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Er castoro

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Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Er castoro Intestazione 18 febbraio 2025 75% Da definire

La stampijja der zantàro Li vini d'una vorta
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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ER CASTORO.

     L’animali lì ssotto a cquer tettino
Immezz’a la piazzett’a Mmonte-d’oro[1]
Fascéveno vedé ppuro[2] er castoro,
Che cce se fa[3] ccór pelo er castorino.[4]

     E ddisceva un custode cchiacchierino
Che st’animali in ner paese lòro,
Frabbicheno le case co’ un lavoro
Che mmanco[5] l’archidetto Bborronino.[6]

     Dunque, siconno lui,[7] bbestie e archidetti
Mo sso’[8] ttutt’uno, e cchi vvò ffà un palazzo
Bbasta che cchiami un par d’animaletti.

     Discessi[9] muratori, via, magara,[10]
Je lo perdonerìa:[11] quantunque, c....,
Chi jje stampa[12] lo schifo[13] e la cucchiara?[14]

10 aprile 1834.

Note

  1. Sulla Piazza di Monte-d’oro, si mostrava di recente un serraglio di bestie.
  2. Pure.
  3. Di cui si fa.
  4. Nome di un cognitissimo panno di lana.
  5. [Che mano lo saprebbe fare.]
  6. Borromino.
  7. Secondo.
  8. Sono.
  9. Dicesse.
  10. Magari.
  11. Perdonerei.
  12. [Chi gli dà, chi gli fabbrica.]
  13. [Il vassoio della calcina.]
  14. [La mestola, la cazzuola.]