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Donato del Piano

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Un caso imprevisto La Morta

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DONATO DEL PIANO.

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9 settembre.

Ella parte!... Ella muore!...

Ella muore per me!... Io non la rivedrò più mai!... Quale strana, quale fatale potenza si racchiude in questa parola breve ed acuta come il grido che strappa il dolore? Io ne esamino la forma, ne studio il suono, cerco di scoprirne il significato recondito: Mai! mai! mai!...

Ed è vero? ed è possibile?... Le divine emozioni che io ho provate nella presenza di lei, la luce che si irradiava dai suoi occhi fin nei recessi dell'anima mia, le sussurranti armonie della sua voce, la muta comunione degli spiriti, tutto questo sta per finire?... Nulla di ciò che si è destato in me, degli ardori, delle tenerezze, degli entusiasmi, dei fremiti, dei delirii, degli sconforti, delle esultanze, nulla, nulla [p. 212 modifica]di tutto questo resterà?... Come un bolide che solca luminosamente l'oscurità dei cieli, e che si dissolve in una pioggia d'oro, questo tumulto dell'anima amante si dissipa?... svanisce?...

Mai! Mai! Mai!...

L'oscurità si fa tutt'intorno, un crespo avvolge tutte le cose. È lutto nel cuore, è freddo nella natura.... O glorie di luce raggianti nei crepuscoli estivi! O voci misteriose parlanti nelle paci delle notti imbalsamate! O sospiri esalanti dai fiori oppressi di voluttà!...


                                                     Notte.

Prima che ella parta, prima che ella muoia, prima che io la perda per sempre, non troverò io la parola da tanto cercata? O voi, poeti innamorati, o voi, sacerdoti prostrati nella polvere, o voi tutti che nutrite un'aspirazione suprema, che rivolgete all'alto gli sguardi, non mi suggerirete voi la parola finora indarno cercata?

Gl'istanti fuggono e il mio pensiero s'arresta. Nessuna idea più vi si svolge, nessuna imagine più vi si affaccia. Io sono colpito da una paralisi spaventevole: la paralisi della mente....


                                              10 settembre.

Ancora?... Avevo sognato che tutto fosse finito. Io ero rigidamente composto [p. 213 modifica]nelle tenebre iperboree e il silenzio stagnava tutt'intorno. Sul dubbio orizzonte un'ombra incorporea si allontanava, ed era come se l'anima mia fosse legata a quell'ombra, ed al fuggire di quell'ombra l'anima si distendeva, si distendeva, si distendeva come una elastica corda, e le sue radici gemevano dentro il mio petto, ma non per anco si strappavano; e come l'ombra correva all'infinito, all'infinito l'anima si distendeva....

Il sole splende; la vita riprende il suo corso.

Ancora un giorno!


                                              11 settembre.


No, la Parola non esiste! Esistono delle parole, degli accozzamenti di sillabe, delle successioni di suoni più o meno rapidi, che presumono di esprimere l'idea, mentre ne sono separati da un abisso, da un abisso infinitamente più grande di quello che separa i balbettamenti del muto dalle parole.

Io non le ho detto mai nulla. Quando il prestigio della sua presenza ha esaltate tutte le potenze della mia vita, quando il contatto della sua mano ha trasfuso nelle mie vene nuovi torrenti di un sangue più ricco, più rapido, più inebriante, quando tutte le cose hanno taciuto per ascoltare il suono della sua voce, io non le ho detto nulla. [p. 214 modifica]

Che cosa le avrei detto? Che ella è l'adorazione costante dell'anima mia? È troppo poco. Che vorrei avere mille vite per darle tutte per lei? Che vorrei distruggere tutta la razza umana, perchè nessuno respiri più l'aria che ella respira, perchè nessuno calpesti più la terra che la sorregge, perchè nessuno contempli più il cielo che impallidisce quando l'azzurro dei suoi occhi lo fissano? Che tutte le anime dovrebbero gravitare intorno alla sua, come i minori astri gravitano intorno al sole?

E dopo ciò? Che cosa saprebbe ella di quel che io provo per lei? Meno che nulla....


                                                     Notte.

Nel tempio di Flora, in un meriggio d'estate. Si penetrava aprendosi un passaggio tra gli arbusti dai rami strettamente allacciati, sotto l'ombra delle acacie. Tutt'intorno si distendeva circolarmente una parete di verzura, come un immenso merletto vegetale a cui l'azzurro del cielo faceva da fondo. Nel centro, un gigantesco palmizio dal fusto eretto come una colonna rôsa dal tempo, e i cui rami, incurvandosi in alto, mettevano una cupola su quel verde recesso. D'ogni intorno, null'altro che il verde: il verde scuro dei ligustri, il verde cinereo degli eucaliptus, e il verde tenero, quasi giallo, [p. 215 modifica]di certe robinie. A destra, un cantuccio d'Africa, una siepe di cactus erti come pilastri, rampanti come rettili, orridi, contorti, spinosi; e poi ancora le agavi, i banani, gli aloè. A sinistra, un angolo di Norvegia; dei pini, degli abeti, una varietà di conifere dal fogliame fitto e minuto come una nebbia.

Tutte queste sensazioni di verde compenetravano il cervello, lo saturavano; ed era come se anche noi tenessimo alla terra per le radici, se anche in noi scorressero le fresche linfe, se anche noi vivessimo la vita immobile e silenziosa del verde. Allora, io ebbi un istante di felicità piena ed intera: io sentiva che la parola umana mi era fatta estranea, che il pensiero era abolito in me, che io esistevo soltanto per lei, che io vivevo della sua vista, come l'elianto vive della vista del sole.


                                              12 settembre.

Impressione ed espressione sono due termini fra i quali non sarà mai possibile stabilire il segno dell'eguaglianza. Le più semplici percezioni del mondo materiale sono immateriali, e nessuna materia potrà mai rappresentarle. Come descrivere il profumo impercettibilmente dolce di questa ciocca di lillà che muore nel calice di cristallo? Esso mi riempie l'animo di un [p. 216 modifica]soave turbamento, mi ridesta mille confuse imagini, mi procura delle vaghe, incoscienti aspirazioni, mi diletta e mi opprime.... Come descriverlo? Come procurare ad un altro la sensazione mia?... Come descrivere il colore di questi fiori? Dirò che è celeste? Vorrà dire: colore del cielo. Ma come dare ad un cieco o ad un minatore vissuto dalla nascita nelle profondità della terra, un'idea di questo colore o di un colore qualsia?


                                              13 settembre.

La parola avrà tutt'al più un valore suggestivo, non mai espressivo. I segni verbali, a cui s'è dato un convenzionale significato, potranno destare, per associazione, l'idea ad essi attribuita, ma non rappresentarla direttamente.

Io non voglio dirle che l'amo! io vorrei farle vedere il mio sentimento, tutti i moti dell'anima innamorata: io vorrei farle leggere nella mia coscienza, farle assistere, come un altro io, a tutto quello che nel campo della mia coscienza si svolge....


                                              14 settembre.

Che cosa importa? Da secoli e da secoli, il linguaggio serve ai bisogni dell'umanità. Perchè ti preoccupi tu dell'imperfezione di [p. 217 modifica]questo strumento? Quale movimento di superbia ti persuade a disdegnarlo? Perchè non tentare di esprimere, bene o male, il sentimento di cui tu vivi?


                                                      Sera.

No! No! Qualcuno mi dà ragione.

Vi sono degli stati dell'animo troppo fini per essere nominati, troppo spirituali per ammettere un'espressione sensibile. L'estasi è uno di questi stati. Il puro Spirituale è escluso dal linguaggio umano. (Bossuet).

Ed Ella è la più pura delle Spiritualità! L'amor mio è un'estasi infinita! Che cosa possono le parole per me?...

No! No! Come i mistici in orazione, io non posso dirle che l'amo altrimenti che amandola.


                                              16 settembre.

Pietà! Pietà!... È per oggi....

Sogno gentile, alata fantasia, ombra inafferrabile, non fuggire — per pietà! — non fuggire lontano!... Come non hai tu indovinato ciò che io non ti ho detto, ciò che io non ti potevo dire?... Credi tu che potrai un'altra volta essere amata come da me?... Oh, se esiste qualcuno che sappia farti felice, possa il mio voto esser compiuto, se non da me, almeno come io vorrei!... [p. 218 modifica]


                                               Mezzogiorno.

Pietà, Signore, pietà!... La mente si perde, la vita si spegne.... Tutto è sospeso in me, d'intorno a me. Io ho la sensazione dell'arresto del tempo. Nel silenzio delle cose aspettanti, si ode il battito lento del mio cuore così gonfio di sangue e di lacrime che sta per scoppiare....

O Sogno! Sogno! Sogno!


                                                     Ore 2.

Che urlo! che urlo rauco, selvaggio, lacerante!... Il mostro ansava, sbuffava, fremeva, sprizzava faville di fuoco — il mostro di ferro che come un serpente si snodava e spariva....

Se dall'oppresso mio petto potesse esalare un simile urlo, rauco, selvaggio, lacerante!... Che cosa hanno rovesciato sul mio petto? Una valanga? una montagna?... Aiuto!... Soccorso!... Nessuno sente la mia voce.... Io soffoco.... io sono sepolto vivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


                                              1.^o ottobre.

Quando Ella sedeva al piano, nei giorni felici di questa primavera splendente nella memoria, i suoni dolci, carezzanti, giocondi, le melodie lente, cullanti, gli accordi tristi, dolorosi come gemiti di moribondi, le parlavano essi [p. 219 modifica]per me? Le ripetevano essi i gemiti sordi che io soffocavo dentro il mio cuore? Le narravano essi le aspirazioni dell'anima mia assetata d'amore? Le promettevano essi il paradiso di felicità che spiegava ai miei occhi affascinati i suoi luminosi miraggi?...


                                                 4 ottobre.

«Nessuna creatura umana è compresa da nessuna creatura umana.» (Taine).

L'impossibilità di una tale comprensione deriva unicamente dall'impossibilità dell'espressione. In un'ora di raccoglimento interiore, a centinaia e a migliaia le aspirazioni, gl'impulsi, i propositi nobili od abbietti; le persuasioni, i giudizii, i concetti fondati o falsi; le imagini fantasmagoriche, i ricordi e le previsioni col loro corteggio di pentimenti, di rammarichi, di delusioni, di speranze, di compiacenze, sorgono nella mente, brillano più o meno a lungo e si spengono nelle tenebre dell'incosciente. Quanti di siffatti momenti psicologici, la cui serie costituisce il mio io, sono da me manifestati — ammesso che la manifestazione sia adeguata? Una parte infinitesimale. Di me non si conosce se non quello che io faccio — ed un'azione apparentemente generosa può essere determinata da ignobili moventi — e [p. 220 modifica]quello che io dico. Ora, le mie parole non rispondono mai al mio pensiero — perchè sono parole; vuol dire qualcosa di determinato, di concreto, di fisso, di immutabile; ed il pensiero possiede le qualità perfettamente opposte; esso non è, ma diviene, si fa, in una gestazione perenne.... Le parole non rappresentano se non un fuggevole istante di questa rapidissima successione — ed è come se uno, per dare l'imagine del movimento, rappresentasse il mobile fermo in diversi punti della sua traiettoria.


                                                15 ottobre.

Talvolta io fingo con me stesso, nell'intimità impenetrabile della mia coscienza, e spesso non so dove finisce la sincerità, e dove comincia la menzogna.

Se io non posso gettare uno scandaglio in questo baratro del mio pensiero, come potrà altri esplorarlo per mezzo delle mie parole?


                                                     Notte.

Talvolta, io non l'amavo....


                                                16 ottobre.

È un mese che io non parlo più, che dal mio labbro non escono se non le poche parole necessarie ai brevi rapporti di questa mia vita [p. 221 modifica]raminga. Quando io mi son deciso a parlare, nel tempo che pronunzio le prime parole, il mio pensiero è già mille miglia lontano da quel punto di partenza.

Io mi ripiego su me stesso, io vivo di me e per me: l'anima mia è un mondo, e la vita cesserà prima che io ne abbia compiuta l'esplorazione.

Leggo talvolta, e le voci dei grandi spiriti poetici, dei pensatori profondi, risvegliano mille echi nelle più recondite pieghe della mia mente.


                                                      Sera.

M'inganno ancora. La parola scritta risponde più imperfettamente all'espressione del pensiero. Parlando, si è più ingenui, più fedeli, più veri; la scrittura è un'arte — voglio dire un artifizio. Il periodo non esce bello e foggiato dal cervello; esso è invece il frutto di mille tentativi, di mille ricerche, di mille pentimenti; la sua coesione è tutta opera dello studio, il pensiero è per sè stesso ondeggiante, incoerente, indefinito....


                                                17 ottobre.

Perchè prendo queste note su di me stesso? Se la parola traduce male il pensiero, come pretendere di adattarla all'espressione del [p. 222 modifica]sentimento?

Se le mie parole fossero come i rintocchi di un mortorio, in una campagna spogliata e deserta, sotto un cielo plumbeo e opprimente come il coperchio di una bara, esprimerebbero esse l'agonia dell'anima?


                                                18 ottobre.

Nelle grandi emozioni, nei dolori cocenti, nelle gioie profonde, si è muti. Le parole scorrono più abbondanti, più facili, quando il cuore è tranquillo; se esso precipita o rallenta i suoi palpiti, non escono dalle labbra che grida inarticolate.


                                                19 ottobre.

«Nella conversazione, ordinariamente, s'inventa poco; più volontieri si ripete ciò che si è già detto, imparato o pensato; la parola interiore, al contrario, è il linguaggio del pensiero attivo, personale, che cerca, che trova e che si arricchisce del suo proprio lavoro.» (Egger).


                                                      Sera.


Quando io parlo ad alta voce, il pensiero interiore è per me sensibile — ed io noto il disaccordo.


                                                20 ottobre.

«Noi abbiamo più idee che parole. Quante [p. 223 modifica]cose sentite e che non sono nominate! Di queste cose ve ne sono senza numero nella morale, senza numero nella poesia, senza numero nelle belle arti.... Le parole non bastano quasi mai per rendere precisamente quel che si sente.» (Diderot).


                                                22 ottobre.

Troverò io mai l'entusiastico slancio che destò in me un giorno la marcia del Tannhäuser eseguita da lei?... Come l'araldo annunzia l'arrivo del corteggio, sfilano maestosamente i landgravi, i margravi, i principi, i feudatari che vengono con le loro dame alla lotta dei cantori nella Wartburg. Il sangue affretta il suo moto, l'anima si esalta nell'aspirazione ad una vita più intensa, gloriosa ed eroica....


                                                      Sera.

Quest'arte dei suoni è l'unica che sappia conseguire una diretta espressione dei moti dell'anima. Il sentimento è un movimento, e nel movimento consiste la principale virtù del suono. L'emozione, che nessuna parola riesce ad esprimere, è per sua natura vaga, indefinita; questo carattere è quello che la musica consegue mirabilmente.

Beethoven è il più grande psicol [p. 224 modifica]ogo. Qualche volta io sento di arrossire, tanto a fondo scruta nell'anima mia.


                                                25 ottobre.

Quando i miserabili accozzatori di parole hanno detto che una sensazione od una emozione sono ineffabili, hanno detto tutto.

È una confessione d'impotenza.


                                                26 ottobre.

«Io qui non esprimo abbastanza bene quanto le nostre anime erano in comunicazione in quel momento. In generale, io non posso esprimere le sfumature delicate, il profondo, il meglio delle cose, perchè i termini mancano....» (Stendhal).


                                                27 ottobre.

Lo svolgimento del periodo musicale imita ancora più da vicino lo svolgimento del pensiero, coi due salienti caratteri di continuità e di multiformità. Intorno alla frase principale altri motivi meno distinti si affollano, come una congerie di idee e di imagini fa corteggio al pensiero dominante.


                                                     Notte.

Io non andrò più a teatro. L'opera in musica è una profanazione. L'elemento personale [p. 225 modifica]che gli esecutori vi portano offende la pura spiritualità dell'armonia. Le parole che l'accompagnano, precisando troppo il significato della rappresentazione, le tolgono quel carattere di subbiettività che solo può renderla fedele.

Wagner che sdegna i drammi troppo umani della storia, per cercare i suoi soggetti nella fantastica leggenda, è ancora schiavo del reale; i suoi eroi sono ancora degli uomini. Wagner che sdegna il mondo esteriore per cantare le crisi spirituali, non rinunzia abbastanza alla materia mettendo il suo canto in bocca di odiosi personaggi d'ossa e di carne.

Il poema sinfonico eseguito da suonatori invisibili è la sola forma conveniente. Dove trovarla?


                                                31 ottobre.

Se le mie parole potessero ripetere tutto, tutto quello che mi passa per il cervello, le processioni tumultuose di imagini, i pensieri frammentari, le fulminee associazioni di idee per cui i termini più lontani nel tempo e nello spazio sono ad un tratto ravvicinati, la gente mi giudicherebbe pazzo....


                                                2 novembre.

Grigia, minuta, a larghe falde, piove la cenere [p. 226 modifica]dal cielo ottenebrato, e ricopre la terra, e seppellisce i viventi. Nei campi agguagliati, piccole elevazioni indicano il posto di una tomba; ma ben presto quelle pieghe si livellano anch'esse, e per l'immenso cimitero dei mondo niun segno distingue più la cenere della terra dalla cenere delle generazioni mietute...

Così cantava l'organo.


                                                3 novembre.

Ecco quello che io cercavo.

Questo strumento monumentale, che si slancia a guglie come anelante all'alto, dalla voce piena, grandiosa, possente, fatta di milioni e milioni di vibrazioni sonore che si fondono in una; questo strumento sul quale mani invisibili si esercitano, traendone suoni che errano per la vastità delle navate, sotto il cielo delle cupole, in un ambiente dove tutto è disposto per parlare della vita spirituale, è il solo che valga la pena di essere ascoltato.


                                                5 novembre.

L'organo di Donato del Piano è uno dei più mirabili di Europa. Ha cinque tastiere, settantadue registri, e duemila novecento sedici canne.

La chiesa è la più grande di Sicilia, il convento uno dei maggiori del mondo. È tu [p. 227 modifica]tta una piccola città. Vi sono corridoi lunghi come strade, delle corti vaste come piazze, due giardini, un museo, una biblioteca.


                                               12 novembre.

Se l'idea mi costa, l'azione mi ripugna. Nulla di quanto mi circonda può riuscire ad interessarmi. Il vero reale è ciò che si passa nel mio spirito: la finzione, l'illusione, è il mondo esteriore. Nulla esiste, fuor che l'idea....


                                               15 novembre.

Nella mia cella, vi è un ritratto dell'abate del Piano. È rappresentato con la sinistra sorreggente un libro sopra un tavolo; in fondo l'organo e una imagine della Vergine che nasconde a mezzo una corona d'alloro. La testa è piccola, molto modellata; occhi grandi, naso profilato; rughe profonde solcano la fronte e le guancie. L'iscrizione dice:

Sac. DONATUS DE PLANO ortus Nivani in Diocesi Aversana — a parentibus Thoma, et Vrsula Chiarello — claruit morum innocentia, et virtutibus omnimodis, auctor musicorum organorum Monrii Cassinensium S. Nicolai de Arenis Catinae, ubi diu commoratus obdormivit in Dno pridie idus Junias An. 1785 aetatis vero suae 80 præter menses X et dies VI atque in eo jacet. [p. 228 modifica]

Egli è sepolto sotto il suo capolavoro; fu l'unico compenso da lui chiesto. Quest'organo gli costò dodici anni di fatiche; uscì tutto dalle sue mani.

Quando l'aria s'ingolfa in quella foresta di canne vibranti, quando le onde sonore se ne sprigionano allargandosi tutt'attorno, l'anima dell'abate deve vibrare all'unisono.


                                               16 novembre.

Silenzio! silenzio!... che meraviglia!... ascoltate!

Basse, umili, incerte, delle voci si levano confusamente, in un limbo di attesa angosciosa. In mezzo al coro, una finisce per emergere, lunga, triste, narrante i dolori di tutti. Oppressi, circondati dalle tenebre impenetrabili sono gli spiriti, e da tanto dura l'esilio, ch'essi hanno perduto ogni speranza. Gli spiriti assentono, con gemiti sordi. — O voi che il sole illumina, o voi che veste l'etere, non ne avrete pietà? — Silenzio. Più debolmente: — O voi che veste l'etere, non ne avrete pietà? — Silenzio. La voce muore. Allora il turbine degli spiriti ripiglia la sua corsa, avvolgendosi a spire, scindendosi in cerchi, cadendo incessantemente per un abisso senza fondo, dove le tenebre sono sempre più fitte, dove il freddo è sempre [p. 229 modifica]più acuto. Lo strazio è infinito; l'anima si schianta.... Un tuono formidabile che scuote la terra dalle fondamenta. La caduta si arresta. Dall'alto, brilla un punto luminoso che s'ingrandisce, s'ingrandisce, s'ingrandisce, saettando raggi più vivi, allagando tutto di luce gioconda. Un canto serafico di laudi e di trionfo. Su, su, di sfera in sfera, agili, leggieri, balzano gli spiriti eletti; su, su, per l'etere chiaro, nel fluido zaffiro, tra le danze degli astri immortali....


                                                6 dicembre.

Quando si schiude il registro della voce umana, qualcuno parla, qualcuno chiama.


                                                  Dicembre.

Non ho ancor visto l'organista, nè voglio vederlo; non voglio neppure conoscere la musica ch'egli eseguisce. Che cosa importa? Essa non ha altro significato se non quello che io le do. La grandezza di quest'arte è a patto della sua subbiettività.

L'oggetto non esiste se non in quanto è pensato da un soggetto. Le cose sono nelle coscienze umane; abolite queste, tutto è abolito....


Nessuna notizia del mondo arriva più fino a me; ho perduta la misura del tempo.

Io so ch [p. 230 modifica]e Ella è morta.

Silenzio!... Ascoltate.

Nel mare della Serenità fila la nave con moto eguale; la pace è nel cielo, la calma è nel mare. Perduto ogni vestigio di terra. Il biancore plenilunare inonda di spazii, inargenta le acque dormenti. Fila la nave con moto di culla e la sua corsa è lunga e senza mèta come le vaghe aspirazioni umane. Al suo passaggio, grandi pieghe si formano sulle superficie delle acque, e pare che le acque fuggano guizzando. Ma se si leva all'alto lo sguardo, tutto rientra nella silente immobilità, e solo l'insensibile moto della nave culla e addormenta....

Notte. Tutto tace.

Il silenzio è pieno di rumori, di zufolii, di strepiti, di squilli, di tintinnii. Talvolta si odono anche delle voci....

Chi mi chiama?

In mezzo ai corridoi, i lontani fanali proiettano delle ombre smisurate, grottesche, spaventevoli. I quadri polverosi mostrano confusamente le loro figure dagli sguardi immobili, insostenibili. Il vento che passa per le fessure delle imposte, che s'ingolfa pei corridoi, ha dei suoni gravi e lunghi come quelli dell'organo. [p. 231 modifica]

Che vista!

Nella notte profonda, le immense finestre della cupola si disegnano vivamente illuminate. La luce non è eguale, ma vacillante come se delle grandi ombre errassero tutt'intorno. Quale cerimonia si celebra a quest'ora nella chiesa?...

La chiesa è vuota. Sono sceso dalla sacrestia, ho guardato da una vecchia porta tarlata. Nessuno. La luce parte non so di dove. Le lampade dei pilastri, le torcie degli altari, le candele delle lumiere non ardono. L'organo canta....

Sono le anime che cantano, sono le anime che parlano il loro immateriale linguaggio. Il canto è fievole, triste, doloroso, quando esse dicono i ricordi della terrena esistenza; limpido, sereno, giocondo il canto si effonde quando le anime narrano le paci ed i tripudii della vita spirituale.

Cori d'armonie, torrenti di anime vibranti, prendetemi con voi, trascinate con voi l'anima mia, perchè, appreso il vostro linguaggio, essa esprima finalmente le sue angoscie e le sue esultanze.

Vi sono certi accordi chiari come fasci di luce penetranti nel buio. Certi lenti tremolii sono pieni di silenzio.... [p. 232 modifica]

Quando si schiude il registro della voce umana, qualcuno parla, qualcuno chiama.

Il padre guardiano vuole distogliermi dal mio proposito; dice che l'impresa è arrischiata, che bisogna avere il piè fermo e l'occhio avvezzo alle vertigini del muratore o del marinaio.

La scala di ferro descrive un grande arco, adattandosi sull'emisfero della cupola fino al lanternino.

Di lassù, la vista dev'esser più grandiosa, l'occhio deve abbracciare un orizzonte immenso, il respiro deve trarsi più profondo, l'anima deve spaziare liberamente...


                                                     Notte.

La chiesa è illuminata ancora, le finestre si incendiano nell'oscurità. L'organo canta....

Dall'alto della cupola, l'effetto dev'essere meraviglioso. Le vibrazioni delle anime, rinforzate tutt'intorno per la vuota sfera, convergenti concentricamente in un punto, devono acquistare una forza ed una fusione straordinaria.

Il padre guardiano mi ha fatto discendere a viva forza, minaccia di chiudermi nella mia cella. [p. 233 modifica]

Non tenterò per ora. La porta aerea del campanile, da cui si va nella cupola, è sempre aperta, giorno e notte....

Il terrore dei sogni; dei soli lividi, senza raggi, spaventosamente immobili nel cielo tenebroso....

Ancora! La luce vacillante... i suoni dell'organo.... Ah! il registro della voce umana!...

Ella si lamenta, fiocamente. Perchè la lasciai? Perchè non la seguii? Come dolorosamente patì! Il pianto bruciava le sue gonfie palpebre, struggeva le sue pallide guancie. Perchè la lasciai? Perchè non la seguii?...

No! Ella si dà torto. La colpa non fu mia. Nella vita terrena avremmo entrambi sempre sofferto! Nella vita terrena saremmo sempre stati disgiunti!... Io non le dissi mai nulla; che cosa le avrebbe detto la parola umana? Dal cielo spirituale dove Ella spazia, vede la miseria nostra....

Ora mi compiange, s'impietosisce alla sorte mia. Io sono ancora tra i lacci, io sono ancora nel buio. La sua voce si fa più tenera, più dolce; mi sfiora la fronte come una mano materna. «Riposa, povero amore, sogna un sogno felice.» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . [p. 234 modifica]. . . . . .

Dall'alto della cupola, l'anima di Donato del Piano spicca i suoi voli liberamente. La porta aerea è sempre dischiusa, il padre guardiano dorme, la notte è profonda. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Silenzio! La voce riprende.

Era un'alba di primavera: il primo apparire della luce sulla terra dormente e silenziosa mentre le stelle impallidivano in cielo. Ella moriva, e tutt'intorno risuonavano le nenie ed i lamenti. Perchè piangevano? La gioia rientrava in lei a misura che l'istante si avvicinava, e quando il primo raggio di sole lampeggiò come una spada, l'anima sciolse il suo volo. Pura, gioconda, libera, volava incontro al sole. Nelle chiarezze diafane, nelle luminosità iridescenti, le anime volano eternamente, in cerca delle anime predestinate. Quando s'incontrano, inni di trionfo risuonano per l'etere, echeggiano pei cieli profondi.... «Vieni dove io ti aspetto, dove t'aspetta il gaudio, dove ogni brama è paga. Ascolti tu queste voci?...» Dolci, teneri, soavi, dei sussurri si levano intorno. Sono le anime amanti, le disposate anime, che si dicono eterne cose. «Impara questo linguaggio; che tu mi comprenda, che tu mi risponda. In alto! in alto! in alto!...» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . [p. 235 modifica]

La porta aerea è dischiusa.... Vengo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .


Questo manoscritto si rinvenne in una cella del monastero dei Benedettini di Catania, il giorno che un tedesco lì ospitato e affetto da una mite pazzia, fu trovato cadavere informe sulla spianata del campanile, dove la sua caduta dall'alto della cupola era stata arrestata.