Delle Antiche carceri di Firenze denominate delle Stinche/Parte prima/Capitolo I

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CAPITOLO I.

Donde e quando avesse principio in Firenze la costruzione delle Prigioni denominate le Stinche.



Le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, che tante stragi e tanti disastri cagionarono all’Italia, infierivano già da oltre un mezzo secolo in tutto il dominio della Repubblica Fiorentina sotto il nome di Neri e di Bianchi, allorchè nell’anno 1304 fu dal Pontefice Benedetto XI mandeto in Firenze il Cardinale Fra Niccolò de Prato Domenicano all’oggetto di quietare le civili discordie e pacificare gli animi dei Fiorentini e di altre genti loro vicine.

Il Prelato giunse in Firenze a’ 10 di Marzo, e non solamente fu ricevuto con grand’onore, ma ebbe altresì dai Cittadini ampia facoltà di eseguire quanto era conforme al carattere della sua Legazione1. Egli infatti introdusse varj cambiamenti nel Governo della Repubblica; ma favoreggiando non solo la parte dei Neri o Guelfi, che era quella che allor prevaleva, ma pur l’altra dei Bianchi o Ghibellini, e richiamando molti dei Fuorusciti, venne in sospetto al popolo, e si credè che quegli, invece di quietare gli animi, volesse sodisfare alla propria ambizione. Tale sospatto aumentò quando si seppe che i Ghibellini venivano con gran [p. 8 modifica] numero di gente alla volta di Firenze, nè punto diminuì, sebbene i Fuorusciti sen ritornassero dond’eran venuti. Finalmente essendosi il Cardinale portato a Prato e a Pistoja affine di quietare le dissensioni di quegli abitanti2, nè venendogli fatto di ottenere l’intento; e fallitagli pure l’impresa di costringer colla forza delle armi quei renitenti popoli, all’obbedienza; fatto certo di esser venuto in odio e ai Fiorentini e agli altri, e temendo di peggio, se ne partì il giorno 4 di Giugno, ritornando al Papa, e lasciando invece della pace, la scomunica a Prato, Pistoja e Firenze3.

Restò il Cardinale irritato pel trattamento dai Fiorentini ricevuto, e giurò vendicarsene. Avendo dunque segretamente istigati i Fuorusciti ed i Bianchi Aretini e Bolognesi, fece dai medesimi assalire Firenze4, e poco mancò che questa città, d’una parte della quale eransi per sorpresa impadroniti, non restasse in poter di coloro. Ma vennero respinti e fugati, e molti fatti [p. 9 modifica]prigioni, parte dei quali furono miserabilmente impiccati. Ciò accadde a’ 30 di Luglio del già detto anno 1304.

Ora, molti essendo gli sventurati che caddero in potere dei Guelfi vincitori, e non avendo i Fiorentini carcere alcuna capace di contenere un gran numero di prigionieri, intrapresero a fare un circuito di mura per fianco alla Chiesa di S. Simone, per entro ordinandovi le stanze, le quali potessero servire a simili occorrenze. Il terreno ove fu edificata questa carcere, fatta in forma d’Isola quadrilatera, apparteneva già alla nobile e potente famiglia degli Uberti, di Firenze espulsa fin dall’anno 1258 per le solite terribili cittadinesche discordie5. E siccome Messer Tolosatto degli Uberti guidava una di quelle schiere dei Bianchi, che tentarono la indicata impresa contro Firenze, può con una certa probabilità credersi che il terreno appunto ove esistevano e ov’erano state atterrate le case di quella famiglia, fosse prescelto dal Comune di Firenze a onta maggiore dei vinti.

Note

  1. Giovanni Villani, Croniche, Lib. VIII, cap. LXIX. — Scipione Ammirato, Istorie fiorentine, Lib. IV.
  2. Dino Compagni, Cronaca Fiorentina, Lib. III.
  3. Elogj degli uomini illustri toscani, Lucca 1774 Vol. IV, pag. 756
  4. Giovanni Villani Croniche, Lib. VIII, cap. LXXII. — Scipione Ammirato, Istorie Fiorentine, Lib. IV.
    «Ecco il passo ili Gio. Villani al luogo citato. «Il detto Cardinale si pensò uno grande tradimento contro a’ Fiorentini, e incontanente scrisse per sue lettere a Pisa ed a Bologna ed in Romagna e ad Arezzo e a Pistoja e a tutti i Caporali di parte Ghibellina e Bianca di Toscana e di Romagna che si dolessero congregare tutte le loro forze e de’ loro amici a piede ed a cavallo, ed uno di nomato venire con armata mano alla città di Firenze, e prendere la terra e cacciare i Neri e coloro che erano stati contro a lui, e che ciò era di conscienza o volontà del Papa; la quale cosa era grande bugia e falsità, che il Papa di ciò non seppe niente.»
  5. Per la concorde testimonianza di molti Storici Fiorentini sappiamo che gli Uberti possedevano varie case sulla Piazza, la quale viene ora chiamata del Granduca, e che in odio appunto di quella famiglia, non permise nel 1298 il Popolo Fiorentino all’Architetto Arnolfo di Lapo di valersi del terreno una volta appartenuto egli Uberti, per condurre a termine secondo il suo disegno il Palazzo destinato al supremo Magistrale della Repubblica, della fabbrica del quale era egli stato incaricato.
    Con ciò peraltro non si viene a rendere inverosimile, che gli Uberti, potenti e ricchi cittadini, non avessero altre case nel luogo ove furon poi fabbricate queste Carceri; e le testimonianze del Villani e dell’Ammirato non possono ammettere dubbio veruno.