De' doveri del sovrano/Dedica

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Dedica

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De' doveri del sovrano Discorso


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Alli nobili signori
CARLO MORA GONFALONIERE
FRANCESCO COLVANNI — DOMENICO PROF. RANALDI
GAETANO AVV. DE MINICIS — FRANCESCO CORDELLA
FRANCESCO MORRONI — GIO. BAT. CONTE GIGLIUCCI
LUDOVICO CONTE MORRONE MOZZO — ANZIANI
DEL MUNICIPIO FERMANO




AGATONE DE-LUCA TRONCHET


Noi vi chiamiamo fratelli, disposti a morire gli uni per gli altri.... Fratelli, noi vi rendiamo la libertà 1 Era questo l’addio commovente, solenne, che i primi cristiani, ricevuto il battesimo, davano ai loro schiavi — Buon per voi che la nostra religione ci vieti ogni vendetta. Se la nostra fermezza in volere tutto patire non la vincesse sulla vostra ostinazione a volerci opprimere, quanto rischio non faremmo correre alla società attuale!2 In tali accenti i primi cristiani rispondevano ai loro oppressori. E in questo addio, ed in questi accenti tutto si rivelava il cristianesimo al vecchio mondo, retto dal principio brutale del politeismo che alterava tutte le nozioni del bene e del male, e che voleva una [p. 4 modifica]metà dell’uman genere schiava dell’altra metà, quasi bestiame da carico. Certamente il primo risultato politico prodotto dal cristianesimo si fu la libertà civile. E come non riconoscere in questo dono d’Iddio l’origine ed il fondamento inconcusso di ogni civile libertà, di ogni progresso? — Il cristianesimo sublimato l’uomo fino a Dio; rotto il braccio ferreo di un ignorante dispotismo; ridestato negli uomini un senso di personale dignità per l’orazione dominicale che a tutti, ricchi e poveri, potenti ed umili, additava il beneficio di un padre comune; imposti a tutti gli stessi obblighi, e promesse le stesse ricompense, dal che nasceva la prima idea della uguaglianza dei dritti e dei doveri; iniziato l’uomo singolo, mediante la fede, la speranza e la carità, al vero, al bello, al buono infinito, e resolo quindi seguace della virtù, quasi un bisogno del cuore, il cristianesimo lo trasse dall’abrutimento del mondo materiale alle vaste e beate regioni dello spiritualismo, e portata la virtù dei singoli dallo stato di unità alla universalità, collegò le nazioni in un vincolo di amore, e di fratellanza, dando così vita alla pubblica felicità, e gittando le fondamenta e le guarentigie della rigenerazione umanitaria, da cui la moderna civiltà.

Il tempo che tutto abbatte e consuma ebbe possa in dieciotto secoli contro tanto edificio? — Quella unità cattolica che appigliandosi agli animi ed imperiosamente scuotendoli compì in breve spazio il giro della terra, e rinvigorì lo spirito dell’uomo, quello stesso principio domina oggi nel Vaticano. Un oracolo di sapienza religiosa e civile è indetto alle genti commosse da una voce che spezza i cedri del Libano, dalla voce di PIO IX. — e già l’eco di Gregorio VII. 3 e di Alessandro III 4, [p. 5 modifica]propugnatori della italica indipendenza, lo riperquote in ogni angolo in cui si annida un cuore che senta, una mente che si elevi dal lezzo della materia. Scosso egli dalle miserie della umanità ha sollevato la terra fra le sue mani, ed agitandola le ha detto. O credi con me ed in me, o meglio è che tu non sii. Si: ogni uomo che oggi dissenta dalla unità cattolica è barbaro; e se un paese, un popolo, tutta una nazione dissentono, sono barbari similmente. Oggi la felicità de’ popoli è per quell’atto di PIO 5 irrevocabilmente sancita, assecurata. Le forze di poche famiglie furono sommate insieme, e ne uscì un gigante che ha possa di recarsi in braccio tutta la terra.

Ma il genio della germanica resistenza ascolterà la voce del gran Sacerdote? Si piegherà avanti lo spirito di Dio che ne’ per oro od argento si merca, ne’ per armi si combatte? Ristarà dalle stragi; stringerà al seno i popoli; dirà ad essi — il governo è per voi, non voi pel governo; amiamoci: io rè, io principe, io duca, io levita sono a te fratello? — Se la pienezza de’ tempi non fosse giunta; se i cuori indurati di taluni dominatori pur resistessero alla voce di PIO; se la forza di duecento milioni di suoi figli si presentasse alla loro stupida mente qual larva nella ragione politica degli stati, li muova almeno la voce di quelli sapientissimi che prima del cristianesimo facendo professione di giustizia e di probità dettarono precetti e regole sul governo degli stati. Per i quali, quantunque privi di quella gran luce, pur viene nell’interesse del potere umano dimostrato l’arte del governo essere l’arte di governare le opinioni, non di contrariarle; l’amore ed il consentimento de’ soggetti essere base saldissima di ogni potere; ogni azione de’ governanti dover prendere cagione [p. 6 modifica]dalla felicità de’ governati. Dal che si renderà manifesto ai resistenti, che o giudichino col vecchio mondo o col nuovo; col materiale o con lo spirituale, tutto sempre congiurerà a dare loro debito della cieca ed ostinata resistenza. Ed i mali che da questo putido vaso di Pandora ne sortissero a desolazione de’ popoli aggraveranno la lance nella quale l’Eterno libra equabilmente le azioni de’ governanti e de’ governati:

In una età di prodigi, nella età di PIO MAGNO, anche il più misero è tenuto offrire il proprio obolo e concorrere secondo le forze alla riuscita della grande impresa — Uno spino può convertirsi in fiore, un sassolino rivaleggiare con le alpi — Anchè io offro il mio obolo — I scritti che rimangono de’ più antichi pensatori nella ragione politica non corrono fra le mani di tutti. Chi poi avvicina i resistenti ha interesse di occultarglieli. Riprodurre quindi lo scritto più celebrato dell’antichità mi è sembrato pietoso ed utile officio nella condizione politica di alcuni stati di Europa. Così io intesi a volgere nel nostro idioma il discorso sulli doveri del Sovrano che Isocrate indirisse, sono oltre 22 secoli, a Nicocle Re di Cipro.

Avvisai poi debito di giustizia intitolarlo a VOI che rappresentando la volontà legale di questo nobilissimo municipio VI siete in breve conciliate tutte le simpatie, ed avete acquistati tanti diritti alla pubblica stima e riconoscenza. Nè dal ciò fare la pochezza del lavoro mi distoglieva, nè il timore che me ne incorresse taccia di ardimentoso, poichè ad ogni difetto supplirà certamente la gentilezza e benignità dell’animo vostro.

Riuscirò al fine? Dio benedica al desiderio grandissimo che diè vita a questo lavoro. In ogni maniera per la sapienza di PIO e per le opere stupende de’ suoi augusti seguaci, LEOPOLDO — CARLO ALBERTO — FERDINANDO di Napoli, vedremo fra [p. 7 modifica]non molto se più abbia possanza l’amore o l’odio de’ soggetti, le concessioni ragionevoli o le compressioni violente; se l’uomo essere perfettibile debba o nò diriggere a preferenza la coltivazione dello spirito verso la dottrina che scema i mali della società ed aumenta la somma de’ beni; se sia vera grandezza recedere dagli errori confessandoli generosamente, ovvero persistervi impugnandone la esistenza contro il giudizio dell’universo; se finalmente più valga seguire l’Inviato da DIO nella scienza pratica dell’evangelo, ovvero Satana che consiglia supplizi e stragi.

Fermo li 14 Febrajo, anno secondo della Era Piana—


viva la unita’ cattolica — viva PIO IX

  1. Giustino nella prima Apologia sotto Antonino Pio.
  2. Lettera a Minucio Fondano Pro-Consolo di Asia riferita da Tertulliano nel suo apologetico — vedi anche Eusebio istoria cap: 8. e 9.
  3. anno 1075.
  4. anno 1177.
  5. Editto sovrano del 10. di questo mese.