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Dal dialetto alla lingua/Parte III

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Parte III: Sintassi generale

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Parte II Appendice
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SINTASSI GENERALE1


Della proposizione, del periodo e della punteggiatura.

§ 1. — La proposizione.


Soggetto;156. A formare una proposizione occorrono almeno due elementi: il soggetto (ciò di cui si parla) e il predicato:predicato (ciò che si dice del soggetto): lo studio diletta.

Il predicato dicesi a) verbale;verbale, quando è espresso, come nell’esempio citato, da un verbo; b) nominale;nominale, quando è espresso da un nome (sostantivo o aggettivo), nel qual caso si congiunge al soggetto col verbo essere, che in tale ufficio chiamasi copula: il maestro è un educatore, egli è diligente.

complementi:Ogni altro elemento che serva a compiere la proposizione, si dice complemento.

a) oggetto diretto;157. Oggetto diretto è il complemento richiesto dal verbo transitivo: ama la patria.

b) indiretto o di termine;Indiretto o di termine quello che indica la persona o la cosa a cui è rivolta l’azione del verbo o si riferisce l’idea espressa da un nome (sost. o agg.): perdona ai sepolti; disposizione al bene; utile ai più.

[p. 79 modifica] c) di agente;Di agente, quello che designa la persona o cosa da cui vien fatta l’azione espressa dal verbo passivo: la virtù è lodata da tutti.

d) attributivo;Attributivo (o attributo), quello che qualifica l’idea espressa da un sostantivo: amor materno, o della madre.

e) predicativo;Predicativo, quello che compie il predicato verbale (att. o pass.): Vittorio Emanuele II fu chiamato padre della patria; gli Zuavi francesi lo promossero caporale dun loro reggimento.

f) appositivo;Appositivo (o apposizione), quello con cui si aggiunge al nome un titolo o altra determinazione espressa da un altro nome: Roma, capitale d’Italia; Giuseppe Mazzini, l’apostolo dell’unità d’Italia.

g) avverbiale.Avverbiale, ogni altro complemento che indichi una circostanza o modalità di tempo, di luogo, di maniera, ecc.: con la forza, per la strada, in un baleno.

Ellittica.158. Quando in una proposizione è sottinteso qualche elemento, essa dicesi ellittica: chi è mancato alla lezione di ginnastica? — Tutti.

§ 2. — Il periodo.


Periodo.159. Periodo è un giro di parole formanti un senso compiuto: esso può esser dunque costituito tanto da una sola proposizione, quanto da due o più proposizioni.

Coord. e subordinazione.160. L’unione delle proposizioni che formano un periodo si fa in due modi: o per coordinazione o per subordinazione.

Varie specie di coordinate e subordinate.Coordinate sono le proposizioni, quando vengono unite in modo da esser l’una indipendente dall’altra, mediante una congiunzione coordinativa (copulativa, e; disgiuntiva, o; avversativa, ma) che a volte può esser [p. 80 modifica]taciuta: legge e scrive, legge o scrive, studia ma non impara. Subordinate quelle che sono unite in modo da essere l’una principale, dipendenti le altre, mediante una congiunzione subordinativa (temporale, quando; finale, affinchè; causale, perchè; modale, come; condizionale, se; concessiva, benché, consecutiva, così... che; relativa, che, il quale; dichiarativa, che, ecc.)

Esplicito, implicito.161. Le subordinate sono poi esplicite o implicite. Esplicita è la proposizione che ha il verbo di modo finito; implicita quella il cui verbo è all’infinito o è un gerundio, o un participio: errando, s’impara. (In questo caso manca la congiunzione; ma davanti all’infinito può aversi una preposizione: gli ordinó di smettere).

Possono anche esser chiamate soggettive, oggettive, attributive, appostitive, avverbiali, secondo che tengano l’ufficio d’uno di questi elementi della proposizione.

Incidentali.Incidentale è una proposizione che s’interpone tra le altre, senza seguirne il costrutto: un giorno (sentite questa) quello scapestrato, ecc.

Uso de’ modi e de’ tempi nella lingua e ne’ dialetti.162. Nell’uso de’ modi e de’ tempi non sempre i dialetti vanno d’accordo con la lingua letteraria.

Così, al congiuntivo è non infrequentemente preferito l’indicativo: cal. unn’avia mai ntisu diri ca i cappuccini sannu fari nuci, non avevo mai sentito dire che i cappuccini sapessero far noci.

In vece del condizionale trovasi di regola l’imperfetto congiuntivo nella maggior parte de’ dialetti meridionali: sic. fussi megghiu, sarebbe meglio.

Per l’infinito, notevole è il seguente costrutto: sic. ogni puvireddu vinia e nni pigghiava, ogni poveretto veniva a prenderne. E più il pugl. nu mbole ffazza fruttu, non vuol far frutto.

[p. 81 modifica]Al presente del congiuntivo è sostituito l’imperfetto in costrutti come il seguerite d’un bellissimo canto abruzzese:

Che bbell’udore de musche ’n guèste viche!
Pare che ffusse ’na spezijarije!
’Mmezz’nce sta nu pede de vijole, ecc.

Al futuro il presente (v. n. 139): rom. domani ce vengo, domani ci verrò: nap. aguanno chisto ve fa cchiú noce ca fronne, quest’anno esso vi farà più noci che foglie; abr. vanne métte cchiu nnuci che fronne; cal. st’annu iddra porta cchiú nuci ca fogli. — È, del resto, questo un corretto uso italiano, che i dialetti esagerano.

Della perdita del passato remoto nell’Italia settentr., s’è già visto dalla coniugazione. Qui si osservi che la sostituzione del passato prossimo ha preso ormai piede anche in qualche zona dell’Italia merid., come nell’abr.: che ji tenét’a ffa a ssa povera noce? ha fatte patre Macárie, che state. facendo a codesto povero noce? «fece», disse padre Macario; s’è spase la voce, si sparse la voce; se n’à jite, se ne andò; cheli bbarzéllutte ha vulute, quei giovinastri ebber voglia, ecc.; e anche nel sard.: hat bidu, vide.

Né è sempre concorde il dialetto con la lingua nell’uso del trapassato cong.: abr. n’ásene, ch’avess’ajutat’a repurtà le nucì a la case, un asino che aiutasse a portar le noci a casa.

Ma non sono solo queste le differenze circa l’uso de’ modi e de’ tempi: altre parecchie ne rileverà la pratica ben osservata.

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§ 3. — Figure grammaticali.


Definizione:163. Son certe maniere particolari di dire non conformi all’uso più regolare, ma richieste da speciali atteggiamenti di pensiero. Le principali sono: l’ellissi, il pleonasmo, l’enallage, la sillessi, l’ipèrbato, l’anacoluto.

ellissi;L’ellissi è l’omissione, il più delle volte necessaria, d’una parte del discorso facile a sottintendersi: s’era smarrito senza saper come [si fosse smarrito]; traduttore, traditore, chi dice traduttore dice traditore (il traduttore spesso tradisce il senso dell’opera).

pleonasmo;Il pleonasmo è, all’opposto, l’introduzione d’una parola non strettamente necessaria: studiatele un po’, queste benedette regole; nap. che lle state facenno, a stu povero pede ’e noce? che fate voi a quella povera pianta di noce?

enallage;L’enallage è lo scambio d’una parte del discorso o d’una forma grammaticale per un’altra: guardavan bieco, biecamente (l’agg. per l’avv.); il nemico fu accerchiato, i nemici furono accerchiati (il sing. per il plur.).

sillessi;La sillessi è una sconcordanza nelle parole, ma non nel pensiero: la maggior parte furono uccisi, fu uccisa.

iperbato;L’iperbato è una trasposizione di parole: la tant’anni lacrimata pace, la pace per tanti anni desiderata con lacrime; rom. un fijo maschio, ma, com’er giorno da la notte, differente da su’ patre, ...diverso da lui come il giorno dalla notte.

anacoluto.L’anacoluto, così frequente sulla bocca del popolo, è una deviazione nel costrutto: un cappuccino, che val più un pelo della sua barba... (Manz.), un cap[p. 83 modifica]puccino, un pelo della cui barba val più...; nap. n’ato benefattore, ca lle faceva pena, un altro benefattore, a cui faceva pena...; cal. chiri scapizzacuolli lli vinni ra voglia, a quei scavezzacolli venne la voglia.

§ 4. — Dell’uso della punteggiatura e de’ segni ortografici.


Valore de’ segni d’interp.:164. I segni d’interpunzione (n. 10) indicano le pause più importanti, con le corrispondenti distinzioni logiche, e le intonazioni della voce nel discorso, per la piena comprensione del pensiero e del sentimento di chi scrive.

la virgola;La virgola segna una breve pausa sospensiva e un distacco logico non molto forte tra le parti d’una proposizione costituenti un’unità ben distinta e tra una proposizione e l’altra del periodo nettamente separate tra loro.

Nel primo caso si pone, pertanto, tra elementi simili che si susseguono senza congiunzione, avanti e dopo un’apposizione, un inciso, una parola o gruppo di parole collocate in ordine inverso, e per indicare un contrasto (quindi prima della congiunz. ma) un’ellissi, del verbo, ogni altro fatto meritevole d’un rilievo speciale. Nel secondo caso, tra proposizioni che, o per l’ordine in cui si presentano o per il senso che racchiudono, richiedono, unite o no da congiunzioni o pronomi relativi, come gli elementi della proposizione, uno stacco non molto forte, ma ben definito.

il punto e virgola;Il punto e virgola esprime, ordinariamente, una prima pausa di fermata, più forte, dunque della sospensiva, e il distacco tra i vari membri d’un periodo, aventi ciascuno un senso relativamente compiuto.

Talvolta si adopera anche in vece della semplice virgola, quando questa, essendo usata per dare altri rilievi, non basterebbe a ben distinguere una proposizione dall’altra.

[p. 84 modifica] i due punti;I due punti servono, di regola, a distinguere una parte di periodo che sia spiegazione o dichiarazione o annunzio d’un’altra con la quale sia in stretta connessione, e a introdurre un discorso diretto; ma possono anche segnare una pausa di fermata come il punto e virgola, quando questo sia adoperato nello stesso periodo per altre distinzioni minori.

il punto fermo.Il punto fermo segna la pausa ultima di fermata che chiude un periodo e separa con un forte distacco un ordine di pensieri da un altro.

Applicazioni.«I quattro segni d’interpunzione di cui abbiamo fin qui discorso possono vedersi bene usati, coi loro diversi valori, nel seguente periodo del Carducci: Giá: proprio a mezzo l’ultimo secolo l’ab. Galiani di Napoli scriveva bene in francese e nel dialetto, male in italiano; lo stesso in Milano Pietro Verri e altri; molti per la Lombardia e la Venezia, peggio di tutti gli economisti ed i riformatori: ma ciò non tolse né impedí che i veri ingegni letterari, il Parini e l’Alfieri, il Baretti e il Gozzi, scrivessero bene; anzi, due di loro, il Baretti e l’Alfieri, trasformando, pur sempre italianamente, la maniera della prosa italiana. I due punti dopo Giá hanno un ufficio logico, indicando che segue una dichiarazione o spiegazione di quel che è detto avanti, e segnano perciò una pausa sospensiva; dinanzi a ma, invece, indicano una meno stretta connessione delle idee, una pausa di fermata, e stanno in cambio del punto e virgola, usato, prima e poi, come segno di uno stacco minore: pausa di fermata dopo italiano, sospensiva davanti ad anzi. Le virgole distinguono con cura i membri coordinati, i subordinati, gl’incisi e le apposizioni»2. E bene, soggiungiamo, sono taciute davanti alle congiunzioni e, , che, essendo le parti o proposizioni che queste congiungono strettamente connesse tra loro.,

[p. 85 modifica] Il punto interrogativo e esclamativo;Il punto interrogativo chiude la frase interrogativa; l’esclamativo, l’esclamativa; l’esclamativo-interrogativo o misto, la frase che è interrogativa e esclamativa insieme: morto?!

Le interiezioni non richiedono l’esclamativo, ma la virgola, quando sono seguite da una frase esclamativa: oh, che disgrazia!

Dopo l’interrogativo e l’esclamativo si può porre altro segno d’interpunzione, se essi sono affissi a incisi o proposizioni incidentali: debbo darvi, purtroppo!, una brutta notizia; l’esito, perché non ve lo dovrei dire?, è stato felice.

la parentesi;«La parentesi tonda serve a racchiudere idee che non hanno una necessaria relazione col resto del discorso»: l’amico (chi lo crederebbe?) non si fece più vedere.

i puntini, le virgolette, ecc.165. I puntini segnano una sospensione nel discorso; le virgolette racchiudono le parole citate o pronunziate; la lineetta, quelle che si riferiscono come pensate (altre l’adoperano al posto della parentesi o delle virgolette); la stanghetta è tratto d’unione tra due parole o in fin di rigo; l’asterisco ripetuto tre volte si segna al posto d’un nome che non si può o non si vuole dire: «Era essa l’ultima figlia del principe ***» (Manz.). La dieresi si adopera per separare nella pronunzia le due vocali d’un dittongo; la parentesi quadra per racchiudere lettere o parole da noi introdotte in una citazione (v. 163).

Degli accenti acuto e grave e dell’apostrofo si è già parlato (v. 27 sgg.)

Uso della maiuscola.166. La maiuscola si adopera in principio di periodo, coi nomi propri o con parole considerate come tali (Porta Pia, La Divina Commedia, il Re, il Municipio). Viceversa si adopererà la minuscola, quando un nome proprio viene usato come comune: contento [p. 86 modifica]come una pasqua, come un cesare, la nostra babele ortografica; egli è un arlecchino.

Un principio fondamentale.In altri casi in cui regna appunto tale babele, è da seguire, come sempre deve farsi in fatto di lingua, salvo casi specialissimi, la tendenza prevalente, che, p. es., sta per la maiuscola, quando si riferisce un discorso diretto o si riportano de’ versi, e per la minuscola coi nomi delle stagioni, dei mesi e dei giorni della settimana3.


Note

  1. Delle particolarità più notevoli circa l’uso delle singole parti del discorso, s’è fatto cenno nella morfologia.
  2. Malagòli, op. cit., che seguiamo anche in questa parte (v. nota 2, p. 1) e dove si porgono norme minute e precise, oltre che come sempre sensate, per ogni caso particolare.
  3. È questo il principio fondamentale che fu sempre e con molta efficacia propugnato dal Morandi, e che informò poi la Grammatica da lui compilata magistralmente in collaborazione col Cappuccini. V. la mia Storia della grammatica italiana, Milano, 1908, p. 518 sgg.