Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte III/Classi

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[p. 209 modifica]C L A S S I.

V’ ha degli entusiasmi, e degl’, ingegni di più classi diverse secondo l’indole, e ancor l’educazione diversa; perchè se un’indole somigliante di due poeti pub ricevere ammaestramento, e forma diversa, molte Tomo IV. O più [p. 210 modifica]più la riceverà, quando I*una sia dall’altra dissomigliante.

Altri è grande e terribile, altri amabile e delicato. Tra quelli Omero, Milton, Dante, Cornelio, e per ordinario tutti i primi, e più antichi: tra questi Virgilio, Petrarca, Tasso, Pope, Racine. F.’ singoiar co-, sa da osservar nel Petrarca, e in tanta sitai poesia di trenta e più anni passionalissima, appena che trovisi un tratto torte da Michelangelo. Eppur tanto è sublime, fa piagnere, e bea, ma non iscuote, o spaventa, imbalsama il cuore d’ affetto, e di dolore soave, ma non inebbria» Questo può dirsi entusiasmo di secondo ordine, più tranquillo, più ascoso, che suo^ le unirsi al buon gusto, ed è frutto in parte di coltura, e di tempo, è perfezionato da studio, o tende almen d’ ogni parte alla perfezione. Non è, come il primo, o di primo ordine una fiamma libera, e impetuosa, ma un fuoco diffuso, e temperato: è il calore eguale del sangue nella sanità per tutto il corpo; 1’ altro è quel della febbre, che sale spesso alh testa, urta, ribolle, è ine. [p. 211 modifica]guale; benché ne’suoi trasporti produce spes* so bellezze e maraviglie, che non si trovan nell’ altro.

Or gli uni e gii altri di questi talenti dipingon se stessi. I primi con fulmini, e stragi, e disperazioni, e stupori, che hanno sempre alla penna, e al penello; talor però stancano se, e gli altri troppo seguendo; gli altri spandono, dove passano, una celeste fragranza: Ambrositcque coma divimnt spiravere odorem, una luce gentile, e graziosi veston colori, roseaque in luce refulsit; questa Dea par l’anima di Virgilio. Tal’è madonna Laura il ritratto deli’anima del Petrarca. Niente di basso è dove muove, tutto fiorisce, ed allegrasi donde passa; lascia l’aura infiammata partendo, e trae seco chi degno è di seguirla in estasi beatissima.

Questo è un loro segreto incanto, che non sazia mai, che va al cuor poco a poco, che fa tornare, e trovar sempre nuovo piacere.

Sembra questo carattere proprio delle poisie, delle pitture, e delle statue de’ greci, e degl’ italiani. Rafaello, e Virgilio hanno perciò quel rarissimo dono di non esser giammai \ [p. 212 modifica]mai cacr.ri r.el falso, e nelle difformità, che in così lungo lavoro, e in tanti quadri nessun altro evitò. In lor trovasi quella grazia nativa, quell’ invisibile fascino ascoso col velo deila pudica decenza, che dapprima poco promette, dissimula assai, ma si sostiene, e cresce, e incatena quanto è più octìi culto, ma vario sempre, ma sempre nuovo« è il piacer, che ti spjra. Ogni suo tratto » e parola viene non aspettata, e colpisce colla sorpresa-, che in quella semplicità non si prevedeva; sicché alfine senza disagio alcuno ti trovi appieno contento, e beato.

Gli altri spesso con urto, e con violenza disgustano, o fiaccano anche in mezzo al belio, e al grande, che ti rapì. Con questi va la maraviglia colla bellezza svelata, ed ardita, che tutti scopre ad un riatto i suoi pregi, e la sua luce, ma spesso t*abbagliai no, e di leggieri ti lasciano sazietà, o almen desiderio, che adempiano quanto promisero, ed è ognora difficile d’adempierlo.

Spaventano col terrore, mentre gli altri n’ allettano. Levano a forza, e rapiscono:, e quei seducono, e muovono spontaneamente a sei [p. 213 modifica]a seguirli; sembrano essere questi sentiti da un gusto più fisico., che non sono i sublimi robusti,. e il bello par più sensibile anch’ esso in questo lor gusto, che va più al cuore, ed alla passione, che r.on alla elevazione, e alla maraviglia. Vegliamolo nella natura. L’ alba e l’aurora, i ruscelli e i boschetti, i zefiri e la primavera hanno un bello gentile, e gustoso, mentre i cieli ed il sole, il mare e (e selve, le rupi ed i venti destano idee grandiose, e stupende!

il cinto di Venere, le ghirlande di Flora, L teneri affetti pastorali di qua; la forza d’Ercole, la maestà di Giove, le passioni tragiche, e le vicende epiche sorprendenti dall’ altra parte; infine la greca amenità, sobrietà, gentilezza a fronte della romana magnificenza possono darne un’ immagine degli scrittori diversi, e delle anime, ed indoli delle due classi. Le une elevate, eroiche, forti, ed ardire; l’altre facili, affettuose, modeste, e queste rrionfurici per la dolcezza, come quelle per la grandezza. Chi cercasse qualche ragione di ciò tra Omero, e Virgilio, per esempio, rifletta, che il greco in [p. 214 modifica]jn tempi rozzi, e di libertà non lia rispetti, nè regole, parla al genere umano, vede il bello, e l’onesto in se stesso, giudica i re, non gli adula, esalta la virtù, e non l’uomo; il latino in un secolo colto, in copre d* Augusto, tra l’urbanità, le delizie, ed i vizi, che aveano prese sembianze di costumi, di pregi, e di coltura, sicché la morale, per dir così, era pur cortigiana, e li Dei del cielo condiscendenti a quei della terra. Questo può riconoscersi in rutti i tempi tra i vari autori delle due classi prima,* rie, Or chi di loro è da preferirsi ? Credo poter decidersi la dimanda colle disposizioni dell’ animo nostro più atto, o meno, più organizzato per l’uno, o per l’altro talento, più educato a tal gusto; perchè quanto alla fonte segreta, ed universale, tutto è poj’ entusiasmo, cioè sensibilità, ed immaginazione.- Gli uni, e gli altri però ammirabili, e sommi, I forti si nobilitano con alti voli, ed oggetti. I gentili si perfezionano col decoro, e coll’eguaglianza. Quelli grandi per lo terribile, se non è dolorisissimo; questi ama./ / [p. 215 modifica]amabili per le grazie, se non sono ricercate.

Ambi divini, perchè molto, o poco hanno di tutti què’ pregi (i).

Se non che sento dirmi, che la meraviglia mette radice nella mia picciolezza, e la sensibilità nella mia debolezza, onde temo non siano forse prestigi dell’amor proprio, pregiudizi d’arti inventate, inganni degli uomini accordatisi, o sedottisi insieme. Ma gridali pur altri al mio cuore, che la natura è quella che parla, che l’anima è quella, che le risponde, e che son uomo perciò, ne debb’ essere niente d’ umano alieno da me, nè a me sconvenevole. Mi sembra l’uomo qualche cosa di grande, e di delicato, capace ognor di perfezionarsi, e nato a ciò!

ma ad altri sembra il contrario, e dicon l’uomo menzogna, o stoltezza, un essere limitato, e destinato a sedursi, le scienze, e Je arti medesime nuocere alla sua perfezione.

A ciò pensando, e riflettendo quali circostanze accompagnino tutto questo, come il (i) Nota decima settima.

O 4 [p. 216 modifica]il corpo, l’umore, la quiete, la saniti vi concorrano, e come per poco passiamo dall’ ardore, e dalla veemenza nell’eccesso deila violenza, e cella stravaganza; o cadiamo dalla soavità, e dal patetico nella malinco-; nia, nell’ozio, e nel languore, e soprattutto nell’insopportabile uniformità; e che i primi sono tenuti per furiosi, ed intrattabi-J li, gli altri per frivoli, e inetti, cosa può* dirsi? In tal labirinto entrando, e trovando-» ini tra le questioni, ed i dubbi, tra i miei!

timori, e gli altrui, chiudo i libri, depongoj la penna, fuggo dalla inquieta mia solitudi-, ne, sinché torni il momento della illusione, che mi consola, e in cui trovo pace senza) rimorso ( i ).

Ma »1 _(i) Chi il crederebbe che la critica sia3 giunta a trovar negli autori la rnonotamrA della perfezioni} Si pretende, che 1’ elegan-J za, ed esattezza continua di Racine fiaccano^, a lungo andare per cagione dell’-uniformità.jl Il Tasso però vien preferito ad ogni altro, perchè ha più difetti; e possiam dire guai a Virgilio, se finiva 1’Eneida. Così distruggiamo con una roano quanto coll’altra a gran [p. 217 modifica]Ma non v’ha un mezzo tra questa amabile incantatrice e la severa, e tiranna filosofia? Sì, che v’ha de’momenti felici.d’un equilibrio per organi ben disposti, per anime libere, e disimpacciate, benché rari, e volanti. Or chi potesse moltiplicarli con educazione attenta di se medesimo, e d’altri combinando a ciò le più favorevoli circostanze, e le nimiche allontanandone; allora troverebbesi quel gran vero, e da quel cupo fondo uscirebbe, che si dice occultarlo, e che è quello appunto, di cui cerchiamo, L’emicranie, le febbri, le convulsioni, una moglie, de’figli, uu’.impiego, le domestiche aziende, le disgrazie, e le fortune, i vizj, e le virtù, i pregiudizi, i partili, e le passioni, infin la vita dei molti, ecco il caos, in di’ ella si perde h verità. Ma dunque una vita fuor dello strepito, più sgombra d’affari, e d’inquietudini, congiunta con fatica tentiamo innalzare. Anche i grandi uomini, per voler troppo essere ingegnosi, divengon piccoli assai. Vedi Reflcxion sur la Poesie de a’ Alembert. [p. 218 modifica]

con socievolezza, e studi non servili, e di.

scretamente occupata con giuste vicende di ozio letterario, e di doveri utili a se, e ad altrui, di consorzio col mondo, e di ritiro con se medesimo, onde vi siano insieme coraggio e libertà moderata, occasioni ed oggetti solleticanti, e non seducenti, passioni umane e virtù; ecco forse il soggiorno del.,, la verità. Ed ecco, altri può dire, la maggior illusione dello scrittore.

Che se parliamo in più stretto senso dell’ educazione, o magistero più proprio a for-, mare con metodo, e per ragione un’anima nata a grandi cose per l’entusiasmo delle lettere, e delle arti, troppo siamo, convien confessarlo, rimasti addietro dagli antichi di noi più attenti alle naturali disposizioni degli animi, per utilità delle patrie e de’ cittadini, perchè miravano essi forse a og-j getti più grandi, o li vedevano in grande più di noi. Bisognerebbe pensare presso a poco nel modo stesso, con che pensiamo nella morale; cioè, che come siamo in mezzo alla tempesta per le passioni, così vi siamo per gli errori; e che come v’ha dell’anime [p. 219 modifica]CAASS1.2Ip nime forti, e straordinarie atte a grandi così, degli Alcibiadi, de’Giuli Cesari, de’Calilini per la politica, così ve n’ha per la letteratura; e che dipende dall’educazione il far quegli eroi, o scellerati, questi autori classici, o corruttori del secolo. Le indoli fiacche e mediocri non fan cose memorabili nb in ben, nb in male; Je alte e vigorose non istanno nell’ indifferenza, ma producono, ovunque volgano il loro fuoco, straordinari effetti, e fanno le prime parti.

Se adunque venisse il tempo fortunato d’uscir una volta dalle educazioni servili, o superficiali, converrebbe por mente a piegare queste indoli alla vera eccellenza dell’entusiasmo, infiammarle del grande e del "bello, nodrire i Jor pensieri ed inclinazioni delle opere, e dei passi, e degli esempli più illustri, tenerle lontane dagli studi pedanteschi del pari e dai sofistici, dalla sferza e dal capriccio, dalle sette accecate e dalle accademie pedisseque, infin dal gusto cattivo, che, qual’è per la virtù l’epicurea voluttà, diviene un tiranno crudele, ed un veleno ad infettar le loro anime e le altrui, poiché con [p. 220 modifica]con la forza de’lor ralenti traggono a sì. ì guidano gli altri pe’Ior sentieri. Ma conia sperarlo in mezzo a un popolo di maestri, che tutti mettono il cartello del buon gusto, dell’ottima educazione, del vero metodo, ed aprono scuole in ogni angolo, e cercano ad ogni patto discepoli, e vendono le arti e le lettere per le piazze e su i palchi quai ciurmadori ? Ove trovare i Polibj, ed i Bossueti, che mostrino e facciali sentire il vero e l’illustre anche nella vita studiosa? Questi sdegnano un tale uffizio venuto a vile, e i lor vece sottentrano gl’impostori, o gl’inerti..

Altri parlano d’altra educazione dell’entusiasmo. La musica e il canto ne sono eccitatori. Il vino è il più decantato da’ vati, sicchè Orazio in quell’ode sovraccitata parla dell’estro sotto il nome di Bacco. Oggi a questo s’accoppia quella bevanda straniera, che fa, come esso, gli spiriti pronti, il san-» gue animoso, lo stomaco cheto e disposto, e per lui sereno il celabro e sgombro. Certo gli organi buoni, e sani, gli umori equabi1; e discorrenti, i sensi concordi, e nessun prepotente» tutta in somma l’animai parte [p. 221 modifica]ve-teca, e ben riposata, come cuoi essere nel mattino, ad un’aria salubre, e fresca, su jioqgi ameni e ridenti, a teatral prospettiva, o in solingo boschetto, con animo scarico di pensieri, o tra piacevole compagnia, questi sono i momenti più invocati dai figlj d’Apollo. E chi non prova il mattino essere il più propizio a meditar, a immaginar facilmente, a levarsi con l’anima in alto, a veder passionarsi tra scene insolite di fantasmi spontanei, luminosi, ed amabili, perchè allor non ancora distratti da esterni oggetti ed affari, con nuove forze degli organi ricuperate nel sonno, colla quiete dei sensi, e ne silenzio, nella solitùdine, nella libertà più soavi, a cui fa una segreta lusinga per fin quella dolce oscurità non delle tenebre e della notte, ma del primo giorno ancor languido, e modestamente sfumato? Tutta aitar la natura ne mostra un /nuova vigore juile piante, ne’ fiori, negli animali, e nella gioia pur degli augelli. Il filosofo stesso conferma, che lo stato del corpo, e del temperamento, per cui l’anima’ nostra conversa col /rondo sensibile, e ne riceve le idee, le notizie, [p. 222 modifica]tizie e le combinazioni poi formane, è necessario all’ entusiasmo.

Potrebbon farsi molt’altre osservazioni sopra il fisico dell’entusiasmo. Qual sia l’età più propizia, e come la giovanissima troppo vivace, e la vecchia già stanca-non giovino (i); quale il temperamento e corpo; più atto; quali le ore e i momenti più fa~‘ vorevoli, o per cagione di forze e vigor dì animo, di letizia, o di tristezza, di cibi e di bevande; quale la condizione più oppor-i iuna, se la ricchezza (2), o la povertà, se’ il ( 1 ) Il Giuseppe del Fracastoro, il Goffredo del Tasso, alcun dice l’Odissea pur d’Omero, per non citar altri, provano la decadenza cieli’ entusiasmo nell* età più avanzata. Ma i Fontanelle e i Voltaire, i Canotti e i Frugoni possono provare in contrario almeno in parte.

( 2 ) La povertà fu detta madre dell’ ingegno, come gli antichi la dieder per madre all’amore; ed b quasi proverbio, che i letterati, e spezialmente i poeti, non si vogliono troppo nodrire per trarne buon frutto. Ma Persio, che meglio sapea ciò che loro bisogna, fa donatore d’ingegno il venire pasciuto invertii largii or vsntsr. [p. 223 modifica]

il favore, o l’invidia del pubblico ec. rm sono cose incertissime, ritrovandosi e nella storia, e tra noi de’ molto giovani, e ancor de’vecchi prevenirlo, o conservarlo più dell’ ordinario, de’corpi malsani con anime sublimissime, e produr molte cose eccellenti in mezzo a disposizioni morali e fisiche le più avverse a ben riuscire secondo il comune intendimento.

Nè inutile osservazione fia quella de! darsi un falso entusiasmo principalmente fisico ’ che si prende per vero, e viene all’anima attribuito. La gonfiezza, 1’ enorme, il focoso, l’ornato, e manierato sembrano qualche volta entusiasmo, perchè alcun sente del fuoco, dell’ardire, dell’impeto; ma se non ha i caratteri delia elevazione, visione ec.

spontanei, non violenti, e non ¡sforzati, egli s’inganna. Dipignerà Pirro ed Achille come l’Orlando furioso; Andromaca desolata come Medea, o Attalia; e le sue statue di Alessandro saranno il monte tagliato a sua somiglianza, come quel pazzo s’immaginò di fare.