Esempi di generosità proposti al popolo italiano/La speranza generosa/VIII

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La speranza generosa - VIII

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[p. 116 modifica]Era Càleb serbato a sopravvivere a’ due grandi conducitori del popolo, Mosè e Giosuè: la tenacità della sua generosa fiducia nei comuni destini doveva essere quasi rappresentata dalla tenacità della vegeta vita. Vita più piena non so se rincontrisi in tutta la storia: perch’egli vide la sua gente oppressa inaffiare de’ propri sudori la terra straniera, e lavorò forse anch’egli con le sue mani a taluna di quelle piramidi che noi vediamo tuttavia sorgere dal deserto quasi sfingi giganti, enimma della potenza e del nulla umano, trofei della tirannide e della morte. Poi vide i miracoli della liberazione: e prima ancora che questi incominciassero, il germe della fede ch’e’ nutriva nel cuore, gli venne fecondato dalla parola di Mosè, e fiorì a un tratto in opere di pensato coraggio. Poi vide i miracoli della solitudine ancora più grandi; come una greggia immensa, inesperta dello spontaneo ubbidire e del libero comandare a sè stessa, a dispetto delle proprie diffidenze e mattìe, fu condotta dalla verga d’un solo pastore; e le sue cupidigie e paure non la dispersero quasi rena del deserto; e, unita, seguitò la sua via, come fiume che rumoreggia chiuso tra forti argini ed alti. Poi vide [p. 117 modifica]una nuova mèsse di meraviglie sotto il raggio ardente di Dio germinare in pro del suo popolo; e, vincitore della comune disperazione e delle contraddizioni fraterne, ch’è il più terribile de’ nemici, varcò il fiume sacro, e vide l’arca del patto fermata sicuramente sotto tende ospitali; e stette a lungo tra le generazioni novelle, monumento vivente delle benedizioni d’Israello e delle divine magnificenze.

Nè però insuperbì di quanto aveva e veduto e operato; nè de’ propri patimenti degnò, come tanti usano, fare arme di cupidigia o di vanità. Nè solo a Mosè, ma al compagno della sua fede, a Giosuè, prontamente si sottomise, riconoscendolo capitano: chè ben sapeva come, ne’ momenti difficili principalmente, richiedesi l’unità del comando; e nel comando riguardava non tanto i laboriosi e invidiosi diritti quanto i doveri tremendi, e la malleveria che non è mai soddisfatta abbastanza. La cauta modestia era in lui fatta più virtuosa dalla coscienza del proprio valore; onde, giunta l’ora della mercede, e’ la chiese a fronte alta. Non la chiese però di vantaggi facili e d’agi ingloriosi; domandò la possessione d’un terreno ch’egli doveva con nuove fatiche e pericoli meritare. Nè si sa che Mosè avesse a lui prestabilita la parte; e, se ciò fosse, l’avrebbe Càleb rammentato a Giosuè espressamente. Dal che si vede e la sua generosa fiducia, e come nelle minori partizioni del terreno, e in altre cose assai, fosse libera, di necessità, al successore la scelta, e come il consentimento degli anziani del popolo a questa con libertà concorresse.