Dell'oreficeria antica/Parte seconda/Armille

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Armille

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IX.

armille.


Questo ornamento dagli antichi era usato ai polsi e alla parte superiore del braccio, tanto dagli uomini quanto dalle donne. In Oriente vi furono popoli che ne portarono ancor sui garretti, costume che vediamo mantenuto insino al dì d’oggi presso le donne arabe. Fra tutti i popoli antichi e moderni poi furono i Medi ed i Persiani quelli che più sfoggiarono in armille: essi le portarono al braccio ed al polso guernite di gemme, oppure formate semplicemente di grosse infilzate di perle che si univano con piccoli dischi di oro tempestati di gemme. In Europa i Galli le tennero anch’essi al braccio ed al polso. I Sabini portavano gravissime armille di oro al braccio sinistro e ne abbiamo a riprova la domanda [p. 40 modifica]manda di Tarpeja. Intorno a questa stessa epoca i Sarnii ne usarono ricchissime nelle solenni feste che celebravano in onore di Giunone. Non sembra che in Grecia fossero usate dagli uomini, ma le donne greche che tanto amarono la vaghezza degli ornamenti, avevano armille di ogni genere, di varia materia, di stile diverso, e diversamente gemmate. In una commedia latina che Plauto scriveva secondo il costume greco, le armille sono descritte in un corredo muliebre, ed alcune di esse distinte dalle altre col nome di sphinter termine greco derivante dal verbo σφιγγω (costringere), la quale appellazione viene spiegata da ciò che l’ornamento così nominato si adatta, e tiene comprimendo il braccio di chi se ne adorna: e in effetto tali armille o son formate da un’intera zona di metallo che stringe l’antibraccio, ovvero imitano ora cordicelle di fili spirali, ora una fascia od un filo a foggia di serpente ed in ciascuno di tali casi si ravvolgono più volte intorno al braccio comprimendolo: laddove quelle che si pongono ai polsi, benchè ve ne siano alcune di fattura simile alle suddette, pure generalmente si usava fissarle con uncinetti o fermagli. Festo accenna armille per guernire i polsi e sphinter per ornare il braccio, ma sembra che questa divisione fosse propria dei corredi muliebri.

Tanto negli oggetti di oro e di bronzo, quanto nei lavori fittili abbiamo esempi bastevoli per potere asserire che gli Etruschi usarono le armille con fasto orientale: essi ne ebbero per li polsi e per le braccia [p. 41 modifica], forse ancor pei garretti; ne ebbero di quelli annulari, e ne usarono di quelli fatti a spirale; se ne trovarono nelle necropoli etrusche tanto di quelle che sono evidentemente per uso di viventi quanto di altre senza meno destinate unicamente ad ornare i cadaveri nell’esequie e ad essere seppellite con essi; ve ne hanno alcune ad uso di fanciulli che sono di così leggiadro lavoro da far maravigliare chiunque le vegga. I Romani e le Romane usarono armille di oro, di argento e di bronzo. Spesso leggiamo nella loro istoria che furono presentate armille di oro ai valorosi guerrieri; così Livio descrivendo una battaglia termina dicendo che finalmente il console dopo la vittoria distribuì corone ed armille di oro a due centurioni e ad un manipolo di astati; ad altri che erano o troppo giovani o stranieri, o di condizione inferiore, donava cornette ed armille di argento (X, 44). Plinio dice che le corone e le armille di oro erano date al cittadino romano, e non ai barbari ed ai forestieri (H. N. 10, XXXIII). Valerio Massimo ci conservò la formula usata nel conferir quei premi, ed è


Imperator te argenteis armillis donat.


I lottatori ed i soldati usarono armille di bronzo, ma certo non fu per semplice ornamento, avendo esse forma tutta particolare manifestamente intesa a coprire e salvare il braccio dai colpi dell’avversario. Queste erano in forma di striscie spirali che dal polso salivano per tutto il braccio fino alla spalla: ve ne [p. 42 modifica]erano eguali a queste ma più corte destinate forse per ricoprire il solo pesce del braccio; e per eguale uso erano quelle enormi che spesso vediamo in bronzo. Sarebbe però errore il credere armille muliebri quelle gravissime che non si poteano sostenere se non dal braccio muscoloso e forte dei guerrieri e dei gladiatori, ai quali poi erano queste non di rado a segno di onoranza o come premio di fatiche militari o di giochi donate. L’induzione esposta è confermata da alcuni bassorilievi antichi rappresentanti gladiatori in atto di combattere, che hanno al braccio destro le dette spire, e da altri che rappresentano ritratti aventi sospesi al collo per una larga fascia due armille della maggior grossezza, quasi a mo’ di torqua gladiatoria.

Le donne romane usarono anche le armille per sostenere amuleti, e Plinio nota diverse maniere di rimedi che si credevano ottenere inserendo certe sostanze particolari entro quelle che si portavano di continuo. Fu per tal superstiziosa credenza che Nerone per consiglio di Agrippina spesso portava sul braccio diritto un armilla di oro che celava le spoglie di un serpente. Le donne di alto lignaggio usarono armille di gran pompa la cui zona metallica era ornata di gemme e di altri ornamenti sontuosi. I doni di ambra (succína grandia) che, secondo Giovenale, venivano inviati alle dame nei giorni natalizi loro, erano probabilmente armille di ambra e di oro. Ma la corruzione romana e l’invasione dei barbari fecero nelle proscrizioni, nelle devastazioni, nelle confische [p. 43 modifica]e nei saccheggi perire i segni dell’opulenza anteriore, onde a noi con la descrizione di quelle maravigliose pompe restano solamente alcuni gioielli che i sepolcri e la terra chiudevano, salvandoli dalla rapacità dei barbari quasi perchè ne giungesse ai posteri notizia.