Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 89

Da Wikisource.
Epistole (Caterina da Siena) Lettera 90

[p. 7 modifica]7 A FRATE RAIMONDO DA CÀPUA DELLORDINE DE FRATI PREDICATORI I. L’esorta ail esser vero banditore della parola di Dio, non solo con la lingua, ma anco con l’opere, dimostrando come la buona vita e zelo del disino onore s’actjuista nella dottrina del Verbo incarnato, che sono il disonore ed i patimenti.

II. Della carità del prossimo, con cui dobbiamo cercare la salute dell’anime, la qnale carità s’acqnista nel cognoscimento di . noi e della divina bontà io noi.

III. Gli protesta il zelo che aveva di morire per la santa Chiesa.

Li descrive una visione o revelazione che aveva avolo, e I allegrezza che ne aveva provato.

IV. Gli da nuova della mulnzioue latta da Fra Tomaso, e del ritorno de’ suoi smarriti figliuoli. „ V. Gli racconiiiuda un affare d’ un lai Neri, acciò I’ eseguisca secondo la maggior gloria di Dio.

OD D . o ’Si/tUtt®, 89» /il nome di Jesìi Criàio crocifisso

di Maria dolce.


I- voi dilettissimo e carissimo Padre e Figliuolo in Cristo Jesù dato da quella dolce madre Maria (//).

Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scnvo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi figliuoli veri e banditori della parola incarnala del Figliuolo di Dio, non pur con voce, ma con ope\ [p. 8 modifica]8 razione, imparando dal maestro della verità, il quale operò la virtù, e poi la predicò: a questo modo farete frutto e sarete quello condotto, per cui mezzo Dio porgerà la grazia ne’cùori degli uditori. Sappiate, figliuoli miei, che la buona vita e fame dell’ onor di Dio e della salute dell’anima non potremmo avere nò imparare, se noi non andassimo alla scuola del Verbo Agnello svenato e derelitto in croce, perocché: ivi si trova la dottrina vera: così disse egli, lo son via, verità e vita, e neuno può andare al Padre se non per Ini. Aprasi 1* occhio del cognéscimento vostro a vedere,’e sturate l’orecchie, ed udite la dottrina che vi dà: vedete voi medesimi, perocché in lui trovate voi, ed in voi trovate lui; cioè che in lui trovate voi per grazia e non per debito, creandovi alla immagine e similitudine sua, ed in voi trovate la smisurata bontà di Dio, avendo presa la similitùdine nostra per l’unione che ha fatta la natura divina con la natura umana.

Scoppino dunque e sfendansi i cuori nostr» a ragguardare tanto fuoco e fiamma d’amore, che Dio è innestato nell’uomo e l’uomo in Dìo. 0 amore inestimabile(/?), se l’uomo l’avesse avuto in pregio, nò si basterebbe: a questa dolce scuola, figliuoli miei, perocché questo affetto ed amore vi menarà e farà la guida: dico che apriate l’orecchie a udire la suà dottrina, che è questa povertà volontaria, pazienzia contra le ingiurie, render bene a coloro che ci fanno male, esser piccolo, umile, calpestato e derelitto nel mondo, con scherni, strazj, ingiurie, villanie, detrazioni, mormorazioni, tribolazioni, persecuzioni dal mondo e dal dimonio visìbile ed invisibile, e dalla propria carne puzzolente, la quale come ribella sempre vuole ribellare al suo Creatore, ed impugnare contra lo Spirilo. Or questa è la sua ’dottrina, e portare con pazienzia, e resistere con l’arme dell’odio e dell’amore. 0 dolce e suave dottrina., ella tè quello tesoro, il quale olii elesse per sò chiassò a’discepoli suoi. Questo lassò per maggiore ricchezza che lassare potesse, che se avesse veduto la [p. 9 modifica].. 9 divina bontà, che le delizie, e diletti, e piaceri ed amore proprio di sè, e vanità, e leggieiezza di cuore fussero stale buone, elli l’averebbe elette per sè; ma perchè la sapienzia del Verbo incarnato vide e cognobbe che questa era l’ottima parie, subito l’ama, e per amore se ne veste, e così fanno i servi e figliuoli suoi, seguitando le vestigie del padre loro: adunque non voglio che caggia ignoranzia in voi, nè che vi ritraiate da questa dolce e dilettevole via, e suave scuola, ma come figliuoli veri vi instregnale questo vestimento in dosso, e sì e per sì fatto modo vi sia incarnato, che mai non si parta da voi; se non quando si partirà la vita: allora abbandonammo il vestimento della pena e rimarremo vestiti del vestimento del diletto, e mangiaremo alla mensa dell’Agnello il frutto che seguita dopo le fatiche.

II. Così fece il dolce banditore di Paulo, che si vestì di Cristo crocifisso, e spoglialo fu del diletto della divina essenzia (C), vestesi di Cristo uomo, cioè delle pene, obbrobrj di Cristo crocifisso, ed in altro modo non si vuole dilettare, anzi dice. Io fuggo di gloriarmi, se non nella croce di Crislo crocifisso, e tanto gli piacque, che come disse una volta esso Apostolo a una serva sua dolce figliuola mia, tanto me l’ho stretto, o vero me lo strensi il detto piacere col legame deh affetto e dell’amore, che mai da me non si partì, nè punto allentò, se non quando mi fu tolta la vita!

bene pareva il dolce di Paulo, che elli avesse studiata questa dottrina, seppela perfettissimamente, intanto che diventò mangiatore e gustatore dell’anime, avendo fallo come fa la spugna che trae a sè l’acqua, co.sì elli, passando per la via degli obbrobrj trova inestimabile carita e bontà di Dio, con la quale ama sommamente la creatura, e vede che la sua volontà è questa di volere la nostra santificazione, e l’onore del Padre eterno, e la salute nostra, e dessi alla morte per adempire in voi questa santificazione. Paulo piglia, ed intendela ed intesa si dà subito a dare l’onore a Dio e S. Caterina. Opere. T. V. 1* [p. 10 modifica]10.

la fatica al prossimo: bandisce virilmente la \ erità, e non tarda per liegligenzia, ma è.sollicito ed è fatto vasello di dilezione pieno di fuoco a portare ed a predicare la parola di Dio. Or così desidera l’anima mia; perocché con grandissimo ed affocato desiderio’ ho desiderato di fare pàsqna con voi, cioè di vedere compito e consumato il desiderio mio. Or quanto sarà beata l’animd mia, quando io vedrò voi sopra tutti gli altri essere posto, fermato e stabilito nell’obietto vostro Cristo crocifisso, e pascervi e nutricarvi del cibo dell’anima, perocché 1’anima che non vede sé per sé, ma vede sè per Dio, e Dio per Dio, inquanto è somma ed eterna bontà, e degno d’essere amato da noi, ragguardando in lui folletto nell’affocato e consumato amore, trova la imagine della creatura in lui, ed in sè medesimo trova Dio in imagine sua, cioè, che quello amore che vede che Dio ha a lui, quello amore distende in ogni creatura, e però subito si sente costretto ad amare il prossimo come sè medesimo, perchè vede che Dio sommamente l’ama, ragguardando sè nella fonte del mare della divina essenzia. Allora il desiderio dispone od amare sè in Dio e Dio in sè, siccome colui che ragguarda nella fonte, che vi vede la imagine sua, e vedendosi s’àma e si diletta, e se elli è savio prima si muòversi ad amàre la fonte, che sè; perocché, se elli non si fosse veduto, non s’avarebbe amato, nè preso diletto, hè corretto il difetto della faccia sua, il quale vedeva in osso fonte. Or così pensate, figliuoli miei dolcissimi, che in altro modo non potremmo vedere la nostra dignità, nè i nostri difetti, i quali ci tolgono la bellezza dell’ anima nostra, se noi non ci andassimo a specchiare nel mare pacifico della divina essenza, dove per essa ci rappresenta noi; perocché inde siamo esciti, creandoci la sapienzia di Dio all’imagine e similitudine sua; ivi troviamo I’ unione del Nerbo innestato nella nostra umanità: troviamo, e vediamo, e gustiamo la fornace della carità sua, il quale tu quello mezzo che die’noi a noi, e poi unì il Verbo [p. 11 modifica]in noi, e noi nel Verbo, prendendo In nostra natura umana: egli fu quello ligame forte, che tenne contino e chiavellalo in croce, e tutto questo vedremo noi per lo vedere noi nella bontà di Dio, ed in altro modo non potremo gustarlo nella vita durabile, nè vederlo a facc»a a faccia, so prima noi gustassimo per afletto ed amore, e desiderio in questa vita per lo modo che detto è, e questo affetto non possiamo mostrare in lui per utilità che noi li possiamo fare, perocché egli non ha bisogno di nostro bene, ma possiamo e doviamo dimostrarlo n-e’fratelli nostri, cercando la gloria e loda del nome di Dio in loro. Adunque non più negligenzia, nè dormire nell’ignormrzia, ma con acceso ed ardito cuore, distendere i dolci ed amorosi desiderj, ad andare a dare l’onore a Dio e la fatica al prossimo, non partendovi mai dall’obietto nostro Cristo crocifisso!

sapete che egli è quello muro, dove vi conviene riposare a ragguardare voi nella fonte. Corrile, corrite a giwgnervi, e serratevi nelle piaghe di Cristo crocifisso.

Godete, godete ed esultate, che ! tempo s’approssima, che la primavera ci porgerà i fiori odoriferi. E non mirate perchè vedeste venire il contrario, ma adora siale più certificato che mai.

III. Oimè, oimè disavventurata l’anima mia, che io non mi vorrei mai restare, infino che io mi vedesse, che per onore di Dio mi giongesse uno coltello che mi trapassasse la gola, sicché’l sangue mio rimanesse sparto nel corpo mistico della sanla Chiesa. Oimè, oimè, che io muojo e non posso morire. Non dico più. Perdonate, padre, alla mia ignoranzia, e scoppi e dissolvasi il cuore vostro a tanto caldo d’amore. Non vi scrivo dell operazioni di Dio che egli ha adoperate ed adopera, che non ci ha lincua nè penna sufficiente.

Voi mi mandaste dicendo, che io godesse ed esultasse, e mandastemì novelle da ciò, delie quali ho avuta singulare letizia; benché la prima e dolce Verità il di poi, che fu partita da voi (D), volendo fare a me lo Sposo eterno, come fa il padre alla figliuola, e [p. 12 modifica]lo sposo alla sposa sua, che non può sostenere che abbia alcuna amaritudine, ma trova nuovi modi per darli letizia; così pensate, padre, che fece il Verbo somma, eterna ed alta deità, che mi donò tanta letizia, che eziamdio le membra del corpo si sentivano dissolvere, disfare come la cera nel fuoco: l’anima mia faceva allora tre abitazioni, una coii le dimonia per cognoscimento di me, e per le molte battaglie,

molestie e minacce, le quali mi facevano, che non restavano punto di bussare alla porta della mia coscienzia; ed io allora mi levai con uno odio, e con esso me n’ andai nell’ inferno, desiderando da voi la santa confessione; ma la divina bontà mi die’più che io non addimandavo, perocché dimandando voi, mi die’sè medesimo (E), ed egli mi fece l’assoluzione e la remissione de’peccati miei e vostri, repetendo le lezioni per altro tempo dette, ed obumbrandomi d’uno grande fuoco d’amore con una sicurtà sì grande e purità di mente, che la lingua non è sufficiente a poterlo dire, e per compire in me la consolazione diemmi l’abitazione di Cristo in terra (jF), andando come si va per la strada, così pareva che fussc una strada dalla somma altezza Trinità eterna, dove si riceveva tanto lume e cògrioscimento nella bontà di Dio, che non si può dire, manifestando le cose future, andando e conversando tra’veri gustatori, e con la fameglinola di Cristo in terra vedevo venire novelle nuove di grande esultazione e pace, udendo la voce della prima dolce Verità che diceva: Figliuola mia, io non sono spregiatore de’veri e santi desiderj, anzi ne sono adempitore!


confortati dunque e sia buono istrumento

virile ad annunziare la verità che sempre sarò con voi: parevami sentire espilazione del nostro arcivescovo (G)!


poi quando udii 1’ effetto secondo che mi scriveste, aggiunsemi letizia sopra letizia. 0 figliuolo mio dolce, fovvi manifesto 1’ ostinato ed indurato mio cuore, acciocché ne dimandiate vendetta e giustizia per me, che non scoppia e sfenda tanto caldo d’amore. Oimè, [p. 13 modifica]che per ammirabile modo queste tre abitazioni 1* una non impediva 1’ altra, ma una condiva l’altra, siccome il sale l’olio condisce e fa perfetta la cucina, così la conversazione delle dimonia per umilità ed odio,

la fame e la conversazione della santa Chiesa per amore e desiderio mi taceva stare e gustare nella vita durabile co’veri gustatori: non voglio dire più. Pensate che io scoppio e non posso scoppiare.


IV. Dicovi no\e!le del mio padre frate Tomaso (//), che per la grazia di Dio con la virtù ha vinto il dimoino!

egli è fatto tutto un altro uomo, che non soleva essere: in grande affetto ed amore si riposa il cuore suo. Pregovi che Ji scriviate alcuna volta, manifestando voi medesimo. Fate festa, che i miei figliuoli smarriti sono ritrovati e tornati al gregge, esciti sono delle tenebre: nullo è che mi dica cavelle più che io mi voglio fare. Io Catarina, indegna vostra figliuola, addimando la vostra benedizione, raccontandovi tutti i miei figliuoli e figliuole, che voi n’abbiate buona O D 7 cura, che il lupo infernale non me ne loglia neuno.

Credo che Neri verrà costà (i), perchè mi pare che sia bene di mandarlo a corte: informatelo di quello che la bisogno d’adoperare per la pace di questi membri putridi (K); che sono ribelli alla santa Chiesa, perocché non si vede più dolce rimedio a pacificare l’anima e’1 corpo che questo: di queste e deli altre cose che bisognano, farete sollicitamente, attendendo sempre all’onore di Dio e non a veruna altra cosa; nondimeno, perchè io vi dica così, fate ciò che Dio vi fa fare, e ciò che vi pare, che sia il meglio, o di mandarlo o no. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 14 modifica]Annotazioni uUu Lettera S9.

(A) Figlinolo in Cnsfo Jesù dato du quella dolce madre Moria.

Veggasi intorno a ciò il «lettosi nelle note alla lettera precedente.

’ (*) 0 amorS inestimabile, ec. Questo passo nell’ aulica impressione d’Aldo era sì storpiato e guasto, che il suo diritto e sincero sentimento non vi si potea ravvisare. Sì dunque si leggea. « 0 amore inestimabile, se l’uomo l’avesse avuto in prigione, si basterebbe a questa dolce scuola, figliuoli miei, perocché questo affetto ed amore \i menerà e farà la vita «. La impressione del Farri cel dà in parte piti guasto e senza senso, ed in parte variata, con giunta non scarsa di parole. Noi l’abbiamo dato corretto col fare due voci di quella di prigione, interponendovi la virgola, sicché venga a dirsi, in pregio, ne si ec. Si è pur anche cangiata la parola vita in guida, sembrando ciò richiedersi a formare legittimo senso. Non avendosi questa lettera in alcun testo- a penna, non s’è potuto correggere con esemplare sicuro., .

(C) Spogliato fu del diletto della divina essenzia. Cioè senza por inente alle del;/ie e consolazioni, che polea trarre dalla considerazione «Ielle grandezze e perfezioni dell’ essere divino.

(D) Il dipoi che fili partita da voi. Quattro volte per quanto si può arguire dalla sua leggenda, e da "queste Epistole s partì dalla santa il beato Raimondo per fare lungo indugio lontano da lei:■ cioè quando con lettera della santa n’ andò a favellare con Gio.

Acuto condottiere di soldatesche; quando da Fiorentini fu inviato ad Avignone, prevenendo l’andata della santa; allorché òlla il mandò a Roma a trattare con Gregorio XI d’alcuni affari; ed in ultimo partendo egli di l\oma, ove lasciò questa vergine per audarnein Francia.

Dopo alcuna di queste divisioni fu scritta la lettera, ina non saprei già determinarmi di quale d’esse ella lavelli.

(Zi) Mi die’ sè medesimo. Fu la santa assai volte favorita dal Signore-, datosele a vedere, come vedesi nella sua vita. La Madre santissima più volte pure degnò visitarla, come pure diversi beati del cielo, Ira quali furono gli apostoli l\iolo e Giovanili, il suo patriarca s. Domenico, s. I omaso l’Angelico, s. Maria Maddalena, cd altri forse de quali min fa ella menzione.

(/j K per compire in me la consolazione diernmi V abitazione ili Cristo in terra ec. Ecco uno de’non pochi luoghi di queste lettere che oscuri presentassi. Nè vorremo, almeno sempre, accagionarne r imperizia degli ammannensi e degli editon; si riconosce la sublimità delle cose che Dio rivelava alla saftta, ad esprimer le (piali ella in più luoghi confessa di non aver lingua bastevole. Questa ragione reca ella medesima nella sua leggenda, (.iò valga a discolpa di chi procurò questa impressione,

di chi distese queste annotazioni!


perché ha giudicato per lo migliore lasciar quoto e simili [p. 15 modifica]15 passi di quella maniera onde si lianno ne’ testi più sicuri, che rimescolarlo a capriccio con prricolo di sciare il senso dell’ autrice, siccome talnno editore fu ardito adoperare.

(G) Parevami sentire esaltazione del nostro arcivescovo. Di quale arcivescovo ella favelli non so indovinare, singolarnieute a cagione di non sapersi il tempo in cui questa lettera fn scritta dalla santa.

Se a sorte il beato Raimondo di Roma fosse scorso a Firenze nei primi mesi del i3j8, tornandosene (osto a Roma, sarebbe questa lettera del maggio di quell’anno; e potrebbe credersi esserle stata dal Si^aore palesata 1’ esaltazione al pontificato delTarcivescovo di Rari, amicissimo.della santa e del beato Ri mondo, che fu il pontefice Urbano VI, e chiaro il tutto rimarrebbe?"; ma nou ho fon* damento su cni appoggiarne la credenza.

(H) Dicovi novelle del mio padre frate Tomaso. Fra 1 omaso della Fonte domenicano, già confessore della santa prima del beato Raimondo, il quale in assenza di questo ad indirizzare la coscienza di questa Tergine impreso avea di bel nuovo..

(/) Credo che Neri verrà costà, ec. Cio

Ranieri di Landoccio de’Pagliaresi di cni e si è fatta, ed altrove pure fai assi menzione!


di coi il beato Raimondo La lasciata memoria piena di somme lodi,essendo stato de’fedeli discepoli e dei segretarj confidenti della tanta.


- (A) Per la pace di questi membri putridi. Ad esempio di s. Bernardo che appella l’antipapa Anacleto putre membrurn dà la santa V aggiunto di membri putridi a qiie’popoli eli’erano per lo interdetto, e per la scomunica separati dal corpo della sauta Chiesa,