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E fino a quanto inulti (1833)

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Vincenzo da Filicaja

XVIII secolo Indice:Zappi, Maratti - Rime II.pdf Canzoni Letteratura E fino a quanto inulti Intestazione 15 maggio 2025 75% Da definire

Muse voi, che tutte altere Le corde d'oro elette
Questo testo fa parte della raccolta Rime d'alcuni Arcadi più celebri


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VINCENZO DA FILICAJA

CANZONE PINDARICA.

I.
E fino[1] a quanto inulti
     Fian, Signore, i tuoi servi? E fino a quanto
     De i barbarici insulti
     Orgogliosa n’andrà l’empia baldanza?
     5Dov’è, dov’è, gran Dio, l’antico vanto
     Di tu’ alta possanza!
     Su’ campi tuoi, su ’campi tuoi più culti
     Semina stragi e morti
     Barbaro ferro; e te destar non ponno
     10Da sì profondo sonno
     Le gravi antiche offese e i nuovi torti?
     E tu ’l vedi e ’l comporti?
     E la destra di folgori non armi,
     O pur gli avventi agl’insensati marmi?
15Mira, ohime!, qual crudele
     Nembo d’armi e d’armati, e qual torrente
     D’esercito infedele, Corre l’Austria a inondar.
     Mira, che il loco
     A tant’empito manca, e a tanta gente
     20Par che l’Istro sia poco,
     E di tant’aste all’ombra il dì si cele.
     Tutte son quì le spade
     Dell’ultimo Oriente, e alla gran lutta
     L’Asia s’unìo quì tutta,
     25E quei che’l Tanai solca, e quei che rade

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     Le Sarmatiche biade,
     E quei che calca la Bistonia neve,
     E quei che ’l Nilo, che l’Oronte beve.
Di Cristian sangue tinta
     30Mira dell’Austria la città reina,
     Quasi abbattuta e vinta,
     Mille e mille raccor nel fianco infermo
     Fulmin temprati all’infernal fucina:
     Mira, che frale schermo
     35Son per lei l’alte mure, ond’ella è cinta:
     Mira le palpitanti
     Sue rocche: odi, odi ’l suon, che a morte sfida:
     Le disperate strida
     Odi, e i singulti e le querele e i pianti
     40Delle donne tremanti,
     Che al fiero aspetto de’ conun perigli
     Stringonsi al seno i vecchi padre, e i figli.
L’onnipotente braccio,
     Signor, deh stendi, e sappian gli Empi omai,
     45Sappian, che vetro e ghiaccio
     Son lor armi a’tuoi colpi, e che sei Dio
     Di tue giuste vendette a i caldi rai
     Struggasi ’l popol rio.
     Qual porga il collo al ferro, quale al laceio;
     50E, come fuggitiva
     Polve avvien che rabbioso Austro disperga,
     Così persegua e sperga
     Tuo sdegno i Traci, e sull’augusta riva
     Del Danubio si scriva:
     55Al vero Giove l’Ottoman Tifèo
     Quì tentò di far guerra, e quì eadèo.
Del Re superbo Assìro
     Gli aspri Arìeti di Sìon le mura
     So pur, che invan colpìro;
     60E talpoi monte d’insepolti estinti
     Alzasti tu, che inorridì Natura.

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     Guerrier dispersi e vinti
     So, che vide Betulia, e ’l duce Siro
     Con memorando esempio
     65Trofeo pur fu di feminetta imbelle.
     Sulle teste rubelle
     Deh rinnovella or tu l’antico scempio:
     Non è di lor men empio
     Quei, che servaggio or ne minaccia e morte,
     70Nè men fidi siam noi, nè tu men forte.
Che s’egli è pur destino,
     E ne’ volumi eterni ha scritto il Fato,
     Che deggia un dì all’Eusino
     Servir l’Ibera e l’Alemanna Teti,
     75E ’l suol cui parte l’Appenin gelato:
     A’tuoi santi decreti
     Pien di timore e d’umiltà m’inchino.
     Vinca, se così vuoi,
     Vinca lo Scita, e ’l glorioso sangue
     80Versi l’Europa esangue
     Da ben mille ferite: i voler tuoi
     Legge son ferma a noi:
     Tu sol se’ buono e giusto, e giusta e buona
     Quell’opra è sol, che al tuo voler consuona.
85Ma sarà mai, ch’io veggia
     Fender barbaro aratro all’Austria il seno,
     E pascolar la greggia
     Ove or sorgon cittadi, e senza tema
     Starsi gli Arabi armenti in riva al Reno?
     90Nella ruina estrema
     Fia, che dell’Istro la famosa reggia
     D’ostile incendio avvampi,
     E dove siede or Vienna abiti l’eco
     In solitario speco,
     95Le cui deserte arene orma non stampi?
     Ah nò, Signor, troppo ampi

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     Son di tua grazia i fonti, e tal flagello
     Se in Cielo è scritto, a tua pietà m’appello.
Ecco d’inni devotiRisuonar gli alti templi, ecco soave
     100Tra le preghiere e i voti
     Salire a te d’Arabi fumi un nembo:
     Già i tesor sacri, ond’ei sol tien la chiave,
     Dall’adorato grembo
     Versa il grand’Innocenzio[2] e i non mai vuoti
     105Erarj apre e comparte:
     Già i Cristiani Regnanti alla gran lega
     Non pur commove e piega,
     Ma in un raccoglie le milizie sparte
     Del Teutonico Marte:
     110E se tremendo e fier più che mai fosse
     Scende il fulmin Polono[3], ei fu che ’l mosse.
Ei dall’Esquilio colle
     Ambo in runa dell’orribil Geta,
     Mosè novello, estolle
     115A te le braccia, che da un lato regge
     Speme; e Fede dall’altro. Or chi ti vieta
     Il ritrattar tua legge,
     E spegner l’ira, che nel sen ti bolle?
     Pianse e pregò l’afflitto
     120Buon Re di Giuda, e gli crescesti etate:
     Lagrime d’umiltate
     Ninive sparse, e si cangiò ’l prescritto
     Fatale infausto editto:
     Ed esser può, che’l tuo Pastor divoto
     125Non ti sforzi, pregando, a cangiar voto?

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Ma sento, o sentir parme
     Sacro furor, che di sè m’empie. Udite,
     Udite o voi, che l’arme
     Per Dio cingete: al tribunal di Cristo
     130Già decisa in prò vostro è la gran lite.
     Al glorioso acquisto
     Sù, sù pronti movete: in lieto carme
     Tra voi canta ogni tromba,
     E’l trionfo predice. Ite, abbattete,
     135Dissipate, struggete
     Quegli Empi, e l’Istro al vinto stuol sia tomba:
     D’alti applausi rimbomba
     la Terra omai: che più tardate? Aperta
     E già la strada, e la vittoria è certa.

Note

  1. A Dio. Quando il Sultano Maometto IV. nel 1683 venne con 150 mila soldati ad assediar Vienna.
  2. Innnocenzio XI. S. P.
  3. Giovanni III. Re di Polonia unitosi in lega coll’Imp. Leopoldo Assoldò 40. mila Combattenti.