Della tirannide e altre opere (Alfieri, 1927)/Nota

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Alessandro Donati

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Della tirannide e altre opere (Alfieri, 1927) Indice dei nomi di persona e di luogo
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NOTA

[p. 307 modifica] Non è necessario ricordare agli studiosi dell’Alfieri che i due libri Della tirannide furono «d’un sol fiato» scritti a Siena nel 1777, «quasi per l’appunto quali poi molti anni appresso» l’autore li stampò: (Vita, Epoca quarta, cap. IV); che i tre libri Del Principe e delle lettere furono «ideati e distribuiti in capitoli» l’anno dopo a Firenze (ibid., cap. VII); che il Panegirico di Plinio a Traiano fu steso a Pisa, nell’inverno del 1785, e finalmente La virtú sconosciuta, insieme col secondo e terzo libro Del Principe, in Alsazia nel 1786 (ibid., capp. XV e XVI).

Nel ms. n. VI che si conserva alla Laurenziana (Primi abbozzi di varie prose; e cioè delle quattro riunite in questo volume e di cinque del Misogallo) l’autografo è tempestato di correzioni: quella prima scrittura «d’un sol fiato» rimase nel disegno generale «quasi per l’appunto» com’era venuta di getto, ma per lo stile la rielaborazione fu lunga e diligente. Il libro II Della tirannide era di soli sei capitoli.

Ma la maggior cura dell’A. dové esser quella di scansare ripetizioni. Il 16 gennaio 1786 a Martinsbourg alla Tirannide postillava: «Riletto bene questo libro nel 1786, dopo avere scritto quello Del Principe e delle lettere, mi è sembrato questo avere piú il pregio dell’impeto; e vi ho ravvisato quel bollore che i nov’anni di piú vissuti in servitú mi hanno scemato. Nel correggere poi l’uno e l’altro, è da badare assai allo stile e ragionamenti di questo; alle lunghezze forse e ripetizioni dell’altro. Non mai staccarli e far che si somiglino il men che si può; e ben riflettere quale dei due dovrebbe precedere; ma credo il secondo sia da considerarsi come un comento a una parte di questo: si badi sopratutto al secondo e terzo di quello, che dove è costretto a ripetere e ritoccare le idee di questo, non ne replichi le frasi e i modi».

Ad evitar le ripetizioni, almeno formali, infatti riuscí; ma quanto al «non staccar mai» i due libri, pare che piú tardi decidesse altrimenti. [p. 308 modifica]

Delle quattro opere raccolte in questo volume, prima fu pubblicato «a far prova dei caratteri e proti e maneggi tipografici parigini» (Vita, IV, 17) il Panegirico di Plinio a Traiano, nuovamente scoperto e tradotto da Vittorio Alfieri da Asti, Parigi, presso F. D. Pierres, Typ. Royal, 1787, in 8°; che subito fu ristampato a Venezia dal Foglierini (1787) e poi a Nizza non so da chi (1788). Finita poi l’edizione delle tragedie e delle altre opere a Kehl, e «trovatovi molte piccole cose che avrebbe potuto emendare, lo volle ristampare, anche per avere tutte le opere egualmente bene stampate» (Vita, IV, 18): — Il Panegirico ecc., 2a ed., Parigi, Didot, 1789, con l’aggiunta dell’ode Parigi sbastigliato e della favoluccia Le mosche e l’api.

Gli altri tre scritti furono stampati a Kehl nella tipografia del Beaumarchais, «grandiosamente stabilita e destinata alle molte e varie edizioni delle opere di Voltaire» (Vita, id.).

Questa edizione andò miseramente dispersa o nei tumulti parigini del 1792, o dopo, in seguito al sequestro. Come si vede dagli appunti che l’A. mandò al Caluso quando questi poté trattare col Ginguené, allora ambasciatore a Torino, per tentare il ricupero degli oggetti e libri sperduti, era di circa 500 copie per ciascuna opera. Li riferisco qui dal Mazzatinti: (Le carte alfieriane di Montpellier, «Giornale storico della Lett. ital.», III, p. 47):

Opere non pubblicate (quattro).

1. — L’Etruria colla data del 1800. Balla D, copie 500, sigillata dí 27 aprile 1790; e presso me copie 11, di cui tre portate via e otto lasciate in una piccola balla a parte: copie 511.

2. — Balla C, Rime, 1789, copie 500, sigillata dí 24 giugno 1790 e presso me copie 13, di cui (dice cosí, sebbene il conto non torni) due meco e nove in piccola balla: copie 513.

3. — Balle 2. A1 (copie 260), A2 (copie 255 e scapoli), Del Princ. e delle lett., 1790, colla data 1795. Copie 515, sigillate dí 24 giugno 1790, e presso me copie 16, di cui meco copie 2 e 14 nella piccola balla: copie 531.

4. — Balle 2. B1 (copie 260), B2 (copie 255 e scapoli), sigillate dí 21 agosto colla data del 1809; copie 515 e presso me copie 16, di cui 2 meco e 14 nella piccola balla. Della tirannide, 1790, copie 531. Fuori segnate D.a T.e

Opere pubblicate (due).

1. — 1787. Odi, colla data 1784.

2. — 1788. Dialogo, colla data 1786. [p. 309 modifica]

Può essere curioso osservare questa singolare differenza di date a opere stampate nello stesso anno: cosa che se si capisce per le Odi (certo de L’America libera) e pel Dialogo (La virtú sconosciuta) per le quali l’anno rappresenta quello della composizione, rimane inesplicabile per le altre opere, che forse intendeva venir pubblicando via via.

Una cosa sola è chiara: che tutta quanta l’edizione è andata dispersa o smarrita, eccetto i due esemplari che l’Alfieri si prese con sé di ciascuna opera. Il Teza (Vita, Giornali, Lettere, Firenze, Lemonnier, 1861, p. 473) afferma che questi si trovavano allora nella Biblioteca del Museo Fabre a Montpellier; ma il Mazzatinti che pur vi fece, una ventina d’anni dopo, diligentissime indagini, non è riuscito a trovarci che un esemplare dell’Etruria vendicata, e uno Del Principe e delle lettere. Sul primo foglio di questo è ripetuta, autografa, la noticina qui sopra stampata: V. A. Balle 2. A1 (260) ecc.

L’A. racconta poi (Vita, IV, 28) 1799: «Mi capitò alle mani un manifesto del libraio Molini, italiano di Parigi, in cui diceva di aver intrapreso di stampare tutte le mie opere (diceva il manifesto, filosofiche, sí in prosa che in versi) e ne dava il ragguaglio; e tutte pur troppo le mie opere stampate in Kehl, come dissi, e da me non mai pubblicate, vi si trovavano per estenso. Questo fu un fulmine che mi atterrò per molti giorni; non giá che io mi fossi lusingato che quelle mie balle di tutta l’edizione delle quattro opere, Rime, Etruria, Tirannide e Principe, potessero non essere state trovate da chi mi aveva svaligiato dei libri e d’ogni altra cosa lasciata in Parigi, ma, essendo passati tanti anni, sperava ancora dilazione. ... Ora nel ’99, udendo questo manifesto del Molini, il quale prometteva per l’8oo venturo la ristampa delle su dette opere, il mezzo piú efficace di purgarmi agli occhi dei buoni e stimabili sarebbe stato di fare un contro manifesto, e confessare i libri per miei, dire il modo con cui m’erano stati furati, e pubblicare, per discolpa totale del mio sentire e pensare il Misogallo, che certo è piú che atto e bastante da ciò».

Ma per evitar probabili fastidi a sé e piú alla contessa d’Albany, si contentò di ripubblicare «l’avviso del ’93, aggiungendovi la poscritta che avendo udito che si pubblicava in Parigi delle opere in prosa e in verso sotto il suo nome, rinnovava quel protesto fatto sei anni innanzi». [p. 310 modifica]

Ingiusto nel suo furore, attribuí il tiro al Ginguené: che «ritornato poi a Parigi avrá frugato tra i miei libri di nuovo, e trovatavi una ballottina contenente quattro soli esemplari di quelle quattro opere, se le appropriò; ne vendé forse al Molini un esemplare perché si ristampassero, e le altre si tenne e tradusse le prose in francese per farne bottega e donò, non essendo sue, alla Biblioteca nazionale... come sta scritto nella prefazione stessa del quarto volume ristampato dal Molini, che dice non esser reperibile l’edizione prima, altro che quattro esemplari ch’egli individua cosí come ho detto e che tornano per l’appunto con la piccola balla da me lasciata fra i libri altri miei»1.

Ma non è affatto necessario pensare che a dare al Molini quelle copie dovesse per l’appunto essere il Ginguené; il quale fu troppo mal ricambiato con questo sospetto della cortese sollecitudine mostrata all’Alfieri. A buon conto, quel signor Thiebaut de Bernaud che andava vantando d’aver ricevuto in dono dall’Alfieri medesimo libri ed autografi che offeriva in vendita al Fabre e alla biblioteca di Montpellier (e che ormai non si sa dove siano andati a finire) dové certo comprarli nelle vendite di quella roba sequestrata2. E chi sa quanti altri potranno aver fatto altrettanto!

La edizione Molini, non ostante le proteste, uscí:

Opere varie filosofico-politiche in prosa e in versi di V. A. da Asti (Parigi, 1800, 4 voll. in 12°). [p. 311 modifica]

Ogni volume per altro sta da sé; con queste indicazioni:

L’America libera (Kell [sic], 1784).
La virtú sconosciuta, dialogo in prosa (Kell, 1786).
Del Principe e delle lettere (Kell, 1795).
Della tirannide (s. l. n. d.).

Dopo questa edizione del Molini, si ebbero in Italia ristampe quasi subito:

Della tirannide di V. A. da Asti, Torino, nella Stamperia Filantropica, anno IX (1800), 2 voll., in 32°, e poi Milano, dai torchi della Tipografia Milanese, anno IX, 1802, 2 voll., in 24°.

Opere varie filosofico-politiche di V. A. da Asti, Siena, 1801, 2 voll., in 8°. Contengono: il 1° Del Principe e delle lettere, il 2° Della tirannide.

È singolare che di questa stampa senese l’A. non mostri mai di saper nulla; e che i suoi amici, i quali non potevano ignorare il suo furore contro tale divulgazione inopportuna di questi suoi scritti non gliene dessero avviso: onde non pare inverosimile che si tratti d’una stampa posteriore alla morte, e retrodatata.

Né meno singolare è una edizione:

Opere varie filosofico-politiche in prosa e in versi di V. A. da Asti, Nantes, Alla Sirena, anno XI (1802), 2 voll., in 8°.

Io non sono riuscito a vederla; ma sarebbe curioso esaminare, se per avventura non fosse composta dei fogli dispersi dieci anni avanti a Parigi; certo, sarebbero andati a finire un po’ lontano; ma io stento a persuadermi che proprio a Nantes, dove forse non c’erano allora né ci son ora dieci persone che leggano l’italiano, un editore andasse a ristampare quei libri.

Comunque sia, dalla ristampa Molini derivarono poi direttamente o indirettamente tutte le altre. La prima di tutte le opere veramente magnifica fu fatta a Pisa:

Opere di Vittorio Alfieri, Italia, MDCCCV-MDCCCXV, 22 voll., in 4° piccolo (Pisa, Capurro), che comprendevano anche le opere postume fatte stampare a Firenze presso il Piatti, a spese della D’Albany e per cura dell’ab. di Caluso. Fu tirata a 250 esemplari piú 20 in carta velina — e, dice il Graesse, «il existe aussi un exemplaire unique impr. sur parchemin», ma non si sa dove sia. Ha un ritratto dell’A. inciso dal Morghen, dal solito del Fabre che si conserva nella Galleria degli Uffizi.

Gli scritti di questo nostro volume vi occupano: il vol. II (Del Principe e delle lettere), il vol. III (Della tirannide), e parte del [p. 312 modifica] vol. IV (L’America libera; Panegirico, La virtú sconosciuta; L’Etruria vendicata).

Dopo questa, non sarebbe facile e non par necessario a questa nota, registrare le edd. che massime nei primi trent’anni del secolo scorso furono moltissime, sí delle opere complete come dei singoli scritti. La piú diffusa fu quella di N. Bettoni (1809-11), che il Foscolo ebbe a proverbiare perché il «tipografo-letterato» correggeva l’Alfieri. Per queste prose mi limiterò a ricordare la edizione del Carducci: Del Principe e delle lettere, con altre prose di V. A., Firenze, Barbera, Bianchi e C., 1859, che fu completata l’anno dopo con Della tirannide, libri due di V. A., aggiuntevi la Catilinaria e la Giugurtina tradotte, Barbera ecc., 1860.

Nel 1903, per la ricorrenza del centenario della morte il municipio d’Asti fece una ristampa presso la ditta Paravia di Torino delle Opere in 11 voll. Queste, sotto il titolo generico di Scritti politici e filosofici, sono nel vol. X.


Note

  1. Io non credevo di dover tornare a raccontare queste vecchie storie e notissime. Ma Guido Bustico che da oltre vent’anni lavora a una Bibliografia di V. A., giunta ora alla terza edizione e accolta nella Bibliot. di Bibliografia italiana diretta da C. Frati (Firenze, Olschki, 1927) non par ne abbia il menomo sentore; né sa dell’edizione del Molini. Tutto il libro è largamente fiorito di spropositi d’ogni maniera — di metodo, d’ordinamento, di omissioni, d’incoerenze — e non metterebbe conto di rilevarli se non fosse indizio degli studi seguiti con «buon metodo». E il Bustico che ha locupletato la Bibliografia con ben trentasei numeri (memorie sopra quistioncelle alfieriane) si direbbe non abbia letto il suo autore! Delle Rime elenca solo le edd. della seconda parte, cioè delle postume; all’ediz. del Panegirico del 1787 osa affermare: «Vi si aggiunge l’ode Parigi sbastigliato! (Del 1787?!) e dopo il Panegirico intitola un gruppo di stampe: «Altre traduzioni», come se quella fosse una traduzione. Non dirò niente di quel ch’egli considera «ordine cronologico»; ma ammesso questo errore, perché di edizioni che ebbero piú ristampe ora cita la prima, ora le successive? — E cosí via!
  2. Vedi il ricordato studio del Mazzatinti su Le carte alfieriane di Montpellier, in «Giorn. stor. della lett. ital.», III, 351 sgg.