Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1824)/Libro primo/Capitolo 27
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qualunque uomo fuggire, e volere piuttosto vivere privato, che Re con tanta rovina degli uomini. Nondimeno colui che non vuole pigliare quella prima via del bene, quando si voglia mantenere, conviene che entri in questo male. Ma gli uomini pigliano certe vie del mezzo, che sono dannosissime ; perchè non sanno essere nè tutti buoni, nè tutti cattivi, come nel presente capitolo per esempio si mostrerà.
CAPITOLO XXVII
Sanno rarissime volte gli uomini essere al tutto tristi, o al tutto buoni.
Papa Giulio secondo andando nel 1505 a Bologna per cacciare di quello Stato la Casa de’ Bentivogli, la quale aveva tenuto il Principato di
quella Città cento anni, voleva ancora trarre Giovanpagolo Baglioni di Perugia, della quale era
Tiranno, come quello che aveva congiurato contro a tutti li Tiranni che occupavano le terre
della Chiesa. E pervenuto presso a Perugia con
questo animo e deliberazione nota a ciascuno, non
aspettò di entrare in quella Città con lo esercito
suo che lo guardasse, ma vi entrò disarmato, non
ostante che vi fusse dentro Giovanpagolo con genti
assai, quali per difesa di sè aveva ragunate. Sicchè portato da quel furore con il quale governava tutte le cose, con la semplice sua guardia si
rimesse nelle mani del nimico, il quale dipoi ne
menò seco, lasciando un Governatore in quella
città che rendesse ragione per la Chiesa. Fu notata dagli uomini prudenti che col Papa erano, la
temerità del Papa, e la viltà di Giovanpagolo; nè
potevano stimare d’onde si venisse, che quello
non avesse con sua perpetua fama oppresso ad un
tratto il nimico suo, e sè arricchito di preda, sendo con il Papa tutti li Cardinali con tutte le loro
delizie. Nè si poteva credere che si fusse astenuto
o per bontà, o per coscienza che lo ritenesse ; perchè in un petto d’un uomo facinoroso, che si teneva la sorella, ch’aveva morti i cugini, e i nipoti per regnare, non poteva scendere alcuno pietoso rispetto: ma si conchiuse, che gli uomini non
sanno essere onorevolmente tristi, o perfettamente
buoni; e come una tristizia ha in sè grandezza o
è in alcuna parte generosa, eglino non vi sanno
entrare. Così Giovanpagolo, il quale non stimava
essere incesto, e pubblico parricida, non seppe,
o a dir meglio, non ardì, avendone giusta occasione, fare una impresa, dove ciascuno avesse ammirato l’animo suo, e avesse di sè lasciato memoria eterna; sendo il primo che avesse dimostrato
ai Prelati quanto sia da stimare poco chi vive e
regna come loro, ed avesse fatto una cosa, la cui
grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo che da quella potesse dipendere.