Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 6/Seconda lettera del signor Fétis, intorno allo stato presente delle arti musicali in Italia

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François-Joseph Fétis

Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 6 ../Delle attuali condizioni delle arti musicali in Italia IncludiIntestazione 10 febbraio 2022 25% Da definire

N. 6 - Seconda lettera del signor Fétis, intorno allo stato presente delle arti musicali in Italia
N. 6 N. 6 - Delle attuali condizioni delle arti musicali in Italia
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DISCUSSIONI MUSICALI.


Seconda lettera del signor FÉTIS, intorno allo stato presente delle ARTI MUSICALI IN ITALIA (11)


La riuscita della nuova maniera di Bellini trascinò sulla medesima sua strada tutti i compositori drammatici, nel modo stesso che i successi di Rossini aveano resi suoi imitatori tutti i musici italiani del suo tempo; se non che si noti questa differenza; gli imitatori dell’autore dell'Otello e della Semiramide non fecero che indebolire la maniera rossiniana, laddove quelli di Bellini esagerarono la sua innalzando progressivamente il diapason degli accenti declamatorii, ristringendo ognor più il circolo delle forme melodiche, e ripetendo fino alla sazietà le medesime successioni armoniche e le stesse modulazioni per ultimo raddoppiando, triplicando, quintuplicando il romore Della stromentazione (G2).

Bellini aveva brillato per la fusione di certe forme della musica francese con quelle più proprie dello stile italiano (H), Mercadante, gran musicante, uomo dotto e riflessivo, eccitato dal buon esito di questa trasformazione, comprese come non rimanesse più aperta altra via di innovazione tranne la mistione dello stile tedesco colle condizioni del dramma musicale italiano, e sotto l'impero di questa idea scrisse i Normanni a Parigi, primo suo saggio di simil genere, i Briganti, il Bravo, il Giuramento, le Due illustri rivali e finalmente la Vestale (I).

Come suole accadere di ogni novità che sembri giovata da qualche favore, Mercadante trascina al presente dietro di sé la folla degli imitatori. L’uniformità della maniera musicale, giunse ormai a tal segno, che durante la mia recente dimora in Italia, parevami sempre d’udire la medesima opera, la medesima aria, il medesimo duetto, il finale medesimo. Ogni composizione sembra lavorata colla medesima pasta, e non v’è mai nulla che colpisca lo spirito con qualche sembianza di creazione e di specialità, nelle effimere musiche di che ad ogni tratto si empiscono le orecchie degli spettatori: il fragore della stromentazione è recato all’eccesso, e la banda militare, sia pur qual si vuole il soggetto del dramma, non abbandona quasi mai il palco scenico. Questa innovazione di Rossini ben collocata nella Donna del Lago, diventa spesso molto ridicola a cagione dell’abbigliamento col quale compaiono i suonatori: io non potevo ristar dal ridere al vedere nella Vestale de’ Romani i quali suonavano il clarinetto e l’officleide (L)! Dirò in un’altra

(H) Dall’attento esame dello stile delle Opere di Bellini si rileva forse ch’egli studiò con molto amore le partizioni di Gluck, massime per quanto riguarda l’espressione tragica e l’accentazione passionata nei recitativi; ma per quel che è della semplicità c freschezza dei canti è più agevole scorgere in lui l’allievo de’ grandi modelli italiani, Jomelli, Paisiéllo, Cimarosa, Zingarelli, e non già de’ compositori francesi. In parte però quanto afferma i) sig. Fétis può aver sembianza di vero ove si noti che in un certo qual fraseggiare a spizzico e in alcuni sviluppi melodici tendenti al fare declamato egli ritrae alcun po’ della maniera di Gretry; ma questo si osserva nelle sole prime Opere di Bellini, c di lui nel totale non può dirsi per nulla che abbia brillato per la fusione di certe forme della musica francese. ecc. (I) Ove si eccettui lo studio che il Merendante può aver fatto de’ grandi modelli tedeschi per quanto riguarda le più squisite combinazioni armoniche e la maggior varietà degli effetti e del colorito stromenlale, noi non sapremmo in che altro egli siasi accostato alla scuola tedesca, nelle ultime opere da lui composte. Forse perchè non dotato di ricchissima fantasia e di passione, il Mercadante lascia troppo scorgere lo sforzo della mente ove dovrebbe sgorgare la vena dell’ispirazione, e troppo palese addimostra l’industria ch’ei pone ad economizzare i pochi pensieri melodici in guisa da farli bastare a lunghe e qui c qua stentate composizioni. Ma se in queste può notarsi povertà di idee nuove e piccanti, non è però a dire, a parer nostro, che esse manchino di impronta italiana. Adunque, forse in alcune cose di mera forma il Mercadante rivelerà di aver molto meditato i capolavori tedeschi ( e di ciò ne pare sia a lodarsi assai ) ma nella sostanza intima, nell’indole cioè delle modulazioni delle quali propriamente e non d’altro si costituisce il canto, ossia la parte vitale di ogni musica, egli ha fisonomia al tutto italiana, nè può dirsi a buona ragione che. abbia aspirato alla mistione dello stile tedesco colle condizioni del nostro melodramma. Se non che, questo è argomento troppo serio e complicato perchè possa svolgersi debitamente in una semplice nota. Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta c all’Antologia classica musicale è di Aust. lire 24 anticipate. Pel semestre c pel trimestre in proporzione. 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Ammettiamo del pari che sia il più delle volte assurdo l’introdurle o nelle sale o nei tempii, od anche ne’ gabinetti, come praticò forse qualche compositore poco fìlosofo; ma volere poi trovar ridicolo perchè non conforme alla verosimiglianza l’abbigliamento de’ suonatori della banda travestili da greci e da romani e armati di clarino e di oflìcleide, è recare la sottigliezza a un punto che esce da limiti della giusta critica. Procedendo con questa scrupolosa esigenza sarebbe ben anco a domandare se non è del pari ridicolo che i personaggi dell’azione. supposta la scena a Roma o ad Atene, cantino in versi rimati italiani, invece di far conversazione in latino e in greco! ec. Ma il sig. Fétis, stuzzicato forse troppo dal prurito di censurare i maestri italiani d’oggidì si è lasciato scappare a loro danno quella osservazione burlesca, la quale in fatto poi, ove potesse avere fondamento, sarebbe a rivolgere anzi tutto al maestro de’ maestri, a Rossini, il quale non nella sola Donna del Lago, come dice il sig. Fétis, introdusse la banda militare, ma ed anche in altra Opera di soggetto un tantin più antico, nella Semiramide, ove gli Assirii col fagotto c col tamburo di mazza dovrebbero fare, secondo l’illustre professore di Bruxelles, la più comica figura! Eppure nessuno sognò mai di accusare di strano c goffo l’uso della banda in quell’Opera, perchè da chi ha buon senso si sa che sarebbe sovverchia pretesa il voler limitare i mezzi d’effetto delle arti teatrali a ciò solo che può stare nei più angusti confini dell’imitazione del vero. L’osservazione del signor Fétis poteva molto più a buon dritto rivolgersi, non alla plausibilità dell’uso in genere della banda militare nelle Opere moderne italiane, ma sì al modo più o meno savio e bene appropriato col quale ella si adopera. A nostro credere, ove fosse giustizia il censurare in massima generale alcuni maestri italiani del tempo nostro, perchè non si accontentano della sola orchestra per dar vigore ad alcuni passi d’istromentazione, ma, a raddoppio d’effetto, usano servirsi anche della banda, la critica medesima sarebbe a fare ai migliori compositori francesi e tedeschi, le cui più acclamate partizioni è raro non si eseguiscano col doppio pel meno di parti d’orchestra di quelle che si usano ne’ più vasti teatri d’Italia. E in tal caso che cosa si dovrebbe dire de’ così chiamati Vestir alse dei Concerts Monstres che in Germania e a Parigi si ripetono ad ogni poco con grande soddisfazione de’ più severi dotti musicali? Torniamo a dire: la critica non deve occuparsi del numero maggiore o minore de’ suonatori, ma bensì del maggior o minor sapere, del maggiore o minor criterio e cognizione di effetto col quale l’orchestra, sia pure o doppia, o tripla, o quadrupla, è adoperata. E a cagione d’esempio, d’una partizione male scritta si potrà dire che è biasimevole per eccesso di fragore stromentale cd abuso di parti d’orchestra anche se queste non oltrepassino tutt’al più la quarantina; mentre potrebbe essere ingiusto dare la stessa condanna ad un’altra partizione che sia stesa con dottrina e genio foss’anco per quattrocento parti d’orchestra! - Vorremmo convalidare quanto ora affermiamo cogli esempii relativi i quali [p. 22 modifica]ettera quali furono poi cantanti le funeste conseguenze di questo incessante frastuono di stromenti. U esagerazione dello stile declamatorio, i gridi degli attori, (che non oso chiamarli cantanti ) e lo strepito dell'istromentazione sono diventate vere necessità per gli Italiani ^ essi più non comprendono la musica drammatica se non se sotto queste forme. 11 loro gusto subì tale mutazione, che non solo le Opere di Rossini disparvero dalla scena, ma neppur quelle di Bellini più non si ascoltano, e le sue melodie sembrano ora già troppo dolci e debolmente stromentate. Vero è bensì che i saggi tentati per riprodurre le Opere di Rossini non furono felici, non essendovi ora quasi più neppur un cantante che sappia eseguirle, ma gli è questo un argomento del quale non voglio occuparmi ora (M). Mercadante e Donizetti sono al presente i compositori più rinomati sulla scena italiana vengono considerati come rivali e i loro partigiani si dividono in due campi (N). Il primo, già da un anno eletto direttore del Conservatorio di Napoli, non fece rappresentare più veruna sua produzione in questo lasso di tempo ma scrisse ora una grande opera che quest1 inverno si rappresenterà sulle scene del San Carlo (1). La fecondità di Donizetti è argomento di vera meraviglia anche per gli Italiani, benché avvezzi alla estemporaneità de’ loro scrittori di musica. Egli è fuor di dubbio che spesse volte questa fecondità non va disgiunta da molta negligenza, e Maria di Rudenz, Adelia, Belisario, ed altre opere di Donizetti ch’io ebbi ad udire a Firenze, a Roma, e a Napoli sono pur deboli produzioni (O) se non che di mezzo a molta mediocrità sorgono di tanto in tanto dei lampi di ingegno i quali fanno più vivo provare il rammarico che il maestro abusi della spontaneità della propria vena. La meraviglia si fa maggiore, allorachè si pensa che questa abbondanza di invenzione nel Donizetti non vien meno da ventanni in poi, e pare anzi vada aumentandosi. Quante opere delle quali ignorasi in Francia per fino il titolo scrisse Donizetti per l’Italia e specialmente per Napoli?-Ora sta preparando in Mi lano la Maria Padilla. partizione alla quale si dice abbia posto molto studio, e che si rappresenterà il 2G dicembre nel teatro della Scala (*). Do] 30 Mercadante e Donizetti ci si presenta Pacini, al presente maestro di cappella del Duca di Lucca, e molto stimato nella piccola Corte di questo principe amico delle arti. Io ebbi sempre pochissima inclinazione per la musica di questo compositore; ma la sua Sij/’o udita a Napoli mi arrecò molto piacere; forse anche perchè la trovai scritta in uno siile diverso dalla musica uniforme ond’era sazio e stanco il mio orecchio, dappoiché mi trovavo in Italia. V’è del sentimento drammatico in questa partizione (•) e della varietà di maniera secondo la diversità delle situazioni del dramma. I cauti ne diventarono popolari, e la è una tra le poche opere che da molti anni in qua ottennero in Napoli maggior successo. (Sarà continuato).


di certo non ci mancherebbero; ma li ommettiamo per amore di brevità, ed anche perchè siamo persuasi che dovremo tornare altre volte su questo argomento. (M) Nulla di più naturale che, dopo essere state ripetute a sazietà le Opere di Rossini ora non si producano che assai di rado sulle scene italiane. E nondimeno osserviamo che talune di esse come il Barbiere di Siviglia, la Gazza ladra, e qualche altra, ogni qualvolta vengono eseguite nei debiti modi sono accolte anche ai dì nostri col favore che non deve mai venir meno ai veri capolavori. A rispondere poi al sig. Fétis essere falso che gli italiani ormai non gustino altro se non la musica esageratamente declamatoria e clamorosa, valga il ripetere quanto abbiamo detto alla nota G, cioè che le Opere più applaudite nella nostra Penisola in questi ultimi tempi non appartengono certo nè al genere declamativo, nè al genere fragoroso: citiamo di nuovo la Sonnambula, la Lucia di Lammermoor, Elisir d-amore, i Puritani, eco,. (N) È veramente per noi una novità l’udire che l’Italia musicale sia divisa in questi due campi!.... Bensì sappiamo che sui nostri teatri si fa imparzialmente clamorosa, buona o fredda accoglienza tanto agli spartiti dell’uno quanto a quelli dell’altro maestro secondo che in essi rivelasi invenzione, sentimento ed eletta dottrina, ovvero grettezza di idee, trascuraggine o stentata, pompa di sapere. Le varie opinioni degli amici più stretti sia dell’uno sia dell’altro compositore,, per quanto si voglia concedere che sappiano del fazioso, non hanno valore al cospetto del pubblico italiano, il quale e in Donizetti e in Mercadante ama e stima due valorosi rappresentanti della sua gloria musicale, e si gode di potere rispondere coi loro spartiti alla mano ai sarcasmi e al rigorismo de’ critici oltramontani che vorrebbero scemarne la fama già sanzionata dal voto europeo. (O) Prima di sottoscrivere a questa sentenza del signor Fétis vorremmo chiedergli se le Opere del nostro! Donizetti ch’egli chiama deboli produzioni, le giudicò per tali al solo averle udite rappresentate (chi sa in che modo e con quali guasti mutilate, ovvero dopo averle esaminate con attenzione sulla partitura. Osiamo supporre che in questo caso il suo voto sarebbesi d’alquanto mitigato, massimamente per ciò che riguarda il Belisario, Opera nella quale non avvi di certo povertà di sapienza, e questa, lungi dall’essere prodigata per vano sfoggio di dottrina, è fatta servire all’alto scopo cui sempre mirarono i sommi compositori italiani, dar vigore al linguaggio del cuore, evidenza e forza di colorito alle situazioni, vita e movimento all’effetto musicale. Vuolsi poi aggiugnere che talfiata la negligenza di che una critica arcigna può appuntare di leggeri molte delle moltissime Opere di Donizetti è il prodotto di un calcolo non interamente sbagliato. O ci inganniamo, o il Donizetti è d’avviso che non sempre impunemente i compositori pretendono imporre un’attenzione troppo intensa e continuata al pubblico italiano di sua natura renitente a una sovverchia e non interrotta concentrazione. Sotto l’impero di questa massima egli si crede ben consigliato a lasciare

(1) Il Proscritto dramma del poeta Cammarano: vedasi il cenno da noi dato nel foglio num. 4.

che talora in alcuni pezzi de’ suoi spartiti l'effetto illanguidisca d’alcun poco, onde meglio potere poi ridestarlo più vigoroso che mai in altri pezzi successivi sui quali sa in buon punto concentrare gli sforzi della sua immaginazione che un momento prima lasciò ad arte sonnecchiare. Crediamo far onore all’esimio maestro coll’interpretare a questo modo e non altrimenti il sistema di composizione da lui adottalo in molte sue Opere, nelle quali, per dir vero, non il solo sig. Fetis ebbe a notare delle marcate alternative di negligenza e di studio, di grettezza di invenzione e di lampi di genio. Rimane ora a dire nel proposito di Donizetti clic ove anche si dia per acconsentito che parecchie delle sessanta sue partizioni sono deboli, ve n’ha in questo vasto suo repertorio un bastevole numero da potersi sceverare, le quali da per sé sole sono più che sufficienti a dargli un primato sulla lunga schiera dei compositori che oggidì si contrastano gli applausi de’ teatri melodrammatici d’Italia. Ed allorachè ebbe a pòrsi su un altro campo di gloria musicale, il suo forte ingegno e la sua molta dottrina gli diedero di poter disputare ai più acclamati viventi compositori francesi una palma che, al dire di molti, fu ampiamente meritata dall’autore dei Martyrs. G. B. (1) Veggansi gli articoli dati da questa Gazzetta nei numeri i, 2 e 3. (2) Veggasi l’esame critico della Saffo dato nei numeri 3 e 4 di questo Giornale.

  1. (1) Vedi il N. 2 e 4 di questa Gazzetta Musicale.
  2. (G) Ne pare non meritata l’accusa che il sig. Fétis rivolge ai compositori italiani venuti dopo Bellini, per ciò almeno che riguarda il soverchio alzamento del diapason degli accenti declamatorii. Il più riprovevole esempio di questo genere falso di notazione melodica è osservato, a parer nostro, nella Straniera; e dopo quest’Opera, il medesimo Bellini ritrasse il piede dal cattivo sentiero sul quale erasi posto, e nella Sonnambula e nella Norma richiamò ad onore le forme melodiche più spontanee e soavi, più misurate, maschie, eleganti e a un tempo corrette che mai desiderar potessero a modello i severi custodi del purissimo musicale italiano. Che se poi, dopo di lui taluni maestri traviarono, di nuovo appigliandosi allo sfrenato genere declamatorio, fu ciò dovuto, anziché al mal esempio di Bellini, alla falsa tendenza di qualche poeta melodrammatico imprudentemente gittatosi al genere tragico esagerato, trascinatovi dalla voga delle situazioni violente e dei punti scenici a strane sorprese, venuta di Francia coi drammi di Hugo e di Dumas. È poi d’uopo aggiugnere che il fanatismo durato qualche tempo in Italia per una illustre cantante salita a gran fama nella parte di Straniera, da lei veramente abusata in quanto vi ha in essa di biasimevole, contribuì in buon dato a mettere di moda lo stile declamatorio esagerato. Ma la colpa di questa cattiva influenza non vuolsi attribuire che per la menoma parte al maestro Siciliano. Per quanto riguarda ciò che il sig. Fétis chiama il successivo ristringimento delle forme melodiche, davvero non sappiamo vederlo, almeno nelle Opere più notevoli che si scrissero dopo Bellini. Oseremmo anzi affermare che ne’ compositori posteriori all’autor della Norma, e specialmente in Mercadante, che tanti spartiti produsse in questi ultimi tempi, è palese la tendenza a dare ampiezza forse sovverchia ai canti, a svolgere le melodiche frasi con un fare largo quasi all’ostentazione. Ne sarebbe facile ricorrere agli esempii, ma ciò ne sembra superfluo. Tutte le Opere di Donizetti, quelle dei due Ricci, il Templario di Nicolai, ed altre dette partizioni che ebbero maggior voga dopo Bellini, peccano di tutt’altri difetti che non sieno la ristrettezza nelle forme melodiche. Può essere in piccola parte più giusto l’altro lamento che muove il signor Fétis contro la musica drammatica italiana nel proposito dell’istromentazione, se non che anche qui ne pare ch’egli esageri grandemente il male. Il rimprovero può bensì venir fatto per eccezione a qualche maestro, ma dire che in generale la tendenza dei compositori italiani attuali sia il sovverchio abuso dei fragori stromentali ne sembra sentenza errata e ingiusta. Valga a prova di quanto affermiamo l’osservare che la maggior parte delle partizioni ai nostri dì più applaudite in Italia non hanno banda militare, e talune difettano forse di robusta stromentazione anziché peccare di raddoppiati, triplicali, quadruplicati effetti d’orchestra. Ne permetta il signor Fétis di porgli sottocchio la Sonnambula, la Beatrice Tenda, l'Elisir d’amore, la Lucia di Lammermoor, i Puritani, le Opere semiserie dei due Ricci, ecc.