Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro secondo/30

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Libro secondo - Capitolo 30

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Terza disavventura de’ Bianchi, respinti dalla spedizione di Puliciano tentata insieme coi Ghibellini. Ne rimangono presi e morti: il che rafforza e assicura l’amicizia tra Ghibellini e Bianchi (1303, febbraio, marzo...).

La terza disaventura ebbono i Bianchi e Ghibellini (la quale gli accomunò, e i due nomi si ridussono in uno) per questa cagione: che essendo Folcieri da Calvoli podestà di Firenze, i Bianchi chiamorono Scarpetta degli Ordalaffi loro capitano, uomo giovane e temperato, nimico di Folcieri. E sotto lui raunorono loro sforzo, e vennono a Pulicciano apresso al Borgo a San Lorenzo, sperando avere Monte Accenico, edificato dal cardinale degli Ubaldini, messer Attaviano, con tre cerchi di mura. Quivi s’ingrossorono con loro amici, credendo prendere Pulicciano, e quindi venire alla città. Folcieri vi cavalcò con pochi cavalli. I Neri v’andorono con grande riguardo: i quali, vedendo che i nimici non assalirono il podestà, che era con pochi, ma tagliarono i ponti e afforzaronsi, presono cuore ingrossandosi. A’ Bianchi parea esser presi; e però si levorono male in ordine; e chi non fu presto a scampare, rimase; però che i villani de’ conti d’attorno furono subito a’ passi, e presonne e uccisonne molti.

Scarpetta con più altri de’ maggiori rifuggirono in Monte Accinico. E fu l’esercito de’ Bianchi e Ghibellini cavalli VIIc e pedoni IIIIm. E quantunque la partita non fusse onorevole, fu più savia che la venuta.

Messer Donato Alberti tanto fu lento che fu preso, e uno valente giovane nominato Nerlo di messer Goccia Adimari, e due giovani degli Scolari. E Nanni Ruffoli fu morto da Chirico di messer Pepo dalla Tosa.

Fu menato messer Donato vilmente su uno asino, con una gonnelletta d’uno villano, al podestà. Il quale, quando il vide, lo domandò: "Siete voi messer Donato Alberti?". Rispose: "Io sono Donato. Così ci fusse innanzi Andrea da Cerreto, e Niccola Acciaiuoli, e Baldo d’Aguglione, e Iacopo da Certaldo, che ànno distrutta Firenze ".

Allora lo pose alla colla, e accomandò la corda allo aspo, e così ve ’l lasciò stare: e fe’ aprire le finestre e le porti del palagio, e fece richiedere molti cittadini sotto altre cagioni, perché vedessono lo strazio e la derisione facea di lui. E tanto procurò il podestà, che li fu conceduto di tagliarli la testa. E questo fece, perché la guerra gli era utile, e la pace dannosa: e così fece di tutti. E questa non fu giusta diliberazione: ma fu contro alle leggi comuni, però che i cittadini cacciati, volendo tornare in casa loro, non debbono esser a morte dannati; e contro all’uso della guerra, ché tenere li dovean presi. E perché i Guelfi bianchi, presi, furon parimente morti co’ Ghibellini, s’assicurorono insieme: ché fino a quel dì sempre dubitarono, che d’intero animo fussono con loro.