti gli altri cespiti immobiliari sono stati estremamente supervalutati? Sembra un discorso ingenuo, come diceva il Presidente, ma credo che da questo elemento si possa ricavare una chiave di lettura di buona parte della storia della Federconsorzi.

VENETO Gaetano. Signor Presidente, abbiamo posto molte domande e non so quali siano i tempi riservati ai commissari e agli ospiti. Chiedo a lei se non sia opportuno rivederci in un'altra occasione per riprendere i nostri lavori, dal momento che noto che il numero dei componenti della Commissione si è notevolmente ridotto. Le sottopongo la questione proprio per l'utilità dei nostri lavori, come già evidenziato dall'onorevole Mancuso.

Cercherò di legare molto strettamente il mio intervento alla nostra legge istitutiva, alla nostra finalità

e quindi alla possibilità di sfruttare (uso la parola ovviamente in senso cordiale) al meglio le audizioni ai fini della nostra Commissione d'inchiesta.

Ho ascoltato dal dottor Nebbioso una valutazione di estrema importanza, che credo derivi dal lavoro svolto da Roma prima di quello di Perugia. Si tratta di una aggettivazione, quindi di una qualificazione, che mi ha colpito e che mi interessa molto, e sulla quale abbiamo ricevuto qualche risposta nelle precedenti audizioni, sia in quella della Procura di Perugia che nell'audizione del professor Capaldo. Ora, quindi, sarebbe importante la valutazione della Procura di Roma.

È stato detto che vi erano condizioni "particolari" per entrare a far parte della S.G.R. Spa. Su tale aspetto la Procura di Perugia non spende molte parole nella richiesta di rinvio a giudizio e poche risposte sono state fornite, malgrado le nostre domande, dal professor Capaldo. Ora sarebbe importante avere chiarezza e contezza del fatto, per sapere se si trattava solo di un'opinione o se invece è suffragato dal lavoro svolto dalla Procura di Roma. Ciò sarebbe utile al fine di poter dire in che misura sostanzialmente la S.G.R. era una enclave, una specie di società blindata dei maggiori creditori (le banche), e in che termini abbia violato la par condicio.

Passo ora alla seconda domanda. Vorrei che fosse ancor più esplicitato, con dati se possibile precisi, il dubbio che è venuto ad alcuni di noi sull'intreccio fra il senatore Robusti ed il lavoro della Procura di Roma. Esistono dei documenti? Ho visto l'elenco dei documenti della Procura di Roma e vorrei sapere se è possibile acquisirli, perché sarebbe estremamente importante. Forse a me il particolare è sfuggito, perché i documenti sono molti, ma potrebbe essere interessante capire il ruolo (da documenti, da interrogatori, da verbali, da missive o da lettere) del senatore Robusti nell'attività sostanzialmente di valutazione di uno stato di insolvenza nel 1991.

Questo aspetto è importante perché rientra negli scopi previsti dall'articolo 1, lettera b), della legge istitutiva della nostra Commissione. Inoltre, ci permetterebbe di rileggere i lunghi ed articolati capi di imputazione della Procura di Roma per l'attività di gestione di bilancio 1988, 1989, 1990 e 1991, con il rinvio a giudizio di 52 imputati.

Terzo punto e concludo: in merito alla cessione della Polenghi Lombardo, messa giustamente in evidenza da un collega che mi ha preceduto, abbiamo ascoltato alcune dichiarazioni e ci risulta anche che la procura di Roma se ne sia interessata.

In effetti lo spreed, l'enorme differenza tra le due valutazioni di palazzo Rospigliosi può essere interpretata soltanto in due modi: o la valutazione di 105 miliardi di lire era follemente esagerata oppure quella di 25 miliardi di lire era estremamente bassa. Ricorrendo ad una soluzione un po’ all'antica, il valore giusto potrebbe forse collocarsi tra i 45-50 miliardi di lire; sta di fatto però che ad una valutazione iniziale di 105 miliardi di lire è corrisposta una liquidazione di soli 25 miliardi di lire.

Sulla base delle valutazioni e delle conoscenze tecniche da voi acquisite, qual è il giudizio che la procura di Roma si è fatta in merito?

Sono d'accordo con il collega Aloi, si è in presenza di cartine al tornasole: l'acclarazione della postazione di crediti dei consorzi agrari non esistenti; la valutazione iniziale di 5.000 miliardi di lire, diventati poi i 2.100 miliardi di lire della chiusura blindata della S.G.R., rispetto alla valutazione di 3.900 miliardi di lire, e così via dicendo.

Consentendo con quanto espresso dal collega Mancuso, ho l'impressione che, se non saranno individuati punti certi, nella XIV, nella XV e in molte altre legislature future i nostri figli continueranno ancora a parlare di Federconsorzi.

BORTOLOTTO. Signor Presidente, innanzi tutto sono abbastanza soddisfatto perché, finalmente, il 21 aprile scorso ha avuto inizio la prima udienza del processo, dopo una vicenda strascinatasi per moltissimo tempo, stante che le prime indagini risalgono ad operazioni del 1985. Finalmente siamo arrivati al processo che potrà fare chiarezza: questo è certamente un titolo di merito.

In riferimento invece alla richiesta di rinvio a giudizio, poiché non conosco i termini con i quali siano state accolte le proposte della Procura di Roma, vorrei rivolgere ai sostituti procuratori presenti due domande.

Come sono stati recepiti nel rinvio a giudizio gli addebiti di tenuta della contabilità, svolta - secondo l'ipotesi della Procura - in maniera assolutamente irregolare per diverso tempo? E' stata recepita la dissipazione di 2.349 miliardi e rotti di lire mediante erogazione di prestiti ai CAP, buona parte dei quali sono stati poi messi in liquidazione coatta amministrativa?

Tutto ciò, se accolto, come si concilierebbe con l'inesistenza dello stato di insolvenza, sostenuta dal Procuratore della Repubblica di Perugia? Visti i livelli di sperpero e la tenuta assolutamente falsificata dei libri contabili, come è possibile che non vi fosse la situazione di dissesto e di insolvenza che ha portato poi al concordato preventivo?

CATALANI. Signor Presidente, inizierò io a rispondere sinteticamente sulla parte civilistica e sulla domanda relativa all'apparato.

Ho esposto, per la prima volta, i miei pensieri e le valutazioni oggettive fatte per nome e per conto dell'Ufficio presso cui lavoro, intervenendo oggi in questo massimo consesso istituzionale, senza nascondere le mie perplessità.

Sulla questione dell'apparato risponderò subito: non conosco altri apparati se non quello giudiziario. Sono fermamente convinto che la vicenda Federconsorzi abbia investito l'apparato politico nella sua centralità e che decisioni di questo tipo non potessero non passare attraverso un vaglio politico attento e scrupoloso.

La competenza specifica del mio Uficio era soltanto quella di esprimere un parere, che poteva essere dirompente qualora fosse stato contrario al concordato preventivo.

A questo punto affronterò il tema specifico del parere: io espressi il secondo parere, cioè quello dell'omologazione del concordato. Come ho prima sottolineato, l'ufficio si sarebbe potuto opporre in quella sede.

La Procura della Repubblica valuta essenzialmente due aspetti alla stessa stregua del giudice delegato, in questo caso il presidente Greco. Tradizionalmente i giudici civili, per loro formazione, si soffermano su un aspetto specifico: la robustezza del concordato dal punto di vista della possibilità economica di arrivare alla soddisfazione dei creditori.

Allora non si parlava ancora di accordo quadro e di S.G.R. in termini operativi; si dava avviso che sarebbe intervenuta una sentenza, ma la società ancora non era stata costituita.

Tuttavia, dal punto di vista dell'opportunità di soddisfare tutti i creditori, il concordato sembrava largamente esaustivo. L'apprezzamento economico discrezionale è oggetto del giudizio che esprime anche il Procuratore della Repubblica, ma che è generalmente il giudizio principale sul quale si innesta l'approvazione da parte del tribunale fallimentare.

Che cosa guarda di più il procuratore della Repubblica? E’ di lì che nascono poi le perplessità che ho prima enunciato. Visto che un Procuratore guarda sempre di più la meritevolezza, il mio ragionamento era semplice: se già emergevano - come dichiarava il presidente Greco nella sentenza - fatti criminosi, per me era difficile valutare la meritevolezza, quando stava già emergendo qualcosa di penalmente rilevante.

Badate però (anche se sicuramente già lo sapete, ma è opportuno che io lo ricordi) sotto questo profilo la dottrina, la giurisprudenza ritengono prevalente, in maniera assoluta, il criterio economico e stabiliscono che si procederà a parte per il fatto penale. Si possono fare tutti i processi penali che si vogliono, ma se il concordato merita nella sua robustezza economica, perché non farlo?

MANCUSO. Non in sede di impugnazione però!

CATALANI. E' vero, questo avviene in sede di omologazione del concordato; ma vi è un'altra fase successiva, ancor più difficile, che lei giustamente ricordava: l'eventuale risoluzione del concordato per dolo appurato e accertato.

Nel luglio 1992 espressi quel parere perché sembrava esserci tutta la meritevolezza dal punto di vista della robustezza economica. Il fatto che, fin da allora, si profilavano responsabilità penali degli amministratori, non impediva di esprimere un parere favorevole.

Generalmente - e lo ribadisco - il pubblico ministero si sofferma sugli aspetti di meritevolezza e la valutazione economica complessiva della grandezza del fatto era, in qual caso, tale per cui non mi son sentito di sottolineare quell'unico aspetto, rispetto a quella che sembrava invece la bontà del concordato.

Allora, era procuratore il dottor Mele ed io non mi fermai a quel punto, ma gli scrissi che avevo mandato la sentenza di omologazione, mostrandogli come dalla stessa nascevano e scaturivano fatti penalmente rilevanti, tant'è vero che, di lì a poco, si formarono più fascicoli processuali che poi furono convogliati nell'unico fascicolo, delegato alla collega Evelina Canale.

Da qui nacquero le imputazioni per le quali vi è stato poi il rinvio a giudizio. Come ha inizialmente ricordato il procuratore Vecchione, la ripartizione delle competenze, decisa sotto la direzione dell'allora procuratore capo Michele Coiro, consisteva nell'attribuire alla Procura di Roma le indagini sulla fase precedente la richiesta di concordato e alla Procura di Perugia quelle sulla fase successiva. Mano mano che il concordato andava avanti e proseguivano le indagini, la Procura di Perugia mi trasmetteva le notizie riguardanti i fatti che accertava: ad onor del vero, anche questo mi creava difficoltà interpretative nel senso che, se esiste - come sembra supporre la Procura della Repubblica di Perugia - un'illiceità intrinseca al concordato preventivo, qual è il compito della Procura rispetto a questi fatti? Ancora una volta, mi sono fermato di fronte alle difficoltà giuridiche che ha ricordato anche il senatore Mancuso, vale a dire: a che punto il dolo è accertabile, e a che punto la Procura della Repubblica si può permettere di sospettare di un fatto economicamente così rilevante, sostanzialmente poi con un effetto di blocco? E' un interrogativo a cui non so rispondere.

NEBBIOSO. Innanzi tutto vorrei chiarire un punto relativo ad una delle domande che sono state poste: la questione dei 50 miliardi di crediti vantati nei confronti dello Stato. I crediti vantati da Federconsorzi formavano uno dei beni che Federconsorzi cedeva ai propri creditori. Questi crediti erano valutati nel concordato preventivo - nell'atto in cui quindi si offrivano tali beni - per una cifra pari a 50 miliardi. Perché, a fronte di un valore nominale alto, veniva indicato un valore di realizzo praticamente irrisorio, cioè 50 miliardi? Perché quei crediti venivano ritenuti sostanzialmente inesigibili, quindi privi di valore. Un credito inesigibile non è un vero credito, non potendosi realizzare.

Quando sorge il problema? Preliminarmente devo chiarire che su tutta la vicenda, poiché dal momento del concordato preventivo emergevano responsabilità teoriche, o comunque fatti che andavano accertati, a carico di un magistrato del distretto di Roma, la Procura di Roma - correttamente - non ha svolto indagini, ma si è limitata a trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica di Perugia.

C'è stata una fase intermedia. In particolare, ho vissuto il "dramma" dell'avvocato Lettera, che è stato l'ultimo commissario governativo. Egli, dopo che era stato autorizzato il cosiddetto accordo quadro (cioè quell'accordo che consentiva la cessione di tutti i beni, ivi compresi i crediti vantati nei confronti dello Stato, a S.G.R.), venne da me e disse: sono stato convocato da S.G.R., devo formalizzare un atto di cessione di crediti al valore formale di lire 1.000. Mi rifiuto di compiere un atto del genere, per il quale nutro serie preoccupazioni. Perché si dichiarano inesigibili crediti vantati nei confronti dello Stato?

Questo aspetto dell'inesigibilità viene approfondito (riferisco qui, onorevole Mancuso, circostanze acclarate dalla Procura della Repubblica di Perugia) perché viene successivamente accertato che quei crediti in realtà non erano inesigibili, tant'è vero che - vado a memoria - nella richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Perugia si indicano anche le leggi finanziarie nelle quali sono state stanziate somme che andavano a parziale pagamento di quei crediti, non dell'intera cifra ma - se non ricordo male - per un importo pari a 900 miliardi.

OCCHIONERO. Dal momento che non erano esigibili, che cosa è avvenuto dopo, che ha reso possibile da parte di S.G.R., o prima da parte di Federconsorzi, di ricevere dallo Stato 900 miliardi? Se non sbaglio, nella finanziaria del 1991 al Senato erano previsti 1.000 miliardi; ad occuparsi della questione è tornata la finanziaria del 1998, con un "buco", quindi, di sette anni, in cui questa voce non è ricomparsa.

NEBBIOSO. Non sono in grado ora di dare una risposta precisa, ma so per certo che ciò è contenuto nell'atto della Procura della Repubblica di Perugia, che addirittura indica la finanziaria relativa. Evidentemente, si trattava di un'inesigibilità solo dichiarata, falsa e non reale, perché non si può affermare che un credito vantato nei confronti dello Stato non è esigibile, a meno che non ci si trovi di fronte ad uno Stato in bancarotta.

Del resto, i servizi erano stati forniti, quei crediti erano formalizzati in titoli, il cui pagamento era garantito, quindi erano sicuramente crediti certi, liquidi, ma venivano definiti come non esigibili nella dichiarazione di concordato preventivo. E' un ragionamento che ha fatto molto bene la Procura della Repubblica di Perugia, ma che avevamo svolto insieme. Ciò, in qualche maniera, andava ad incidere sul costo reale dell'operazione, perché tutti i beni dovevano essere ceduti, con un ricavato pari a 2.150 miliardi.

L'operazione viene avallata dal tribunale fallimentare di Roma, che l'autorizza. Il tribunale fallimentare di Roma si dilunga nel valutare e dimostrare perché, a suo avviso, una cessione dell'intero coacervo garantirebbe un ricavato che non sarebbe certamente ottenibile con una cessione atomizzata dei singoli cespiti. Infatti, mentre l'atto quadro consentiva di cedere tutto in blocco a S.G.R., le altre vendite sarebbero avvenute con il sistema dell'asta pubblica, e quindi, per quanto concerne soprattutto il patrimonio immobiliare di S.G.R., l'incognita di quanto si sarebbe potuto ricavare induceva il tribunale fallimentare ad autorizzare la cessione per 2.150 miliardi. Essi, rispetto ai crediti ammessi al concordato, comunque garantivano il pagamento integrale dei creditori privilegiati, e credo che il conteggio fosse effettuato sul 70 per cento dei creditori chirografari. Questa è la valutazione del tribunale di Roma nel momento in cui autorizza la cessione di tali beni.

Mi riallaccio ora ad un'altra domanda che è stata posta, relativa al ruolo svolto in questa vicenda dal senatore Robusti. Dirò subito che in proposito non ci sono atti che sono stati formalizzati; credo che le audizioni, in fondo, hanno un significato proprio perché consentono di far emergere circostanze che non risultano formalizzate.

I fatti sono estremamente semplici. Il senatore Robusti si presentò all'allora Procuratore della Repubblica chiedendo di parlare della vicenda Federconsorzi. Il Procuratore della Repubblica lo inviò da me in virtù anche della sua pregressa esperienza (credo un'esperienza specifica in materia di agricoltura) ed egli prospettò questa situazione. Ricordo di aver redatto una nota in merito a ciò di cui si era discusso in quella riunione, appuntando le convinzioni del senatore Robusti. Ho parlato poi di sostanziale coincidenza, fra l'altro neppure con riferimento al lavoro svolto dalla nostra Procura, quanto, piuttosto, con le richieste formulate dalla Procura della Repubblica di Perugia.

In merito poi alle condizioni particolari di S.G.R. che alterano la par condicio creditorum, vorrei rilevare che quest'ultima viene alterata anche se un solo creditore non viene messo nelle condizioni di esercitare il proprio diritto esattamente come è concesso agli altri. Le condizioni particolari consistevano - evidentemente - nella creazione di una società, con un capitale, quindi, da versare. Esse appaiono nell'atto costitutivo della società, soprattutto con riferimento al suo patrimonio. E allora, cosa accade? Allora accade che la selezione diventa naturale. Infatti, il creditore piccolo, o che non ha grande interesse ad investire nell'operazione un capitale nuovo, non partecipa alla società. Così è stato per le banche straniere ed, in particolare, per quelle giapponesi che pure vantavano crediti di notevole entità nei confronti di Federconsorzi (poi soddisfatti a parte). Se fossi creditore di una società in concordato preventivo, e ne acquistassi i beni per cessio bonorum, pagherei una certa cifra. Quella cifra, però, tornerà in seguito in mio possesso, perché sarei sempre insinuato in quel concordato preventivo. Quindi, per la parte relativa al mio credito sarò nuovamente in possesso di quella somma. Questa doppia veste, che secondo noi alterava la par condicio creditorum, si sarebbe dovuta valutare con maggior attenzione nel momento in cui è stato autorizzato l'atto quadro. Dico cose dette più volte in più parti, onorevole Mancuso. Certo, tutto è opinabile.

Sulla liquidazione coatta amministrativa credo che la risposta sia nella lettera che abbiamo scritto alla Procura di Perugia e in quella vicenda che sostanzialmente si trasformerà in un capo di imputazione a carico del dottor Greco. Nella nostra lettera scrivevamo che: "Il dottor Piovano, all'epoca commissario governativo della Federconsorzi, ritirò brevi manu dal presidente Greco un'istanza datata 27 maggio 1992, in cui si prospettava il problema della liquidazione coatta amministrativa in alternativa al concordato preventivo". Quindi, già in quella occasione il commissario prospettava l'alternativa tra le due forme. Stranamente, è questa la circostanza che segnaliamo affinché la Procura di Perugia la approfondisca, l'istanza non verrà protocollata, ma trattenuta in borsa per alcuni giorni per poi essere restituita a chi l'aveva presentata con le parole, vado a memoria: "istanza ritirata, istanza non presentata". Queste furono le testuali parole che si sentì dire colui che, dopo averla presentata, si vide restituire quell'istanza e questa è la circostanza che la Procura di Perugia ha riempito di contenuti e in relazione alla quale ha rubricato il capo A della imputazione a carico del presidente Ivo Greco.

Sulla vicenda Polenghi-Lombardo, non abbiamo valutazioni della nostra Procura, ma solo quelle della Procura di Perugia, una delle quali di tipo peritale. La perizia trova riscontro in un capo di imputazione già rubricato. Noi sulla vicenda non siamo intervenuti, anche perché tale società venne dismessa prima del periodo interessato. Non c'è quindi un nostro procedimento autonomo né un approfondimento nell'ambito Federconsorzi. Se poi la vicenda abbia formato oggetto di altri procedimenti non glielo so dire. Tuttavia, ripeto, la vicenda è stata esclusivamente approfondita dalla Procura di Perugia.

Sempre in relazione alla Polenghi-Lombardo si era detto che se quel bene era stato sopravvalutato, atteso che era stato venduto a 25 miliardi, poteva darsi che anche altri fossero stati venduti a cifre superiori al loro reale valore. Per noi, o meglio per la Procura che ha contestato l'ipotesi di reato, la valutazione era esatta, tuttavia l'averlo ottenuto a quel prezzo ha integrato un'ipotesi di reato sulla quale aspetteremo il giudizio del giudice.

CATALANI. Il capo di imputazione è stato recepito dal GIP, dottor Meschini. In proposito, ci sono stati degli indagati nel frattempo deceduti, per i quali ovviamente non si è più proceduto.

NEBBIOSO. Lasciamo agli atti della Commissione il verbale dell'udienza preliminare dalla quale si evince che la richiesta è stata sostanzialmente accolta tranne che per persone, appunto, nel frattempo decedute, e per altre 5 o 6 posizioni per le quali in sede di udienza preliminare vi era stata richiesta di non luogo a procedere da parte del pubblico ministero, accolta conformemente da parte del giudice dell'udienza preliminare. Quindi, non si è proceduto per 5 o 6 persone che avevano rivestito la carica per un brevissimo lasso di tempo (e per le quali era stato chiesto il non luogo a procedere) e per i deceduti nel frattempo. Per il resto, per tutti i capi di imputazione è intervenuto un rinvio a giudizio conforme da parte del GIP.

BORTOLOTTO. Ma come mai se vengono confermate le accuse di sperpero di migliaia di miliardi e di falsificazione di bilanci si ritiene che non esistesse nel luglio 1992 una situazione di insolvenza? Non comprendo la compatibilità delle cose, una volta sperperato del denaro e falsificati i conti per non far risultare nulla, la situazione di insolvenza dovrebbe essere sicura.

NEBBIOSO. Si può sperperare denaro e trovarsi comunque in stato di non insolvenza, concetto giuridico e presupposto per l'ammissione alla procedura concorsuale. Risulta dimostrato, ma in un'ottica di parte che è quella delle Procure di Roma e di Perugia, che la situazione all'epoca, tenuto conto di come andavano valutati i beni e a quanto ammontavano i debiti della Federconsorzi, non si trovava in stato di insolvenza, bensì in uno stato di momentanea difficoltà di liquidità.

CARUSO Antonino. Dottor Nebbioso, in relazione alla questione della liquidazione coatta amministrativa, non vorrei sbagliarmi, ma non vorrei neanche che si sbagliasse lei. Dall'esame degli atti mi sembra di rammentare che la lettera scritta dal commissario Piovano, e che il presidente Greco effettivamente, almeno secondo quanto afferma la Procura di Perugia, avrebbe tenuto per cospicuo tempo non protocollata tra le sue carte, non si riferisse alla liquidazione coatta amministrativa come alternativa alla procedura concorsuale (tecnicamente, mi sento di condividere l'opinione di "surrealismo" del dottor Catalani), quanto all'ipotesi della liquidazione della società. Il commissario si poneva il problema, agitato in dottrina, se la sussistenza della procedura concorsuale imponesse anche che fosse formalmente dato luogo, o meno, alla messa in liquidazione della società. Le domande dei colleghi, però, nei confronti delle quali nutro interesse, riguardavano il momento precedente, ossia quello in cui si avvia il fenomeno concorsuale e quindi miravano a sapere se la Procura avesse svolto valutazioni anche di opportunità, oltre che di portata giuridica, sull'alternativa in quel momento tra le due procedure.

La domanda che avevo posto con riferimento alla vicenda S.G.R., non ha trovato risposta. Volevo solo accertarmi che non si fosse trattato di una dimenticanza. Indipendentemente dalla cifre per le quali si aggiudicava il coacervo dei beni S.G.R., volevo sapere se la Procura della Repubblica di Roma (dal momento che il concordato preventivo si svolgeva in quella città; è vero che era aperta un'indagine a Perugia, ma la realtà giudiziaria era quella) aveva notizie, dubbi, ipotesi sul fatto che la S.G.R. spa potesse trovarsi in una posizione privilegiata nella procedura di costruzione dell'acquisto del coacervo dei beni; in altre parole, se la procedura attraverso cui si determina in definitiva una sorta di assunzione del concordato per acquisto dell'azienda aveva avuto - ad opinione dell'ufficio della Procura di Roma - carattere di trasparenza o meno.

Terza questione, che in precedenza avevo dimenticato: nel corso delle indagini sui fatti antecedenti alla messa in concordato preventivo della società, quali sono state le risultanze che la Procura della Repubblica ha potuto assumere sul peso e sulla portata dell'intervento del professor Capaldo nell'amministrazione e nella determinazione degli aspetti decisionali apicali da parte della Federconsorzi?

CATALANI. Per quanto riguarda la liquidazione coatta amministrativa, nel parere non mi riferisco all'istituto, lo davo per scontato, perché liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo si ha tenendo conto della natura giuridica dell'istituto che chiede i benefici; avevo dato per scontato, visto che la presentazione della domanda in sostanza proveniva dall'autorità governativa, che ci fosse un'impostazione concorde dal punto di vista della soggettività della natura giuridica del soggetto richiedente.

Andai a leggere un libro sulla Federconsorzi e mi risposi che se questo fatto fosse successo negli anni '50, sicuramente dottrina e giurisprudenza concordi avrebbero deciso che si trattava di liquidazione coatta amministrativa, perché l'ente avrebbe avuto quelle caratteristiche amministrative che prima lo Stato corporativo (quando fu costituita la Federconsorzi) e poi la prima fase della Repubblica avevano confermato per gli enti economici quali la Federconsorzi; ma ci trovavamo alla fine degli anni '80 inizio anni '90, in un periodo in cui si parlava sempre più di privatizzazioni e la figura della società per azioni prendeva sempre più piede anche nella gestione dell'economia pubblica. Mi sembrava che questo fosse l'orientamento complessivo delle istituzioni e per questo motivo trovavo giuridicamente corretta - non l'ho scritto, ma per me ancora oggi è così - la proposizione dal punto di vista del soggetto della domanda di concordato preventivo.

D'altro canto, una definizione della natura giuridica della Federconsorzi non era ancora stata data allora come punto fermo, come riferimento legislativo preciso. Quindi le due posizioni...

MANCUSO. Esisteva la giurisprudenza delle sezioni unite, che avevano preso posizione in tal senso.

CATALANI. Per quanto riguarda la S.G.R., soffermerei l'attenzione - come ho fatto personalmente - sull'atto quadro, che fra l'altro è stato messo in dubbio anche dallo stesso concordato, quando si è dubitato della possibilità di portare avanti questo materiale. Ci sono stati dei requisiti posti dal giudice delegato e risolti poi affermativamente. Noi riteniamo che dall'atto quadro possano derivare le risposte ai quesiti posti. Però, ancora una volta, ci troviamo in quella difficile area di comprensione tra diritto penale e diritto civile; si tratta di una materia opinabile.

L'atto quadro è configurato con una caratteristica di aleatorietà in un certo senso confliggente con la natura della S.G.R.. C'è una vendita a scatola chiusa di tutti gli immobili, di tutte le attività, dei beni della Federconsorzi ad un soggetto che poi può gestire tali vendite senza alcuna determinazione del prezzo. Già questo aspetto getta una luce sull'atto quadro, che non fa intravedere tutta la complessità e la difficoltà di interpretazione giuridica.

Come sostituto, mi sento anche in dovere di dire che quello che in due abbiamo studiato nell'ufficio con le nostre forze (a parte il lavoro della collega Canale, con l'appoggio del procuratore) viene preparato da altri tramite uno staff di avvocati e di professori universitari, di fronte a cui il nostro ufficio impallidisce. Non so se vi rendete conto della forza di una Procura in un rapporto di questo tipo e delle forze economiche in campo.

Il parere cui lei faceva riferimento è stato da me espresso in quarantotto ore; quello era il tempo a mia disposizione. Si incontra una certa difficoltà di fronte ad un fenomeno così grande, così macroscopico e con gli strumenti a nostra disposizione per quell'ispezione così profonda che l'ordinamento parrebbe a questo punto volere dalla Procura della Repubblica. Si apre una pagina spinosissima, quella dei controlli su certe attività economiche. Chi ha questi controlli? Rimbalzo la domanda a voi.

CARUSO Antonino. Sono riuscito comunque ad ottenere da lei la risposta che volevo e che condivido pienamente.

OCCHIONERO. Non vorrei essere irriguardoso, ma mi sono fissato su un argomento e noto che man mano che andiamo avanti nel nostro lavoro, più che chiarirci le idee, la situazione diventa più confusa. Mi riferisco ai 2.000 miliardi, ma oggi si parla di 11.000 miliardi.

Il presidente dell'Associazione consorzi agrari, dottor Diana, ha inviato una lettera - di cui sono in possesso - nel 1997 per chiedere ai consorzi agrari se si erano interessati a richiedere una remunerazione per i servizi svolti dagli anni dal 1946 al 1951. Il sostituto procuratore di Perugia con molta gentilezza mi ha risposto che dal 1991 in poi se ne è occupata Perugia; in precedenza se ne era occupata la Procura di Roma.

Ho anche chiesto se la rinuncia del credito da parte della S.G.R. è riportata in qualche documento oppure è solo un'intenzione. Volevo sapere se esistono documenti da cui possiamo ricavare che vi hanno rinunciato e per quale motivo, oppure vi hanno rinunciato perché lo ritenevano non solvibile.

La seconda questione è la seguente: il sostituto procuratore di Perugia afferma di aver inviato una lettera al Ministro dell'agricoltura, il quale ha sottolineato che la Federconsorzi vanta un credito di 2.000 miliardi di cui siamo debitori. Allora chiedo: avete accertato se effettivamente questo era un debito dello Stato nei confronti della Federconsorzi? Se lo avete accertato, per quale motivo l'analisi presentata è quella di remunerazione di servizi solo a 53 consorzi agrari e non a tutti?

Terza domanda. Al di là delle leggi finanziarie, tranne il caso di un emendamento presentato nell'ultima legge finanziaria dai senatori per 500 miliardi, volevo una valutazione derivante dal vostro studio e dal vostro faticoso lavoro: questi 2.000 miliardi sono un'invenzione o effettivamente esiste una documentazione da cui si possa ricavare l'effettivo indebitamento dello Stato nei confronti dei servizi resi dalla Federazione?

Finisco con un ultima domanda. Avete accertato se non esiste alcun provvedimento legislativo ma soltanto una circolare emanata agli inizi degli anni settanta dal Ministero dell'agricoltura, con la quale si invitavano i consorzi agrari a quantificare e a presentare i propri rendiconti?

Su questo non esigo una risposta chiara, per l'amor di Dio, sarebbe troppo; ma vorrei capirne di più, anche perché il Parlamento deve legiferare su una materia sulla quale oggi non dispone di alcuna documentazione accertata.

NEBBIOSO. Onorevole Occhionero, la risposta è molto semplice: non c'è un'indagine della Procura della Repubblica di Roma che abbia ad oggetto i problemi cui lei fa riferimento. Per noi si tratta di un fatto incidentale che sorge - come ho già precisato - esclusivamente nel momento in cui si va a valutare la proposta di cessio bonorum, sono indicati i crediti vantati dalla Federconsorzi nei confronti dello Stato e viene indicata la somma di 50 miliardi di lire.

Quei crediti fanno riferimento a titoli che sono in sequestro; peraltro, gli ultimi li ha sequestrati proprio la Procura della Repubblica di Perugia; in questo senso, i fatti sono documentati. Come ho già sottolineato, esistono i titoli di credito vantati nei confronti dello Stato, le cambiali e quant'altro.

PRESIDENTE. Vi è stato un sequestro di titoli cambiari, se non sbaglio, di 800 miliardi di lire, rinvenuti in un caveau della Federconsorzi. Su questi titoli cambiari la risposta della Procura di Perugia fu che non erano state fatte indagini per chiarire a che titolo questi 800 miliardi di lire erano nel caveau della Federconsorzi.

NEBBIOSO. Quest'ultimo sequestro è stato operato dalla Procura di Perugia; noi non abbiamo condotto indagini in questo senso, né dovevamo farne, dal momento che - per la procedura indicata dal procuratore Vecchione ad inizio seduta - le indagini aventi ad oggetto il concordato preventivo dovevano essere valutate dalla Procura di Perugia.

OCCHIONERO. Esiste una denuncia scritta?

NEBBIOSO. Vi è un atto di transazione che viene citato e che però giace presso la Procura di Perugia; vi è una denunzia per iscritto.

PRESIDENTE. Questo atto di transazione è già agli atti della Commissione.

NEBBIOSO. E' un atto di transazione che viene fatto lì.

PRESIDENTE. Questo atto di transazione è stato rimesso alla Commissione come atto documentale ed è stato sottoposto al secondo gruppo di lavoro.

NEBBIOSO. Al senatore Antonino Caruso, voglio dire che non si tratta di liquidazione coatta amministrativa ma di liquidazione ordinaria; quindi, essendo venuto meno il patrimonio, con l'istanza si chiede se si deve convocare l'assemblea straordinaria onde inserire all'ordine del giorno la liquidazione della società: quello era l'oggetto della liquidazione.

PRESIDENTE. Consentitemi un ultima domanda; se non vi sono i presupposti perché per la revoca del concordato preventivo deve essere accertato il dolo specifico, esistevano allora i presupposti segnalati di illiceità nei comportamenti contabili, di gestione, eccetera, per impedire il concordato preventivo?

CATALANI. Si tratta dei due profili che prima richiamavo. Dal punto di vista della meritevolezza sembrava vi fosse un qualcosa che induceva ad esprimere un parere contrario; però il giudizio deve combinarsi di due elementi: la meritevolezza e la robustezza del concordato.

Generalmente il procuratore della Repubblica, l'ufficio, io stesso privilegio il primo aspetto, cioè la meritevolezza. Generalmente, nei concordati io sottolineo gli aspetti penalmente rilevanti: come sempre nelle procedure faccio la parte del procuratore cattivo.

In questo caso, la rilevanza economica della fattispecie mi imponeva una prudenza economica, per cui, pur rilevando al procuratore Mele che già nella sentenza del presidente Greco si rilevavano quei fatti, esprimevo un parere favorevole, basandomi sull'aspetto economico sostanziale, che mi faceva apparire il concordato fattibile perché, alla fine, avrebbe soddisfatto tutti i creditori.

PRESIDENTE. Però a posteriori, mi sembra che anche questo aspetto non fosse stato soddisfatto. CATALANI. Successivamente mi sono posto il seguente problema: se una richiesta di rinvio a giudizio coinvolge il concordato, la Procura della Repubblica può chiedere la risoluzione di un concordato, che vive ed è legittimo? Mi sono risposto che era necessario un accertamento del dolo da parte di coloro che hanno portato avanti il concordato.

Si pone poi il problema di quando il dolo viene accertato: quando nasce il sospetto? quando viene avanzata la richiesta di rinvio a giudizio? quando c'è la sentenza definitiva? A questi quesiti, per prudenza, mi sono risposto spostando nel tempo la risposta.

Certo, il concordato è ancora in corso di svolgimento e la richiesta di Perugia è soltanto una richiesta di rinvio a giudizio. Peraltro, non è nella nostra richiesta di rinvio a giudizio che viene supposta l'illiceità del concordato, ma in quella della Procura di Perugia.

In questa fase, si può ritenere sussistente un dolo tale da andare ad attaccare il concordato? Pur ponendomi fortemente il problema, mi sono dato una prudenziale risposta.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione del procuratore Vecchione e dei sostituti procuratori Catalani e Nebbioso, che ringrazio, a nome della Commissione, per la disponibilità mostrata nel rispondere alle domande che abbiamo loro rivolto.

Rinvio il seguito dell'indagine ad altra seduta.

Ricordo che l'Ufficio di Presidenza è convocato per domani, alle ore 14,30, al fine di definire il calendario delle prossime audizioni.

I lavori terminano alle 21,30.