Esempi di generosità proposti al popolo italiano/Il coraggio del vero

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Il coraggio del vero

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Il vincitore dolente Di certe critiche mosse a questo libretto


[p. 239 modifica]Erano i profeti nel popolo d’Israello uomini autorevoli per buona vita che non in nome di tale o tale partito, ma in nome di Dio, annunziavano e al popolo e a’ governanti parole talvolta spiacevoli, ma necessarie a sentire, acciocchè fosse posto rimedio al male fatto, e riparo ai mali imminenti. Non parlavano neanco in nome de’ sacerdoti, giacchè molti di questi profeti non erano sacerdoti: ma perchè il loro linguaggio riconoscevano puro di passione, lo ascoltavano, benchè non sempre senza corruccio e, sin nel perseguitare i profeti, li temevano ancorchè inermi, anzi più che se avessero in buon numero gente di spada e di lancia.

Un di questi uomini, di nome Natan, si presenta un giorno a Davide re, vincitore di molti nemici e sicuro della propria potenza, e gli dice così: «C’era due uomini in una città; ricco l’uno, e contava assai pecore e buoi; l’altro poveretto, e di suo non aveva che una pecorella, compra co’ quattrinelli delle proprie fatiche, e allevata in casa, come se fosse una sua creatura: e le dava del pane che mangiavano i figliuoli suoi proprii; e la pecorella posava nel seno di lui, e belando andava dietro a’ suoi passi. Càpita in quella città un forestiero da quel signore che aveva tante bestie di suo, da far buona tavola al forestiero. Costui che fa? Piglia all’uomo poveretto la sua pecorella, e gliela sgozza senza pietà». [p. 240 modifica]Al sentire questa storia, la maestà del re montò in collera per tanta avidità e crudeltà; e, levando il pugno, esclamò: «Viva Dio! l’uomo che fece cotesto è figliuolo della morte (come dire, indegno di vivere). Renderà quattro volte tanto per la pecorella sgozzata; giacchè non ebbe pietà».

Stava Davide ancora col pugno levato, allorchè Natan, facendo un passo indietro, ma alzando gli occhi, che tenne chini mentre che il re parlava, alzandoli con tranquilla e serena severità, con accento più sommesso di prima, ma più spiccato, disse a Davide, modestamente stendendo la mano: «Quell’uomo sei tu». Il re era assai peggio di quell’uomo dalle pecore molte. Aveva a un onesto milite tolta la moglie; e fatto morire lui. Natan gli rammentò i beni grandi che gli aveva il Signore fatti, scegliendo un umile pastorello a vincitori di nemici tremendi, a re d’Israello, liberandolo dalle calunnie de’ suoi avversarii, ispirandogli sentimenti e opere generose, dandogli il maggior de’ tesori, dopo la buona coscienza, un amico. E Natan soggiunse: «Se queste son piccole cose, di più grandi ancora te ne aggiungerò». Nel rimprovero e nella minaccia il buon Iddio fa suonare all’anima rea la promessa di beni che vincano i beni ottenuti già quand’ella era innocente. E il profeta, fedele interprete della misericordia, non aggrava colle ire proprie la minaccia, non tace la celeste promessa, acciocchè la speranza ecciti il pentimento, e la gratitudine renda più salutarmente vivo il dolore. Ma poi soggiunse: «Perchè tu facesti a tradimento morire di spada un uomo onesto che per te combatteva, o re, e per la patria; non si leverà la spada da sopra la tua famiglia; avrai nel cospetto di questo sole vergogne, o re, sanguinose. Tu sperasti nascondere il male fatto; nel cospetto d’Israello e del sole sarà la tua pena». [p. 241 modifica]

Non fece Davide come il re Saul, che sul capo de’ sacerdoti esercitò vendetta rabbiosa; e che negli estremi di quella vita diventatagli un delirio e un fremito e un’agonia lunga, avrà forse viste le fantasime degli uccisi giganteggiare orribili ne’ suoi sogni, e anche vegliando avrà tra il folto della foresta viste biancheggiare le vesti sacre e le pallide faccie, e nell’ora suprema i sassi di Gélboe gocciolanti di sangue, del sangue dell’antica strage confuso con quello della presente rovina. Davide, che aveva lasciata cadere come paralitica la mano, nel tendere che fece Natan la sua, e abbassata, in quel che Natan levava la fronte, stette a udire in silenzio: egli re, si sentì da meno del povero messaggiero di Dio: sentì, più forte che la voce di lui la voce della propria coscienza; per fuggire da sè stesso, si abbandonò a un tratto in Dio, e con voce sommessa ma pronta e profonda: «Ho peccato al Signore», di Natan allora, perchè egli si era, nello scozzatore della pecorella, da sè condannato alla morte, lo accerta che la vita del regio corpo gli rimarrà per allora, ma ch’e’ dovrà patire nell’anima angoscie di morte, per aver dato cagione ai nemici del Signore, che bestemmiino il suo nome santo. E chiunque è più singolarmente beneficato da Dio e posto in alto, e fatto ministro delle sue giustizie e delle misericordie, annunziatore delle sue verità, si riguardi da parole e da atti che facciano parere men giusta la giustizia, la misericordia men generosa, la verità meno amabile; perchè non solo e’ tenterà gli altri a bestemmia, ma sarà una bestemmia egli stesso; e sosterrà pena dura; nè egli potrà la sua colpa espiare se non duramente.