Delle biblioteche circolanti nei comuni rurali/Delle Biblioteche Popolari/I. Relazione del prof V. Garelli al Congresso Pedagogico

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I. Relazione del prof V. Garelli al Congresso Pedagogico

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I. Relazione del prof V. Garelli al Congresso Pedagogico
Delle Biblioteche Popolari Delle Biblioteche Popolari - II. Delle prime condizioni delle Biblioteche popolari
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I.

(Fra i temi che si avevano a discutere davanti il Congresso Pedagogico raccolto in Torino, si aveva il seguente: Delle Biblioteche popolari, del modo di promuoverle ed adattarle ai bisogni locali e dei loro regolamenti.

La Direzione della Società Pedagogica elegeva a relatore intorno a questo tema il professore Vincenzo Garelli, il quale nella V giornata del Congresso stesso presentava la seguente relazione, le cui conclusioni, discusse in due successive tornate, furono approvate dal Congresso a grandissima maggioranza di suffragi).




Illustri Signori e Colleghi carissimi,

La istituzione delle Biblioteche circolanti è una determinazione d’un’idea vaga, od il corollario d’un principio che non può essere revocato in dubbio, cioè quello della necessità dell’educazione popolare. Eccone infatti evidentissima la sua genealogia logica, la quale consiste nella serie ordinata de’ mezzi che mirano al fine di procacciare [p. 14 modifica]al popolo più morale, più dilettevole, più laboriosa, più utile, più dignitosa e più felice l’esistenza.

Cotesta serie, sia che si presenti nell’ordine cronologico, sia che la si studii nella dipendenza de’ concetti, è una, costante e coerente a sè stessa. E cotesti caratteri diventano poi i criterii, mercè cui si può giudicare quasi a priori ed intrinsecamente della bontà ed utilità di essi mezzi.

Un’altra avvertenza generalissima giova premettere, che le istituzioni pigliano forme varie a seconda de’ tempi, come i frutti variano a seconda delle stagioni. Anzi in quella guisa che un frutto perde le sue migliori qualità allorchè si prepara a dar vita ad un nuovo essere della propria specie, il quale, seguendo l’ordine mirabile del creato, dovrebbe presentarsi sempre migliore, pur conservando l’identità della specie. Così si spiega perchè negli ordinamenti civili possa talora avvenire che un’istituzione, la quale in sulle prime apparve mirabile ne’ suoi effetti, uggisca, se non in realtà, almeno in apparenza, e generi quasi nell’universale un disgusto, il quale va bene di spesso tanto in là quant’era stato soverchio il favore e l’entusiasmo anteriore. Cotesto, a nostro ricordo, vedemmo delle scuole di metodo, dai cui ebbe cominciamento quel moto così universale e quell’istinto d’incontentabilità e di irrequietezza che tutto all’intorno e noi stessi commove ed agita senza posa.

Or bene, quale era il problema intorno al quale si travagliavano (parlo del solo Piemonte, dove appunto più vicini e sotto i nostri occhi avvennero i fatti che narro) le scuole di metodo? Quest’unico formolato già da secoli: non scholae sed vitae discendum; il quale non era stato mai presso di noi espresso in un articolo di legge. Ecco la traduzione fedelissima che se ne fece: l’istruzione dev’essere educativa, deve cioè abbracciare ed impadronirsi di tutto [p. 15 modifica]l’uomo, di tutte le facoltà di esso, di tutte le età e di tutte le condizioni. Da questa formola nel campo teorico scaturirono le leggi della perfetta educazione, nel campo pratico noi vedemmo le istituzioni educative pullulare svariatissime.

Infatti se l’istruzione ha da essere universale, perchè di essa non avrà a partecipare la donna, la quale deve essere la prima dispensatrice dell’alimento al corpo e della parola intellettuale ai nostri figliuoli? Non era egli evidente l’illegittimità del servaggio al quale si costringeva la donna presso di noi, non fa che quattro lustri? In venti anni, o signori, siamo giunti a tale che non si cerca più quanti sieno i comuni che proveggono all’istruzione della donna, ma sibbene quante le frazioni di comuni che ancor ne difettino. Il massimo de’ miracoli vaticinato da Cristo, l’evangelizzazione del povero, si è pienamente avverato.

Se universale ha da esser l’educazione, non al solo spirito vuolsi pensare, ma eziandio al corpo. Quindi le esercitazioni ginnastiche, le quali nate in questa metropoli da una libera società di giovani nel 1842, si diffusero poco alla volta ed invasero tutta la nazione. E ad ogni anno voi vedete raccogliersi in Torino il fiore de’ maestri e delle maestre delle più remote regioni per diventare maestri di quest’arte. Io rammento, o signori, i castighi patiti allorchè nella state di straforo si fuggiva per prendersi un po’ di sollazzo nella limpida acqua del mio fiume natale, o quando nel verno mi slanciavo a volare sul trasparente ghiaccio che ricopriva il ruscello dei prati. La cosa stessa ch’era proibita è fatta oggetto di dovere. Oggidì al par della ginnastica s’insegna il nuoto.

Per questa legge pedagogica, la quale non può patire abrogazione o derogazione di sorta, niuna età è oggi trascurata. E se in Italia si contano parecchie migliaia d’ [p. 16 modifica]infanti dai due ai sei anni raccolti ne’ benefici asili, potrebbe pure una facile statistica dimostrarvi che un numero non minore di omini già vecchi fin sopra i cinquanta anni, quasi ciechi, stati miracolosamente richiamati alla luce, si presentano docili alunni nelle nostre scuole serali e domenicali.

Conseguenza dello stesso principio sono le varie maniere di istituti educativi che il paese presenta ai cittadini della medesima età, secondo le varie vocazioni o tendenze de’ giovani. Di qui i collegi classici, tecnici, militari; di qui le varie istituzioni che mirano all’esercizio di arti speciali, le scuole di disegno, non solo per addestrare alle arti più nobili, ma eziandio alle più umili, ed in ispecie alle fabbrili, ma sopretutto le conferenze agrarie, le quali sono destinate a migliorare, più sollecitamente che altri non creda, l’avvenire economico della nazione.

Coteste, o signori, non sono che le varie determinazioni d’un solo carattere. Uguale fecondità devono aver gli altri caratteri nella parte loro differenziale. Non fa che questa fecondità non appaia: dirò ancor io le parole del Vangelo: nolite timere. Non s’argomenta la robustezza della pianta dalla grossezza di seme. La robustissima pianta della montagna che sfida la violenza dell’aquilone è nata da un seme impercettibile portato colassù tra i dirupi da quel vento medesimo, il quale nella lontananza del tempo dovrà essere moderato nella sua violenza da quella pianta che deve nascere quasi per caso, senza tutela e senz’altra forza che quella nascostavi dalla mano invisibile di Dio.

L’educazione, o signori, ha un altro carattere, il quale gli è comune collo incivilimento, del quale è madre e figlia ad un tempo, la progressività e la indefettibilità. Perchè il montanaro della Scozia, al quale nè governo nè i comuni volgono pure un pensiero, ha una istruzione più [p. 17 modifica]profonda e più durevole, che non l’abitante della stessa Germania? Perchè nel bilancio che ogni padre di famiglia fa nel cominciamento dell’anno, accanto alla spesa del pane pone pure la spesa della istruzione? Quindi il fanciullo fa volentieri e quotidianamente un lungo tragitto ed attraversa valli e torrenti per recarsi colà dove si dispensa il sapere. Egli misura il profitto da quello che gli costa in danaro, in fatiche, in disagi, come la madre predilige il fanciullo pel quale ha maggiormente sofferto. Quando Montesquieu visitò l’Inghilterra, fu sorpreso da maraviglia allorchè vide che un distributore di giornali saliva fin sul tetto d’una casa per portarli agli operai che riparavano i tetti. Egli esclamò: «Quel pays que celui où on lit la gazette jusque sur le toits! De cet observatoire élevé cet homme juge les ministres et leur politique.» Il progresso ha due elementi, e quasi direi tiene un piede nel passato e l’altro nell’avvenire. È tradizione e conservazione dapprima, indi è movimento e trasformazione.

Un pittore dozzinale aveva due modi di dipingere, l’uno ch’era di durata, e l’altro di apparenza. Noi cerchiamo la durata e la permanenza; quindi tutto quello che vale a fissare la istruzione, a conservarla dev’essere ufficio nostro.

La progressività dell’educazione importa adunque altre istituzioni, le quali conservino la tradizione, e mantengano nelle menti la freschezza, l’agilità e l’alacrità alla impresa1. A questo mirano le Biblioteche popolari [p. 18 modifica]circolanti. Le scientifiche ed erudite conservano la tradizione dell’alto sapere; le popolari mirano a conservare quel poco sapere di cui furono dispensatici le istituzioni di varie specie, delle quali si va arricchendo il paese a beneficio specialmente del popolo.

Volete voi vedere quale fu la fecondità del carattere di cui discorriamo? Non vi trasporterò molto lontano. Egli è da pochi anni, e tre o quattro uomini, che il volgo suol dire incontentabili od irrequieti, cominciarono a dire: Le scuole non bastano per assicurare al popolo il sapere. Molti de’ giovani, che pur frequentarono le scuole, e che benissimo avevano appreso il leggere, lo scrivere ed il conteggiare, si presentavano alla coscrizione militare nuovamente analfabeti. Questo si verificò non solo presso di noi, ma eziandio nel paese delle statistiche che è la Prussia, quindi conchiusero: voglionsi avere libri e Biblioteche, le quali esercitando utilmente le facoltà de’ giovani, non lascino morire que’ germi che con tanti sacrifizi di danari e di fatiche si gettarono nelle loro menti.

Ma come si formeranno queste Biblioteche, se la nostra letteratura con tutto il suo splendore e la sua ricchezza non ha mai avuto di mira il popolo?

Questo lamento era giusto. Si chiesero libri popolari; ed i libri popolari non tardarono a presentarsi ai richiedenti. Così è: anche qui la legge economica della richiesta e dell’offerta, la grande legge del tornaconto, modera e regola la produzione.

Non meno di venti editori attivi ed intelligenti, o signori,

[p. 19 modifica]si travagliano di presente in Italia a soddisfare a questo nuovo bisogno dell’educazione popolare. Le tipografie di Torino, di Bologna, di Genova, di Milano, di Napoli e Firenze, per tacere delle più umili città, lavorano si può dire quasi esclusivamente a presentare i materiali veramente essenziali di questa recente istituzione. Nella loro antiveggenza questi operai del progresso non chiesero privilegi, non aspettarono regolamenti. L’utile ha un cotal senso divinatorio; e Giuseppe Pomba dava a Cesare Cantù il concetto fondamentale della sua storia dicendogli: Scrivetemi una storia nella quale i popoli, quasi manipoli d’un esercito, ubbidiscano al comando, e si muovano concordi.

Gaspare Barbera partiva da Torino or sono trent’anni, portando tutto il suo avere materiale in un fazzoletto da naso: ma nascondeva nel suo cuore un’attività irrequieta, ma portava nella sua mente il buon gusto di Bodoni, e sapeva indovinare il pensiero che dettava i ricordi di Massimo d’Azeglio.

L’antichissima tipografia di Giacomo Agnelli di Milano si va ringiovanendo cogli scritti di due venerandi uomini, Nicolò Tommaseo e Giuseppe Sacchi, i quali da oltre quarant’anni lottano e si affaticano per l’educazione popolare. A trarre i giovani scrittori ai temi veri e più necessarii, bandiva col bel mezzo di questo Congresso un premio all’autore d’un’operetta a vantaggio degli operai.

Questi sono i fatti, i nomi e gli esempi che dimostrano che il movimento è incamminato e con tale ambio, che senza esser profeta e senza paura d’essere smentiti dagli eventi, si può predire che in un lustro vi saranno in Italia tanti e tali libri popolari quanti basteranno perchè in ogni centro di mille abitanti v’abbia la sua Biblioteca, come oggi vi ha l’osteria ed il caffè. [p. 20 modifica]

In presenza di questi fatti, che deve fare il Congresso nostro?

Ecco, o signori, quale è il mio avviso. Noi dobbiamo fare quello che farebbe un fortunato cercatore di miniere aurifare, il quale, appena ebbe trovata la miniera, si adoperò per trovare coloro che vi dovevano lavorare attorno. Anche noi possiamo dire: la miniera c’è, dunque abbiamo bisogno di trovare lavoratori, i quali vengano a soccorrerci dell’opera loro. Dopo devesi esaminare a quale punto indirizzeremo noi l’opera de’ nostri cooperatori. Quale è il filone più ricco, più produttivo? Quali sono le macchine che meglio ci potranno soccorrere?

Ciò risguarda specialmente al materiale delle future Biblioteche, il quale sta nei libri.

Passando poi a discorrere delle Biblioteche già ordinate, io farò una domanda assai semplice, alla quale il senso comune può agevolmente rispondere.

Quale sarà la migliore delle Biblioteche?

Evidentemente non quella che avrà il maggior numero di libri, ma qual numero di libri che può essere richiesto e che giova che sia richiesto dal maggior numero di lettori. In altri termini, quella è l’ottima Biblioteca che non ha bisogno d’essere spolverata mai.

Quale è il libro che più conviene per una Biblioteca popolare?

Quello che ha minor bisogno dello scaffale e meno ne consuma, e che i lettori se lo disputano per leggere, e quindi più presto ei logora.

Da questi due principii assiomatici dovrebbero essere informate tutte le disposizioni concernenti le Biblioteche per Il popolo.

Frattanto ecco le questioni pratiche, intorno alle quali dovrebbe aggirarsi la discussione del Congresso: [p. 21 modifica]

Questione 1a — Risguarda il modo di diffondere questa altrettanto utile quanto semplice istituzione, il germe della quale deve per ora partire dal Governo, o dalle Provincie. Dal Governo cioè o dalle Provincie deve emanare quell’azione esemplare che rappresenti come il nisus primordiale, o la cellula primitiva dell’esistenza, alla quale succedendo gli sforzi individuali così de’ privati come delle associazioni, aggiungono in modo del tutto similare gli strati successivi, o le cellule che devono creare l’organismo della istituzione. Dunque il primo voto del Congresso sia:

Voto 1° — Il Governo e le Provincie somministrino i primissimi mezzi di attivare le Biblioteche popolari, e questi reppresentino quasi il nucleo di esse.

Questione 2a — Ogni provvisione del Governo mira di sua natura alla giustizia distributiva ed all’eguaglianza; epperò ogni suo intervento benefico, ogni suo sussidio dev’essere offerto a tutti seguendo il principio della universale concorrenza, e concesso a coloro che presentano maggiori assicurazioni di pubblica utilità, telchè il concorso governativo sia di preferenza portato colà dove produca un effetto utile, più largo, e starei per dire più universale. Quindi un secondo voto si propone, il quale potrebbe aggiungersi al 1°, cioè:

Voto 2° — Il Governo non rifiuti il suo concorso alla creazione di Biblioteche circolanti, allorchè i Municipii o le associazioni de’ privati abbiano preso la risoluzione di istituirle.

Questione 3a — Ma in qual modo concorrerà il Governo? Col danaro, o a dirittura coi libri? Amministrativamente parlando, non v’avrebbe differenza tra l’uno e l’altro concorso. Ma se noi guardiamo all’effetto utile che ne può ridondare, noi staremo per il secondo modo. Così [p. 22 modifica]adoperò per l’appunto il Governo di Francia, il quale oltre del sussidiare le Biblioteche popolari a preferenza con libri che con danaro, creò una Commissione permanente per la scelta de’ libri, acciocchè questa presentasse le migliori garanzie2. Il Governo nostro seguita la via più comoda, di spedire un mandato di cento lire per il primo impianto. Assai più utile reputiamo il concorso diretto; e per fermo, due ne paiono essere i vantaggi: il primo si è che il Governo potrebbe così concorrere all’educazione nazionale e politica, chiamando tutto il popolo ad istruirsi sopra un medesimo libro: poniamo ad esempio che 100 Biblioteche s’abbiano ad aprire in sul cominciare del vegnente anno scolastico; è egli meglio che in tutte queste Biblioteche vi figurino gli stessi libri, o libri varii? Io per me propugno l’utilità di questa istruzione precipuamente sotto il rispetto dell’unità politica che può venire di per sè cementata od accresciuta mercè l’istruzione. O signori, quando tutto il popolo d’Italia avrà letto i Promessi sposi ed i Ricordi d’Azeglio, quando dello spirito di questi due libri, che per me rappresentano la letteratura italiana del secolo nostro, sarà informata la nazione; quando intorno ai pregi loro potrà discorrere l’abitante di Siracusa coll’operaio biellese, io dirò allora abbiamo l’unità anche morale dell’Italia. Ma se invece in Piemonte si legge un libro che non è conosciuto in Liguria, l’effetto sarà dimezzato. Franklin, che fu il primo ad ideare una Biblioteca popolare, così ragionava co’ suoi compagni della tipografia in cui lavorava: «Noi siamo dodici, se ciascuno mette in comune un volume, noi avremo a nostra disposizione dodici volumi.» Egli [p. 23 modifica]ragionava soltanto sull’effetto materiale dell’associazione, ma dimenticava il fermento che pigliano le idee allorchè ritornano sulla lingua di chi parla in una brigata di amici3.

Aggiungasi che il benefizio in questa maniera si può quasi duplicare. Se il Governo richiede ad un editore che gli venda un migliaio d’esemplari d’un’opera in una sola volta ed a pronti contanti, l’editore può far un larghissimo sconto, perchè sa che quegli esemplari saranno simultaneamente diffusi per tutta Italia, e che quindi la sua opera sarà prontamente ricercata.

Dunque voto 3° — Il Governo sussidii con libri e coi medesimi libri tutte le Biblioteche dello Stato.

Questa è la parte che noi assegniamo al Governo. Passiamo ora ad esaminare l’azione de’ Municipii e de’ privati. Quest’azione, o signori, deve mirare a far nascere nel popolo il bisogno di leggere, il diletto di leggere, acciocchè col tempo quello che in oggi si dà gratuitamente sia poscia procacciato dal libero concorso de’ lettori.

I Municipii finora non furono ammaestrati intorno all’essere vero d’una Biblioteca popolare, e specialmente intorno alla facilità di dar vita a questa istituzione; i più si spaventano della gravezza della spesa, e molti dalla inutilità di essa. Finora non è penetrata nelle masse la idea vera d’una Biblioteca popolare; una Biblioteca popolare si fa con cinque o sei opere, ma a molti esemplari delle stesse; quest’è il supremo carattere e differenziale della nostra istituzione. [p. 24 modifica]Conviene che il primo che legge un’opera e che ne magnifica i pregi ai suoi amici e compagni, possa dire a questi: andate, ma fate presto, che anche voi potrete leggerla. Questo è assolutamente essenziale, noi vogliamo creare un’abitudine nuova, bisogna che offriamo facile la via; guai se fin dalle prime non possiamo appagare la nascente volontà del leggere! Cristo disse della sua legge: il mio giogo è leggiero e soave. Appunto perchè sapeva che le prime difficoltà sono quelle che alienano maggiormente gli animi. La lettura de’ libri è molto più proficua quando essa è contemporanea in molti lettori. L’osservazione sfuggita all’uno sarà stata rilevata da un altro; l’uno miete e l’altro spigola. I libri popolari hanno anch’essi bisogno dei loro commentatori e chiosatori i quali facciano palesi le bellezze che son recondite. Ora coteste chiose non si possono fare altrimenti che negli amicali colloquii e ne’ convegni fortuiti degli operai. Dunque v’incito, o colleghi, a votare questa massima fondamentale, che dovrebbe essere l’articolo primo dello statuto delle Biblioteche:

Voto 4° — Le Biblioteche si inizino con poche opere, ma a più esemplari.

Per la qualcosa non fa mestieri d’avere nè sale, nè scaffali, nè grandi cataloghi. Ma un semplice registro, nel quale il custode de’ libri scrive il nome de’ lettori che aspettano il libro. Quindi niun nuovo libro deve acquistarsi o mettersi in circolazione finchè i primi non abbiano fatto il giro di tutto il paese; e questa avrebbe ad essere la seconda massima. La terza sarebbe che l’introduzione d’un nuovo libro sia fatta con una tal quale solennità, mercè la quale si dèsse al popolo de’ lettori una prima idea del libro stesso. In questo modo la nostra istituzione ne rasenta un’altra, moderna, anzi de’ giorni nostri, quella delle [p. 25 modifica]conferenze o lezioni popolari4. In quella guisa, o signori, che noi dai rendiconti critici de’ giornali giudichiamo della convenienza del libro che ci procacciamo, così deve l’uomo del popolo apprendere da questa esposizione se il nuovo libro gli ha da piacere o no, e quindi se ha da chiederlo.

Questo, o signori, riguarda il cominciamento dell’istituzione. Avviata la cosa, converrebbe poco per volta introdurre una piccola quota per ogni acquisto che si fa. Supponete che si abbia in animo di acquistare una di quelle opere che non han da circolare, ma da star ferme, una di quelle opere che si consultano, ma non si leggono d’un fiato, un ampio dizionario della conversazione; si congrega tutto il popolo de’ lettori, si espone il bisogno, si fa conoscere l’utilità, si chiede un sussidio al comune; indi si fa un appello a tutti i lettori. Se questo si farà bene, si potranno avere in un anno delle somme anche cospicue, spillate quasi a centesimi.

Il giorno in cui una metà del denaro necessario sia raccolto, si acquisti l’opera colla promessa di pagare entro un anno l’altra metà. Ed il giorno in cui l’opera entra nella Biblioteca si faccia una grande adunanza, si mostri quale utilità possa dare, quali curiosità appagare; quell’opera sarà tanto più volentieri consultata quando il popolo potrà dire: è nostra, fu acquistata col nostro danaro.

Insomma sarebbe bene che poco per volta venisse ad introdursi il principio del concorso di tutti, della proprietà in comune, dell’associazione libera, e ad escludersi la gratuità, che avvilisce, che è nella pratica così perniciosa quanto il protezionismo ed il comunismo e l’accattonaggio che son tutt’uno. [p. 26 modifica]

Io vi presentai, o signori, la istituzione nel suo iniziamento semplicissimo; ma la semplicità non esclude la virtù organica, perchè non è una semplice agglomerazione incomposta, ma una assimilazione vera, che vivifica ed unizza. Spetta ora a voi, o signori, il far sì che coteste idee si propaghino ed attecchiscano in Italia; giacchè con esse abbiamo in mano un efficacissimo mezzo d’educazione politica, in virtù di cui si rinforza e consolida l’unità nazionale.


Note

  1. L’America del Nord si è trovata in questi ultimi anni in un grande imbarazzo: l’umanità reclamava l’emancipazione di quattro milioni di schiavi, ai quali era interdetto il leggere e lo scrivere; la tranquillità pubblica esitava, il privato interesse osteggiava accanitamente il trionfo della giustizia. Gli Americani non paventarono il pericolo, aprirono scuole, e coll’educazione si provarono a vincere la barbarie. Per far nascere ne’ negri affrancati il desiderio d’istruirsi, pubblicarono giornali diretti a questi poveri ignoranti. Ecco un aneddoto che si racconta: — Che cosa guardi tu su quella carta? diceva un giorno un negro ignorante a un altro che sapeva leggere. — Oh se tu sapessi, rispose il leggente, come ciò diverte: vi ha qui delle persone che parlano e che si ascoltano cogli occhi.
  2. La Commissione è presiedata dal segretario generale del Ministero, ed è composta di membri dell’Istituto, di professori, di uomini di lettere e di ecclesiastici appartenenti ai varii culti.
  3. La Biblioteca iniziata dai dodici amici di Franklin è diventata la grande Biblioteca di Filadelfia, ricca di 800,800 volumi. — Come esempio de’ miracoli dell’associazione giova ricordare la Biblioteca de’ commessi negozianti, la quale ha 8000 soscrittori e 57,000 volumi; riceve in ciascun anno 170 riviste, ed in ciascun giorno 140 giornali.
  4. Intorno a questa veggansi i Saggi pedagogici di Pasquale Villari, editi dal Paravia.