Dell'uomo di lettere difeso e emendato/Introduzione

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Introduzione

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Dell'uomo di lettere difeso e emendato Parte prima - 1



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INTRODUZIONE


L
e calunnie degl’Ignoranti, e i vizj de’ Letterati, questi sono i due nodi, che fanno eclissi alla gloria delle Lettere, e tolgono il suo splendore a questo unico Sole del

Mondo. Gl’Ignoranti odian le Lettere, e non le posson vedere; e perché non le posson vedere, per questo le odiano: ché se le Nottole avessero occhi con che mirar fiso nel Sole, Nottole non sarebbon, ma Aquile. Gli altri, male adoperando le Lettere, sì come certe Stelle malefiche usan la luce per veicolo di mortali influenze, rendono odiosa al Mondo la più bella e la più innocente cosa del Mondo. Così alle Lettere la loro integrità non giova per renderle amabili; mentre l’altrui giudicio, senza giudicio, le fa ree; e le altrui colpe, a chi non ha buon’occhio, colpevoli le persuadono.

Perché dunque non sarà lecito ad uomo, non dico d’ingegno (ché tanto non si richiede), ma sol di ragione, per discolpa delle innocenti Lettere, fare come quel grande grande, Anassagora, che, non meno sollecito dell’onore che sperto degli andamenti del Sole, quando avveniva ch’egli cadesse in eclissi, sgridava il volgo ignorante che mostrando a dito per ischerno il Sole, gli rimproverava le tenebre; e diceva: quell’improviso sintoma di subita oscurità non essere, come credevano, eclissi del Sole, ma de’ loro occhi, che nell’ombra della Luna, quasi in una piccola notte, si rimanevano al buio: il Sole, che ha le miniere [p. 4 modifica]luce di tutto il Mondo, non poterne mai esser povero; non poterla mai perdere, poiché l’ha, non che intima, ma immedesimata. Unde vero, si quæ obscuritas Literarum, disse quel bravo Oratore, nisi quia vel obtrectationibus imperitorum, vel abutentium vitio splendor eis intercipitur?

Ma percioché quello, che in questo suggetto dee dirsi per necessità della causa (poich’ella da sè si difende), è poco più di nulla; e quello, che può dirsi per la dignità dell’argomento, è più che moltissimo; io, che mi son’obligato non alla materia ma al tempo, tanto sol ne ho detto, quanto d’ozio m’han dato poco più de’ due i più caldi mesi d’una state, avuta disobligata da altre faccende, ed impiegata in questo, più trattenimento per me, che insegnamento per altrui. Pur voglia Dio, che questo poco non sia fuor di misura soverchio; poiché di quello che mal si dice, ogni poco non solo è molto, ma troppo.