Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro nono – Cap. II

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Libro nono – Cap. II

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De gli adornamenti de gli edificii de la Città, et di quelli de la Villa.

cap. ii.


M
A essendo le case de privati, alcune nelle Cittadi, et alcune fuori, discorriamo de gli adornamenti a loro convenienti. Infra la casa de la Città, et la casa de la villa ci è ancora oltra quel che noi habbian detto ne passati libri, questa differentia, che gli adornamenti per le case de la Città bisogna che habbino molto più del grave che quelli per le case de le ville, ma a quelle de le ville si aspetta ogni sorte di allegrezza, et di piacevolezza. Ecci ancor questa differentia, che nella Città ti bisogna moderare molte cose, rispetto a quel che ti vieterà il tuo vicino, il che potrai tu più liberamente usare alla villa. Bisogna guardarsi, che il rilevarsi troppo alto col piano, non habbia troppo più del superbo che non ricerca lo accostamento che hai a fare con lo edificio vicino. Le logge ancora secondo la lunghezza del muro a chi elle si appoggiano, piglieranno la proportione de la loro larghezza. La grossezza, et la altezza de le mura in Roma non si faceva come ben veniva a chi murava; Conciosia che per la legge che vi era antica, non era lecito farle più grosse, che un certo che. Ordinò ancora Iulio Cesare rispetto a pericoli del rovinare, che dentro alla Città non si alzassero in alcun luogo mura sopra il primo palco; a queste leggi non è sottopposta la villa. A Cittadini di Babillonia era cosa gloriosa che nelle case loro si habitasse il quarto palco. Aelio Aristide Oratore lodando in una sua oratione in publico la Città di Roma teneva per cosa maravigliosa, che i Romani havessin murato sopra grandissime case, altre grandissime case (grandissima adulatione certo) ma lodava molto più la grandezza del popolo, che ei non faceva il modo de le muraglie. Dicono che di altezza di case Roma fu superata da Tiro, et che per tal conto mancò poco che ella non rovinasse tutta per i tremuoti. Saranno molto commodi, et sopra tutto gratiosi, quegli edificii, ne quali non si harà niente più che la necessità a salire, o a scendere; et certo che coloro dicono bene, i quali dicono che le scale sono gli scompigli degli edificii. Da quali scompigli, io veggo che gli Antichi sene guardarono assai. Ma e’ non ci è necessità veruna che ne sforzi che in villa si ponga gli edificii l’uno sopra l’altro. Conciosia che pigliandosi spatio più largo, si faranno convenientissime stanze, con le quali si soverrà ad un’ piano alle commodità l’una dell’altra, il che nelle Città ancora pur che io potessi, mi piacerebbe assai. Ecci ancora una sorte di edifitii privati, ne la quale si ricerca insieme la dignità de le case de le Città, et i diletti, et i piaceri de le case de la villa; de la qual sorte di edifitii non trattammo ne passati libri, come riserbatici per trattarne in questo luogo; et questi sono i Giardini intorno alla Città, de quali non penso però sia da tenere poco conto, sforzerommi di esser breve, del che quanto più posso m’ingegno. Conciosia che io esplicherò ad un tratto quel che a qual s’è l’uno di questi edifitii si aspetti, ma prima bisogna dire alcune cose de Giardini, da non le lasciare certo indietro. Coloro che appresso de gli Antichi dicevano, chi assetta ben la villa, venda la Casa de la Città et quello, che hà a cuore le cose de la Città, non hà mestiero de le cose de la villa; forse lo dicevano per questo, cioè perche e’ credevano che il Giardino fusse una cosa commodissima. I Medici ci comandano che noi stiamo alla aria più libera, et più purgata che sia possibile. Io non niego che in una villa posta sopra un rilevato colle, non [p. 223 modifica]ti sia per riuscire questo: dall’altra parte un padre di famiglia, rispetto alle facende de la Città, et negotii civili, ha gran bisogno d’essere spesso in Piazza, in Palazzo, et nelle Chiese, et a far questo comodamente gliene darà grande occasione la casa dentro nella Città: si che le Ville impediscono le facende, et queste de la Città non conferiscono alla sanità. Usarono i Capitani de gli esserciti mutarsi di alloggiamenti, accioche non fussino offesi da puzzi cattivi. O che pensi tu che habbia ad intervenire ne la Città, ne la quale sono tante immunditie, et ragunatevi in si lunghi tempi, che da ogni parte svaporano? le quali cose essendo in questo modo, io giudico che di tutte le muraglie che si fanno per commodità de bisogni de gli huomini, la principale et la più salutifera sia il Giardino, il quale et non t’impedisca da le facende, et anco non sia senza qualche parte di aria bonissima. Procurava Cicerone che Attico gli provedesse i Giardini in luogo celebrato, ma io non gli vorrei in luogo tanto frequentato, che e’ non mi fusse lecito starvi su la porta senza essere addobbato. Io vorrei che egli havesse quelle commodità che diceva colui appresso di Terentio, il qual diceva:
Ne la Città, ne la Villa m’incresce.

Et bene appresso di Marziale:

Da che pur vuoi saper quel ch’io fò in Villa,

Sappi c’hor mangio, hor beo, hor canto, hor giuoco,
Hor mi lavo, et hor ceno, et talhor dormo,

Hor leggo, hor desto Appollo, hor Muse incito.

Et dilettano assai le cose simili, et i luoghi da ritirarvi facilmente vicini alla Cittade, dove ei ti è lecito di far tutto quello che ti vien bene. Se il luogo sarà vicino alla Città, se e’ vi si andrà per la strada aperta, chiara, et luminosa, se il paese sarà dilettevole, allhora sarà quel Giardino celebratissimo. Diletterommi di habitare in questo simil luogo, se questa muraglia a chi esce subito de la Città si dimostrerà tutta in faccia lieta, come se ella allettasse, et affrettasse gli huomini ad andarvi; et per questo vorrei io che ella fusse alquanto rilevata, et che e’ vi si salisse tanto dolcemente, che coloro che vi vanno, non se ne accorgessino, se non quando si trovano in su il luogo, considerando che di quivi scuoprono assai paese, nè vorrei vi mancassino fiorite praterie et campi molto aprichi, et ombre di fresche selve, et limpidissime fontane et chiari rivi, et luoghi da notare, et le altre cose che altrove dicemmo appartenersi alle Ville, si per diletto, come per bisogno. Ultimamente io vorrei, che tutta la faciata, et tutta la massa di tutto l’edificio (il che conferisce molto all’essere gratiato) fusse da ogni banda luminosissima, et molto aperta, ricevesse da largo cielo lumi grandissimi, grandissimi soli, et gran quantità d’aria saluberrima. Non voglio che e’ vi si vegga in alcun luogo cosa nessuna che con ombra manenconica offenda altrui. Rida, et si rallegri ogni cosa alla venuta de forestieri. Stieno coloro che di già sono entrati in casa, in dubbio, se e’ vogliono per diletto de lo animo loro passare più inanzi, o pur fermarsi quivi dove e’ sono; quasi provocati da la allegrezza, et da lo splendore de le cose. Vadiasi da le stanze quadrate nelle tonde, et da le tonde di nuovo nelle quadrate, et di queste si vadia in altre stanze, che non sieno ne tutte tonde ne tutte quadrate, et nel passare più adentro nelle più secrete stanze de la casa, fa che e’ non vi sia pur uno scaglione che tu habbia à scendere, ma insino nelle ultime stanze fa o di andare a piano, o che le soglie non vi sieno tropp’alte.