Favole (La Fontaine)/Libro quinto/XVII - La Lepre e la Pernice

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Libro quinto

XVII - La Lepre e la Pernice

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro quinto

XVII - La Lepre e la Pernice
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Delle disgrazie altrui fa’ di non rider mai,
perché chi t’assicura
che sempre fortunato nel mondo esser potrai?

Ciò ben dimostra in varie
sue favolette Esopo,
e questa ancor ch’io recito
mira diritta a non diverso scopo.

Vivea la Lepre nello stesso campo
colla Pernice i giorni suoi beati,
quando un branco di cani scatenati
costrinser quella a chiedere uno scampo
nella sua tana oscura.
I Cani (ed alla testa era Grifone)
restaron colla voglia del boccone.
Ma il Lappa, un della scorta, un forte e baldo
cane levrier, filosofando a naso,
gli parve della preda
sentir l’alito caldo,
e fuori me la caccia dalla tana.
Molosso, andando a caso,
la trova, e dando a credere,
da cane che non ama dir bugia,
che gita sia lontana,
il tempo non le lascia
di dir Gesummaria.

- Che val, bestia minchiona,
d’aver la gamba buona? -
le dice la Pernice,
scherzandola... quand’ecco
i cani addosso accorrono
e la celia le mozzano nel becco.
Sull’ali confidava la meschina,
ma non avea ben fatto i conti suoi
col falco dalla zampa malandrina.